Chiese d’oriente

Alcuni studenti, di tanto in tanto, mi chiedono qualche breve notizia sui cristiani d’oriente. Colgo l’occasione di questo articolo di Sandro Magister per mettere a disposizione in pdf il materiale che lui segnala in fondo al suo articolo e che è tratto dal n. 22 del 2013 dalla rivista “Il Regno” dei dehoniani di Bologna (scritto da Giorgio Bernardelli). Il pdf è in fondo.
“Fervono sotto traccia i preparativi del viaggio di papa Francesco in Terra Santa, in programma dal 24 al 26 maggio. Quando mezzo secolo fa Paolo VI si recò a Gerusalemme – via dei maronitiprimo papa della storia – i luoghi santi della città erano quasi tutti entro i confini del regno di Giordania. E così gran parte della Giudea e la valle del Giordano. I cristiani erano numerosi e in alcune località come Betlemme erano in netta maggioranza. Nella mente di molti cattolici d’Occidente – come il sindaco di Firenze Giorgio La Pira, oggi in corsa verso gli altari – brillava l’utopia di una vicina pace messianica che avrebbe affratellato cristiani, ebrei e arabi. Su questo sfondo e in questo clima, il viaggio di Paolo VI fu un evento di risonanza grandiosa. Nella città vecchia di Gerusalemme la folla araba strinse il papa in un abbraccio fisico travolgente, a tratti sollevandolo da terra. E anche al suo ritorno a Roma una folla sterminata fece ala al papa che rientrava in Vaticano.
Oggi quel clima non c’è più. La geopolitica del Medio Oriente è completamente mutata. Non c’è pace tra israeliani e palestinesi. Il Libano è stato dilaniato da una guerra civile. La Siria è al collasso. L’Iraq è devastato. L’Egitto esplode. Milioni di profughi fuggono da una regione all’altra.
E i cristiani sono quelli più stretti nella morsa. Il loro esodo dai paesi mediorientali è incessante, non compensato dalla precaria immigrazione nei paesi ricchi del Golfo di manodopera proveniente dall’Asia.
Ha dichiarato in proposito il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin nella sua prima intervista a largo raggio dopo la sua nomina, ad “Avvenire” del 9 febbraio: “La situazione dei cristiani in Medio Oriente è una delle grandi preoccupazioni della Santa Sede, sulla quale essa non cessa di sensibilizzare quanti hanno responsabilità politiche, perché ne va della pacifica convivenza in quella regione e nel mondo intero”. Ed ha aggiunto, riferendosi alla presenza in Medio Oriente di cristiani appartenenti a diverse confessioni e implicitamente all’incontro che papa Francesco avrà a Gerusalemme con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, mezzo secolo dopo l’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora: “Questo è pure un ambito di particolare rilevanza a livello ecumenico, dato che i cristiani possono cercare e trovare vie comuni per aiutare i fratelli nella fede che soffrono in varie parti del mondo”.
Ma quanti sono e chi sono i cristiani che abitano in Terra Santa e nelle regioni circostanti?
Nell’insieme essi sono oggi tra i 10 e i 13 milioni, a seconda delle stime, su una popolazione complessiva di 550 milioni di abitanti. Quindi circa il 2 per cento. Ecco qui di seguito una loro mappa aggiornata, ripresa dal n. 22 del 2013 dalla rivista “Il Regno” dei dehoniani di Bologna, scritta da un esperto in materia.”

