“Quest’anno, essendo l’ultima gemma, ho deciso di portare un balletto che ho fatto l’anno scorso per il saggio di fine anno accademico della mia scuola di danza. Per me danza è sinonimo di casa, famiglia, risate, consiglio e supporto. Per una ragione o per l’altra questo o probabilmente il prossimo saranno gli ultimi anni di danza e pensare che una cosa così importante per me, che c’è da sempre nella mia vita da quando ho tre anni, non ci sarà più, fa male. La mia insegnante di danza è solita fare un balletto per il gruppo di moderno avanzato, cioè il gruppo composto da ragazzi che dovranno affrontare l’ultimo anno di superiori e ragazzi che hanno già fatto l’ultimo anno di superiori e quindi devono andare all’università o comunque andranno a lavorare e prenderanno un’altra strada. Il balletto è sempre composto da un significato di augurio per la vita, augurio di continuare a sognare, di seguire i propri sogni e di non smettere mai di lottare per ciò che si vuole. Fare questi balletti è sempre molto dura a livello emotivo anche durante l’anno perché comunque sai che si avvicina sempre di più il momento di allontanarsi come gruppo di danza in sala e quindi è sempre difficile. Allora, il balletto che ho portato si intitola “Sogna ragazzo sogna” e ha come canzone quella di Vecchioni. È un balletto che porterò sempre nel cuore. Questa registrazione era dell’ultima serata, quindi l’ultima volta che ballavamo insieme questo pezzo per noi importante. Il balletto non è venuto perfetto però nonostante magari ci fossero alcune imperfezioni, ci siamo goduti il momento e alla fine dello spettacolo, quando si sono spente le luci, ci siamo emozionati insieme” (A. classe quinta).
“Nella mia gemma vorrei raccontare delle mie esperienze memorabili e indeminticabili come animatrice di un gruppo formato da volontari, chiamato “Ragazzi Si Cresce”. Faccio l’animatrice quasi da 2 anni e posso dire che sacrificando il mio tempo durante le riunioni serali per organizzare le attività e i giochi per bambini solo poi per vedere i loro sorrisi sul viso e sentirsi dire “mi sei mancata”, è un’altro tipo di gioia. Ogni volta che il bambino si diverte, mi regala un abbraccio o mi confessa di volermi bene, mi riscalda il cuore e mi fa venire ancora più voglia di continuare a dare tutta me stessa per farli stare bene. Il momento più fantastico con cui premiamo i bambini per aver passato il mese assieme a noi, è la serata finale. Una serata dove si balla, si fa festa, si mostra ai genitori cosa si è imparato durante il mese ed è un momento bellissimo di sfogo e uno splash di emozioni. Di certo non nego che durante il percorso ci siano state difficoltà, certo, ci sono sempre, ma gli ostacoli si superano se siamo tutti uniti e ognuno fa la sua parte. Mi ricordo come la mia coordinatrice una volta ci disse “il centro estivo non è formato solo dai bambini, ma parte tutto da voi animatori”. Quella frase è come se fosse una motivazione che ci fa andare avanti. Per me è sempre un piacere trascorrere il mio tempo all’interno del gruppo, perché col tempo si è allargato e abbiamo formato un gruppo solido e unito, dove ognuno viene accettato e capito, dove ognuno può sempre sentirsi libero di fare la sua scelta e di esprimere la propria opinione e allo stesso tempo creare nuove amicizie e rapporti. Avete presente un prato appena fiorito d’estate con dei fiori? Ecco questa metafora rappresenta il mio centro estivo. Noi animatori siamo il prato, la base da cui partono tutte le nostre idee sfruttando al massimo la creatività, mentre i bambini sono i fiorellini che abbelliscono questo prato con i loro sorrisi, abbracci e affetto. Questi ricordi passati me li terrò sempre nel cuore con cura e tenerezza. Ringrazio le persone con cui ho legato moltissimo all’interno del gruppo e i bambini che mi danno la positività, e se potessi dare un consiglio agli adolescenti di oggi, è di provare queste sensazioni e conoscere un po’ il mondo della bontà com’è”. (V. classe prima).
