Quanti diari segreti

Oggi pubblico un file audio. E’ tratto dalla puntata del 25 giugno 2012 di Wikiradio, un programma di Radiotre a cui sono particolarmente affezionato. Il giornalista Marco Ansaldo racconta la guerra di Corea (iniziata proprio il 25 giugno 1950); verso la fine della trasmissione cerca di leggere uno spiraglio di speranza nella presenza inattesa di opere di libertà nella Biblioteca di Pyonyang. Sono meno di cinque minuti che mi hanno emozionato molto mentre li ascoltavo in podcast poco fa in giro per la campagna finalmente baciata dal sole. Godeteveli.

E ora, cercando un’immagine da pubblicare, mi sono imbattuto nell’articolo dello stesso Ansaldo che ha dato origine al file audio. Eccolo qua nella sua interezza preso da La Repubblica.

“PYONGYANG – “La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”. Pure nella grafia coreana, la traduzione delle parole non lascia spazio a dubbi. E il frontespizio del libro nemmeno: “George Orwell” è scritto in piccoli ideogrammi, sulla copertina anonima. “1984”, si legge al centro, con tanto di numeri, senza alcuna possibilità d’equivoco.
Biblioteca nazionale di Pyongyang, pomeriggio di un giorno qualsiasi di fine ottobre 2009. All’ombra di una grande statua di Kim Il Sung, “Presidente eterno”, le cui mani posate in grembo sorreggono un quotidiano mentre lo sguardo domina paterno l’immensa sala centrale, chini su minuscoli banchi di legno stuoli di lettori compulsano, assieme a testi cari alla tradizione asiatica, una serie di volumi insoliti per questa longitudine: i capolavori della letteratura occidentale.
biblioteca pyongyangIl titolo “1984”, romanzo di fantasia estremo e terribile, scritto nel 1948 ma di cui molti hanno intravisto la successiva materializzazione proprio nella società ipercontrollata della Corea del Nord, è – per quanto sembri incredibile – tra questi. Al piano terra, una folla di persone vestite tutte uguali nella loro divisa scura si aggira come un gruppo di formiche attorno agli schermi piatti dei computer contenenti i cataloghi. Selezioniamo con curiosità, sotto l’occhio vigile delle guide incaricate di seguire il visitatore straniero 24 ore su 24 fino alla sua stanza d’albergo, il soggetto “Orwell”. In due secondi appaiono alcune opere disponibili del grande scrittore visionario. C’è “Omaggio alla Catalogna”, la collezione di “Romanzi e saggi”, e persino “La fattoria degli animali”, l’altro testo zeppo di allegorie geniali sul totalitarismo, concepito alla fine degli Anni trenta.
Come mai questi libri hanno passato le maglie strettissime di una censura in perenne allerta e solitamente spietata? Come è possibile che il regime non sia a conoscenza dell’accostamento immediato che, ovunque nel mondo, viene fatto tra il Regno eremita e il fosco romanzo di Orwell? La signora Hwang, addetta alle relazioni della Biblioteca, non appare molto disponibile a fornire spiegazioni, e va di fretta. Un’altra visita incombe e troppe domande sembrano indisporla. In Corea del Nord, del resto, non è salutare toccare certi argomenti. Almeno tredici gulag sparsi nelle provincie non lontano dal confine con la Cina ospitano tuttora non si sa quante migliaia di dissidenti e oppositori. E i giornalisti stranieri, come dimostra la vicenda delle due reporter americane di recente liberate su intervento di Bill Clinton venuto qui a trattare con il figlio del Presidente eterno, il bizzoso Kim Jong Il, sono a malapena ammessi e sopportati.
«È un libro molto letto – spiega la donna in modo sbrigativo – spesso bisogna aspettare qualche tempo quando viene richiesto. Anzi, lo chiedono di continuo, ed è sempre prenotato». La risposta dunque c’è. I lettori coreani, benché immersi in una bolla d’aria del tutto priva di informazioni e contatti con la realtà esterna, conoscono il valore inestimabile contenuto nella profezia di Orwell, che li riguarda direttamente. A dispetto dell’ignoranza del regime, come si legge in quelle pagine avveniristiche, che vuole tramutarsi in forza.
Nella sala numero 3, dove gli squadrati ritratti dei due Kim, padre e figlio, si stagliano sulla parete, le 250 persone ammesse possono richiedere volumi di scienze sociali, economia, letteratura. «Il Grande leader – recita orgogliosa la signora Hwang, fasciata in un grazioso costume locale bianco – una volta seduto a questi tavoli capì subito che la posizione di lettura migliore doveva essere non sul ripiano, ma leggermente obliqua. E, sull’istante, fece cambiare tutti i banchi».
