Gemma n° 2623

“Come gemma di religione, anche quest’anno, ero molto indecisa su chi portare; devo dire che erano molte le opzioni tra cui scegliere e che più mi rappresentassero, in particolare in questo periodo, ma, dopo un attimo di riflessione, scorrendo la galleria, non ci ho pensato due volte e ho deciso di parlare di lui, sì proprio del mio papà.
Ho deciso di portare mio papà perché in primis io e lui abbiamo un rapporto davvero molto unito e speciale; ciò non significa che sia sempre facile da gestire e tantomeno da tutelare, ma penso che non ci sia essere maschile che mi possa amare quanto mi ama mio padre.
Spesso il nostro rapporto, per quanto forte, come detto in precedenza, diventa a tratti altalenante proprio perché io sono la sua esatta copia al femminile: ho il suo stesso carattere, modo di fare e persino gli stessi difetti; ci capita dunque di scontrarci, litigare e non rivolgerci parola molto spesso e ciò che più mi ferisce è vedere che nel momento in cui mi vede star male a causa sua, è come se stesse male anche lui, e questo penso basti a descrivere il tipo di rapporto che abbiamo e le persone che siamo.
Per me mio padre è davvero tutto, non è tipo di molte parole, ma al contrario è molto conciso e attento a ogni minimo dettaglio, è breve e sintetico in ciò che esprime ma fa captare a ognuno, sempre in qualche modo, il significato e l’obiettivo delle sue parole.
Ho scelto proprio questa foto per la sua spontaneità: è indescrivibile come io mi senta protetta e sicura solo tra le sue braccia, perché so per certo che sono le uniche che non mi faranno mai del male e saranno pronte a sporgersi in qualsiasi momento per venirmi incontro.
Anche se di spalle, penso si possa notare il mio sorriso, anzi la mia risata catturata in una foto, e il sorriso dolce e affettuoso di mio padre che sa di avere tra le braccia l’essere più prezioso della sua vita. Da papà ho imparato e imparo tuttora tanto sulla vita, sui comportamenti da tenere e da rispettare, sull’educazione, sulla quale non transige, ma soprattutto da papà ho imparato a coltivare le mie passioni, a saper fare dei sacrifici e vedere che solo con tanto impegno e dedizione si riesce a raggiungere ciò che si desidera; mio padre in particolare mi ha trasmesso l’amore, o meglio la fede per il calcio: fin da piccolissima infatti, non ha mai guardato un film delle principesse con me, anzi, mi ha sempre annoiato con le numerose partite di calcio tanto da avermi portata a seguire la sua squadra del cuore da quando era bambino: la Juventus.
Proprio per questo, uno tra i ricordi più belli che mi porterò per sempre nel cuore è stato il giorno in cui mi ha portata per la prima volta all’Allianz Stadium, facendo sì che coronassimo insieme un nostro sogno”.
(G. classe terza).

