Vescovi e… vescovi

Per alleggerire un po’ l’urgenza e la drammaticità della cronaca riporto due brevi episodi tratti da un articolo di Giampietro Baresi

Bispo Flavio Cappio.jpg“… i mezzi di comunicazione brasiliani hanno sottolineato il comportamento, per niente diplomatico, di due vescovi brasiliani. Il primo, mons. Luís Flávio Cappio (in foto), vescovo di Barra (do Rio Grande), noto per due scioperi della fame fatti per protestare contro un faraonico progetto del presidente Lula, durante una visita in Germania si è visto offrire 100mila dollari. Dopo aver chiesto da dove venisse quel danaro e saputo che si trattava di una donazione di alcune imprese, ha risposto: «Non posso accettare soldi rubati agli operai e ai consumatori». Il secondo è mons. Manuel Edmilson da Cruz, vescovo emerito di Limoeiro do Norte. Lo scorso dicembre è stato invitato dal senato federale a ritirare la prestigiosa Comenda de Direitos Humanos Dom Hélder Câmara, per il suo impegno a difesa dei diritti umani. Grande è stata la sorpresa generale, quando, iniziando il suo discorso, ha detto: «L’onorificenza che mi viene offerta oggi non rappresenta la persona di dom Hélder Câmara. Anzi, la sfigura. Pertanto, senza risentimenti, ma agendo con amore e rispetto verso tutti i signori e le signore qui presenti, per i quali prego ogni giorno, non posso fare che una sola cosa: rifiutarla. Questa onorificenza è un insulto, un affronto al popolo brasiliano, ai cittadini che pagano le tasse per il bene comune, frutto del loro sudore e della dignità del loro lavoro». La settimana precedente, infatti, i politici si erano aumentati lo stipendio del 61,8%”.

Serve commentare? Naaaaaaa

Che ne è stato?

Nel post Cose mediterranee e non solo e in classe ci siamo chiesti cosa ne sia stato degli scontri tra cristiani e musulmani in Egitto antecedenti alla caduta di Mubarak. Oggi ho letto questo interessante articolo su Nigrizia di febbraio

CHI DIVIDE CRISTIANI E MUSULMANI

di Moustafa El Ayoubi

In Medio Oriente la strumentalizzazione politica dell’islam e l’ingerenza dell’Occidente sono i due fattori determinanti.attentato.jpg

Gli episodi di violenza contro i cristiani in Egitto e Iraq, avvenuti negli ultimi mesi del 2010, hanno riacceso i riflettori sull’annosa questione della discriminazione delle minoranze religiose nei paesi arabi. I cristiani dell’Iraq, dell’Egitto e di altri paesi mediorientali non sono minoranze etniche o culturali. Essi, in effetti, parlano la stessa lingua e hanno in comune con altri arabi molti usi e costumi. Ciò che differenzia gli arabi del Medio Oriente – culla del cristianesimo prima ancora dell’islam – è la religione. I cristiani d’Oriente hanno contribuito in maniera importante alla lotta politica durante il 19° secolo, alla resistenza contro il colonialismo e alla realizzazione del panarabismo. Lo storico partito politico arabo Ba’ath fu fondato nel 1947 da due siriani: Salah ai-din al-Bitar, musulamo, e Michel Aflaq, cristiano. Perché, allora, la convivenza secolare tra arabi cristiani e musulmani è in crisi da ormai molte decine di anni? È colpa dell’islam “intollerante nei confronti delle altre religioni”? La posizione del Corano riguardo al rispetto delle altre fedi è chiara. «Dite: Crediamo in Allah e in quello che è stato fatto scendere su di noi e in quello che è stato fatto scendere su Abramo, Ismaele, Isacco, Giacobbe e sulle Tribù, e in quello che è stato dato a Mosè e a Gesù» (2,136).

