Gemme n° 120

https://www.youtube.com/watch?v=NavVfpp-1L4

La gemma proposta da G. è stata particolare. Ha raccontato sulle note di “Wish you were here” due fatti della propria vita che l’hanno fatta molto riflettere. “Tante volte capita di chiedersi come mai ci capitano molte cose nella vita e perché noi non possiamo fare qualcosa per cambiare la situazione. Posso fare un primo esempio: come la maggior parte delle persone che lavorano in proprio, sia mia madre che mio padre, purtroppo hanno dei debiti da saldare. Questo però ha portato ad un altro problema, il pagamento degli alimenti che mio padre dovrebbe dare a mia madre per me. Ormai erano tantissimi mesi che lui non ci dava nulla e così mia mamma ha deciso di mandargli una lettera… ciò vuol dire che se nemmeno ora mio padre sarà in grado di darci qualcosa potrebbe persino finire in prigione. La sera che gli è arrivata la lettera lui è venuto a casa mia per parlare con mia mamma. Vedere il proprio padre che piange non è la cosa più rassicurante del mondo… lui che è sempre stato forte era lì in lacrime a dire che non era colpa sua se il lavoro va male. Questo mia mamma lo sapeva ma come possiamo vivere senza nulla? Sono arrivata alla conclusione che forse quando Oscar Wilde diceva “Dove la vita ti conduce devi andare” non aveva tutti i torti. La vita mi ha portata a questa situazione e io più che stare vicina ad entrambi non è che posso fare molto. Nonostante ciò la forza per andare avanti dobbiamo trovarla e credo che le piccole cose possano fare tanto. Un secondo esempio potrebbe essere ciò che è accaduto a mia nonna due venerdì fa…faccio una premessa: lei è stata sposata per molti anni con mio nonno che l’ha tradita due volte ed ha avuto anche il coraggio di dichiarare che la casa dove vive mia nonna resterà di sua proprietà. Mia nonna non possiede nulla e non ha la pensione…mi stupisco del fatto che una persona possa essere così insensibile e lasciar vivere una signora in una casa che è sempre più logora. Tutto ciò perché lui non la vuole aiutare nemmeno economicamente… ma lei è innamorata di lui come il primo giorno che si sono visti e perciò non ha nemmeno chiesto il divorzio. Questa ragione l’ha portata a fare un uso sproporzionato di alcol e giorno dopo giorno la situazione peggiora. Tutta la famiglia ce la mette tutta per aiutarla per farle capire che così starà solo più male. Ma torniamo a quel bruttissimo giorno… verso le 18/18:30 ha chiuso la porta a chiave, gli scuretti delle finestre ed ha messo sul fuoco l’acqua con la pasta. Anche quel venerdì aveva bevuto…in salotto, è caduta ed è rimasta lì per più di quattro ore. La casa si è riempita di gas, la pentola era tutta bruciata, la pasta cenere e il canarino era morto per asfissia. Per fortuna ha raggiunto il telefono ed ha chiamato mio padre… se non ce l’avesse fatta ora non sarebbe ancora qui. Parlare della propria nonna in questo modo non è di certo positivo ma la realtà è questa e io ho sempre più paura di perderla per questo suo vizio maledetto. Anche in questa situazione più di parlarle e farle capire che potrebbe passare l’ultimo periodo della sua vita molto meglio di come lo sta vivendo. Eppure non bastano queste piccole cose…dove ti conduce la vita devi andare. In fondo se una persona è convinta di ciò che fa e non vuole cambiare si può dire tutto ciò che si vuole senza che questa cambi idea. Io le voglio bene lo stesso anche se non ci ascolta e le starò vicina in ogni situazione, come cerco di fare con tutti.”