“Come gemma ho scelto la mia ragazza, E. Posso iniziare col dire che è la persona più importante per me: da quando eravamo amici fino ad ora, c’è sempre stata una sintonia inspiegabile tra me e lei, anche se siamo piccoli e stiamo insieme da quasi 8 mesi, rimarrà per sempre una delle persone più importanti della mia vita e avrà per sempre un posto speciale dentro di me. Mi ha aiutato molto a maturare e migliorare come persona, lei è una delle poche persone della mia vita che ha sempre cercato di far uscire la parte migliore di me e ci è sempre riuscita. I miei “giorni no”, con lei diventano migliori: riesce sempre in qualche modo a rendermi felice e a tirarmi su il morale. Nonostante tutti i problemi che abbiamo sempre avuto, siamo sempre riusciti a risolverli, non penso ci sia mai stato qualcosa a separarci; riuscire a farsi capire da una persona non è una cosa da poco e mi sento davvero fortunato ad averla nella mia vita. In questi 7 mesi di relazione e mesi di amicizia ne abbiamo passate molte, dalle più tristi alle più felici e non c’è un momento in cui ho pensato che lei fosse sbagliata per me. Quello che provo per lei non lo proverò per nessun’altra persona, ogni giorno cresciamo insieme e impariamo dai nostri sbagli. La amo più di ieri, ma meno di domani”. (C. classe terza).
“Ogni anno è sempre stato difficile per me scegliere una gemma da portare, ma quest’anno non ho avuto dubbi, anzi ci sono così tante cose di cui vorrei parlare che le gemme che mi rimangono a disposizione non sono sufficienti, così ho scelto di raggruppare più cose in una e ho deciso di parlare di un luogo e di persone per me molto importanti. Sin da quando sono bambina sono sempre andata a Valbruna perché ci vivevano i miei nonni e ogni tanto ci si radunava tutti lì per passare delle giornate insieme. Dopo la morte della nonna, che purtroppo io ricordo poco perché ero molto piccola, il nonno ha deciso di «reinventarsi» (come direbbe lui). Ha scelto quindi di rimanere a vivere a Valbruna da solo e noi, come famiglia, trovavamo ogni buona occasione per incontrarci ed andare a trovarlo. Il Natale soprattutto era, ed è ancora, il mio momento preferito e sin da piccola, più che i regali, amavo l’idea di andare a Valbruna per passare del tempo con tutta la mia famiglia, a ridere, scherzare e giocare. Dall’anno scorso le cose sono però cambiate: ormai il nonno non c’è più da quasi un anno e rimpiango i momenti in cui avrei potuto passare più tempo con lui ad ascoltarlo (anche se raccontava sempre le stesse storie). Questo fatto però non ha scoraggiato me e i miei parenti, anzi ci ha unito ancora di più ed ogni momento passato tutti insieme è ormai prezioso e, più cresco, più me ne rendo conto. Come una sera della scorsa estate passata a ridere e cantare di fronte al fuoco, dimenticandoci di tutti i nostri problemi per goderci un istante spensierato. Mi ricordo che quella sera stavo così bene che quasi volevo piangere per il momento di felicità provato, cosa che non è da poco. Sono sicura che se i nonni ci potessero vedere in questo momento, sarebbero orgogliosi nel vedere i valori della famiglia, che hanno trasmesso ai loro figli e ai nipoti, persistere tra di noi”. (R. classe quinta).
