Nuove rotte di immigrazione


Posto un interresantissimo pezzo di Adriano Remiddi tratto dal sito di Limes sulle nuove rotte dell’immigrazione verso l’Europa. Nelle quinte stiamo parlando di globalizzazione e abbiamo accennato al fatto che alcune emergenze possono trovare soluzione solo se affrontate a livello internazionale: fin tanto che ogni stato continua a guardale al cortile di casa sua non ci sono molte possibilità…

Le nuove rotte dell’immigrazione verso l’Europa

La pratica del respingimento in mare dei migranti clandestini ha abbassato del 70% gli sbarchi sulle coste siciliane. Ma i flussi migratori non sono diminuiti: hanno solo cambiato percorso.

La crisi economica ha rallentato i flussi migratori verso l’area Ocse ma la materia è sempre ai primi posti nelle agende dei governi dell’Unione europea. Negli ultimi dieci anni l’Europa ha visto assestarsi alcune principali rotte extra-europee, che incidevano prevalentemente a sud su Spagna e Italia e a est su Polonia e Ungheria. Tuttavia, grazie anche alle politiche migratorie promosse dall’Italia, è in corso una mutazione di tendenza. Di recente il nostro paese ha ratificato il trattato di Bengasi, meglio conosciuto come Trattato di amicizia italo-libica. L’accordo bilaterale firmato il 30 agosto 2008 da Gheddafi e Berlusconi prevede un controllo congiunto del canale di Sicilia allo scopo di contenere il flusso di immigrazione clandestina proveniente dal Nordafrica. Seguendo l’esempio di Spagna e Malta, quindi, anche l’Italia ha rafforzato la pratica del respingimento in mare, suscitando roventi polemiche internazionali.

Nel breve periodo il risultato è stato evidente, perché i controlli hanno ridimensionato consistentemente l’emergenza-sbarchi sulle coste siciliane: c’è stata una riduzione del 71% nell’ultimo anno. Anche il Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Lampedusa, tristemente celebre per il suo cronico sovraffollamento, era ormai deserto in pieno agosto – proprio nel periodo di potenziali sbarchi in massa. Inizialmente, nella controllatissima rotta che dal Nordafrica porta all’Italia, gli sbarchi si sono diretti perlopiù sulla piccolissima isola di Linosa e sulle spiagge agrigentine, ma i continui respingimenti hanno scoraggiato definitivamente questa soluzione. I movimenti dei popoli, ci insegna la storia, sono difficilmente arrestabili e non stupisce quindi che i migranti arginati via mare stiano utilizzando altre rotte.

Nel 2010 infatti, il totale degli ingressi illegali in Europa è aumentato rispetto all’anno precedente, a dimostrazione che i flussi non si sono samos-musumeci-img_2126-2-large.jpgfermati ma sono solo stati deviati. La legge del mercato, della domanda e dell’offerta, trova attuazione anche quando si tratta di vite umane. Non sorprende quindi che sia bastato poco tempo perché si riorganizzassero nuove piste di clandestini via terra. Tantomeno stupisce constatare che la pressione migratoria è cresciuta visibilmente e progressivamente prima in Egitto e in Turchia, poi in Grecia e Albania, paesi di transito che rappresentano la porte d’Europa e dell’area Schengen. Stando ai numeri forniti dal Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, negli ultimi 12 mesi l’80% degli immigrati è entrato nell’Unione attraverso la Grecia, provenendo dal Nordafrica. Nel 2010 infatti il numero di tentativi di ingresso attraverso la Grecia è più che quadruplicato, passando da 6.616 casi a circa 31.021 (+369%). La chiusura delle rotte nel Mediterraneo ha fatto sì che i flussi africani verso l’Europa si  riorganizzassero su terra, permettendo l’arrivo di migliaia di migranti attraverso la Libia, l’Egitto e la Turchia, che vanno a sommarsi al già gravoso flusso proveniente da Afghanistan, Pakistan, Iraq e Iran. Il problema è che la Grecia dimostra di non saper accogliere questa mole di immigrati che di fatto non riesce a respingere, tanto da essere stata definita “palesemente incapace” dal ministero degli Interni di Istanbul. Parte di questo flusso su terra sembra quindi transitare progressivamente attraverso la penisola balcanica diretta verso Croazia, Slovenia e Italia, paesi nei quali, secondo l’ultimo rapporto annuale della stessa agenzia europea, si è registrato un netto aumento del numero di respingimenti alle frontiere terrestri.

Va inoltre segnalato un sorprendente ritorno degli sbarchi sulla costa adriatica, fenomeno ormai estremamente contenuto dopo la pacificazione della penisola balcanica ma tornato alle cronache durante la scorsa estate dopo gli sbarchi in Puglia e Calabria di nordafricani provenienti dalle coste turche. Proprio in queste settimane, per ristabilire il controllo dei confini europei in Grecia, la Commissione europea ha predisposto l’invio delle Rabit – le Squadre di intervento rapido alle frontiere – prevedendo l’impiego sul territorio di 175 unità provenienti dai paesi dell’area Schengen, che affiancheranno Atene nei pattugliamenti e nei respingimenti. È la prima volta che viene dispiegata un’operazione congiunta di questo tipo e le aspettative dell’Unione sono ovviamente molto alte.

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