“Prof, non se la prenda per il testo che ho portato… Vorrei proporre uno stralcio del discorso di Ivan ad Alëša, tratto da “I fratelli Karamazov”. Ivan dichiara di credere in Dio, ma non nel mondo costruito da Dio, a causa delle sofferenze che ci sono. Vi ritrovo molte delle mie idee.” Così, un po’ timorosa, G. (classe quarta) ha presentato alla sua classe la gemma. Non lo sa che in quinta leggeremo proprio una parte dello stesso brano quando affronteremo la tematica del male.
“Perciò ti dichiaro subito che accetto l’idea di Dio così com’è, puramente e semplicemente…
Sembrerebbe che fossi sulla buona strada, no? Ebbene, figurati che, tirando le somme, questo mondo creato da Dio io non l’accetto, pur sapendo benissimo che esiste, anzi non l’ammetto proprio! Non è che io non accetti Dio, capiscimi bene, ma è questo mondo creato da Lui, che io non accetto e non posso rassegnarmi ad accettare…
Oh, secondo la mia povera intelligenza terrena, euclidea, so soltanto che la sofferenza esiste e che i colpevoli non esistono, che ogni cosa deriva semplicemente e direttamente da un’altra, che tutto scorre e tutto si equilibra; ma queste non sono che sciocchezze euclidee, lo so bene, e non posso accontentarmi di vivere in base a simili sciocchezze! Cosa m’importa che non esistano colpevoli, che ogni cosa derivi semplicemente e direttamente da un’altra, e, che io lo sappia! Hobisogno di un compenso, se no, mi consumo. E di un compenso non nell’infinito, chi sa dove e chi sa quando, ma qui sulla terra, e voglio vederlo coi miei occhi! Io ho creduto, e perciò voglio vedere anch’io, e se allora sarò già morto, mi devono risuscitare, perché se tutto accadesse senza di me, sarebbe una cosa troppo avvilente. Non ho mica sofferto per concimare con le mie colpe e le mie sofferenze un’armonia futura in favore di chi sa chi! Voglio vederlo coi miei occhi, il daino che ruzza accanto al leone, e l’ucciso che si rialza e abbraccia il suo uccisore…
Ascolta: se tutti devono soffrire per comprare con le loro sofferenze un’armonia che duri eternamente, cosa c’entrano però i bambini, dimmi? Non si capisce assolutamente perché debbano soffrire anche loro, e perché debbano pagare quest’arrnonia con le loro sofferenze… No, Alëša, non bestemmio! Io capisco bene come si scuoterà l’universo intero quando tutte le voci, in cielo e sotto terra, si fonderanno in un unico inno di lode, e tutto ciò che vive o ha vissuto griderà: «Tu sei giusto, o Signore, giacché le Tue vie ci sono rivelate!»…
… quel momento sarà davvero l’apoteosi di ogni conoscenza, e allora tutto sarà spiegato. Ma proprio qui sta il busillis, è proprio questo che non posso accettare!
Finché sono in tempo, dunque, corro ai ripari, e perciò mi rifiuto assolutamente di accettare questa armonia eterna. Essa non vale le lacrime nemmeno di quell’unica creaturina che si batteva il petto col piccolo pugno e pregava « il buon Dio » nello stanzino puzzolente. Non le vale, perché quelle lacrime sono rimaste senza riscatto. Esse devono essere riscattate, altrimenti non ci può essere nessuna armonia. Ma che cosa le riscatti, dimmi, con che cosa? Ti sembra possibile riscattarle? Forse perché dopo saranno vendicate? Ma che m’importa la vendetta, che m’importa se c’è l’inferno per i carnefici? A che cosa può rimediare l’inferno, quando i bambini sono già stati tormentati? E poi, che razza di armonia può essere, se c’è l’inferno? Io voglio perdonare, voglio abbracciare tutti; non voglio che qualcuno soffra ancora. E se le sofferenze dei bambini saranno servite a completare quella somma di sofferenze che era necessaria per pagare la verità, io affermo in anticipo che tutta la verità non vale un prezzo simile. Insomma, non voglio che la madre abbracci l’aguzzino che ha fatto sbranare suo figlio dai cani! Non lo deve perdonare! Se vuole, lo può perdonare per la parte sua, gli può perdonare il suo dolore di madre; ma le sofferenze del suo bambino sbranato lei non ha il diritto di perdonargliele, lei non gliele deve perdonare neanche se il bambino stesso lo perdonasse! E se è così, se non si può perdonare, dove va a finire l’armonia? Esiste in tutto il mondo un essere che possa perdonare, e che abbia il diritto di farlo? Io non voglio nessuna armonia, per amore dell’umanità non la voglio. Preferisco restare con tutte le sofferenze da vendicare. Preferisco tenermi la mia sofferenza invendicata e il mio sdegno insaziato, anche se dovessi aver torto. E poi, l’hanno valutata troppo quell’armonia, l’ingresso è davvero troppo caro per la nostra tasca. Perciò mi affretto a restituire il mio biglietto d’ingresso. E se sono un uomo onesto, lo devo restituire al più presto possibile. È appunto quello che faccio. Non è che io non accetti Dio, Alëša; soltanto, gli restituisco rispettosamente il biglietto.
