Su diversi quotidiani delle Venezie di ieri è apparso questo interessante articolo di Ferdinando Camon.
C’è un contrasto netto fra la Cei e il governo, tra Berlusconi e mons. Crociata, tra il rabbino capo di Roma e Maroni, tra il Pd (con importanti eccezioni) e il Pdl-Lega: i temi della discordia sono il respingimento, il pacchetto sicurezza, il diritto di asilo, l’Italia multietnica. Ma sul respingimento c’è un contrasto anche fra D’Alema e Fassino, e questo fa capire quanto la questione sia ambigua e contraddittoria. La Cei afferma che il respingimento di 277 migranti provenienti dalla Libia tradisce diritti fondamentali degli uomini. È vero. Il ministro degl’Interni risponde che il respingimento è un successo storico, perché l’unico modo per impedire gli sbarchi clandestini è bloccarli sul nascere. È vero anche questo. La maggioranza vuol definire la clandestinità come reato, perché uno Stato con centinaia di migliaia di persone senza permesso di soggiorno, senza lavoro, senza soldi, è incontrollabile. È vero. Stabilendo che la clandestinità è un reato, la maggioranza vorrebbe sostenere che un clandestino non può fruire dei servizi statali, primi fra tutti sanità e scuola: i servizi hanno un costo, il costo si paga con le tasse, il clandestino che non paga tasse non può goderne. Provate ad andare in America senza assicurazione: se vi ammalate, vi buttano fuori dall’ospedale nudi. Abbiamo già osservato qui che questo ragionamento ha una conseguenza: se un malato è clandestino, il primo dovere del medico è denunciarlo, altrimenti diventa complice di un reato. Il medico è al servizio dello Stato. I medici oppongono un’altra concezione: il medico è al servizio dell’uomo, suo dovere è curare chi sta male, chiunque sia, anche un bandito. Quindi niente-medici-spia. Come i medici-spia sono i prèsidi-spia: se la clandestinità è un reato, i prèsidi non possono accettare l’iscrizione di bambini clandestini. La Lega afferma che accettarli a scuola vuol dire rendere permanente la presenza dei clandestini, ancorarli al nostro territorio. E’ vero, è così. I prèsidi (e con loro il presidente della Camera, Gianfranco Fini) sostengono però che ammettere a scuola i figli dei clandestini è come ricoverare in ospedale i clandestini malati: l’istruzione è un bene primario come la salute. È vero, è un ragionamento giusto e nobile. D’Alema definisce “barbara” l’etica da cui nasce il pacchetto di sicurezza, ma Fassino, parlando del respingimento, che di questa etica è l’atto più crudele, dichiara che “non è uno scandalo”, e aggiunge: “in passato l’abbiamo fatto anche noi, quando eravamo al governo”. Domanda: come sono possibili questi differenti e opposti punti di vista? Tra un vescovo e l’altro, tra un partito e l’altro, tra una parte e le altre della maggioranza e dell’opposizione? Sui problemi dei clandestini e dell’ospitalità non c’è crisi di un partito o di uno schieramento, ma del nostro diritto. È il nostro diritto che non riesce a capire e valutare questi problemi, perché il nostro diritto è il risultato della nostra storia, mentre questi problemi sono il risultato di altre storie. L’immigrazione dall’est (Albania, Romania…) è il risultato del fallimento del comunismo: un sistema che è durato a lungo, ed era costruito contro di noi, è fallito, e scarica il suo fallimento su di noi, facendone un nostro problema. L’immigrazione dal sud del Mediterraneo è il risultato del fallimento di quegli stati, nessuno dei quali è arrivato alla democrazia, alla creazione del progresso e alla spartizione del progresso. E quegli Stati scaricano i loro problemi su di noi, trasformandoli in nostri problemi. L’accoglienza di chi viene dalla fame, dall’ignoranza, dalle guerre e dalle epidemie, è un dovere umano prima che giuridico. Ma sull’orlo del Sahara ci sono 20 milioni di disperati, pronti a trascinarsi verso Libia e Tunisia per tentare la traversata verso l’Italia e l’Europa. Siamo chiusi in una morsa: 1) dobbiamo salvarli, 2) non ce la faremo mai.