Commento questa gemma con un brano di Diego Cugia sul dolore. Solitamente lo leggo in quarta, ma ora, nonostante la sua lunghezza, mi sento di condividerlo qui:

Il dolore è come il postino, suona sempre due volte. Nei mio caso è un postino suonato, un postino suonato che suona una terza volta, anche vent’anni dopo. Io piango solo e sempre quando sto per cambiare pelle, quando sono sul punto in cui credo di morire e che puntualmente corrisponde al punto di rinascere. E ieri il postino ha suonato per la terza volta, mi ha consegnato un pacco di dolori vecchi e se ne è andato. Che vuol dire dolori vecchi?
Il postino del dolore suona subito e poi ripassa: quella è la volta che piangi sul serio. La prima è d’obbligo; muore tua madre, perdi un figlio in un incidente, hai una malattia o vieni licenziato. Il postino suona, ti consegna il pacco, chiudi la porta, lo apri, piangi. Sembra finita lì. Invece non è neppure incominciata, o meglio: quello è il primo movimento della sinfonia che porterà magari dopo qualche anno di musica al gran finale, il dolore è sempre una grandissima scoperta. Solo “grazie”, si fa per dire, passamela, solo grazie a un tumore, per esempio, hanno scoperto di avere un corpo; prima, avere un pancreas, o un cervello sano, un fegato, due polmoni era acquisito come un diritto. Come guardare gli alberi: è naturale che tu guardi gli alberi o il mare, così naturale, che pur guardandoli, non ti accorgi della loro esistenza, ossia che essi, alberi, mare, sono e sono fatti per te. Passa una petroliera e scarica in mare una lunga, terribile onda nera, come un cancro; solo ora tu cominci ad avere percezione del mare, solo ora. Perché lo stai perdendo. Con la malattia è uguale. Così con i lutti. I tuoi genitori se ne vanno, tua moglie o il tuo ragazzo muoiono. All’inizio è un dolore fulgente, come una stella, una stella nera. Poi ricominci a vivere senza, ricominci a guardare il cielo stellato con un buco nero che sai ma ancora non sai quanto lo sai.
Infine il postino ritorna. E’ la consegna dell’atto finale. Di colpo il firmamento è un buio; lo sapevi già di non avere più tuo padre o tua moglie o tuo figlio.., e come se lo sapevi. Anche di aver perduto l’amore di quella donna, lo sapevi da due anni, lei è viva, ma non ti vuole più, e tu stai già con un’altra… E invece, il postino ritorna. Consegna il pacco di lacrime vecchie, esce, lo apri, sai già tutto stavolta; invece qui, ora, dopo magari qualche anno dall’evento lo fai tuo, completamente, ineluttabilmente e scoppi in un pianto disperato, irrefrenabile, infinito. E’ proprio il tuo corpo che piange, tu non puoi farci niente, puoi solo assecondarlo, lasciarti trascinare come un tronco da questo fiume in piena. Questo, che ti sembra il tuo punto di morte, la tua notte più orribile, è invece l’annuncio dell’alba, il punto di fuga della vita, la rinascita, il sole, la liberazione.
Beh, così per me è stato ieri.., ho pianto la lettera di una ragazza che nella solitudine dipingeva maschere. Ho pianto la morte di mia madre che nelle ultime ore parlava come una bambina e le sembrava di star aspettando il treno che da Napoli la portava sei anni alla spiaggia di Torre del Greco… E da quella stanza sul Tevere per malati terminali credeva di essere davanti al mare di Napoli. Ho pianto per voi, ho pianto per me, ho pianto per Gerusalemme e l’Afghanistan, ho pianto con i nervi urlanti, scoperti come sono solo i dolori primari e non quelli inutili che ci creiamo per sopravvivere. Ho pianto per le due torri, per Israele senza pace, per te che mi scrivi “non lasciarmi” e io che ti vorrei gridare “non lasciarmi tu viso che non conosco, labbra di cui non so il suono”. Ho pianto tutti i bimbi senza padre, tutti gli animali abbandonati, tutti gli sguardi innocenti della terra.
Non so che mi ha preso, ma non ero esaurito, né impaurito, né stanco; non avevo difese, questo sì, perché ho accettato da tempo di non averne. Non esistono difese alla vita e alla morte, sono palle! La vita e la morte fanno di noi quello che vogliono. L’unica carta che possiamo giocare è stabilire che cosa noi vogliamo dalla vita e dalla morte e questo io l’ho già scelto da bambino: tutta la luce e tutto il buio che io potessi sopportare, e allora devi accogliere e devi reggere, accogliere e reggere, solo questo puoi fare. E la felicità e il dolore ti porteranno su e giù come gli oceani le navi. E il dolore ti insegnerà ogni volta a contenere ancora più oceano e il tuo pianto non lo tratterrà, lo restituirà fino a che sarai parte di un unico respiro e imparerai a raccordarti col fiato lungo delle maree. E’ qui che credi di morire, mentre è qui, se sei riuscito a reggere tutte le bordate senza colare a picco, che comincia la vera vita. Perché resistere alla morte non serve a nulla, a niente servono i lifting, le bugie, i colpi di testa, i viaggi del miracolo, a niente serve resistere se non impari anche ad assecondare. E come si impara questo? non lo so, accogliendo il dolore degli altri, per me è così. La mia bussola siete solo voi. Chi soffre più di me, e c’è sempre purtroppo, lui è il mio medico, gli altri. Tutto quello che ho, e non è poco, l’ho sempre ricavato per sottrazione, guardando chi aveva molto di meno. Solo questo è l’amore che torna, l’amore che dai”.

