Gemma n° 2439

“Questa è in assoluto la mia prima gemma di religione e per quanto possa sembrare facile trovare qualcosa di profondamente rappresentativo per sé, mi sono trovata in difficoltà.
In difficoltà perché per la prima volta mi sono chiesta cosa potesse rappresentarmi al meglio , e da quella riflessione sono nate tantissime idee, tutte pronte a raccontare qualcosa di me: dalle mie passioni, a momenti a persone per me importanti… tutto era chiaro nella mia testa, le idee nitide e ben allineate pronte a risplendere proprio come una gemma, ma a questo punto mi sono ricordata che, mi trovo in un ambiente nuovo e lì le idee tornano a correre all’impazzata per la mia testa.
Mi sono resa conto che, nonostante siano passati diversi mesi dal mio arrivo, non sono riuscita a trasmettere molto di me, del mio carattere, del mio modo di essere. La mia paura di risultare inappropriata, noiosa o deludente mi ha portata a chiudermi un pochettino, ma anche questo, se ci penso fa parte di me.
Fa parte di me l’essere pensierosa, silenziosa e distaccata, ma non per questo me ne faccio una colpa. Fa parte di me e basta.
Quindi per questa mia prima e purtroppo ultima gemma ho deciso di raccontarmi attraverso una parte indelebile di me: i miei tatuaggi.
Sul mio corpo da neo diciannovenne sono presenti 3 tatuaggi, 3 momenti della mia vita vissuta fino a presente. Le mie 3 filosofie del passato, presente e futuro.

Il primo tatuaggio l’ho fatto a 17 anni sulla clavicola sinistra, dal lato del cuore.
Avevo appena finito il percorso di latino, un mondo che mi ha affascinata proprio perché non lo riuscivo a capire a causa della sua complessità. La frase che ho scelto di incidermi sulla pelle è stata proprio «ad maiora» verso il meglio. Allora ero molto diversa da come mi vedete adesso, ero molto più insicura e meno determinata. Ancora non ero riuscita a crearmi uno spazietto nel mondo. Mi sentivo strana e fuori posto, come tutti gli adolescenti a quell’età. Ma qualcosa in me, ha voluto riprendere le redini, riprendere il controllo della mia vita e andare verso qualcosa di meglio.
«Ad maiora» perché non mi sono mai bastata, non mi sono mai piaciuta e tuttora faccio difficoltà a riconoscermi nel riflesso dello specchio, nonostante i cambiamenti e i miglioramenti (i primi di una lunga serie a venire). Per la prima volta sono riuscita a provare a me stessa di essere forte e determinata e questo è diventato un mio bellissimo punto di forza.
Ho lavato molto non solo sul mio aspetto estetico, ma anche sul mio carattere, per creare la versione migliore di me stessa. E nonostante ci abbia lavorato, ammetto che caratterialmente non sono facile da capire o da sostenere, proprio per gli innumerevoli problemi invisibili che si generano automaticamente nella mia testa e che a volte prendono il controllo.
«Ad maiora» perché racchiude il desiderio di non essere mai come ora, ma di trovare sempre nuovi stimoli per migliorare.

Il secondo tatuaggio, l’ho fatto sul costato destro, perché la simmetria è sempre stata un mio punto debole. Si tratta sempre di una frase, ma questa volta in francese, tratta da una poesia. L’ho fatto dopo essere tornata da una delle esperienze che più mi ha cambiata e aperto gli occhi sul mondo: l’anno all’estero in Francia.
Là ho avuto modo di conoscere una realtà totalmente differente, ho incontrato delle persone fantastiche che hanno contribuito a creare delle memorie uniche e inimitabili.
Questa citazione racchiude un sacco di ricordi, significati e di speranza: nous allons fleurir (fioriremo). É tratta da una poesia di Jules Laforgue, «triste triste», titolo molto allegro, mi sono davvero superata in questo. Come suggerisce il titolo, il tono della poesia é malinconico e estremamente grigio, ma proprio in mezzo a tutto quel grigiore, si apre uno spiraglio luminoso dato da questa frase. Come un sole in mezzo alle nuvole di pioggia, «nous allons fleurir» ha il compito di ricordarmi che nonostante le difficoltà, nonostante gli ostacoli sul mio percorso, se ho la forza e la volontà di superarli, alla fine riuscirò a fiorire. Ma come lo auguro a me stessa, lo auguro a tutte le persone che mi circondano, perché nessuno merita di appassire sotto il peso di una giornata tempestosa. Per fiorire, oltre alla forza, ci vogliono tempo e un sacco di pazienza e determinazione, per riuscire a coltivarsi e a coltivare ciò che ci circonda nel modo migliore possibile.
Ognuno di noi, è un bocciolo di fiore diverso, c’è chi è più delicato, chi più tenace, chi sboccia prima e chi dopo, ma tutti siamo pronti a fiorire i nostri migliori colori.