II problema di fondo è la strumentalizzazione politica dell’Islam. Negli ultimi 60 anni, i guai seri dei cristiani nel Medio Oriente sono nati con l’affermazione dell’islam politico, predicato dai movimenti radicali che si sono diffusi dopo il fallimento del panarabismo e come conseguenza del consolidamento dei regimi totalitari nella regione. Il caso dell’Egitto è significativo. Il movimento dei Fratelli Musulmani ha condannato il feroce attentato contro la chiesa copta ad Alessandria del 31 dicembre scorso. Tuttavia, la sua lotta politica è incentrata sull’edificazione di uno stato basato esclusivamente sulla shari’a. E ciò costituirebbe una discriminazione nei confronti dei cristiani egiziani. Anche il governo egiziano ha condannato la strage. Ma è nota la strumentalizzazione politica della minoranza cristiana da parte del regime. Sull’attentato sono rimasti molti dubbi.

La pista degli estremisti islamici rimane aperta. Ma vi è un forte dubbio circa la responsabilità del governo. Perché non sono state rafforzate le misure di sicurezza attorno alle chiese, dopo l’attentato mortale contro i cristiani nell’ottobre scorso in Iraq? È possibile che il regime abbia volutamente ignorato il pericolo? Rimane il sospetto che il presidente Mubarak si serva di questi tragici eventi per mantenere una politica securitaria, indispensabile alla sua dittatura. Il regime egiziano ha favorito un’islamizzazione simbolica di facciata per contrastare i Fratelli Musulmani, cercando così di dotarsi di una legittimità religiosa. Questa strumentalizzazione della religione ha, di fatto, marginalizzato i copti. La loro comunità affronta oggi insormontabili ostacoli burocratici per la costruzione dei propri luoghi di culto. Inoltre, i cristiani hanno meno possibilità di accedere ad alcuni incarichi nell’amministrazione pubblica e sono poco rappresentati nelle istituzioni del paese. C’è da notare che la gerarchia copta mantiene una posizione di neutralità nei confronti del regime. Per conservare privilegi, non interferisce nella politica se non per sostenere simbolicamente il regime. Il patriarca Chenouda III ha pubblicamente dichiarato, di recente, di essere a favore della candidatura del figlio di Mubarak alle prossime elezioni presidenziali. Un altro fattore determinante nel rendere sempre più complicata la situazione dei cristiani arabi è l’ingerenza – che dura da circa due secoli – di alcuni governi occidentali negli affari del Medio Oriente. La creazione di un sistema politico confessionale in Libano fu imposto dalla Francia, con l’intento di favorire gli interessi dei cristiani maroniti. In Iraq gli Usa hanno imposto uno stato “etnico-confessionale” condiviso tra sciiti, sunniti e curdi. L’ingerenza dell’Occidente “cristiano” in questa regione a maggioranza islamica ha portato alla sedimentazione nella memoria della popolazione musulmana di un’immagine negativa dei cristiani, visti come la quinta colonna delle potenze occidentali. Purtroppo l’atteggiamento odierno di alcuni governi europei rafforza questo grave pregiudizio. Qual è il sentimento che gli iracheni, alle prese con lutti e funerali causati da una devastante guerra americana, provano quando vedono l’Occidente scegliere le vittime della violenza da accogliere e da curare in base alla loro appartenenza religiosa? E che conseguenza ha ciò sulla convivenza tra due iracheni vicini di casa: uno musulmano e l’altro cristiano? A pagare il prezzo più alto di questa ingerenza sono i cristiani e i musulmani, figli della stessa terra.

Mediterranée

Posto un’altra serie di articoli. Consiglio il sito di Limes e di Linkiesta. Buona lettura

9. L’equilibrio dei bisogni.pdf

10. L’Occidente e le crisi petrolifere.pdf

11. Il potere dei Gheddafi.pdf

12. La Libia nel caos.pdf

13. La Libia e noi, storia delle crisi petrolifere.pdf

14. Libia, la rivolta delle tribù.pdf

15. Libia, dalla tribù alla coscienza nazionale.pdf

16. Questa rabbia laica contagerà la Palestina.pdf