Gemma di speranza

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Da due anni non pubblico più le gemme che studentesse e studenti portano in classe. Purtroppo non ho il tempo materiale per poterlo fare. Stamattina c’è stata la prima gemma di quest’anno, in una classe terza. Si è trattato di un testo che era stato portato anche tre anni fa da una ragazza di quinta. Erano le parole di Antoine Leiris, l’uomo che perse la moglie nell’attentato parigino del Bataclan e che si ritrovò da solo a crescere un bimbo di 17 mesi. Le riporto:

«Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa.
L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio».

Mi ha profondamente colpito che in un periodo storico in cui mondo reale e virtuale fanno fatica a contenere toni sopra le righe, a limitare linguaggi di odio, a controllare reazioni provocatorie che arrivano soprattutto dal mondo adulto, una sedicenne abbia voluto regalare ai compagni una gemma che parlasse di rifiuto dell’odio. Sono risuonate in me le parole di Etty Hillesum: “A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un frammento di amore e di bontà che bisognerà conquistare in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere”.

Grazie B.

La gente ballava, sorrideva, era felice

Max è un sacerdote passionista che ho conosciuto sul web. Poche ore fa sul suo profilo fb ha scritto: “Domenica scorsa all’omelia ho parlato di questa intervista, la testimonianza della band che suonava al Bataclan di Parigi la sera della strage. Per far capire cosa vuol dire “responsabilità”, sentirsi chiamati a rispondere ai bisogni degli altri, ad agire immediatamente per il bene di tutti. Ragazzi che hanno preferito rimanere con i loro amici feriti anziché scappare e salvarsi la vita, facendo da scudo con i loro corpi, andando incontro alla morte. La testimonianza è drammatica. Bisognerebbe farla vedere nei licei, nelle scuole.” Ho allora deciso di dare voce al suo desiderio: ecco l’articolo di Paolo Vites da Il Sussidiario e il video tratto da Youtube.

“Vorrei mettermi in ginocchio davanti ai genitori dei ragazzi morti quella notte” dice tra le lacrime Josh Homme, uno dei fondatori degli Eagles of Death Metal che quella sera della strage al Bataclan non era andato a Parigi con il suo gruppo. “Vorrei dire loro sono a vostra disposizione per qualunque cosa, perché davanti a quello che è successo che cosa puoi dire a chi ha perso i propri figli, la moglie, i fratelli? Non ci sono parole e forse è giusto che non ci siano” aggiunge Homme. Gli Eagles of Death Metal dopo un comunicato ufficiale hanno rilasciato adesso la prima testimonianza al sito americano Vice, una lunga video intervista di circa mezz’ora in cui raccontano quello che hanno vissuto quella notte. Visibilmente ancora scioccati, spesso scoppiano in lacrime, si tengono stretti fra loro, posano il capo sulle spalle dell’altro mentre raccontano l’orrore che hanno vissuto. Uno di loro ad esempio si era nascosto in un camerino insieme a molti membri del pubblico. Una ragazza, dice, era ferita gravemente e perdeva molto sangue. In due cercavano di fermare l’emorragia mentre un altro ragazzo aveva trovato nel frigo una bottiglia di champagne che doveva servire per i festeggiamenti del dopo concerto e la brandiva in mano, l’unica arma che avessero per difendersi, mentre sentivano i colpi d’arma da fuoco nel corridoio fuori della porta. Il chitarrista della band commenta: “Voglio dire a chi ama la musica rock e a chi non la ama: stiamo insieme. Io sono qui, sono sopravvissuto e stasera potrò tornare a casa da mio figlio. La musica rock mi ha dato un lavoro, una casa, una famiglia. Ma adesso non posso più far finta di niente, voglio che tutti sappiano che la vita è una cosa meravigliosa. Essere vivi”. Vogliamo tornare a Parigi, aggiunge, ed essere i primi a suonare al Bataclan quando riaprirà. Diversi giornali italiani all’indomani della strage avevano detto che i musicisti erano fuggiti ai primi spari abbandonando i loro fan: questo video dimostra che non è vero. Raccontano nei dettagli quei momenti insieme al pubblico, cercando vie d’uscita, soccorrendosi gli uni con gli altri, facendosi forza. Qualcuno in certa area cattolica ha anche detto che questo è un gruppo satanista che stava invocando il diavolo quando sono arrivati i terroristi, a causa del brano che stavano suonando, Kiss the Devil. Gli EODM sono un gruppo invece che fa la parodia proprio di quel genere di gruppi, li prende in giro: “Quella sera la gente ballava, sorrideva, era felice” racconta uno di loro. Proprio come succede con la vera musica rock. Satana non piange. Gli EODM in questo video invece piangono a lungo. Consigliamo a certi personaggi di guardarselo con attenzione. “Ci siamo dentro tutti in questa cosa, portiamo nel nostro cuore tutti i nostri amici francesi, vogliamo loro bene, e senza di loro non saremmo sopravvissuti” concludono.”

Gemme n° 338

Ho scelto come gemma la lettera scritta da uomo francese che ha perso la moglie e scrive per lei e per il figlio. Penso regali la speranza”. Questa la gemma di J. (classe quinta).
E’ stata una delle prime cose che ho letto dopo gli attentati di Parigi e che ho deciso di pubblicare qui sul blog. L’ho fatto perché non tira in ballo posizioni politiche o punti di vista. Parla di interiorità e della singola reazione di quest’uomo che non vuole cedere all’odio. L’immensa Alda Merini scriveva “La verità è sempre quella, la cattiveria degli uomini che ti abbassa e ti costruisce un santuario di odio dietro la porta socchiusa”. Decidere di non abbandonarsi all’odio è una fatica e un esercizio nei quali credo profondamente, anche se costa sguardi di commiserazione e cenni di presa in giro.

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