“Per la mia gemma ho deciso di portare cinque persone che per me sono fondamentali. Ci siamo conosciute in momenti diversi, ma oggi siamo un gruppo super unito. C’è S., la bionda del gruppo anche se questo non la rispecchia, probabilmente è la più organizzata di tutte. Quando c’è da prenotare il sushi chiama sempre lei. Poi c’è E., la “terrona” del gruppo, se c’è da litigare lei parte in siciliano e non si ferma finché non le danno ragione. C’è anche E., che a volte esagera parlandoci dei suoi malesseri del mare, ma quando si tratta di fare festa, è sempre lei a offrire casa. Poi c’è K., la più dolce e paziente: è quella che riesce sempre a mantenere la calma e a fare in modo che il gruppo resti sereno, anche nei momenti più caotici. Infine, c’è A., che quando parte una canzone rumena, ci prende per mano e subito iniziamo a ballare in cerchio. Siamo tutte diverse, ognuna con la sua personalità e il suo carattere, ma insieme moriamo sempre dalle risate. Ogni volta che usciamo a S. o andiamo a una festa, è sempre un’avventura. Succedono cose strane, ma ci divertiamo un sacco, e quella sensazione di pazzia è una delle cose che rende speciali questi momenti. A proposito di feste, ho scelto di rappresentare il mio gruppo con una canzone. In generale partiamo sempre con il Pagante ma quella che ci gasa di più è sicuramente Settimana bianca: ogni volta che parte questa canzone, in qualsiasi posto ci troviamo, ci guardiamo negli occhi e cominciamo a cantarla a squarciagola. Per concludere, spero che questa amicizia possa durare per sempre, perché, a prescindere da tutto, le mie amiche sono una parte fondamentale di me”. (C. classe seconda).
“Quest’anno come mia gemma ho deciso di portare qualcosa di diverso, non una persona bensì un’esperienza intera. Frequento il campus Anbima da tre anni, anche se da piccola andavo spesso con mio padre, perciò per me è come una seconda casa. Questo campus consiste in una settimana intensa di prove con due concerti alla fine dove si riuniscono giovani provenienti dalle bande di tutto il Friuli, perciò quella che io chiamo la mia seconda famiglia raggiunge ogni anno circa le 160/170 persone. Appena il campus finisce inizio il conto alla rovescia per il campus seguente, e mi capita ogni volta di passare i giorni seguenti al ritorno nel letto a piangere: è un’esperienza che sento veramente molto e mi insegna sempre qualcosa di nuovo. Lì conosco di anno in anno nuove fantastiche persone, ognuna diversa da un’altra, persone che lasciano un segno indelebile nella mia vita e con le quali si stabiliscono sempre rapporti diversi e sorprendenti. Non so spiegare il sentimento che provo verso queste persone e verso questa esperienza, non riesco a spiegare le emozioni che provo quando guardo le foto o quando qualcuno mi nomina Piani di Luzza, però i miei occhi brillano ad ogni ricordo, come questo, catturato in questa foto: avevamo una settimana in cui potevamo contare massimo 2 ore di sonno a notte, 9/10 ore di prove al giorno, era l’una di notte eppure stavamo cantando Maledetta primavera sulle spalle dei nostri amici. Mi manca tutto e tutti di Piani e non vedo l’ora che questi 293 giorni finiscano e che sia finalmente il 25 agosto”. (R. classe terza).
“Ci sono amici e amici. E poi ci sono quelli che sono come fratelli. Non che uno non bastasse, anzi, è più che sufficiente, ma fratelli nel senso di cresciuti assieme. Tutto cominciò quando mia madre conobbe F., ancora oggi la sua migliore amica. Sono cresciute assieme, condividendo esperienze e molto altro. Poi nel 2006, quando mia madre è venuta a vivere in Friuli, sono nato io. L’anno dopo è nato il primo figlio di F., M. L’anno dopo ancora nasce il secondo figlio di F., P. E infine nel 2009 nasce mio fratello D. Quattro maschi, due a testa, tutti nati in scala, per due amiche che sono come sorelle… mi è sempre piaciuto immaginare se fossimo stati quattro fratelli. Ma penso che non ci sopporteremmo, e inoltre, il fatto di vivere in due regioni diverse, rende il tutto più bello e più unico quando ci incontriamo. Siamo quattro personalità completamente diverse, ma ci completiamo a vicenda. E forse, proprio il fatto che siamo così differenti, dal carattere aperto e socievole di M. a quello più timido di mio fratello, dal mio senso pratico al senso logico di P. “il piccolo genio”, rende il nostro legame speciale”. (L. classe quinta).
