Uccidere un uomo è uccidere un uomo

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Sébastien Castellion, o Chatellion o anche Châteillon, più noto in italiano come Sebastiano Castellione (nato 1515 – morto 1563) è stato un teologo francese, tra i primi e più importanti sostenitori della tolleranza religiosa. Visse in un’Europa in cui le guerre di religione, le esecuzioni per eresia e le persecuzioni erano normalità (tra il 1500 e il 1700 si registrarono migliaia di condanne a morte per motivi religiosi, eresia, stregoneria, ecc.). Ne voglio scrivere perché ho letto un articolo molto completo e approfondito sul sito australiano Aeon, a firma Sam Dresser. Reputo che bene si abbini al precedente post che ho pubblicato: entrambi gli articoli sono stati citati dal giornalista Simone Pieranni nella puntata 102 del podcast Fuori da qui, dal titolo “La grazia e la spada”. Sintetizzo l’articolo apparso su Aeon.

Origini modeste, formazione umanista, Castellione nacque in una famiglia contadina, si istruì nelle lingue antiche (greco, latino, ebreo) e nell’umanesimo. Lavorò poi come professore di greco a Basilea.
Conobbe Calvino col quale ebbe rapporti cordiali per un certo periodo; Castellione fu anche parte dell’istituzione scolastica di Ginevra. Il punto di frattura fondamentale fu la condanna al rogo di Michael Servetus nel 1553 — medico e teologo che respingeva la dottrina della Trinità. Calvino difese la sentenza, sostenendo che la coazione (anche capitale) contro gli eretici fosse giustificata per proteggere la fede “pura”. Castellione contestava che essere definito “eretico” fosse qualcosa di oggettivo: “scopro che riteniamo eretici coloro con cui non siamo d’accordo.” Quindi l’“eresia” diventava un’etichetta imposta dal potente piuttosto che una categoria teologica incontestabile. Castellione sosteneva che non si poteva giustificare moralmente l’uccisione di un essere umano per difendere una dottrina. “Uccidere un uomo non è difendere una dottrina, è uccidere un uomo. Quando i ginevrini hanno ucciso Serveto non hanno difeso una dottrina, hanno ucciso un uomo. Non spetta al magistrato difendere una dottrina. Che ha in comune la spada con la dottrina? Se Serveto avesse voluto uccidere Calvino, il magistrato avrebbe fatto bene a difendere Calvino. Ma poiché Serveto aveva combattuto con scritti e con ragioni, con ragioni e con scritti bisognava refutarlo. Non si dimostra la propria fede bruciando un uomo, ma facendosi bruciare per essa” (Contra libellum Calvini).
In “De Haereticis” e “Contra libellum Calvini”, Castellione criticò apertamente la pratica della persecuzione religiosa, indipendentemente da quanto “eretiche” o pericolose si ritenessero certe idee. Castellione insisteva che le dispute teologiche (predestinazione, natura dell’Eucaristia, interpretazione della Bibbia) avessero causato divisioni enormi, ma che non fossero il cuore del cristianesimo. Per lui ciò che contava erano i precetti morali visibili: amare il prossimo, essere misericordiosi, pazienti, gentili. Castellione non riteneva che tutta la Bibbia fosse da prendere letteralmente come “ispirata” in ogni sua parola. Alcune parti erano scritte da autori umani, con errori, contraddizioni, limiti umani. Pertanto proponeva di cominciare dalle ragione e dall’analisi razionale delle questioni controverse, e solo in seguito appoggiare le proprie opinioni con le Scritture, non il contrario. Nel suo scritto “De arte dubitandi et confidendi, ignorandi et sciendi” affermava che era bene sentire il dubbio, riconoscere che c’erano verità che restavano oscure o contraddittorie nella Bibbia, e che l’interpretazione non poteva limitarsi alla lettera ma doveva cercare il senso più ampio, l’“intonazione” generale del testo sacro.
Durante la vita, Castellione fu respinto e perseguitato; molte sue opere circolavano solo in manoscritto. Dopo la sua morte, alcuni testi furono pubblicati solo molto più tardi (alcuni addirittura nel XIX o XX secolo). Pur non essendo stato riconosciuto universalmente nella sua epoca come un “gigante” della tolleranza, le sue idee hanno anticipato temi che diventeranno centrali nell’Illuminismo: libertà religiosa, ragione, critica al dogma, riconoscimento della pluralità religiosa.
Castellione credeva che, senza tolleranza religiosa, gli Stati europei — divisi da fazioni dogmatiche — fossero destinati a guerre e autodistruzione. Uccidere nel nome della verità religiosa era un tradimento del cristianesimo. E la fede andava vissuta, dimostrata nelle azioni di amore e misericordia, non imposta con la forza. Inoltre non tutte le verità teologiche erano da considerare accessibili o definitive; molte rimanevano e sarebbero rimaste incerte. Ma il disaccordo non era motivo per cancellare l’altro, perseguitarlo o eliminarlo.
Di certo il suo non è diventato un nome popolare come Locke, Voltaire o altri filosofi della tolleranza: molte sue opere non furono pubblicate immediatamente o furono messe da parte per motivi politici o religiosi. Tuttavia, alcuni intellettuali successivi (tra cui Montaigne, Locke, Voltaire) apprezzarono le sue idee o conservarono le sue opere. Le sue riflessioni si ritrovano nei principi che più tardi diventeranno fondanti nelle democrazie liberali.