La fiasca d’oro a dorso

Come vedete sto aggiornando poco il blog per impegni a scuola. Lascio qui al volo una canzone sull’alcolismo di Kendrick Lamar, presa dal suo concept disc GOOD KID, M.A.A.D. CITY. L’acronimo sta per My Angry Adolescent Divided. Difficile stare lontano dall’alcol quando tutti (famigliari e amici) attorno bevono, difficile ascoltare la voce della coscienza, difficile assecondare i rimorsi. Una battaglia, con tanto di colpi.

[Bridge]

Verso, beveva, mal di testa, beveva

Seduto, beveva, in piedi, beveva

Svenuto, beveva, sveglio, beveva

Sbiadito, beveva, sbiadito, beveva

[Verso 1]

Ora sono cresciuto

Attorno ad alcune persone che vivono le loro vite nelle bottiglie

Mio nonno aveva la fiasca d’oro a dorso ogni giorno a Chicago

Ad alcune persone piace il modo in cui ci si sente

Altre persone vogliono uccidere i loro dolori

Altre persone vogliono adattarsi al “popolare”

Questo era il mio problema

Ero in una camera buia

Tombe alte, cercando di fare una promessa al più presto

Questo mi ha fottuto, riempimi il bicchiere

Vedo la massa muoversi

Cambia di minuto in minuto e la canzone è in repeat

Bevo un sorso, poi un altro sorso, poi qualcuno mi ha detto:

[Rit.]

Negro perché prendi solo 2 o 3 bicchieri?

Ti mostro come girare la situazione

Prima ti mostro una piscina piena di liquore, poi ti tuffi dentro

Piscina piena di liquore, poi ti tuffi dentro

Sventolo qualche bottiglia, e vedo tutto il gruppo

Tutte le ragazze vogliono giocare a Baywatch

Ho una piscina piena di liquore e loro si tuffano dentro

Una piscina piena di liquore e mi tuffo dentro

[Bridge]

[Verso 2]

[si sente la voce della coscienza]

Ok, ora apri la tua mente e ascolta me, Kendrick

Io sono la tua coscienza, se tu non mi ascolti

Dopo sarai storia, Kendrick

So che sei nauseato in questo momento

E spero di condurti alla vittoria, Kendrick

Se tu ne prendi un altro

Io annegherò in qualche veleno abusando del mio limite

Penso che sto sentendo l’atmosfera

Vedo l’amore nei suoi occhi, vedo le sensazioni

La libertà è concessa tanto presto quanto il danno imminente della vodka

Questo è come vieni capitalizzato

Questo è un consiglio dei genitori

Ma a quanto pare, sono più influenzato da quello che fanno

Pensavo che stessi facendo il meglio possibile quando qualcuno mi ha detto:

[Rit.]

[Bridge]

[Bridge 2]

Io guido, tu guidi, bang

Una semi automatica, un milione di colpi

Salto fuori, fallo anche tu, bang

Due semi automatiche, due milioni di colpi, bang

Io guido, tu guidi, bang

Una semi automatica, un milione di colpi

Salto fuori, fallo anche tu, bang

Due semi automatiche, due milioni di colpi, bang