Che cosa leggono allora su questi scranni ora inclinati studenti, operaie e lavoratori? Il giro fra i banchi miete diffidenza, più che altro per la possibile reazione dei dirigenti incaricati di tenere la situazione sotto controllo. Dietro i piccoli occhiali tondi e fra le mani incallite spuntano allora a sorpresa Shakespeare, Victor Hugo, Puskin, Dostojevskij, Heine, Tolstoj, Goethe, Andersen, Bronte. E, inaspettatamente, nonostante l’odio storico del regime verso gli Stati Uniti, persino alcuni americani, Mark Twain ed Hemingway. Tradotti in coreano. Ma ci sono anche Maupassant, Arthur Conan Doyle, Tagore.
Al piano superiore, dietro il tavolo delle richieste un carrellino che sembra un giocattolo scorre sui binari scaricando altri volumi. Che cosa c’è dentro? Assieme a tante opere locali, ai testi sacri scritti da e su Kim Il Sung, in ogni caso i più letti e venerati, compaiono Guenter Grass e Franz Kafka. Chiediamo anche noi i testi in italiano disponibili. Arrivano, in originale, oltre a “Esercizi di algebra superiore” (in due volumi) e agli “Atti dell’Accademia dei georgofili” (dispense, Firenze 1982), “La Divina Commedia” e “I promessi sposi”. La gentile impiegata addetta allo smistamento non conosce Leopardi e Montale, ma dice che comunque è possibile far arrivare qui testi dall’estero per i lettori coreani. Invita anzi a farlo, e in qualsiasi lingua. I libri verranno poi tradotti o lasciati a disposizione di coloro che sapranno leggerli anche nelle versioni originali. In una stanza attigua un gruppo di giovani, cuffie al collo, azionano registratori che ripetono lezioni in inglese, francese, tedesco, spagnolo, russo, cinese, arabo, turco, italiano.
Nuova sosta al catalogo. Digitiamo in fretta, prima che sia tardi, le opere di autori considerati campioni della libertà di espressione. A caso: Solgenitsijn, Thomas Bernhard, Garcia Marquez, Neruda. Il computer li segnala disponibili. Estremo tentativo: “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury e “Lo scherzo” di Milan Kundera. Presenti!
Fuori, l’aria di Piazza Kim Il Sung è una cappa pesante. La Corea del Nord resta un incubo fatto realtà, con un controllo totale sulle persone. Il fiato del Partito si sente a ogni istante, e l’adulazione verso la famiglia al potere è un’ossessione che diventa un obbligo: nelle canzoni, nelle poesie, nelle esibizioni artistiche e sportive. Un “1984” vero. Con telecamere e microfoni sistemati dappertutto. Le pagine del romanzo ricordano a ogni passo l’esistenza paranoica del protagonista Winston: “Prese il libro di storia per bambini e guardò il ritratto del Grande Fratello che campeggiava sul frontespizio. I suoi occhi lo fissarono, ipnotici. Era come se una qualche forza immensa vi schiacciasse, qualcosa che vi penetrava nel cranio e vi martellava il cervello, inculcandovi la paura di avere opinioni personali e quasi persuadendovi a negare l’evidenza di quanto vi trasmettevano i sensi. Un bel giorno il Partito avrebbe proclamato che due più due fa cinque, e voi avreste dovuto crederci. Era inevitabile che prima o poi succedesse, era nella logica stessa delle premesse su cui si basava il Partito. (%u2026) Ma la cosa terribile non era tanto il fatto che vi avrebbero uccisi se l’aveste pensata diversamente, ma che potevano aver ragione loro. In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro?”.
All’albergo Yanggakdo, nell’isola sul fiume Taedong dove vengono ospitati gli stranieri, i clienti venuti dalla Cina vanno al casinò gettando fortune. Ma al ristorante girevole del 47esimo piano non c’è quasi nessuno. Una giovane donna locale beve un’aranciata e discute amabilmente di architettura. La politica, qui, è terreno minato. Il discorso cade sulla letteratura e sugli autori francesi. «Ha letto I fiori del male di Baudelaire?». La domanda, inaspettata e innocente, finisce per essere micidiale. Le guance avvampano. Abbassa il capo e risponde di sì, mentre gli occhi le si riempiono di lacrime. In “1984” Winston si innamora di Julia sebbene l’amore, e il sesso, siano proibiti. Finisce in segreto per odiare il partito e comincia a scrivere un diario, nonostante farlo sia un crimine gravissimo. Quante pagine, quanti diari segreti ci sono oggi, al riparo da occhi indiscreti, nelle case dei coraggiosi abitanti della Corea del Nord in fila per leggere i libri della libertà?”