Lutero pop

lutero

L’anniversario dei 500 anni della Riforma protestante affrontato con il sorriso e l’umorismo è quello raccontato in questo articolo di Roberto Davide Papini.
Un Martin Lutero “Playmobil” che batte tutti i record, confezioni di minestre con l’effige dei grandi riformatori, “95 crêpes” al posto delle “95 tesi”, fumetti, cartoon: per i 500 anni dall’inizio della Riforma da Lutero (il 31 ottobre 1517 con le “95 tesi” contro il commercio sulle indulgenze) le chiese cristiane protestanti affiancano alle riflessioni teologiche umorismo e autoironia. Una scelta che non deve sorprendere, ripensando ai tanti spunti umoristici che ci sono nella Bibbia e alle parole di Karl Barth, uno dei grandi teologi protestanti del Novecento: «Un cristiano fa della buona teologia quando, in fondo, è sempre lieto, sì, quando si accosta alle cose con umorismo».
Un monito preso sul serio in questo anniversario, con tante sfumature “pop” accanto alla riproposizione dell’attualità del messaggio della Riforma e dei suoi principi tra i quali la salvezza per fede attraverso la grazia (“Sola gratia” e “Sola Fide”), il ruolo esclusivo della Bibbia come fonte normativa (“Sola scriptura”), la centralità di Cristo e non della Chiesa (“Solus Christus”). Così, proprio alcuni di questi principi finiscono per campeggiare sulle confezioni della “Minestra della Riforma” insieme alle immagini dei riformatori (Lutero, Calvino, Zwingli) per iniziativa di due pastori protestanti svizzeri, Heinz Wulf e Karolina Wuber, perché «la Riforma si è diffusa nel 16esimo secolo insieme con l’odore della minestra». Le sfumature pop continuano con un bel fumetto sulla vita di Martin Lutero che esce in Francia per Glenat (disegnato dal senese Filippo Cenni), poi con l’umorismo della pagina Facebook ufficiale della Chiesa protestante unita di Francia, che il 2 febbraio ha trasformato il volto di Lutero in una crêpe (tradizionale ghiottoneria francese per la Candelora), quindi con un musical in tour in tutta la Germania e ancora con un divertente cartone animato che in due minuti spiega la Riforma protestante (sul sito http://riformaprotestante2017.org).
Un grande protagonista di questo appuntamento è il figurino di Martin Lutero della Playmobil che ha polverizzato tutti i record di vendita della famosa ditta di giocattoli: al suo lancio ben 34mila esemplari venduti in 72 ore, mentre alla fine del 2016 aveva abbondamente superato quota 500mila. Rispetto alle immagini austere e severe dell’iconografia relativa a Lutero (che non rendono giustizia alla personalità del riformatore), questo pupazzetto di plastica è sorridente e simpatico, con una penna in una mano e la Bibbia nell’altra: un bel modo per rappresentare l’anniversario dell’evento in modo gioioso. Così come gioioso sarà il grande “Happening protestante 2017” a Milano dal 1° al 4 giugno organizzato dalle chiese luterana, battista, metodista e valdese (con la presenza di altre denominazioni protestanti e spazi di dialogo ecumenico) tra animazioni, momenti musicali, cortei e, ovviamente, momenti di culto ed evangelizzazione. In effetti, il messaggio centrale della Riforma, quello della“salvezza per grazia” per ogni donna e ogni uomo, non può che essere gioioso e gioiosamente rappresentato anche per non dimenticare l’ulteriore monito di Barth: «Bisogna guardarsi dai teologi di cattivo umore! Guai ai teologi noiosi!». Così, tra pupazzetti, happening e cartoon questo anniversario della Riforma promette davvero di non essere noioso.”