“«Change» di Taylor Swift è una canzone che vuole incoraggiare coloro che stanno subendo una determinata situazione, come degli atti di bullismo. Arriverà giorno in cui si vincerà: e bisogna resistere”. Il testo proposto da T. (classe quarta) fa riferimento a momenti e sensazioni non facili da sopportare: “Così, siamo stati superati di numero, abbiamo subito un’incursione e siamo stati messi all’angolo. E’ dura combattere quando la lotta non è alla pari”. Sembra che il momento di soccombere, perdere e cedere sia molto vicino; e proprio quello in cui si deve cercare di resistere è il momento più difficile, quando servono maggiori forze e risorse. “Stanotte noi restiamo, non rimaniamo in ginocchio, combattiamo per quello per cui abbiamo lavorato in tutti questi anni. E la battaglia sarà lunga, è la lotta delle nostre vite, ma noi ci alzeremo da campioni stanotte”. Riporto ora alcuni versi de “La notte dei desideri” di Jovanotti, perché vi trovo delle affinità con quanto proposto da T.: “È una notte come tutte le altre notti, è una notte che profuma di avventura. Ho due chiavi per la stessa porta per aprire il coraggio e la paura; vedo un turbinio di gente colorata che si affolla dietro a un ritmo elementare. Attraverserò la terra desolata per raggiungere qualcosa di migliore… Vedo Cristoforo Colombo il marinaio: è arrivato il mio momento per partire. Cosa pensa il trapezista mentre vola? Non ci pensa mica a come va a finire!”.
I Coldplay sono stati portati in classe da M. (classe terza). “Siamo adolescenti, ci stiamo affacciando all’essere adulti e le sofferenze iniziano: ci sono momenti in cui ci sentiamo giù. Questa canzone l’ho sentita moltissimo e ogni volta che sono giù è l’unica canzone in grado di tirarmi su. Il titolo sembra non c’entrare nulla col testo, sembra allegorico. Mentre la ascoltiamo, proviamo a pensare a qualcuno o a qualcosa che ci faccia dire “viva la vita”. Viviamo di queste cose, di questi ricordi.”
Parto da lontano per arrivare a una canzone che mi fa dire “viva la vita”. C’è un personaggio biblico che deve affrontare un viaggio nella profonda solitudine esistenziale, una di quelle che fanno più male, perché è la condizione dell’abbandonato, o meglio, di colui che è divenuto merce di scambio: e la cosa che crea più dolore è che il commercio è stato organizzato da chi dovrebbe esserti più vicino, in quanto legato a te dal sangue. Mi sto riferendo a Giuseppe, il figlio di Giacobbe, venduto a dei mercanti ismaeliti dai suoi fratelli. C’è una canzone dello svedese Avicii che nelle prime due strofe si adatta bene alla condizione di Giuseppe. Il brano è “Wake me up” (2013) e le parole sono: “Sento la mia strada nell’oscurità, guidato da un cuore che batte, non so dove il viaggio si concluderà ma so da dove iniziare”. E continua con quello che voglio leggere come un accenno alle invidie e gelosie dei fratelli di Giuseppe nei confronti della benevolenza del padre verso il figlio di Rachele e la sua capacità di sognare e interpretare i sogni: “Hey! Loro mi dicono che sono troppo giovane per capire, dicono che sono rinchiuso in un sogno. La mia vita mi passa davanti se non apro gli occhi, a me va bene così”. Ascoltare i sogni delle persone e con essi leggere il futuro: questo dono, che poi diventa l’ancora di salvezza per Giuseppe, all’inizio è un regalo scomodo. Ho già scritto che è uno dei motivi di odio dei fratelli; immagino anche che non sia stato facile per lui riferire al capo dei panettieri del faraone la sua triste sorte. Dai tre canestri di pane bianco che tiene sulla testa e che vengono divorati dagli uccelli, Giuseppe deduce, di lì a tre giorni, l’impiccagione dell’uomo e la lacerazione delle sue carni da parte dei volatili… Provo a vestire gli abiti di Giuseppe e penso che non è facile, che vien voglia di non dormire più per evitare quei sogni, che vorrei non dover chiudere gli occhi quando viene sera, che desidererei restituire gentilmente quel dono (un po’ come i precog del film “Minority report” che abbiamo visto in classe). Ma sento anche che se questo è il Suo disegno un motivo deve esserci, e che forse anche io, prima o poi, scoprirò il senso di questo essere qui in Egitto, lontano da mio padre e mia madre, forse anche io capirò il significato del mio viaggio, forse anche io saprò chi sono. Ancora Avicii: “Svegliami quando sarà tutto finito, quando sarò saggio e vecchio… Vorrei rimanere giovane per sempre, non temo di chiudere i miei occhi. La vita è un gioco fatto per tutti e l’amore è il premio. Per tutto questo tempo stavo trovando me stesso e non sapevo che mi ero perso”.
Piccoli momenti in cui mi piacerebbe avere la bacchetta magica per poter dare ad una persona quello che desidera semplicemente perché è ciò che le spetta dopo tutto l’impegno che ci ha messo. Niente di più chiede, solo il suo, ciò che merita e che poi altro non è che una tranquilla normalità, una possibilità di poter pensare oltre all’oggi… Metto questa foto perché il papavero dei campi è semplice e spontaneo e perché, in ogni caso, altro non posso fare se non starle vicino e abbracciarle l’anima.
Perché lo scrivo qui? Perché forse c’è qualcuno nella stessa situazione e un abbraccio d’anima non si nega a nessuno, e neppure un papavero di campo.