La prima primate anglicana

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Dall’Inghilterra arriva una notizia storica. La prendo da Agensir.

“Per la prima volta nei suoi cinque secoli di storia la guida spirituale della “Chiesa di Inghilterra”, fondata da Enrico VIII nel sedicesimo secolo in rottura con la Chiesa di Roma, e di 85 milioni di anglicani in tutto il mondo, è una donna. Sarah Mullally, 63 anni, una lunga carriera di successo come infermiera, prima di essere scelta vescova di Londra, è la nuova arcivescova di Canterbury e primate anglicano. Ordinata come pastora a quarant’anni, ha ricoperto diversi incarichi nella chiesa di stato inglese prima di diventare vescova di Crediton, vescova suffragana nella diocesi di Exeter. L’annuncio della nomina è arrivato da Downing street perché la “Crown Appointments Commission”, la commissione, formata da 17 membri, che ha scelto con una maggioranza di due terzi la nuova arcivescova di Canterbury, ha inviato il nome al primo ministro che l’ha, poi, sottoposto, per l’approvazione finale, al Re. Ci sono voluti undici mesi per trovare un nuovo arcivescovo, dopo che il primate uscente Justin Welby si era dimesso, lo scorso gennaio, per uno scandalo legato al problema degli abusi. Sarah Mullally ha guidato, per mesi, il processo “Living in love and faith” che ha portato a preghiere e benedizioni per coppie omosessuali stabili. Nel suo mandato dovrà affrontare diversi nodi della chiesa di stato inglese di oggi: la diminuzione dei fedeli e delle ordinazioni sacerdotali, la mancanza di fondi, soprattutto nelle parrocchie, le divisioni sul tema dell’omosessualità e, soprattutto, il difficile tema della salvaguardia di minori e adulti vulnerabili.
“A nome della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles do il benvenuto alla notizia della nomina della vescova Sarah Mullally come arcivescova di Canterbury. Porterà molti doni personali e una lunga esperienza al suo nuovo ruolo”. Con queste parole, contenute in un comunicato diffuso dalla Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, il card. Vincent Nichols, primate cattolico di Inghilterra e Galles, ha commentato la scelta della vescova di Londra Sarah Mullally come guida spirituale della Chiesa di Inghilterra. “Le sfide e le opportunità che attendono la nuova arcivescova sono molte e significative”, ha detto ancora l’arcivescovo di Westminster nel suo comunicato. “A nome della comunità cattolica inglese prometto alla nuova arcivescova le nostre preghiere”. “Insieme risponderemo alla preghiera di Gesù nel Vangelo ‘che possiamo tutti essere uno’ e cercare di sviluppare i legami di amicizia e missione condivisa tra la Chiesa di Inghilterra e la Chiesa cattolica”, ha concluso il card. Nichols.”

Gemma n° 2411

“Come gemma ho scelto di portare questa foto scattata sull’aereo diretto in Inghilterra perché per me è un po’ il simbolo di questa esperienza. Sono stata per due settimane a Canterbury in una famiglia ospitante, la mattina andavo a scuola di inglese mentre il pomeriggio visitavo la città o facevo qualche attività nella scuola. È stata una bella esperienza in quanto mi sono trovata bene con il mio gruppo di italiani e con la famiglia ospitante, ma soprattutto ho conosciuto un sacco di ragazzi provenienti da tutto il mondo, e con alcuni mi scrivo ancora ogni tanto” (G. classe terza).

Vescove? No, thanks

La notizia girava ancora ieri, ma non ho avuto tempo di postarla. L’avevo preannunciata in qualche classe lunedì mattina. Ecco l’esito, tratto da Rainews24.

chiesa anglicana, donne vescovo, welby, canterbury“Il sinodo della Chiesa d’Inghilterra ha votato contro la nomina di vescovi donne. Il tema aveva diviso la comunità anglicana. L’attuale arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, e il suo successore Justin Welby sono entrambi a favore dell’ordinazione di donne vescovo. A vent’anni dall’introduzione delle donne sacerdoti, la questione continua a creare divisioni tra tradizionalisti e liberali. Attualmente le donne costituiscono un terzo del clero della Chiesa d’Inghilterra. Il Sud Africa ha approvato nei mesi scorsi l’ordinazione della prima donna vescovo, mentre la Chiesa episcopaliana degli Stati Uniti, che fa parte della Comunione anglicana, è addirittura guidata da una donna. Resta il fatto che in ogni caso la Chiesa d’Inghilterra non si e’ per ora spaccata anche se è prevedibile che da parte dell’ala riformatrice non mancheranno le critiche verso quanto è accaduto. “Dobbiamo portare a termine il lavoro e dobbiamo farlo adesso”. Un messaggio chiaro e forte quello di Justin Welby, nuovo arcivescovo di Canterbury designato, che assumerà ufficialmente la guida della Chiesa d’Inghilterra il prossimo marzo e che oggi è intervenuto nella discussione fiume in corso a Londra dove da ieri è riunito il sinodo generale per votare sull’ordinazione delle donne vescovo, invitando a votare a favore. “E’ arrivato il momento di portare a termine il lavoro e votare a favore di questa misura”, ha detto Welby in un accorato intervento. “Ma la chiesa d’Inghilterra ha anche bisogno di mostrare come sviluppare la sua missione nella diversità e non nella divisione”.

