Gemma n° 2782

Immagine creata con Gemini®

“Non so davvero da dove iniziare, perché descrivere la propria mamma a parole è difficile, e fare questa gemma è stato difficile anche per me. Sei una donna incredibile, forte, bella dentro e fuori.Sei amore, quello che non chiede nulla in cambio.
Lavori sempre, ti dai da fare ogni giorno senza mai lamentarti, anche quando sei stanca, anche quando vorresti solo un attimo per te. E oltre a essere una mamma fantastica, sei anche un po’ papà. Hai fatto il doppio, senza mai farmi sentire la mancanza di niente.
Hai riempito ogni vuoto con il tuo amore, con la tua presenza, con il tuo modo speciale di esserci sempre.
Sei il mio esempio, il mio rifugio, la mia casa. Ti voglio bene più di quanto io riesca a dirti a voce. E sono fiera, ogni giorno, di essere tua figlia. Hai sempre messo me al primo posto, anche nei momenti più difficili. Mi ricordo quando stavi male… e forse anche peggio di me. Ma nonostante tutto, invece di pensare a te, pensavi a me. Hai fatto di tutto per farmi stare bene, per distrarmi, per regalarmi bei momenti insieme a casa, fuori, ovunque come se il tuo dolore non esistesse” (I. classe prima).

Gemma n° 2741

“Quest’anno ho scelto come gemma una foto della mia squadra di pallavolo. I motivi sono tanti. In primis la pallavolo è uno sport che fa parte della mia vita da anni e che mi lega molto a mio padre: infatti anche lui è appassionato di questo sport e lo pratica ancora. Quando ero bambina, lui passava il tempo a lanciarmi la palla e insegnarmi a prenderla al volo, ed era uno dei miei giochi preferiti. Quest’anno in particolare la pallavolo mi ha dato tanto perché non faccio parte di un semplice gruppo ma di una vera squadra, in cui ho trovato amicizia, supporto, divertimento e motivazione per dare il massimo. Così gli allenamenti sono diventati un momento in cui liberare la mente dai problemi e concentrarmi sul giocare al meglio” (G. classe quinta).

Gemma n° 2506

“Dovrei partire dicendo che scegliere l’argomento di questa gemma sia stato difficile ma non è così. Mi è stato detto scegli una cosa che ti rappresenta, che ti fa stare bene e la prima cosa a cui ho pensato è stata la danza: la  mia più grande passione, ma a volte anche la mia più grande delusione, il posto in cui tutti i miei pensieri scompaiono e fanno posto alla leggerezza, il posto in cui mi sento me stessa al cento per cento e dove posso esprimermi senza parole, dove tutto mi sembra perfetto.
Con lei ho un rapporto di amore e odio: la felicità ad aver fatto un passo in maniera corretta, ma anche la delusione di non riuscire a fare quel passo provato una marea di volte, l’euforia prima di salire sul palco, ma il non sentire di aver dato il massimo appena finito di ballare e infine la sensazione di vuoto dopo una gara andata male. Tutte queste sensazioni, tutte queste emozioni ormai fanno parte di me e anche se sono emozioni negative mi fanno capire che sto facendo la cosa giusta, la cosa che mi fa stare bene. Oltre alle tante emozioni e alle tante esperienze che mi ha regalato, la danza mi ha dato delle amiche vere con cui entrare in sala ogni lezione: ciò mi sprona ancora di più e senza di loro ogni emozione provata non sarebbe stata la stessa. Ci supportiamo e sopportiamo a vicenda nei momenti di tensione e di felicità e ci siamo sempre l’una per l’altra” (B. classe prima).

Gemma n° 2404

“Quest’anno come gemma ho voluto portare un balletto che ho fatto a giugno dell’anno scorso a fine anno accademico della mia scuola di danza. L’anno scorso da febbraio fino ad aprile/ maggio è stato un periodo davvero difficile per me perché a febbraio mi sono rotta i legamenti del ginocchio e mi avevano detto che al 90% non sarei riuscita a ballare a giugno. Ovviamente per fare in modo che il balletto venga bene c’è un enorme preparazione dietro quindi ero partita davvero demoralizzata. A febbraio ho iniziato a fare riabilitazione in modo da riuscire a farcela anche se sembrava davvero difficile. Alla fine sono riuscita a ballare piena di antidolorifici, ci tenevo davvero moltissimo a ballare questa coreografia perché la canzone è la mia preferita e ha un significato davvero profondo. Inoltre sarebbe stato l’ultimo balletto come gruppo in quanto una mia compagna di corso si è trasferita in Messico e un’altra mia compagna è in Repubblica Ceca in questo momento” (A. classe quarta).