“Ho deciso di portare questa gemma perché l’ho trovata in realtà molto carina e anche divertente. Mia mamma per le vacanze di Natale ha deciso di comprare questo per appenderlo sulla parete della casa. lo all’inizio mi sono messa a ridere perché le renne con sopra i nostri nomi erano troppo simpatiche. Poi l’ho portata perché come dice la frase “insieme è sempre Natale” è quella che più ci rappresenta come famiglia, perché siamo molto uniti e ho un legame bellissimo sia con i miei genitori che con i miei fratelli. E sono molto grata di questo” (M. classe quarta).
“Come gemma ho deciso di portare una delle attività che preferisco fare: scout. Per me lo scoutismo è un posto in cui puoi essere te stesso senza essere giudicata, dove si può imparare dalle avventure che vivi, dalle esperienze che possono essere utili anche nella quotidianità. Scout è diventato il mio “posto felice” dove mi sento a casa e stare con i miei amici lo rende ancora più bello. Ormai faccio scout da almeno 7 anni ma io non mi annoio mai, aspetto che ritorni sabato solo per stare a scout e alla fine di ogni riunione non vedo l’ora di rivedermi con i miei amici. Durante l’estate aspetto solamente il campo estivo per scollegarmi dalla vita normale e poter immergermi nella natura per 15 giorni, per stare con le persone che conosco da una vita, per cantare al fuoco serale, per cucinare anche nei giorni di pioggia e per condividere i nostri pensieri sotto la tenda quando non riusciamo a dormire” (S. classe prima).
“Quest’anno come gemma ho deciso di portare una parte molto importante della mia vita, ovvero il gruppo animatori. Sono ormai 3 anni che ne faccio parte e a novembre, con l’entrata dei 2010, siamo arrivati a essere in 60. Ogni anno facciamo molte attività tra cui animazioni alle sagre di paese, il carnevale comunale, e tante altre. Tutte queste attività sono solo delle piccole prove per riuscire ad affrontare la prova finale, il centro estivo. Oltre a tutto questo riusciamo ad organizzare anche delle giornate da passare insieme e fare gruppo. I momenti che preferisco sono sicuramente i pomeriggi d’estate passati a dipingere le scenografie per la festa finale, pomeriggi in cui ci ritroviamo a ridere, scherzare e raccontare storie e momenti divertenti degli anni passati. Come dico spesso, per me questo gruppo è una seconda grande famiglia, con loro mi sento bene e posso sentirmi me stessa” (G. classe seconda).
“Quest’anno come gemma ho voluto portare un balletto che ho fatto a giugno dell’anno scorso a fine anno accademico della mia scuola di danza. L’anno scorso da febbraio fino ad aprile/ maggio è stato un periodo davvero difficile per me perché a febbraio mi sono rotta i legamenti del ginocchio e mi avevano detto che al 90% non sarei riuscita a ballare a giugno. Ovviamente per fare in modo che il balletto venga bene c’è un enorme preparazione dietro quindi ero partita davvero demoralizzata. A febbraio ho iniziato a fare riabilitazione in modo da riuscire a farcela anche se sembrava davvero difficile. Alla fine sono riuscita a ballare piena di antidolorifici, ci tenevo davvero moltissimo a ballare questa coreografia perché la canzone è la mia preferita e ha un significato davvero profondo. Inoltre sarebbe stato l’ultimo balletto come gruppo in quanto una mia compagna di corso si è trasferita in Messico e un’altra mia compagna è in Repubblica Ceca in questo momento” (A. classe quarta).