L’ultimo tatuaggio di cui voglio parlarvi, è la sintesi del mio presente, ciò che sono e ciò che voglio ricordare.
È sempre legato all’esperienza all’estero, un pezzo del mio presente che ricordo con affetto e molta felicità. L’idea mi é venuta da una frase  del nonno ospitante, un uomo molto fragile, ma sempre sorridente, saggio e spiritoso, che prima della mia partenza per tornare in Italia, mi disse delle bellissime parole: lui era riuscito a leggere i miei silenzi per trarne qualcosa di bello, delle memorie preziose che custodisce tuttora. Aveva visto il mio potenziale, la mia voglia di crescere e di sperimentare. Aveva visto che sono fragile come lui, che la mia sensibilità e le mie insicurezze talvolta prendono il sopravvento creando delle tempeste che distruggono le mie casette di carta pesta, e proprio per questa mia fragilità anche lui mi ha donato una gemma di saggezza, dandomi delle certezze. Per tutto ci vuole tempo: per crescere, per imparare, per cadere e per rialzarsi, ma non dobbiamo affrontare tutto questo da soli: ci sono delle persone che ci accompagnano e che ci aiutano a ricostruire quelle casette di carta pesta oramai disintegrate dalla potenza della tempesta. Quelle persone, non sono delle persone qualunque, sono dei «funghi». Che strana cosa che mi disse quel giorno il nonno Dardinier: siamo dei funghi, tutte le persone che incontriamo e che ci aiutano, ci sopportano e che fanno il tifo per noi sono dei funghi che si legano a noi. E per quanto ci possiamo allontanare e perdere di vista, per quanta distanza ci sarà, le radici ci terranno uniti e ci terranno in contatto.

Questa è stata la mia prima e purtroppo ultima gemma di religione, non sarà perfetta, ma l’ho scritta io. Le parole che sono qui presenti sono una parte imperfetta di una imperfetta me.
Sono una ragazza che sbaglia senza paura di sbagliare, che ha delle insicurezze che prima o poi metterà a tacere, che ha delle passioni… ma che soprattutto ha delle persone che fanno il tifo per lei…. Sono un fungo che presto fiorirà verso il meglio. Grazie per l’ascolto.”
(G. classe quinta).

Gemma n° 2438

“Caro nonno,
è già molto tempo che ho deciso di dedicare a te la mia ultima gemma, ma non lo farò direttamente, bensì attraverso la patente.
La patente è quel documento che in un certo senso abilita alla libertà. Una libertà in più di cui tu ormai da una decina d’anni non puoi più usufruire a causa del glaucoma. Nonostante fossi alle elementari, mi ricordo benissimo la disperazione della nonna, la volontà di mio papà di tenere la situazione sotto controllo cercando una babysitter che fosse disponibile a svegliare me e mio fratello la mattina per andare a scuola. Ma dopo una vita di baci sulla fronte, finestre spalancate per accecarci con la luce e vestiti caldi pronti sul termosifone, ho continuato a immaginare che fossi tu a svegliarci per almeno altri 2 anni.
La nostra routine mattiniera funzionava benissimo: 7:15 sveglia, entro le 7:20 in piedi, viso, vestiti, colazione, denti, 7:40 spegnevi il televideo e 7:47 in macchina, puntuali come la tua carriera militare ci ha sempre insegnato.
Ma non era finita là. In macchina con il nonno io ho studiato come non mai. Tabelline e verbi da coniugare a valanga, botta e risposta come durante una competizione. Ogni tanto però mentre guidavi mi spiegavi come funzionasse la macchina. Sei stato il mio primo istruttore di guida, a soli 7 anni. Mi dicevi <Senti il motore?> ed io dicevo di sì mentre il nasino mi cresceva. Poi dicevi <Ecco, adesso allora possiamo lasciare l’acceleratore, premere la frizione, cambiare la marcia, lasciare la frizione e premere di nuovo l’acceleratore.> Al che io ho chiesto più volte cosa fosse la frizione ricevendo sicuramente risposte esaustive ma pari all’arabo per una piccola bambina. Ecco allora che, ferma agli anni delle mattine in macchina col nonno, ho vissuto fino a 18 anni conoscendo le sole funzioni di acceleratore e cambio.
Ho compiuto 18 anni non esattamente nel periodo più bello della mia vita, quindi la patente è arrivata con calma, ma con la determinazione di poter diventare la tua taxista personale entro qualche mese. Non dimenticherò mai l’entusiasmo tuo e della nonna quando ho preso il foglio rosa, così come la tua profonda delusione quando controllando la carta di circolazione hai visto che per poco non potevo guidare la vostra macchina perché troppo potente. Ma la tua chiamata quando ho passato l’esame di guida ha fatto trasparire quanto tu fossi entusiasta ed emozionato per la mia conquista.
Allora nonno, ti prometto che ogni volta che potrò porterò te e la nonna a fare la passeggiata a Grado, vi accompagnerò alle visite, ma soprattutto, guiderò sempre pensando a te, cercando di tutelare la salute dell’auto il più possibile, come tu e il papà dite sempre.
Infine, grazie nonno per avermi cresciuta.”
(C. classe quinta).