Gemma n° 2485

“Devo essere sincera: mi sono venute molte idee per la mia gemma e ho cambiato idea molte volte ma in fondo sapevo che alla fine avrei portato questa. Come gemma di oggi ho deciso di portare mia nonna. Devo dire che a me viene molto difficile parlare di lei e anche solo a pensare a lei dal semplice fatto che con lei ho un rapporto molto forte e semplicemente speciale. Ma ho deciso di farlo per lei, per tutto quello che ha fatto. Ho scelto lei perché pensavo che si dovesse portare qualcosa che ti fa smuovere qualcosa dentro e che ti faccia commuovere al solo pensiero e per me è così. Mia nonna è la persona più dolce che conosca e fin da quando sono piccola non c’è cosa che lei non abbia fatto per me. Lei ci tiene tanto a me, forse troppo, perché anche solo ad abbracciarmi o solo al pensiero che io debba andare si commuove. Vorrei far provare a tutti la sensazione che si prova ad un suo abbraccio, a una sua carezza: io non mi vorrei sentire in modo diverso e in luogo diverso. Lei, ogni volta che ci vediamo, mi ripete che mi darebbe tutto il suo cuore. Io so che purtroppo la vita non è eterna ed è per questo che anch’io voglio darle qualcosa per ricordarsi di me in futuro, spero il più lontano possibile. Io so che non rimarrò mai sola perché una parte di lei sarà sempre in me e viceversa. Io non riesco a dirle l’immenso bene che le voglio, ma anche in un singolo abbraccio le dimostro e le do tutto quello che ho.
Dal covid in poi è stato tutto in salita e lei ha passato momenti non troppo facili e vedevo in lei spegnersi il suo sorriso che mi riservava sempre. E mentre lei superava le sue difficoltà, non c’era momento in cui io non mi preoccupavo per lei e che non piangevo sperando che riprendesse la luce che si portava dentro, che mi illuminava e la illuminava. Probabilmente anche la distanza ha giocato la sua parte ma finalmente ora la rivedo prendere in mano ciò che è rimasto e ricominciare qualcosa di nuovo o qualcosa di perso. Da piccola io vedevo i fatti, ma non vedevo ciò che c’era dietro e solo ora che ho imparato a conoscerla di più ho capito che tutto quello che ho l’ho preso da lei. Se io non avessi avuto la fortuna di avere una nonna così io non sarei minimamente la persona che sono oggi e oggi senza di lei cadrei e non riuscirei più ad alzarmi. Lei per me ha dato tutto, tutto l’amore, la fatica, l’affetto e la passione che aveva e ora è più che giusto che io faccia questo per lei. Ogni volta che sto per mollare penso a lei, a lei che non ha mai mollato per me e quindi neanche io lo farò.
Tutte queste cose io le ho trovate dentro una parte di una canzone, a cui inizialmente non facevo caso ma poi ne ho capito il significato.
“Parlarti di quello che sento mi sembra impossibile
Perché non esistono parole per dirti cosa sei per me
Tu mi hai insegnato a ridere
Tu mi hai insegnato a piangere
L’ho imparato con te che certe volte un fiore cresce anche nelle lacrime
Ma non è facile
Se non sei con me”

Tutto questo per dirti nonna, che sei tutto e ti voglio un bene infinito e all’infinito.
(S. classe prima).

Gemma n° 2150

“La gemma che ho deciso di portare è questa foto con la mia migliore amica A. perché mi ricorda un momento molto felice con una persona davvero importante. E’ la persona a cui so di poter dire tutto senza problemi, con lei mi posso sfogare e aprire. Quando sto male so che potrei tranquillamente correre a casa sua se avessi bisogno di un suo abbraccio. E’ sempre pronta a strapparmi un sorriso.
Penso che A. sia una delle pochissime persone che mi conosce davvero. Le voglio un bene dell’anima” (R. classe seconda).

Gemma n° 1892

“L’8 luglio mi stavo facendo la doccia e stavo ascoltando Ariete. Mi hanno colpito le parole Mi parli dei drammi a casa e di tuo padre che vuole scappare, mi dici che hai paura e che non sai quanto può continuare. Essere giovani fa schifo e non poter decidere fa tanto male, essere giovani non fa per me, non fa per me. Mi è venuto da pensare a quello che ho passato e ho realizzato che a quel punto lì, dopo tanto tempo, ero finalmente felice, serena. In salotto c’erano due mie amiche, eravamo insieme a Lignano: io sono arrivata piangendo e ho detto Ragazze, venite qua: Ariete ha detto una cosa… e volevo dirvi grazie perché senza di voi non ce l’avrei mai fatta e se sono qui adesso e se sono felice adesso è grazie a voi che siete sempre state con me a supportarmi in qualsiasi momento. Lì è partito un abbraccio di gruppo e un piantino. Questa data quindi è molto importante perché ho realizzato di essere felice dopo tanto e mi ricorda che, anche se dopo ho avuto altri periodi difficili, so che posso tornare ad essere felice, che c’è speranza”.

