“Ho scelto come gemma la mia felicità, precisamente qualcosa di irreale. L’ho scelta perché vedo la gemma come un qualcosa di prezioso, difficile e doloroso da ottenere. Non penso che in molti abbiano mai provato e vissuto una vera e propria felicità, tra questi ci sono anche io. Ho passato molto tempo a pensare alla felicità degli altri trascurando la mia persona, cambiando la mia personalità per la mia famiglia e gli amici (non ci sono riuscita); ed è stata la cosa più sbagliata e dolorosa che potessi fare. Anche se mi ha fatto soffrire, mi ha insegnato la preziosità delle piccole cose e che non otterrò mai felicità da cose materiali o dal fatto di quante persone hanno ammirazione verso di me, ma tutto parte da noi stessi, dobbiamo trovare il tempo per lavorare su noi stessi e trovare la nostra felicità anche se non è facile. E la mancanza di felicità ha influenzato molto il mio atteggiamento, infatti posso essere la persona più gentile e simpatica che tu possa conoscere se voglio ma il giorno in cui mi farai sentire meno di quello che sono veramente dimenticati di me perché non tornerò più. La vita è troppo corta per perdere tempo con persone che non ti meritano e vi assicuro che ho perso moltissimo tempo con persone che pensavo mi amassero e a loro ho dato fino all’ultima goccia della mia dignità, fino a ritrovarmi da sola, arrivata ad un punto in cui pensavo di essere una nullità.
Se mi aveste chiesto che sogni avevo fino a un mese fa vi avrei risposto che non ne avevo, che avevo rinunciato; beh, ho cambiato idea, me ne sbatto, scusi per il termine, di quello che pensano gli altri, non sanno quello che ho passato, quello che mi sono sentita dire e le personalità che ho dovuto recitare per sentirmi dire anche solo una parola positiva sul mio conto, quindi non rinuncerò a quello che potrebbe rendermi felice per gente che a malapena sa come mi chiamo. Ricordate, la vita è una e corta, non rinunciate alla vostra felicità per qualcuno che non riconosce il vostro valore.
C’è una canzone che fa “riferimento” a quello che penso: 100 messaggi di Lazza; potrebbe non essere una canzone bellissima ma ha un significato che per me ha grande rilevanza.”
(M. classe prima).
Amati de-costellanti

Sento l’esigenza di tornare sui temi toccati dalla gemma 1809 e provo a rivolgermi a chi per lavoro (insegnanti, educatori, psicologi, sociologi, antropologi, psichiatri, allenatori, animatori…) o per famiglia (genitori, zii, nonni, amici di famiglia) si trova ad aver a che fare con gli adolescenti, in particolare quelli di 4a e 5a superiore. Lo faccio perché le parole di V. sono state condivise e apprezzate da molte compagne e molti compagni che si sono rispecchiate/i profondamente in esse. Lo faccio anche perché è in aumento il numero di studenti che si piantano all’ultimo o penultimo anno, si bloccano, inchiodano l’auto su cui stanno viaggiando e né mettono in folle né schiacciano la frizione con la marcia inserita. E l’auto, con un sussulto, muore.
Il filosofo Guido Cusinato nel libro Periagoge scrive: “Il verbo latino «desiderare» deriva dal composto latino della particella de – che può indicare una mancanza oppure un’azione distruttiva -con il termine sidus, sideris (plurale sidera), che significa «stella». Ora è risaputo che fin dall’antichità, per decifrare il cielo stellato, le stelle (sidera) venivano raggruppate in costellazioni e queste servivano a orientarsi e es. nella navigazione nel mare. De-siderare esprime pertanto due significati a seconda di come viene interpretata la particella de: 1) Sentimento di una «mancanza di costellazioni», cioè di punti di orientamento. In questo caso il desiderio esprimerebbe la nostalgia verso i punti di riferimento che sono venuti a mancare. 2) «De-costellare» nel senso del tentativo di distruggere (de– come nel caso di «de-costruire») la costellazione che imprigiona, come un destino, la mia esistenza attuale. In questo secondo caso non ho nostalgia della costellazione che aveva orientato la mia esistenza e che ora non vedo più, perché magari coperta dalle nuvole, ma al contrario provo una profonda insoddisfazione nei confronti della costellazione che mi orienta e questa insoddisfazione mi spinge ad allontanarmi da essa per cercare una nuova costellazione che ancora non vedo. Nel desiderare provo un’insoddisfazione nei confronti del mio attuale destino (la costellazione che ha guidato la mia esistenza) e lo de-costruisco per pormi alla ricerca di una nuova costellazione, di un nuovo inizio della mia esistenza. Nel superare la costellazione che ha orientato la mia esistenza, in realtà permetto alla mia esistenza di deragliare dai binari del fatalismo” (G. Cusinato, Periagoge. Teoria della singolarità e filosofia come esercizio di trasformazione, Verona, QuiEdit, 2017, p. 144).
Ecco, a me capita di vedere tante studentesse e tanti studenti che stanno de-costellando (penso che lo facciamo tutti nella vita e non una volta sola). Ripenso a quando ho lasciato la facoltà di scienze geologiche per cambiare completamente percorso e riconsiderare tanti valori e tante priorità della mia vita. Solo che, tornando alla metafora dell’auto inchiodata, alcuni studenti poi trovano il modo di rimettere in moto e cercare la nuova costellazione, come ha fatto e sta facendo V. della gemma 1809, altri restano fermi in auto in attesa che la nuova costellazione passi e rischiano che il tutto si trasformi nella prima accezione del termine desiderio, la nostalgia per qualcosa che manca. Cosa possiamo fare noi? Come possiamo far sì che decidano di girare quella chiave? Quali strategie mettere in campo per far sì che riprendano il movimento alla ricerca di una nuova costellazione?
Gemme n° 206
“E’ la prima canzone in inglese che io abbia ascoltato, pertanto mi ricorda l’infanzia. Racchiude molti significati: personalmente l’ho sempre vista come un’immagine in cui le donne vengono un po’ snobbate dagli uomini e non considerate come dovrebbero. Ricorda anche la guerra: spesso non si guarda al passato riflettendoci. E poi il protagonista del video sembra la persona che si lascia trascinare dalle cose frivole e superficiali”. Questa è stata la gemma di A. (classe quarta).
All’inizio della canzone, alla fine della strofa, si sente: “between this world and eternity there is a face you hope to see”. Mi viene da pensare che possa essere lo spazio del futuro umano, quello di questa vita come luogo della possibilità, del sogno ad occhio aperto, della realizzabilità delle cose…