– Questa è ribellione – disse piano Alëša, con gli occhi bassi. Osservò Ivan in tono penetrante: – Si può forse vivere di ribellione? Perciò io voglio vivere! Ora dimmi francamente una cosa, mi appello a te, e tu rispondimi. Immagina di essere tu a costruire l’edificio del destino umano, con lo scopo ultimo di far felici gli uomini, di dare loro, alla fine, pace e tranquillità; ma immagina anche che per arrivare a questo sia necessario e inevitabile far soffrire un solo piccolo essere, per esempio quella bambina che si batteva il petto col minuscolo pugno, e sulle sue lacrime invendicate fondare appunto questo edificio: accetteresti di essere l’architetto, a queste condizioni? Dimmelo, e non mentire!
– No, non accetterei – rispose piano Alëša.
– E puoi ammettere che gli uomini, per i quali tu costruisci l’edificio, acconsentano da parte loro ad accettare una felicità fondata sul sangue innocente di un piccolo martire e ad essere poi felici in eterno?
– No, non lo posso ammettere.”
A commento un’altra suggestione letteraria, presa da “Il diavolo e la signorina Prym” di Paolo Coelho (pagg. 26-27):
““La mia scadenza è di una settimana. Se, entro il termine di sette giorni, qualcuno del paese sarà trovato ucciso – potrebbe essere un vecchio non più produttivo, o un malato incurabile, o un minorato mentale che costituisce solo un’incombenza: la vittima non è importante, quest’oro apparterrà agli abitanti di Viscos, e io trarrò la conclusione che siamo tutti cattivi. Se tu ruberai il lingotto, ma il paese resisterà alla tentazione, o viceversa, concluderò che ci sono buoni e cattivi: il che mi pone un serio problema, perché ciò significa che esiste una lotta sul piano spirituale, una battaglia che può essere vinta da ciascuna delle due parti. Tu credi in Dio, nei piani spirituali, nelle lotte fra angeli e demoni?”
La giovane non disse niente, e questa volta lo straniero capì che aveva rivolto la domanda nel momento sbagliato: c’era il rischio che lei, semplicemente, gli voltasse le spalle e non lo lasciasse finire. Era meglio smetterla di ironizzare, andando direttamente al nocciolo della questione:
“Se, infine, lascerò il paese con i miei undici lingotti d’oro, tutto quello in cui volevo credere si sarà rivelato una menzogna. Preferirei morire con la risposta che non vorrei ricevere: la vita mi sarebbe più sopportabile se ne fossi certo, e se il mondo fosse cattivo.
“Anche se la mia sofferenza sarebbe identica, se tutti soffrono, il dolore risulterebbe più tollerabile. Se, invece, soltanto alcuni sono condannati ad affrontare grandi tragedie, allora c’è qualcosa di veramente sbagliato nella Creazione.”
Gli occhi di Chantal erano pieni di lacrime. Comunque trovò la forza per controllarsi:
“Perché fai questo? Perché proprio al mio paese?”
“Non si tratta né di te né del tuo paese, io sto pensando solo a me: la storia di un uomo è la storia di tutta l’umanità. Voglio sapere se siamo buoni o cattivi. Se siamo buoni, Dio è giusto e mi perdonerà per tutto quello che ho fatto: per il male che ho augurato a coloro che hanno tentato di distruggermi, per le decisioni errate che ho preso nei momenti più difficili e per la proposta che ti sto facendo adesso, giacché è stato Lui a spingermi verso l’oscurità.
“Se siamo cattivi, invece, allora tutto è permesso: non ho mai preso nessuna decisione errata, noi siamo già condannati, e poco importa cosa facciamo in questa vita, poiché la redenzione è al di là dei pensieri o degli atti dell’essere umano.”
Prima che Chantal potesse allontanarsi, l’uomo soggiunse: “Tu puoi decidere di non collaborare. In tal caso, sarò io stesso a dire a tutti che ti ho dato l’opportunità di aiutarli, ma che hai rifiutato; poi farò loro la proposta. Se decideranno di uccidere qualcuno, è molto probabile che la vittima sia tu.””
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