L’altroieri leggevo delle parole del papa (già dette a giugno ma ripetute in questi giorni): “Quando ho deciso di vivere a Santa Marta non è stato tanto per ragioni di semplicità, perché l’appartamento papale è grande ma non lussuoso. Ho scelto di vivere a Santa Marta per il mio modo di essere, io non posso vivere da solo, chiuso, ho bisogno del contatto con la gente. Posso riassumerlo così. Ho scelto di vivere a Santa Marta per ragioni psichiatriche, perché non posso stare da solo. E anche per ragioni economiche, perché altrimenti avrei dovuto pagare molto uno psichiatra! E’ per stare con la gente. Lì vivono una quarantina di vescovi e sacerdoti che lavorano nella Santa Sede, e sacerdoti, vescovi, cardinali, laici che vengono a Roma vivono lì”.
Mi sono tornate alla mente ieri mentre leggevo il libro “La pazienza del nulla” di Arturo Paoli (100 anni lo scorso novembre). Nel passo che qui riporto si fa riferimento a Francesco, il santo di Assisi, ma…:
“Un amico di Dio, e per un cristiano, un amico di Gesù, che vive con serietà l’esclusività del suo rapporto, è una persona capace di amicizia e di amore al punto che il suo passaggio lascia nostalgia e la sua presenza è desiderata. […] La conversazione di Gesù con i discepoli di Emmaus, durante il cammino, non è precisamente amorosa: comincia col rimproverarli perché hanno una fede abbastanza tiepida, e poi dà loro una lezione di teologia biblica. Eppure, rifacendo un feedback della giornata, i compagni osservano che «il loro cuore ardeva» quando erano con Lui. […] E’ l’amore di Cristo che scende così impetuoso in Francesco e lo rende così fragile che gli amici sono necessari per accoglierlo, ha bisogno non di compagnia, ma di tenerezza, di calore umano. Il «crudo sasso» lo ha lacerato tanto che non potrebbe vivere senza la carezza di mani amiche”.