Gemma n° 2355

“Il nostro cervello produce una sostanza chiamata endorfina che aiuta ad alleviare il dolore e lo stress provocando una sensazione di benessere e buonumore. Questa sostanza nel mio cervello viene prodotta dalla pallavolo.
La pallavolo è la mia unica certezza nonostante in questo sport io abbia più delusioni che traguardi, ma è la mia certezza dopo una giornata difficile: mi aiuta a dimenticare tutto ciò che è successo prima, se ho dei dolori prima di pallavolo, ho la certezza che per due ore non li sentirò.
Non so esattamente cosa mi piaccia della pallavolo ma so benissimo cosa odio. Odio sudare, il martedì in cui c’è la parte fisica, i pesi, la palla medica, sentirmi indietro rispetto alle mie compagne, non sentirmi abbastanza ma soprattutto odio sbagliare. Ma sbagliare nel mio sport è fondamentale. Sbagliare mi serve a crescere infatti solo sbagliando per 6 mesi adesso riesco a fare una battuta in salto. 6 mesi di stress e allenamento.
Ricordo ancora quando mio padre, il mio precedente allenatore, mi teneva 10 minuti in più in palestra in un angolo e mi faceva provare le battute.
Ma ricordo ancora tutte le cose belle che ho provato l’anno scorso, ovvero il mio primo anno in cui praticavo pallavolo, per esempio quando sono entrata in campo spaventata a battere, eppure, grazie alle mie compagne, sono riuscita a far recuperare 7 punti, oppure, un esempio più recente, nel mio primo torneo con una nuova squadra ho fatto il punto finale e tutte le mie compagne, sapendo quanta ansia avevo prima di entrare in campo, sono venute ad abbracciarmi.
Detto questo, non so cosa significhi quel pallone rosso, verde e bianco per me, ma so che giocare a pallavolo mi piace e non voglio smettere” (S. classe seconda).

Gemma n° 2176

“Come gemma ho scelto di portare la danza, non tanto lo sport in sé stesso, ma il perché mi rappresenta. La pratico fin da quando ero piccola, come testimoniano il body e il gonnellino rosa nella foto, e mi ha sempre appassionato molto. La danza è una disciplina in cui non c’è solo il divertimento, ci sono delle regole da seguire e ci vogliono, oltre che passione, impegno, sacrificio, serietà e soprattutto costanza. Queste caratteristiche rispecchiano una parte del mio carattere perché sono una persona seria, costante e nelle cose ci metto impegno. Da un anno finalmente siamo riuscite a mettere le punte e da quel momento il mio desiderio si è avverato perché quando alle prove o alle esibizioni guardavo le ragazze dei gruppi più grandi speravo, un giorno, di diventare come loro e avere la stessa opportunità. Sicuramente non è una passeggiata e ci vuole molto sacrificio, ma questo non mi ha scoraggiato e al primo balletto mi sono sentita orgogliosa di me stessa. Ballare, per me, non è solo fare dei passi con i piedi e dei movimenti con le braccia, ma è un modo per esprimermi, è un momento di svago, in cui libero la mente, anche solo nell’ora e mezza di lezione. Per me è anche importante condividere una cosa che mi piace con le persone che mi circondano, per questo ho instaurato un bellissimo rapporto con le mie compagne, fatto sì di risate, ma anche di impegno, a lezione e altrettanto nelle uscite. Non sono orientata a diventare una ballerina in futuro, ma i numerosi incontri con ballerini famosi e la danza in tutte le sue forme, classica, moderna e perché no hip hop, rimarranno sempre parte di me e costituiranno un tassello che ha contribuito a farmi diventare ciò che sono adesso” (A. classe prima).

