Conoscere per scegliere


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Carlo Alberto Redi è “professore ordinario di Zoologia presso l’università di Pavia e professore a contratto presso l’Istituto Universitario di Studi Superiori. Accademico dei Lincei e socio onorario della società genetica del Cile” (fonte wikipedia). In un breve articolo comparso su La Lettura del 22 gennaio si interroga sul rapporto tra biologia ed etica. Inizia così: “Il Dna è divenuto l’icona della nostra era: dopo il secolo della chimica (Ottocento) e della fisica (Novecento), siamo ora nel millennio delle scienze della vita…”. Molte sono le discipline coinvolte dai cambiamenti e dalla scoperte in ambito biologico, argomenta: “dalla filosofia all’antropologia, dall’economia alla giurisprudenza”. Inizio e fine vita, brevetti sul vivente, esperimenti sulle cellule… sono tutte questioni biopolitiche e “gli avanzamenti del sapere lasciano intravedere applicazioni in grado di trasformare la stessa percezione di che cosa sia oggi «umano». Paure e aspettative si mischiano in continuazione, tra desiderio di progresso e timore di cosa esso ci possa riservare.
La via suggerita da Redi è quella della conoscenza. Scrive ancora: “Informarsi sui progressi della biologia diviene parte integrante della nostra cultura”. Certo non è semplice e neppure immediato, ma è necessario se si vuole essere “cittadini capaci di scegliere, in autonomia, che cosa si ritiene lecito applicare delle tante innovazioni prodotte dalla ricerca biologica”. Questa, secondo lo studioso lombardo, la via per giungere ad un “armonioso vivere sociale” in cui sono combattute le ingiustizie e si promuove “la fioritura di nuovi diritti civili”, nella direzione di una “cittadinanza scientifica”, ancora lontana da venire. Certo ci sarà qualcuno che si interrogherà se la ricerca non vada regolata ex ante piuttosto che ex post, soprattutto da parte di chi ha il potere di farlo; ed è proprio qui che si focalizza la giustificata preoccupazione di Redi: “vi è una generale ignoranza del sapere biologico da parte della classe dirigente (decisori politici, magistrati, operatori dei media)”.
Che ruolo possono avere in tutto questo studiosi e accademici? Ecco la conclusione del professore: “Ai biologi il compito di partecipare con il proprio sapere alla necessaria comune riflessione con i filosofi per indirizzare l’elaborazione delle norme da parte degli uomini del diritto”.

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