Una notizia in sordina

Le notizie sul papa, Finmeccanica, le elezioni, il maltempo, Sanremo (sigh!): sono le prime notizie su giornali, siti e tv. Desidero riprendere una notizia che è passata molto in sordina. Utilizzo l’articolo di Niccolò Locatelli su Limes.

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“Nella mattinata del 12 febbraio 2013 la Corea del Nord ha condotto “in maniera sicura e perfetta” un test nucleare, il terzo nella storia del paese dopo quelli del 2006 e del 2009 e il primo da quando a capo del regime c’è Kim Jong-un, il figlio di Kim Jong-il (deceduto nel dicembre 2011). Il test è stato confermato dall’agenzia di stampa nazionale Kcna e indirettamente da istituti di vari paesi, che hanno registrato un’attività sismica compatibile con l’esplosione di un ordigno nucleare. Il comunicato della Kcna parla di “una bomba A piccola e leggera ma con grande forza esplosiva”. Ci vorrà del tempo per analizzare e verificare i dati; è probabile che l’ordigno esploso oggi avesse una potenza maggiore di quello del 2006 (1 kiloton) e di quello del 2009 (2 kiloton), ma ancora inferiore ai 15 kiloton della bomba gettata dagli Stati Uniti su Hiroshima nel 1945. Un altro aspetto da investigare, sottolinea il New York Times, è se l’arma usata in questo test era al plutonio come nel passato o all’uranio. Pyongyang nelle ultime settimane aveva minacciato più volte di compiere questo test per rappresaglia alla condanna espressa dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu (alleato cinese compreso) dopo il test missilistico del dicembre 2012. È infine passata all’azione “per proteggere la sicurezza nazionale e la sovranità dalla feroce ostilità degli Stati Uniti”, proprio nel giorno in cui Obama farà il suo discorso sullo stato dell’Unione (state of the Union address).

Il presidente degli Usa ha definito il gesto “altamente provocatorio” e chiesto un’azione “rapida e credibile” da parte della comunità internazionale, oltre a ribadire che Washington difenderà se stessa e i suoi alleati. Il timore statunitense è che la Corea del Nord si doti (in un futuro che al momento appare molto remoto) di ordigni nucleari che possano essere trasportati su missili balistici intercontinentali.

Parole di condanna del test nordcoreano sono immediatamente arrivate anche dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, dal primo ministro giapponese Shinzo Abe, dalla Corea del Sud e dalla Gran Bretagna. La Cina ha espresso la propria “ferma opposizione” al gesto di Pyongyang. Oggi pomeriggio il Consiglio di Sicurezza dell’Onu discuterà dell’accaduto in una sessione d’emergenza.

