Difesa della libertà

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Così, solo per non dimenticarlo mai:

“Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”

(Evelyn Beatrice Hall)

Quale Chiesa?

Un gruppo di sacerdoti friulani e veneti (Pierluigi Di Piazza, Udine; Franco Saccavini, Udine; Mario Vatta, Trieste; Giacomo Tolot, Pordenone; Piergiorgio Rigolo, Pordenone; Alberto De Nadai, Gorizia; Andrea Bellavite, Gorizia; Luigi Fontanot, Gorizia; Albino Bizzotto, Padova; Antonio Santini, Vicenza) scrive dal 2009 una lettera di Natale che desta spesso discussioni, dibattiti, confronti. Quella di quest’anno è sulla Chiesa. Riporto qui sotto alcuni dei punti cardine, ma invito alla sua lettura integrale qui per contestualizzare meglio ogni singola frase.

  • Quando si parla della Chiesa, comunemente ci si riferisce alla gerarchia: papa, cardinali, vescovi, preti, diaconi… Sono solo una parte di essa, che invece è composta da tutti coloro che – grazie al Battesimo che hanno ricevuto – sono diventati in Cristo “sacerdoti, re e profeti”, segno visibile dell’amore di Dio che fa di tutti gli esseri umani il “popolo di Dio”.

  • Quando la Chiesa riceve dal potere – economico, politico e militare – finanziamenti, vantaggi, privilegi e onori perde la forza profetica di denunciare con libertà la corruzione, l’illegalità, l’ingiustizia, l’immoralità, le guerre, il razzismo, nella nostra Regione manifestato anche a livello politico e legislativo. Così è avvenuto e continua ad avvenire in ogni parte del mondo, con la drammatica conseguenza che il potere si sente in questo modo legittimato, difeso, compiaciuto, incoraggiato e sostenuto.

  • Sarebbe, a nostro avviso, importante che Stato e Chiesa riconsiderassero l’ora di religione cattolica nella scuola. In una società sempre più multietnica, multiculturale e plurireligiosa l’insegnamento della religione dovrebbe essere concepito e proposto come insegnamento del fenomeno religioso sotto tutti i suoi aspetti, come conoscenza, obbligatoria per tutti, delle diverse religioni. Risulterebbe conseguente che la scelta degli insegnanti e la loro formazione dovrebbero seguire le modalità comuni a tutti gli altri, con titoli di studio e abilitazioni professionali di competenza dello Stato, senza la necessità di “idoneità” da parte di un’autorità religiosa. Non quindi un’ora di religione cattolica che esclude e separa, ma un’ora di insegnamento delle religioni che unisce e arricchisce.

  • È importante anche il compito dei teologi che devono favorire l’approfondimento delle grandi questioni nel rapporto tra fede, ragione e storia; è tanto più significativo tale compito quanto più la riflessione parte dalla realtà, non quando si svolge solo in modo teorico; quando è libero nell’approfondimento e nella proposta. La teologia della liberazione resta un esempio eloquente. Avvertiamo con particolare urgenza la necessità di privilegiare la testimonianza e la coerenza rispetto all’ortodossia e alla disciplina: sempre e prima di tutto obbedienti al Vangelo.

  • Alla richiesta di una maggiore democrazia nella Chiesa, si risponde solitamente che la Chiesa è molto di più della democrazia, è comunione. In realtà, per esserlo, la Chiesa dovrebbe promuovere partecipazione e corresponsabilità. Di fatto la rinuncia alla prassi democratica nel confronto, nelle decisioni, nelle scelte e nell’obbedienza, riduce e spesso vanifica la comunione; essa infatti, non può essere invocata per coprire la mancanza di democrazia.

  • Riteniamo che si debba aprire un dialogo sereno su quelli che vengono chiamati, ormai in maniera sempre più stanca e rituale, “valori non negoziabili”: famiglia, matrimonio, concepimento, conclusione della vita… Siamo convinti che tali problemi sempre più in grado di coinvolgere profondamente la coscienza e la sensibilità delle persone non debbano mai diventare oggetto di trattativa ideologico-politica.

  • Crediamo la Chiesa come luogo del perdono, dedita a prendersi cura delle situazioni di difficoltà, fragilità, smarrimento, in cui ogni servizio all’uomo possa essere riconosciuto come servizio evangelico. Tra essi c’è anche il ministero sacerdotale che riteniamo possa essere svolto – con pari dignità – da uomini celibi e sposati e da donne prete; la riconsiderazione della legge del celibato potrà finalmente affermare la libertà e con una speciale attenzione valutare positivamente la disponibilità al servizio dei preti sposati che, per l’attuale disciplina, sono stati costretti a lasciare il ministero. Crediamo si debba ripensare il ruolo della donna, simile e complementare a quello dell’uomo, anche riguardo ai ministeri ordinati. Per quanto riguarda questa questione siamo convinti che non sussistano motivi biblici e teologici decisivi di contrarietà; del resto non si tratterebbe di una scontata rivendicazione di parità dei diritti, ma molto più profondamente, di coinvolgere la ricchezza e la diversità di genere, liberando così la Chiesa da un maschilismo di fatto che ha conseguenze non di poco conto nelle decisioni dottrinali ed etiche.