A. (classe quinta) ha portato una data come gemma. Ora, mentre scrivo, mi sono focalizzato sulle sue ultime parole e ho sentito arrivare da lontano, dal 2001, una canzone che ho molto ascoltato e che mi porta ad una spiaggia, ad una calda ma non torrida luce del tramonto di fine giugno (giornate lunghissime), ad una brezza sulla pelle e tra i capelli, ad uno sguardo fisso sulle onde… le vent nous portera

Gemma n° 1870

“Lei è A.
Questa foto fu scattata più o meno a giugno dell’anno scorso, avevamo appena finito il nostro doppio e nonostante non avessimo più fiato eravamo felici, davvero felici. Io e A. ci siamo appunto conosciute circa 5 anni fa ad allenamento, inizialmente pensavo fosse come le altre ragazze più grandi, che non considerano le nuove arrivate poiché lei aveva iniziato nuoto qualche anno prima di me.
Con il passare del tempo abbiamo iniziato ad instaurare un legame fortissimo. Inizialmente eravamo un gruppo di 5 ragazze, ci volevamo molto bene ed eravamo sempre pronte ad ascoltarci a vicenda, poi invece, col passare del tempo abbiamo capito che ci serviva dello spazio. Ma io e A. non ci siamo separate.
Ne abbiamo passate tante assieme.
Lei riesce a convincermi a fare tutto, anche le cose più stupide, che magari, per come sono fatta, non farei mai e viceversa.
Tornando alla foto di prima voglio raccontarvi il retroscena.
Sfortunatamente A. era da anni che non riusciva più a esibirsi durante le gare perché soffriva molto di attacchi di ansia, si fermava durante la coreografia e non riusciva a completare un esercizio.
Lei, la persona più disponibile e generosa di tutte, non era in grado però di gestire le sue paure.
Poi, arrivò il giorno in cui facemmo il nostro doppio per la prima volta assieme. Inutile dire che riuscì a finirlo tutto e per questo, subito dopo l’esibizione ci abbracciamo fortissimo. Io perché ero orgogliosa di lei e di come era riuscita ad affrontare questo suo grande ostacolo, lei aveva capito che la nostra amicizia era talmente forte che grazie ad essa era riuscita a trovare quel conforto che le serviva da tempo.
Non so spiegarvi quanto sono grata di avere una persona del genere al mio fianco, ci capiamo solo con uno sguardo e capita spesso che diciamo le stesse cose nello stesso momento. Forse siamo un po’ strane sì, ma vi assicuro che nella nostra stranezza riusciremmo a perderci per giorni interi, a ridere, cantare a squarciagola e ballare. Con lei provo quel senso di libertà che nessun’altra persona mi ha dato prima.
Non ho paura di essere giudicata e posso sempre dirle tutto e lei è sempre pronta ad ascoltarmi.
Auguro anche a voi di trovare una A.”
E’ stata forte l’emozione destata dalla gemma di A. (classe terza), un elogio dell’amicizia in tutte le sue dimensioni. Jorge Luis Borges è autore di questi versi:
Non posso darti soluzioni
per tutti i problema della vita
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori,
però posso ascoltarli e dividerli con te
Non posso cambiare né il tuo passato
né il tuo futuro
Però quando serve starò vicino a te
Non posso evitarti di precipitare,
solamente posso offrirti la mia mano
perché ti sostenga e non cadi
La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo
non sono i miei
Però gioisco sinceramente quando ti vedo felice
Non giudico le decisioni che prendi nella vita
Mi limito ad appoggiarti a stimolarti
e aiutarti se me lo chiedi
Non posso tracciare limiti
dentro i quali devi muoverti,
Però posso offrirti lo spazio
necessario per crescere
Non posso evitare la tua sofferenza,
quando qualche pena ti tocca il cuore
Però posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo.
Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere
Solamente posso volerti come sei
ed essere tua amica.

Gemme n° 374

Penso che i litigi spesso non servono a nulla se non a provocare sofferenza tra le due persone coinvolte direttamente e anche in chi è accanto. A volte basta parlare o fare un gesto di pace e distensione come un abbraccio”. Questa la gemma di V. (classe seconda).
Penso di aver già pubblicato questa storiella, ma ci sta così bene qui…
Una volta un samurai grosso e rude andò a visitare un piccolo monaco. “Monaco”, gli disse “insegnami che cosa sono l’inferno e il paradiso!”.
Il monaco alzò gli occhi per osservare il potente guerriero e rispose con estremo disprezzo: “Insegnarti che cosa sono l’inferno e il paradiso? Non potrei insegnarti proprio niente. Sei sporco e puzzi, la lama del tuo rasoio si è arrugginita. Sei un disonore, un flagello per la cast dei samurai. Levati dalla mia vista, non ti sopporto.”
Il samurai era furioso. Cominciò a tremare, il volto rosso dalla rabbia, non riusciva a spiccicare parola. Sguainò la spada e la sollevò in alto, preparandosi a uccidere il monaco.
Questo è l’inferno”, mormorò il monaco.
Il samurai era sopraffatto. Quanta compassione, quanta resa in questo ometto che aveva offerto la propria vita per dargli questo insegnamento, per dimostrargli l’inferno! Lentamente abbassò la spada, pieno di gratitudine e improvvisamente colmo di pace.
E questo è il paradiso”, mormorò il monaco.”