“Cara classe, siamo cresciuti insieme, abbiamo passato 5 anni assieme, passando attraverso sfide, vittorie, e momenti indimenticabili che ci hanno accompagnato nel nostro percorso comune. Ora, ci troviamo alla fine di questo viaggio, all’ultimo anno di superiori, pronti a concludere questo capitolo con i ricordi che abbiamo costruito insieme, uno accanto all’altro. Nel corso di questo periodo, abbiamo condiviso risate, lacrime, e la scoperta di noi stessi. Siamo diventati non solo compagni di classe, ma veri e propri amici, anzi ancora meglio una famiglia. Le lunghe giornate di studio, le risate durante le pause, e le gite fuori dalla scuola sono diventate le tessere di un mosaico unico che piano piano si sta concludendo e rappresenta la nostra esperienza insieme. Siamo diventati una squadra, una famiglia, sostenendoci durante i momenti difficili e celebrando insieme i successi. Ora, mentre ci avviciniamo alla fine di questo capitolo, è inevitabile guardare indietro e riflettere sul nostro cammino. Siamo maturati insieme, abbiamo affrontato le incertezze del futuro e sostenuto i nostri sogni. La nostra classe è diventata un rifugio sicuro, un luogo dove siamo cresciuti, imparando non solo dagli insegnamenti dati dai nostri insegnanti, ma anche dalla vita. Voglio dirvi Grazie, grazie per essere diventati una delle parti più importanti della mia vita, anche quando essa mi sembrava scivolare tra le mani, voi siete riusciti ad aiutarmi. Siete e sarete un pezzo cruciale della mia vita. Grazie (A. classe quinta).
“Questo è il raccoglitore in cui tengo tutte le parti che ho suonato con la banda, infatti è pienissimo di fogli e perdo sempre tantissimo tempo a cercare le parti. Ogni canzone ha un ricordo che può essere bellissimo quanto traumatico. Per esempio il brano “Let it go” di Frozen, che chiamo il mio personale inferno, mi ha fatto patire abbastanza le pene dell’inferno per riuscire a farlo bene il giorno del concerto. Uno dei miei brani preferiti è “Highlights from the Aristocats” che comprende alcuni frammenti delle canzoni del film degli Aristogatti” (V. classe terza).
“Io ho deciso di portare questa foto perché è stato l’ultimo Natale che ho passato con i miei cugini. Questa foto l’abbiamo fatta a casa mia quando loro sono venuti a trovarmi per Natale e mi hanno fatto una sorpresa. Ormai sono anni che non passiamo i Natali assieme perché mia cugina vive a Genova e mio cugino nel mio paese d’origine, lo Sri Lanka. L’unico modo per vederli e parlarecon loro è tramite le videochiamate che facciamo quasi ogni giorno. Mia cugina l’ho vista la scorsa estate ma mio cugino non lo vedo da 6 anni, però la sua presenza non è mai svanita perché mi chiama e s’interessa di come io stia sempre. Questa foto può sembrare insignificante, però per me vale tanto perché grazie a questa foto li sento molto vicini a me e sento di meno la loro mancanza. Comunque so che li rivedrò presto, non più a Natale come prima, ma durante l’anno perché cerchiamo sempre di organizzare le nostre vacanze in modo da poterci vedere” (A. lcasse terza).
“Quest’anno le gemme le leggevo solo: dall’altra parte del mondo guardavo le storie di “s del mondo” ma per la prima volta da quando sono al Percoto non stavo pensando a cosa valesse di diventare la mia gemma per l’ora di reli. Però poi sono tornata, fuori programma, e io ufficialmente non c’entrerei niente con la classe, ma il prof appena mi ha vista mi ha inclusa offrendomi di presentare la mia gemma. Ed è stato l’unico anno in cui mi è subito venuto in mente cosa portare, non avevo dubbi su quale fosse la mia cosa speciale. È questo ciondolino di Pandora. Me l’ha regalato la mia famiglia ospitante l’ultima sera prima che dovessi lasciarli. Una delle tante caratteristiche che amavo di loro è che ogni sera facevamo qualcosa tutti insieme dopo cena, poteva essere un film o ci eravamo appunto appassionati ai puzzle. E quindi questo è il primo significato associabile a questo ciondolo. Il secondo può essere invece spiegato da questa lettera che mi ha scritto M., la mia sorella ospitante” (A. classe quarta).