Quello dibattuto a pochi passi dall’abbazia di Westminster è un tema di cui nella chiesa d’Inghilterra si parla dal 1966, data in cui si considera appunto ‘aperto’ un forum di discussione. Quasi un decennio più tardi, nel 1975, il sinodo generale stabilì che non vi fossero “impedimenti fondamentali” all’ordinare donne vescovo. E’ del 1985 la prima nomina di donna diacono e nel 1992 l’ordinazione delle donne prete riceve l’approvazione dei due terzi del sinodo.”

Da manager ad arcivescovo di Canterbury

Proviamo a conoscere un po’ meglio, attraverso un articolo del Corriere, il nuovo primate della Chiesa anglicana.

“Di quale pasta sia fatto il nuovo capo spirituale degli anglicani lo si era capito un giorno welby, chiesa anglicana, canterburydella scorsa estate quando il presidente della Barclays, sir David Walker, presentandosi con un certa baldanza davanti ai Lord si trovò investito da una domanda che era una sciabolata al cuore: «Ma voi banchieri perché siete così tanto avidi? Perché vi arricchite speculando coi soldi degli altri?». Justin Welby, all’epoca era il vescovo della diocesi di Durham ed era pure uno dei rappresentanti nella Camera alta a Westminster della Chiesa d’Inghilterra. Tutti sapevano che il cinquantaseienne figlio di un commerciante di whisky nonché amico della famiglia Kennedy e di Jane Portal, una delle segretarie di Winston Churchill, aveva (e ha) il dente avvelenato con i padroni e con padrini della City. Ma che un tipo così, nonostante gli studi a Eton e Cambridge (storia), nonostante l’educazione doc, nonostante il suo passato di perfetto «business man», lanciasse pubblicamente la sua sfida al numero uno di un colosso del credito come Barclays, pochi pensavano che potesse accadere. E ancora meno erano quelli che, essendo vacante la cattedra di arcivescovo di Canterbury dopo l’uscita di Rowan Williams, puntavano sull’ascesa di questo signore al soglio massimo anglicano. E, invece, la Crown Nominations Commission, dopo tanto dibattere nella cristianità inglese, alla fine ha chiamato proprio lui: sarà dunque «il fustigatore» della City a comandare (dopo sua maestà, che ne è il vertice simbolico) il gregge dei fedeli.

Chi l’avrebbe mai azzardata, quel giorno dell’estate olimpica, una previsione simile? Scherzi del destino. Nella capitale mondiale della finanza la Chiesa d’Inghilterra sceglie di essere governata da un uomo (sposato e padre di cinque figli) e da un vescovo-lord che della riforma bancaria e della necessità di controlli rigidi su ciò che i «maghi» dei tassi e dei mercati combinano nel segreto delle loro «stanze di guerra», fa il suo moderno vangelo. E non per improvvisa ispirazione divina ma perché Justin Welby la conosce bene la City e conosce bene i «peccati (sue parole) che le grandi company commettono». Ha lavorato nel Miglio Quadrato e ha servito il capitalismo internazionale. Già, storia interessante quella del neo arcivescovo di Canterbury. «La chiamata di Dio» (sempre sue parole) l’ha avvertita tardi. Dopo la laurea e i dottorati di ricerca, Justin Welby, non ancora presule, aveva trovato impiego nelle aziende petrolifere (alla Elf francese ella Enterprise Oil Plc). Ne era diventato un manager, viaggiava fra Londra, Parigi e l’Africa, nelle aree di estrazione nel Niger («ho visto molti colleghi arrestati per corruzione»), era diventato un apprezzato «trader» dei famigerati titoli derivati. Poi nel 1987 la tragedia che gli cambiò la vita: muore la sua bambina. Il dolore, la riflessione, l’ordinazione nella Chiesa d’Inghilterra.

Justin Welby ha cominciato subito a predicare contro le brame della finanza allegra e ladrona, osservata tanto da vicino: in un saggio del 1997, dal titolo «L’etica dei derivati» già spiegava la struttura e l’inganno dei futures, degli swaps, dei contratti «pronti contro termine», e concludeva: «Sono strumenti potenti, necessitano di monitoraggi severi». Una voce mai arrivata ai piani alti della City: ben 10 anni prima che la finanza venisse travolta dalle sue stesse diaboliche creature. Il nuovo arcivescovo di Canterbury adesso risfodera i suoi insegnamenti. Può farlo: top manager e top bankers spregiudicati sono nel mirino. Inneggia al movimento «Occupy London», gli antagonisti che si accamparono davanti a St Paul: «Hanno ragione, in questa finanza c’è davvero molto che non va bene». Il censore più pericoloso la City lo trova in casa. E non può prenderlo sotto gamba.”