Gemma n° 2437

“Come gemma di quest’anno ho deciso di portare la foto di questo cartellone, che è stata scattata subito dopo il concerto della mia band preferita, i Joker Out. Per me questo concerto ha un valore molto sentimentale perché è il primo concerto in cui sono andata da sola, e il primo concerto di questa band. È stato sopra le mie aspettative e ricordo ancora con dolcezza tutti i momenti di quella giornata. “Seize the day” significa “carpe Diem” che è il titolo della loro canzone più famosa, quella che hanno portato all’Eurovision. Il concerto non era in Italia ma in Slovenia e quindi, essendo noi italiane, ci sembrava carino scrivere appunto “seizing the day from Italy” per fargli capire che c’erano anche persone che li supportavano dall’Italia. Eravamo in seconda fila e quando lo hanno visto il cantante, tra una strofa e l’altra, ci ha detto “grazie mille” (in italiano). Anche la canzone ha un grande significato per me, perché è grazie a quella canzone e a quella notte, in cui ho visto la loro performance, che ho iniziato a seguirli e ne sono molto felice” (V. classe terza).

Gemma n° 2436

“1^ PARTE
Questa è l’ultima gemma che porto, quindi ci ho riflettuto abbastanza su quali potessero essere i contenuti adatti, tra i tanti che avevo in mente, da essere degni di nota per la gemma di 5^.
Non molto tempo fa ho iniziato ad ascoltare assiduamente i Rolling Stones, non mi avevano mai attirato tanto, per quanto mi piaccia il rock e la “roba vecchia”, come la definirebbe più di qualcuno.
Dopo qualche canzone, spunta fuori questa, e dopo svariati ascolti ho detto: “ecco, questa è da portare!”. Si tratta di Dead Flowers, del 1971.

La canzone affronta svariati temi, tra cui quello dell’amore non corrisposto.
Inviare fiori morti simboleggia un gesto contorto e beffardo, è un modo passivo-aggressivo di esprimere sdegno verso qualcuno.
Esplorando la canzone più a fondo ho capito che il testo ci suggerisce che anche se si può essere lasciati indietro feriti, si può trovare la forza di affrontare le avversità e canalizzare l’energia negativa per sbocciare di nuovo, quello che i fiori morti ormai non possono più fare.
Quello che mi ha colpito è che il fulcro a cui il cantante nel ritornello si aggrappa è una figura femminile, Susie, in questo caso.
Allora ho riflettuto: “perché non dedicare la gemma finale alle ragazze (tutte, in generale) in particolare alle ragazze della mia classe?”.
Sembrava carino, dopotutto…
Noi ragazzi lo dimentichiamo troppo spesso (e purtroppo lo si vede) che è grazie alla figura femminile che siamo ciò che siamo.
Non sarei così se fossi stato in una classe di soli maschi.
La ragazza DEVE essere rispettata, amata, ringraziata (che ci sopporta), protetta… e NON è oggetto.
Ha le proprie libertà, i propri spazi, esigenze, proprie ragioni (ha SEMPRE ragione), le proprie voglie e l’uomo non deve permettersi di invadere queste barriere.
La donna, volendo, darebbe 10-0 all’uomo, ma forse ci evita una tale umiliazione perché ha un po’ più di sesto di noi e sa ragionare con il cervello e non con il madrac e basta…
Auguro a tutte le ragazze di questa classe e del mondo di non sentirsi mai come dei semplici fiori morti, ma di trarre da umiliazioni, abusi, insulti e violenze di ogni genere che siano, la forza necessaria per fiorire di nuovo su un terreno migliore e di vivere la loro vita come è giusto la vivano.
Ovvero come dei fiori rigogliosi!

