Il meglio di te

Un bel racconto di Roberto Emanuelli.
sedieIl saggio e anziano Ajari Shiki si ritrovò a giocare a Koi-koi, un antico gioco di carte giapponese, col suo nipotino Haruki. Il saggio Shiki vinse facilmente quasi tutte le mani e poi l’intera partita, usando molta tecnica e strategia. Usando il coraggio e la pazienza, il cuore e la testa, l’intelligenza e la furbizia. Nel tempo, Shiki, aveva imparato che c’è un momento in cui bisogna aspettare e uno in cui è necessario agire, fare qualcosa. Shiki aveva imparato, nei tanti anni di esperienza e umile studio, che statisticamente ci sono mani in cui si è serviti in modo favorevole e altre meno, e che, quando capitano, le mani favorevoli vanno sfruttate al meglio e ottimizzate col nostro ingegno, mentre quando ci si ritrova davanti a quelle avverse, è importante limitare i danni e non perdere testa e speranza. E in fine, Shiki, aveva imparato che a volte, pur mettendocela tutta, pur impegnandoci al massimo sfruttando tutte le nostre conoscenze e qualità, ecco, a volte si perde lo stesso, perché il nostro avversario è più forte di noi, o perché, quella, non era la nostra partita, ma che, conservando la nostra dignità, ci guadagneremo la possibilità di una nuova sfida. Ma Haruki, in un impeto di rabbia e frustrazione, si alzò di scatto, tutto rosso in viso, pronunciando parole intrise di collera e risentimento verso l’anziano nonno, e verso la sorte maligna. Shiki osservò in silenzio il giovane nipote, accennando un sorriso colmo di pietà e dispiacere, e dopo qualche secondo di esitazione gli rivolse poche parole: “l’uomo che attribuisce i motivi del suo fallimento alla sfortuna o, peggio, a un altro uomo, è un uomo che non ce l’ha fatta. È un uomo fragile. È un uomo che non ce la farà mai. Ora, tu hai una possibilità, mio giovane nipote, forse la prima e ultima della tua vita, puoi scegliere: metterti di nuovo seduto, dando il meglio di te, mettendo amore, impegno e umiltà, o scappare per il resto dei tuoi giorni”.
Haruki chiese umilmente perdono, e scelse di essere degno.”

Un po’ d’astuzia

tiger6Traggo da questo sito una fiaba che arriva dall’India.
“C’era una volta un bramino, un sacerdote dell’India, che celebrava cerimonie religiose in luoghi non facilmente raggiungibili. Quel giorno doveva attraversare una foresta per raggiungere un villaggio che c’era al di là. Ad un tratto trovò una gabbia nella quale era stata rinchiusa una bellissima tigre. Il bramino provò pietà per la tigre e decise di liberarla, anche se sapeva che le tigri potevano mangiare gli uomini. La tigre gli disse: “Ti giuro che non mangerei mai il mio benefattore!”. Il bramino la liberò ed allora l’animale disse: “Come potevi pensare che giurassi il vero? Ho fame!”.
Il bramino le chiese: “Prima di mangiarmi, sentiamo cosa ne pensa questo albero!”. L’albero rispose: “Gli uomini sono cattivi. Io offro loro riparo e refrigerio, e loro per tutta ricompensa mi tagliano e mi uccidono. Mangialo pure, per me!”.
Il bramino decise di chiedere un altro parere: poco lontano, in una radura, un asino stava brucando. Ma l’asino rispose: “Gli uomini? Creature perfide! Ci sfruttano tutta la vita, e quando siamo vecchi ci abbandonano. Mangialo pure!”.
A quel punto lì, videro che stava arrivando una volpe: “Chiediamo anche a lei”, disse il bramino, “e se anche lei dirà di mangiarmi, potrai mangiarmi!” La volpe guardò i due e disse: “Voi mi state prendendo in giro: ma come faceva una tigre così grande a stare in una gabbia così piccola?” La tigre disse che era la verità, e la volpe continuò: “Sì, e io vi credo! Figuriamoci un po’, per me mi state prendendo in giro!”.
Arrabbiata, la tigre entrò nella gabbia: a quel punto la volpe la richiuse dentro e poi disse, rivolta al bramino: “Certo che senza un po’ d’astuzia tu proprio non te la cavavi!”.”