“Oggi come gemma, ho deciso di portare il mio braccialetto preferito, un bracciale Pandora che mi è stato regalato in occasione della mia Comunione. Agli occhi degli altri può sembrare un oggetto banale e puramente estetico, ma per me non è così! Ogni pendente infatti ha un significato ben preciso e rappresenta una persona o un momento particolare del mio percorso. Da quando mi è stato regalato si è già arricchito di diversi elementi e spero in futuro di riuscire a mettere tanti altri charms quanti saranno i sogni che spero di realizzare. Per me indossarlo significa un po’ portare con me tutte le cose più care: la famiglia, gli amici, il mio cane, il mare, la pallavolo…
Tra tutti i charms quello a cui tengo di più è indubbiamente quello che mi hanno regalato i miei genitori in occasione dell’esame di terza media. E’ un ciondolo composto da due cerchi uniti con all’interno una piccola targhetta con incisa una frase che mi sta molto a cuore: “always together”, ossia “per sempre insieme”, molto semplice ma dal grande significato. Mi fa sentire protetta, al sicuro, qualunque strada io sceglierò di intraprendere, soprattutto facendo un indirizzo linguistico, che potrebbe portarmi a viaggiare in paesi lontani. Guardare questo pendente mi rassicura perchè so che qualunque cosa succeda non l’affronterò da sola. Questa sicurezza è la mia gemma più preziosa!” (G. classe prima).
So che siamo nel periodo dell’Avvento, è appena iniziato. Molti cristiani, ieri, hanno acceso la prima delle quattro candele della loro corona. Eppure mi soffermo su una riflessione di più di vent’anni fa di Mario Luzi (1914-2005), scritta in occasione della Via Crucis di quell’anno per l’XI stazione, quella di Gesù inchiodato alla croce. L’ho trovata su La rivista de Il Mulino. Sono parole messe in bocca a Gesù stesso. Scrive Luzi:
“Padre mio, mi sono affezionato alla terra quanto non avrei creduto. È bella e terribile la terra. Io ci sono nato quasi di nascosto, ci sono cresciuto e fatto adulto in un suo angolo quieto tra gente povera, amabile e esecrabile. Mi sono affezionato alle sue strade, mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti, le vigne, perfino i deserti. È solo una stazione per il figlio Tuo la terra, ma ora mi addolora lasciarla e perfino questi uomini e le loro occupazioni, le loro case e i loro ricoveri mi dà pena doverli abbandonare. Il cuore umano è pieno di contraddizioni ma neppure un istante mi sono allontanato da te. Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi o avessi dimenticato di essere stato. La vita sulla terra è dolorosa, ma è anche gioiosa: mi sovvengono i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali. Mancano oggi qui su questo poggio che chiamano Calvario. Congedarmi mi dà angoscia più del giusto. Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco? E terrestre l’ho fatto troppo mio o l’ho rifuggito? La nostalgia di Te è stata continua e forte, tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna. Padre, non giudicarlo questo mio parlarti umano quasi delirante, accoglilo come un desiderio d’amore, non guardare alla sua insensatezza. Sono venuto sulla terra per fare la Tua volontà eppure talvolta l’ho discussa. Sii indulgente con la mia debolezza, te ne prego”.
Resto convinto che i testi delle religioni siano in grado di essere occasione di riflessione per tutti, credenti e non credenti: non farei il lavoro che faccio se non ne fossi convinto. Certo saranno riflessioni dalle molteplici sfaccettature, frutto della diversità umana. Prendo questo dubbio di Gesù e lo porto nel tempo che stiamo vivendo: eccesso o difetto di umanità? “Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?”