  • Riteniamo che nell’ambito della riflessione sui ministeri sia necessario considerare con particolare attenzione le dimensioni dell’affettività, dell’amore, della sessualità, anche attraverso la convocazione di un Sinodo mondiale e allo stesso tempo di incontri nelle comunità parrocchiali e nelle Diocesi, per ricostruire una vera e propria teologia dell’affettività e della sessualità, esaminando serenamente alla luce del Vangelo, e con il contributo delle donne e degli uomini di scienza e di esperienza, le diverse situazioni e implicanze.

  • Riteniamo che la Chiesa debba farsi carico con maggiore limpidezza e credibilità, di una più autentica e forte testimonianza del Vangelo riguardo al denaro, ai beni, alle strutture, e in genere allo stile di vita. Crediamo la Chiesa povera, umile, sobria, essenziale, libera da ogni avidità riguardo al possesso dei beni.

  • La Chiesa utilizzi quindi sempre con trasparenza il denaro, i beni, le strutture, rendendo conto pubblicamente di tutto. Sia sempre chiaro il fine a servizio delle comunità e della promozione della persona con una reale opzione dei poveri vicini e solo geograficamente lontani. Non ci si preoccupi, quindi, di diventare più ricchi per aiutare di più, ma ci sia l’impegno ad imparare, sull’esempio di Cristo, a stare accanto ai più piccoli anche con la propria povertà. La Chiesa quindi, paghi doverosamente le tasse riguardo a quei beni che non sono in modo chiaro ed evidente finalizzati alla solidarietà, alla promozione culturale, al bene comune.

  • Le donne e gli uomini che osano chiamarsi cristiani, vivano in modo dignitoso, semplice e sobrio, senza accumulare e ostentare, a cominciare dal Papa, dai vescovi, dai preti, dagli ordini religiosi maschili e femminili.

  • Siamo convinti che la Chiesa debba scegliere una volta per sempre di liberarsi dai ridicoli titoli nobiliari e onorifici quali Sua Santità. Eminenza, Eccellenza, Monsignore, Reverendo…, perché a questo ci richiama espressamente il Vangelo oltre che il buon senso.

  • Riteniamo anche che la Chiesa debba fare uno sforzo decisivo per liberarsi dai vestiti e paludamenti clericali che appartengono ad altri tempi e mentalità. Essi tendono a sottolineare distanze e dipendenze di cui non troviamo traccia nel Vangelo.

  • Crediamo la Chiesa dell’accoglienza, delle porte aperte, senza pregiudizio o giudizio, tanto meno rifiuto: prima l’accoglienza, l’ascolto, la comprensione, l’attenzione poi il dialogo, il confronto, il sostegno.

  • Crediamo la Chiesa, che accompagna negli interrogativi e nella ricerca di risposte, che sa ascoltare e imparare prima di esprimersi ed insegnare.

  • Crediamo la Chiesa che si apre all’incontro, al dialogo, alla conoscenza, alla preghiera, e condivide, con donne e uomini di altre fedi religiose, con tutte le donne e tutti gli uomini di buona volontà, la responsabilità per la giustizia, la pace, la salvaguardia del creato.

  • Una Chiesa che può ispirare l’impegno politico, ma mai compromessa con il potere

  • Ribadiamo l’importanza della laicità della politica.

  • Nell’aula dei Consigli di rappresentanza (comunali, provinciali, regionali, nazionali o sovranazionali), nel partecipare ad una commissione, nel preparare una legge, nel votare una scelta, ciascuno esprimerà il suo patrimonio spirituale ed etico. Non servono dichiarazioni preventive facendone un blocco di ideologia religiosa o specularmente laicista, non è pensabile quindi un partito di cattolici. Essi si esprimano nella laicità della politica e delle istituzioni.

  • Sentiamo disagio per le liturgie contrassegnate dal protagonismo del clero, a cui il popolo assiste con distacco.

  • Se l’accoglienza è decisiva, come crediamo, per la nostra testimonianza di fede, ci permettiamo di indicare una possibilità: che ogni comunità cristiana accolga una persona, o una famiglia, con particolare attenzione a chi vive nel territorio: la disponibilità di una stanza o un appartamento per l’accoglienza di un italiano o di uno straniero, di un malato o di un ex carcerato… e questo come comunità.

  • Una Chiesa che preghi e operi per la giustizia. Da qui ripartiamo e qui ritorniamo.