Gemma n° 2038

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“Ho deciso di portare come gemma i social, non perché sono qualcosa a cui sono affezionata o una mia  passione ma per il modo in cui mi hanno cambiata. Ho fatto molta fatica a decidere cosa portare come gemma perché anche se sono una grande fan del cinema e della letteratura non c’è nessun film\serie o libro che (anche se mi ci sono ritrovata e sentita capita) mi hanno “cambiato la vita”.
Cosa che posso dire invece dei social (soprattutto tiktok). Posso senza dubbio dire che da quando ho i social sono una persona diversa e non solo per il fatto che nel frattempo sono cresciuta. La maggior parte degli artisti che ascolto li ho conosciuti tramite i social come molti dei miei idoli, i miei libri preferiti e di questo sono ovviamente grata ma c’è una parte di me che ha paura dell’impatto che hanno su di me i social.
Mi sono soffermata a pensare a quante mie idee e principi non siano veramente miei. Molte volte mi capita di leggere un post o vedere un video, concordare su quello che si è detto e farlo diventare parte della mia mentalità. Non ci trovo niente di male nel confrontare le opinioni ma mi rattrista pensare quante cose che penso e apprezzo “non vengano da me”.
Ed ovviamente è così anche per il modo di vestire, il linguaggio, il senso dell’umorismo, pensare che una cosa sia “cringe” o brutta solo perché lo pensano tutti gli altri.
Spero che quando fra qualche anno ripenserò alle cose che ho imparato, la maggior parte sarà fondata su opinioni che ho costruito basandomi su cose successe attorno a me e non sull’opinione di uno sconosciuto online” (S. classe prima).

L’uso di internet

africa internetCome utilizzo il web? In un articolo del 13 giugno su Sette, Roberto Cotroneo scriveva:
Gli ultimi dati che possediamo sulle tendenze di internet pubblicate da KPCB (Kleiner Perkins Caufield & Byers) ci dicono che gli utenti che accedono a Coursera sono per il 42 per cento del Sud America, Africa e Asia. Coursera è una piattaforma statunitense, ideata dall’Università di Standford che offre corsi universitari gratuiti. Si insegnano: discipline umanistiche, scienze sociali, economia, medicina, biologia, matematica e informatica in più di dodici lingue del mondo. E anche Duolingo, una piattaforma mondiale che offre corsi di lingua, ha il 45 per cento di accessi dai paesi del terzo mondo.
Così mentre la vecchia Europa e il Nord America si ubriacano di selfie e di chiacchiere sui social, i paesi più poveri utilizzano la rete, e quel che possono della rete per imparare l’inglese o lo spagnolo, o per studiare attraverso piattaforme personalizzate. E lo fanno attraverso reti mobili, e spesso attraverso tablet o smartphone. Per motivi ovvi. Se questa tendenza continuerà, e non c’è motivo di pensare il contrario, accadrà qualcosa di molto interessante. Accadrà che internet sarà certamente il futuro per qualche miliardo di persone, e sarà vecchio e nevrotico per tutti quelli che non avendo bisogno di accedere a saperi e informazioni vere utilizzeranno i propri saperi e le proprie informazioni come una vetrina narcisistica. Mentre in Africa studiano e possono finalmente imparare a basso prezzo e con un’efficacia impensabile, in Europa e nel Nord America ci chiediamo quanti danni può fare internet, e come fermare questa ossessione per il web, per i social e per l’essere connessi 24 ore su 24.

In pratica il web, lo stare connessi, nei paesi emergenti e nei paesi del terzo mondo è novità e futuro, mentre da noi è un modo ulteriore per consolidare le vecchie nevrosi e la voglia di esibizionismo. E se da noi gli psicologi e i clinici parlano nei loro convegni di una nuova forma di narcisismo patologico, conseguenza dei social che stanno demolendo e dissolvendo le identità, altrove il web diventa proprio strumento di identità e di consapevolezze future, e ha poco a che fare con le solitudini telematiche.”

Un’informazione dalle salde fondamenta

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Ho avuto un buco di 5 minuti e ho approfittato per sfogliare la rivista Sette. Mi sono imbattuto in un pezzo molto interessante di Roberto Cotroneo. La riflessione era sul nuovo modo di fare informazione oggi: “… Peccato che nessuno sa più cosa sia l’informazione sul web, e spesso gli editori e i giornalisti, che vivono un cambio di era geologica, fanno quello che sanno e quel che possono: adattano, mettono i giornali in pdf, cercano un po’ di interattività, provano a cucire il vestito dell’informazione dentro il web per dimostrare di essere moderni”. E’ un po’ la stessa cosa che ho notato un anno fa quando dovevo adottare un nuovo libro di testo a scuola: ne ho trovato solo uno veramente innovativo, tutti gli altri erano pure edizioni a schermo di quelle cartacee. Continua poi Cotroneo sull’importanza della cultura umanistica: “Il problema del web, e dell’informazione sul web, non è nell’innovazione, quella è facile: è nelle humanities. Solo che stiamo facendo morire gli studi umanistici nelle università italiane. Con danni veri. Un buon ingegnere deve imparare il greco, e un buon manager dovrebbe prima studiare san Tommaso e Aristotele, e solo dopo organizzazione aziendale. E’ finito un tempo e nessuno sa come farne iniziare uno nuovo: chi ha studi di humanities non ha potere, e chi ha potere snobba filosofia e letteratura, lingue antiche e arte. Il risultato è che abbiamo cattivo marketing, cattiva gestione manageriale e futuri tecnologici già vecchi prima di realizzarli. Tutti abbiamo bisogno di fondamenta per le nostre case. Ma senza un progetto, senza Le Corbusier che prendeva dalla sua storia, dalla sua vita, linee e idee per nuovi edifici, le fondamenta sono solo piloni di cemento armato inguardabili e inutili”.