2^ PARTE
L’altra parte di gemma è dedicata ad una persona molto speciale: la mia ragazza.
Esattamente oggi (01/02/2024) facciamo due anni assieme e io non potrei essere più felice.

Le dedico Happy, sempre dei Rolling Stones, una canzone semplice scritta dal chitarrista della band, che non sapendo come chiamarla, dopo la fine della registrazione in studio, alla domanda: “come ti senti?”, rispose: “felice!”.
Da qui il titolo della canzone ed è esattamente come mi sento anche io quando sono con la mia ragazza: FELICE.
In questi due anni mi ha aiutato tantissimo nella mia crescita, a vedere i miei lati negativi e a farmi riflettere su come io possa migliorarmi.
Mi dà una mano con la scuola, crede sempre in me, dice di non abbattermi davanti alle difficoltà ma di andare avanti. È una ragazza davvero speciale!
Ha un bellissimo rapporto con la mia famiglia, aiuta le mie sorelle con i compiti, parla con loro se hanno dei problemi da risolvere e tutto questo è davvero bello.
Stamattina quando sono uscito di casa mia mamma mi ha urlato dietro: “hai una ragazza d’oro!”.
Auguro a tutti di trovare un ragazzo o una ragazza come lei, perché guardandomi intorno ho scoperto che sono davvero rare le persone così, con un cuore grande e con la testa sulle spalle.”
(S. classe quinta).

Gemma n° 2435

“Dopo aver letto il terzo canto dell’inferno di Dante ho riflettuto molto su cosa rappresentino per me le parole e le frasi che Dante ha utilizzato.
Per me e molti altri codeste parole hanno la funzione di avvertire e cancellare ogni speranza di gioia o di redenzione. Io ho voluto riscrivere questi versi per cercare di comprendere pienamente il cosiddetto “etterno dolore”. La mia poesia vuole trasformare quella porta maledetta nella mia personale porta infernale e in questo periodo mi sembra come di averla già attraversata e di essere rimasto nel vestibolo di una mansione intricata di problemi.

la mia porta infernale
neutralizzare è facile
dileguare i liquidi interni
decomporre decimi corpi
per raggiungere lo stige
e lanciarli dentro
riderò di voi anime pie
che non godrete mai
del male eterno
del dannato letargo
del gelo bruciante che vi farebbe da mantello
tre come nove volte che io sia spostato
che io sia dileguato
che io sia decomposto
nelle terze righe
nelle quattro strofe
il saggio caronte
scrisse nel suo libro
mastro come il sapere
del suo veliero
morto e senza alcun tramaglio
voi, illusi questa porta non vi ospita
lasciate ogni speranza
voi ch’entrate”
(A. classe terza).

Gemma n° 2434

“Come prima gemma ho deciso di portare questa immagine.
Ho scattato questa foto a luglio dell’estate 2023, sull’aereo diretto a Dublino, dove ho trascorso due settimane in vacanza studio.
É stata un’esperienza magnifica, ho conosciuto nuovi ragazzi provenienti dalla Spagna, Portogallo, Francia… ma ho anche legato di più con le persone con cui sono andata e che giá conoscevo. lo e la mia migliore amica siamo state ospitate da una famiglia irlandese molto numerosa, erano in 7, più noi due e altre tre ragazze, due italiane e una spagnola. Erano molto simpatiche e ci sentiamo ancora spesso.
È stata un’esperienza stupenda, forse addirittura il viaggio più bello che abbia mai fatto in compagnia di altri ragazzi a cui tengo molto. Se potessi lo rifarei ancora, ma sono sicura che non sarà mai come la prima volta” (E. classe prima).

Gemma n° 2433

Fonte immagine

“Come gemma ho scelto di parlare di mia nonna da parte di mia madre.
Mia nonna è una delle persone più importanti per me, non soltanto perché parte della mia famiglia, ma anche perché mi capisce bene. Lei è una delle persone più gentili che io conosca insieme ai miei genitori, mio fratello e dei miei pochi amici. Quando io e mio fratello eravamo piccoli ci portava in centro a Udine a fare una camminata, mi ricordo che lei ci dava tanti cioccolatini e caramelle.
Adesso che vado a Udine a scuola io mangio da lei. Lei è sempre gentile con tutti anche se ogni tanto quando qualcuno urla rimane zitta.
Io sono grata a lei per tutti gli sforzi che ha fatto per tutti noi, soprattutto sono grata che lei sia mia nonna” (L. classe prima).