Il regime di Kim Jong-un ha scelto di fare questo test in un momento delicato per molti paesi asiatici: non tanto perché proprio in questi giorni sono in corso i festeggiamenti per il capodanno lunare, quanto perché in diversi Stati la leadership politica è cambiata da poco (Giappone) o sta per cambiare ufficialmente (Corea del Sud, Cina). Solitamente queste prove di forza a carattere militare vengono interpretate come una dimostrazione di potere da parte del leader in carica – prima Kim Jong-il, ora Kim Jong-un – e come un modo di ricompattare le Forze armate e una popolazione le cui condizioni di vita rimangono proibitive dietro alla bandiera del nazionalismo. In questa occasione la dimensione internazionale dell’evento è particolarmente interessante: che decisioni potrà prendere il Consiglio di Sicurezza dell’Onu dopo che il test ha dimostrato che Pyongyang non reagisce come auspicato a sanzioni e dichiarazioni di condanna? Stante l’isolamento quasi totale del regime nordcoreano, l’unico partner commerciale e politico di rilievo è la Repubblica Popolare Cinese. Ma gli inviti – non privi di toni ultimativi – alla moderazione di Pechino non sono stati ascoltati, e il suo sostegno alla risoluzione Onu di condanna per il test missilistico è stato clamorosamente ripagato con un test nucleare. Pyongyang ha esplicitamente accusato gli Stati Uniti (con cui pure aveva raggiunto un accordo meno di un anno fa) nel comunicato della Kcna, e non lesina accuse al “regime fantoccio” della Corea del Sud. Questa volta però Kim Jong-un ha sfidato tutto il mondo, a partire dall’alleato cinese. Il test odierno dimostra che la Corea del Nord non è e non vuole essere considerata alla mercé della Cina.”

Quel silenzio rumoroso

Chissà se, ora che lo dice Google Maps, la cosa sarà di maggior rilievo? Prendo da Rainews24

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“Era il buco nero, anzi bianco, di google Maps. Ma ora, poco a poco, anche la Corea del Nord appare con le sue strade, le linee ferroviarie, i parchi e i ristoranti di Pyongyang. Dopo il recente e discusso viaggio nella capitale nordcoreana del suo numero uno, Eric Schmidt, Google ha pubblicato una mappa relativamente dettagliata della Corea del Nord, grazie a ‘Map Maker’ e ai dati forniti dagli utenti e poi controllati in un processo simile a quello di Wikipedia. Grazie a una “community di cittadini cartografi”, che hanno lavorato dalla Corea del Sud, si rompe per la prima volta il muro che ha isolato per decenni il Paese dal web e dal resto del mondo.

Google Maps offre una mappa dettagliata di Pyongyang, con tanto di ospedali, fermate della metropolitana e scuole. Man mano che ci si allontana dalla capitale, le informazioni si diradano, ma si intuiscono altre cittadine, piccoli villaggi, e alcune aree grigie che molti analisti identificano come i famigerati campi di rieducazione del regime.

Un blogger americano che da anni aggrega informazioni e analisi economiche sulla Corea del Nord, Curtis Melvin, venerdì scorso ha messo in evidenza alcune immagini satellitari di Google Earth che grazie allo zoom descrivono un’area immensa interessata da alcuni cantieri. Forse, un nuovo campo di prigionia, anzi “di custodia”, come li chiamano in Corea del Nord, vicino ai Campi 14 e 18, non lontani dalla città di Kaechon. Nessuno sa quante persone attualmente vivano nei sei campi presenti in Corea del Nord: le autorità, anzi, hanno sempre negato l’esistenza stessa di centri molto vicini, per caratteristiche, ai campi di concentramento conosciuti dall’Europa: in alcuni si pensa vivano fra le 100 e le 200mila persone. Non solo criminali comuni, avvertono le organizzazioni non governative che da anni cercano di battersi per il rispetto dei diritti umani nel Paese: centinaia di oppositori politici, artisti, intellettuali, dissidenti e intere famiglie che hanno tentato la fuga in Corea del Sud vivono in questi gulag sui quali da oggi possono interrogarsi miliardi di utenti di Google Maps. Secondo un recente repporto, il 40% dei prigionieri muore per le pessime condizioni igieniche e per i cibi avariati, vittima di torture da parte delle guardie. Segnalati anche molteplici casi di violenze a sfondo sessuale. I prigionieri vengono obbligati a lavorare anche 16 ore al giorno.

“L’elevata risoluzione delle immagini satellitari ora disponibili attraverso Google Earth consente agli ex prigionieri di identificare la loro caserma e le case, i loro centri di detenzione e altri luoghi di interesse nei campi”, è l’auspicio di uno dei responsabili delle Nazioni Unite che si occupa del fenomeno. “Il regime nord coreano nasconde e distorce la dura realtà di un sistema spietato, la politica dei campi di prigionia non è più un’opzione praticabile”, ha dichiarato Greg Scarlatoiu. “Con il monitoraggio costante delle immagini satellitari, siamo in grado di controllare questi campi, anche se non ci giunge da essi nessuna voce”.”