Ecco il file: Chiese orientali

Ramadan a Gerusalemme est

Per conoscere un po’ di più, per entrare un po’ nel vivo, grazie ai francescani

http://www.fmc-terrasanta.org/it/attualita-eventi-e-societa.html?vid=4752

Donne al muro

Prendo un articolo di Davide Frattini dal Corriere.

ebraismo, donne, muro del pianto, gerusalemme, haredim, preghiera, uomini“Ci è voluto il tweet di Sarah Silverman per dare popolarità globale a una battaglia che va avanti da ventiquattro anni e per far capire a Benjamin Netanyahu che era tempo di trovare un compromesso. A metà febbraio la comica americana ha condiviso in 140 caratteri con i suoi 4 milioni di lettori l’orgoglio familiare per l’arresto della sorella Susan e della nipote Hallel. Tutt’e due colpevoli – secondo i rabbini ultraortodossi e pure la Corte Suprema israeliana, sentenza del 2003 – di voler pregare al Muro del Pianto come fanno gli uomini e come alle donne è proibito. Il primo ministro ha allora incaricato Natan Sharansky, eroe della dissidenza sovietica, di trovare una soluzione per queste dissidenti religiose. Che chiedono di presentarsi davanti alle pietre più sacre per l’ebraismo con indosso i tallit (lo scialle da preghiera), i tefillin (scatolette di cuoio legate con le cinghie, contengono versetti sacri) e di poter recitare la Torah ad alta voce (t’fila in ebraico vuol dire preghiera). Sono le quattro «T» simbolo della protesta che i rabbini haredim leggono come una sola parola: tradimento dell’ortodossia. Da quando Anat Hoffman ha fondato il movimento nel 1988, il primo di ogni mese secondo il calendario ebraico si ritrovano a Gerusalemme e l’appuntamento è fissato anche per stamattina. Arrivano al Muro del Pianto, entrano nell’area destinata alle donne – non mettono in discussione la separazione – ma si comportano come gli uomini. Gli agenti di solito intervengono per arrestarle e Yossi Parienti (il capo della polizia nella città) ha già annunciato che oggi la manifestazione verrà impedita: «Quando cominciano a pregare indossando gli scialli, sfidano le decisioni dei giudici». Sharansky propone di allargare la zona per i riti, di aprire all’ingresso gratuito la parte di scavi archeologici vicino all’arco di Robinson. La soluzione è sostenuta da Shmuel Rabinowitz, il rabbino incaricato di vegliare sul Muro Occidentale e gli altri luoghi sacri, ed è stata accettata con perplessità dalle leader del gruppo. «Sharansky promette che i lavori termineranno in un anno e mezzo – commenta Hoffman al quotidiano Haaretz -. Il rischio è che ne passino dieci per l’opposizione degli archeologi, dei giordani, dei musulmani. Stiamo parlando di intervenire nel sito religioso più delicato e spinoso al mondo. Verremo arrestate fino ad allora?». Il progetto prevede di toccare il ponte dei Mugrabi che porta alla Spianata delle Moschee. «Quando nel 2004 gli israeliani volevano ripararlo perché rischiava di crollare per la neve, gli islamici hanno protestato ovunque». Netanyahu vuole risolvere la disputa anche perché ha generato una frattura con gli ebrei americani. Le Donne del Muro ricevono l’appoggio dei movimenti riformisti e conservativi, le congregazioni sono molto diffuse negli Stati Uniti ed esasperano gli ultraortodossi con decisioni come quella di permettere alle donne di venir ordinate rabbino. Tra loro la sorella di Sarah Silverman, che vive a Gerusalemme e che ha spiegato ad Haaretz le ragioni delle femministe: «Da un punto di vista teologico mi oppongo al monopolio ultraortodosso sull’ebraismo. Per convinzioni democratiche sono contraria all’idea che un gruppo di cittadini spadroneggi sugli altri». Anche chi ha conquistato quelle pietre antiche adesso vuole espugnarle agli ultraortodossi. Yitzhak Yifat è il soldato più popolare della storia di Israele per la foto scattata da David Rubinger che lo ritrae a occhi in su davanti al Muro: è il 1967, la parte est di Gerusalemme è appena stata presa ai giordani durante la guerra dei Sei giorni. «Non abbiamo combattuto perché il Muro diventasse proprietà esclusiva di pochi».”

Mi viene un’unica battuta tratta da un raccontino di Carlo Fiore: cosa penseranno i detentori del potere religioso, di ogni religione, quando scopriranno che Lei è donna?