. Qual è, mi chiedo, lo sguardo che sto gettando sul mondo? Qual è l’atteggiamento che ho? Su quale fronte mi schiero? L’interrogativo del Gesù di Luzi è retorico, perché la risposta alle domande è contenuta nella prima parte: “È bella e terribile la terra. Io ci sono nato quasi di nascosto, ci sono cresciuto e fatto adulto in un suo angolo quieto tra gente povera, amabile e esecrabile. […] ora mi addolora lasciarla e perfino questi uomini e le loro occupazioni, le loro case e i loro ricoveri mi dà pena doverli abbandonare […] Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi o avessi dimenticato di essere stato”. Si tratta di un Gesù che ha fatto un’immersione completa nell’umanità, anche quella più lontana, anche quella più inaspettata, anche quella inascoltata o dimenticata, quella per la quale è così difficile provare empatia, creare uno spazio d’ascolto dentro di me. Eppure, nonostante tutto questo, conserva un dubbio, quello di essere stato autoreferenziale, quello di aver assecondato una propria volontà, una propria preferenza, un proprio desiderio: “Sono venuto sulla terra per fare la Tua volontà eppure talvolta l’ho discussa”. Come faccio a comprendere, a discernere tra il gesto egoista e il gesto puramente altruistico? Lo so che nel gesto di generosità è contenuta l’autogratificazione e so che è normale. Ma quale può essere la bussola per non perdermi e non confondere la “Tua volontà”. Troppe volte, in nome di una supposta volontà superiore, si sono compiuti danni inenarrabili! Provo ancora a cercare tra le parole di Luzi una risposta e mi colpiscono queste: “La vita sulla terra è dolorosa, ma è anche gioiosa: mi sovvengono i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali. Mancano oggi qui su questo poggio che chiamano Calvario”. Ieri sera a cena con noi c’era una coppia di cari amici: Mariasole passava da un braccio all’altro, li guardava negli occhi, sorrideva, sprizzava gioia da ogni particella del suo corpo. Diceva con tutta se stessa e con le parole: “che bello stare insieme”. Ecco l’umano a cui dovrei cercare di somigliare ogni giorno, ecco l’umano da cercare in questo Avvento affinché il divino possa continuare a trovare albergo nella grotta di ogni cuore…Un brano di Nick Cave rifatto dalla tredicenne Nell Smith insieme ai The Flaming Lips per meditarci su (tutto Where the Viaduct Looms è un cover album pazzesco secondo me!).
“Il mondo ci sa svelare i suoi segreti in forme del tutto inattese.
Per la maggior parte delle persone le giornate iniziano e finiscono senza che accada granché, ma tutti gli elementi devono essere collegati in qualche modo se alla fine ne scaturisce una figura armoniosa, come la tela di un ragno che luccica al sole del mattino.
Al suo interno vi sono insetti rinsecchiti e tante altre cose che a una prima occhiata possono risultare sgradevoli. Ma prese insieme, tutte quante, accolte in uno sguardo grande, immenso, diventano un unico corpo meraviglioso e irripetibile”
(Banana Yoshimoto, Andromeda heights, pp 16-17)
Ecco quel che devo cercare di fare: allargare lo sguardo.
“Ho portato il depliant dell’ultimo concerto della JuniOrchestra Santa Cecilia, di cui ho fatto parte fino a poco tempo fa; per me è stata come una famiglia composta da una novantina di persone. Sette anni fa ho fatto un’audizione quasi per scherzo, non mi aspettavo di essere presa; invece è iniziata quest’avventura dove ho incontrato le persone più importanti della mia vita. Ho vissuto anche esperienze negative ma mi hanno formata e resa quel che sono. Il direttore si comporta quasi come un padre. Siamo divisi per capacità ed età e c’è anche un sottogruppo di ensemble di arpe, un’altra mini-famiglia, ed è raro trovare persone amichevoli in un ambiente in cui vi può essere molta competizione. Questo è stato il mio ultimo concerto: ero un po’ triste anche se siamo sempre rimasti in contatto. Le vere amicizie rimangono nonostante la lontananza.” In questo modo B. (classe seconda) ha presentato la sua gemma. Una citazione di Pennac, a metà tra scuola e orchestra: “Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all’insieme. Siccome il piacere dell’armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica. Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo contino solo i primi violini”.
“Ho portato come gemma il discorso di Al Pacino nel film “Ogni maledetta domenica”. Mi trasmette una grande carica e mi dà la voglia di correre, di giocare, di lottare”. Questa la gemma di S. (classe seconda). Adoro Al Pacino, adoro i suoi film. Mi soffermo su una piccola parte del discorso fatto alla squadra: “i centimetri che ci servono sono dappertutto, sono intorno a noi, ce ne sono in ogni break della partita, ad ogni minuto, ad ogni secondo”. Mi ha sempre colpito questa frase: non aspettiamo la grande occasione, non aspettiamo la finale per dare il meglio di noi stessi… Ogni situazione è quella buona…