Gemme n° 270

bimbi

La mia gemma è una foto in cui sono con mio fratello appena nato. Per 6 anni avevo chiesto ai miei genitori un fratellino. Adesso magari sono un po’ meno contenta perché dà un po’ di lavoro… ma in quel momento ero la persona più felice del mondo. La prima volta che l’ho preso in braccio avevo paura di romperlo e la maglietta che avevo indosso l’ho tenuta: avrei voluto portarla ma è in qualche baule della soffitta… quindi ho portato la foto”. Questa la gemma di G. (classe quarta).
La bellezza e la capacità talvolta di saper tornare bambini, magari per riuscire a meravigliarsi pienamente, magari per guardare il mondo in modo diverso: “Lasciati guidare dal bambino che sei stato.” (Josè Saramago)

Gemme n° 250

cwtch

Oddio” ha sospirato S. (classe seconda) iniziando a parlare per presentare la sua gemma alla classe. “Non sapevo cosa portare come gemma, pensavo a cose troppo generalizzate come famiglia o amici… Allora ho deciso di portare due parole, anche per sottolineare l’importanza dei piccoli gesti. La prima è GRAZIE, perché significa che una persona ha apprezzato quella che ha fatto l’altra e che, in fin dei conti, la vita di entrambi è stata migliorata. La seconda è usata in Galles e la scrivo alla lavagna perché è difficile pronunciarla: CWTCH. Indica un abbraccio, ma non solo hug; qui si tratta di qualcosa capace di portarti in a safe place, in un posto sicuro. Adoro i piccoli gesti importanti, quelli che sono fatti col cuore. Lascio poi una canzone che rappresenta alcune situazioni della mia vita in cui volevo andare avanti ma non ci riuscivo, e mi ritrovavo a metà strada”.
Parto dalla prima parola messa in risalto da S.: grazie. Paolo Stefanato scrive: “come ricorda il Pianigiani, grazie deriva da “chàris”, “ogni cosa che ci rende piacevole ad altri, quindi avvenenza, favore, dono, ricompensa, benevolenza”; il verbo “charizomai” significa “faccio piacere, sono indulgente, dono in ricompensa”. Il latino attinge qui anche per la parola “carus”, caro, che suscita sentimenti d’affetto, e per “caritas”, che prima di voler dire elemosina è innanzitutto benevolenza, amore. Derivano da “chàris” anche carezza e carisma, che è un affascinante misto di influenza e autorevolezza, da cui l’aggettivo carismatico. La stessa parola greca “chàris” ha dunque generato con successo due parallele e ampie famiglie latine (e poi italiane) che hanno come riferimento “gratia” e “carus”.”
Ecco, mi pare bellissimo questo passaggio grazie-carezza-cwtch.

Gemme n° 125

caramella1

Questa caramella di Helloween è stata la gemma di F. (classe quarta). “Ricordo una giornata stortissima, sono al supermercato con mia madre, e davanti a noi c’è una bimba con in mano un pacchetto di queste caramelle. Il papà non se ne accorge. Alla cassa la bimba appoggia il pacchetto di caramelle sul nastro suscitando la contrarietà del padre. “A scuola facciamo una festa, tutti portano qualcosa e io non ho niente da portare”. Il papà fa la faccia brutta e le dice “Sai che ora che non c’è la mamma non penso di potertela comprare”. Mi prende un groppo in gola, guardo mia madre e prendo io le caramelle. Li rincorro fuori dal supermercato pensando fra me e me “ma cosa ho fatto?”, li raggiungo, li fermo, il padre mi fulmina con lo sguardo, ma la bimba mi dà un abbraccio fortissimo: me lo porto ancora nel cuore”.
La vita è fatta di piccole felicità insignificanti, simili a minuscoli fiori. Non è fatta solo di grandi cose, come lo studio, l’amore, i matrimoni, i funerali. Ogni giorno succedono piccole cose, tante da non riuscire a tenerle a mente né a contarle, e tra di esse si nascondono granelli di una felicità appena percepibile, che l’anima respira e grazie alla quale vive.” (Banana Yoshimoto, “Un viaggio chiamato vita”)

