Ne avevo accennato ieri. Un libro che mi ha fatto male. Però bello. Vi ho ritrovato tracce del passato: delle volte in cui ho visitato delle persone in manicomio, degli anni passati a fare volontariato in casa di riposo, dei racconti della zia di mio padre. Pino Roveredo tocca questi temi con una umanità disarmante, non indossa difese o armature, ma pone il lettore davanti alla realtà, non alla sua costruzione; il suo occhio scende nell’anima, va a fondo, vede e poi dà voce scritta a quanto ha sperimentato. E scrive un libro che attraverso un periodo al tempo stesso determinato (vi sono intere pagine dedicate allo scorrere degli anni con dei lampi fugaci ma ben identificabili) e indefinito (le vite dentro le mura di San Giovanni non tengono conto delle vicende esterne) :“… non avevo tenuto conto che il tempo apre varchi nel passato solo con l’immaginazione astratta del ricordo, altrimenti, nella fame assurda del presente, è sempre impegnato a rincorrere l’utopia del futuro”. (pag. 58)
Mi porterò nel cuore molte parti di questo libro, ma due voglio fissarle qui, come monito. Questa è la prima: “Ti ricordi quando mi urlavi «Mario, svegliati, svegliati… Ma ti sei accorto che stai vivendo?». Dio santo, come avevi ragione, mia cara, se è vero che rivisitandomi l’età oggi mi accorgo di tutta l’inutilità della mia esistenza…”. (pag. 99)
La seconda citazione, parlando di trapianti di cuore:
“– Ma davvero scambiano i cuori?
– Sì, signora, sì! Pensi, tolgono via quelli ammalati e li sostituiscono con quelli sani…
– Ma va’?! Ma senti un po’, ma quando cambiano i cuori, dentro, ci mettono anche l’amore?
– Come?! L’amore?… No, signora Cecilia, l’amore no! Ancora no…
– Che peccato!”
(pag. 107)
Gemme n° 29
“Ho visto questo filmato in estate e mi è venuto in mente appena il prof ci ha proposto questo lavoro delle gemme. Mi piace l’idea che c’è dietro, quella di dare speranza, di regalare un sorriso e dei sogni a chi ne ha bisogno. La vita è troppo breve per essere sprecata, dice la canzone. Penso che noi possiamo e dobbiamo essere il cambiamento per chi ha perso la speranza.”
Ecco il video proposto da C. (classe quarta).
Nelle spiegazioni del video i ragazzi spiegano che per questo filmato hanno utilizzato
un attore perché non trovavano giusto filmare una persona nel disagio senza chiedere l’autorizzazione né sapere chi fosse. Mi sono venute in mente le pagine del libro che sto leggendo: “Ballando con Cecilia” di Pino Roveredo. Si racconta l’approccio di una persona a un ex Manicomio e ai suoi abitanti, un approccio che si basa su cose semplici, essenziali: “E’ anche vero che le sigarette, come i calici di vino o i caffè che si offrono alle soste indigenti appoggiate al bancone, diventano un ottimo motivo per frequentare il saluto, la discussione breve, o la battuta che muove la noia”. Il protagonista riesce a far breccia con una cioccolata bianca nella scontrosa difesa di Cecilia, che afferma “Sì, le cioccolate, e tutto quello che ha a che fare con il gusto dolce… Io ho sempre pensato che se mettessero lo zucchero sopra il dolore si soffrirebbe di meno e si guarirebbe prima, ma molto prima…”.