Gemme n° 109

La gemma presentata da M. (classe seconda) è la canzone “Guerriero” di Marco Mengoni. “Chiunque deve avere vicino a sé delle persone su cui contare sempre evitando di chiudersi in se stesso. A volte si pensa di poter superare tutto da soli ma con l’aiuto di qualcuno si apre un altro mondo, quello della fiducia. E’ facile fingere di essere fedeli a qualcuno, più difficile è esserlo sul serio”.

Desidero soffermarmi anche sul video e sul gesto finale del bambino che abbraccia il ragazzino che gli aveva strappato di mano il fumetto del suo eroe: lo abbraccia. Mi ha ricordato una frase del film “Sette anni in Tibet”: “Quando non sei in grado di combattere abbraccia il tuo nemico. Se ha le braccia intorno a te non può puntarti contro il fucile”.

Il volo di Chagall

compleanno«“Cosa c’è?”. Mi lasci entrare in fretta e sgrani gli occhi. “Da dove arrivi?”.
“Pensi forse che, avendo dei pacchetti, stia tornando dalla stazione? Indovina che giorno è oggi?”.
“Fammi una domanda più facile. Io non so mai che giorno sia oggi”.
“Ebbene, oggi è il giorno del tuo compleanno!”.
Sei rimasto a bocca aperta. Se ti avessi annunciato l’arrivo dello zar nella nostra città non avresti potuto essere più stupefatto.
“Come hai fatto a saperlo?”.
Io estraggo velocemente dai pacchetti i miei scialli multicolori e li appendo al muro. Ne metto uno sul tavolo, stendo il copriletto sulla tua cuccetta. E tu… Tu ti volti, frughi fra le tue tele, ne scegli una, raddrizzi il cavalletto.
“Non ti muovere. Resta ferma dove sei…”.
Ho ancora i fiori tra le mani. Non so dove metterli. Vorrei immergerli nell’acqua. Potrebbero appassire. Ma, ben presto, me ne dimentico.
Ti sei gettato sulla tela, che trema fra le tue mani. Premi i colori dai tubetti e intingi i pennelli: rosso, bianco, nero, blu. E mi trascini nel torrente dei colori. Ad un tratto, mi sollevi da terra, e tu stesso prendi slancio con un piede, come se la stanzetta fosse troppo angusta per te. T’innalzi e ti distendi, fluttuando fino al soffitto. La tua testa gira intorno alla mia. Sfiori le mie orecchie sussurrando qualcosa…
Ascolto la melodia della tua voce dolce e grave. Perfino nei tuoi occhi intendo quel canto e tutti e due insieme, lentamente, ci solleviamo sulla camera adorna e ci involiamo. Arriviamo alla finestra e vogliamo attraversarla.
Fuori ci chiamano le nuvole e il cielo blu. I muri con tutti i miei scialli variopinti girano intorno a noi e ci fanno girare la testa. Ora voliamo abbracciati nel cielo e i campi di fiori, le case, i tetti, i cortili e la chiese sembrano galleggiare sotto di noi…
“Ti piace il mio quadro?”. Ecco che torni improvvisamente sulla terra.
Guardi la tua tela, mi guardi. Ti allontani dal cavalletto, ti riavvicini.
“C’è ancora molto da fare? Non potresti lasciarlo così? Dove puoi ancora ritoccarlo?”. Parli con te stesso. Aspetti e hai paura di ciò che andrò a dire.
“Oh! E’ bello. E’ bello come ti sei involato… Lo chiameremo ‘Il Compleanno’!”.
Il tuo cuore si placa.
“Tornerai domani? Prenderò un’altra tela e ci involeremo…”.»
(Bella Chagall, nel Diario sentimentale, descive la genesi del dipinto Il Compleanno di Marc Chagall)
Questa la fonte.