Gemma n° 2115

“A prima vista si riconosce una semplice medaglia, ma per me significa tutto.
Rappresenta la vittoria delle provinciali di pallavolo, il primo posto nell’u14 di Udine. Ma non solo.
Questa medaglia rappresenta il mio primo anno in una nuova società, rappresenta tutte le amicizie che si sono formate durante gli allenamenti e le partite, la formazione di una nuova, grande e felice famiglia. Ci tengo tanto a questa medaglia perché per raggiungere quel primo posto, che inizialmente pareva lontanissimo, io, come tutte le mie compagne di squadra, abbiamo versato tante lacrime, sia di tristezza sia di gioia. Le lacrime di tristezza rappresentano tutti gli allenamenti andati male, tutte le partite perse, ma soprattutto stanchezza. Le lacrime di gioia invece rappresentano quell’urlo finale, quando la palla è caduta nel campo avversario dopo il nostro incredibile muro, sul 25-24 per noi, portandoci avanti e vincendo la partita 3-0.
Riesco a ricordare tutte le emozioni che ho provato quel 15 maggio del 2022.
E adesso ogni volta che entro in palestra cerco di dare il massimo, per far provare anche alle ragazze nuove quella sensazione di brivido, di adrenalina, di felicità che ho provato io quel giorno” (R. classe prima).

Gemma n° 2109

“Quest’anno ho deciso di portare come gemma questa foto in quanto lo sport che pratico, il pattinaggio, a partire da quest’anno ha assunto un significato diverso e ancora più importante perché dopo più di 10 anni che lo pratico, in pista non sono più dall’altro lato come allieva ma come co-insegnante.
Durante le lezioni, c’è una bambina che si chiama S., è una bambina molto volenterosa e molto tenace, è sempre pronta ad imparare senza avere paura di sbagliare e di non riuscire a fare gli esercizi proposti durante lo svolgimento del corso. 
Mi ricorda me quando ero più piccola, che ero sempre pronta a voler fare gli esercizi che gli insegnanti proponevano durante l’ora ed è soddisfacente sapere che ad oggi ci siano ancora bambini e bambine che abbiano così tanta voglia di imparare e di mettersi in gioco.
Oltre a riconoscere la responsabilità che ho nei confronti degli allievi più piccoli mi rende orgogliosa e felice poter insegnare tutto ciò che ho appreso negli anni (con grande sforzo e duro lavoro) trasmettendo le stesse emozioni che provo ogni volta che mi metto i pattini e metto piede in pista dedicandomi completamente a quello che faccio, sentendomi libera e spensierata come se in quegli istanti fossi in un mondo parallelo e un’altra me stessa” (V. classe quarta).

Gemma n° 2091

“Questa è la prima cosa che mi sono comprato con il primo stipendio del lavoro di questa estate. Il pallone rappresenta quindi il primo lavoro, la prima esperienza di vita da solo. Ma ovviamente rappresenta anche la pallacanestro: ho sempre amato gli sport ma 6 anni fa ho scoperto quale fosse veramente il mio sport. Sono subito entrato in confidenza con il basket, ho sempre voluto essere il primo a entrare sul campo, a entrare in partita, volevo sempre giocare. Io sono sempre stato abbastanza pigro, però il basket mi ha insegnato ad apprezzare lo sforzo e la fatica. Lo vedo come un grandissimo aiuto per la vita: l’importanza di fare qualcosa della nostra vita. La voglia che ho avuto, dopo essere tornato dall’estate lignanese, di tornare ad essere sul campo è qualcosa che non avevo mai sperimentato. Ringrazio di aver scoperto questo sport che mi ha dato e mi dà tantissimo” (R. classe terza).

Gemma n° 2061

“In questa foto sono insieme a tre compagni di squadra: siamo due allievi e un giovanissimo. Mi voglio soffermare sul ragazzo al centro, appena rientrato dopo due anni passati senza giocare a calcio per motivi che non voglio specificare. Lo conosco da un anno e abbiamo subito legato. Io pensavo, vista la lunga pausa, che non giocasse molto bene, invece ha lottato su ogni pallone. Per me lui è un esempio di come lottare su ogni cosa per tornare a fare ciò che più piace, in questo caso giocare a calcio” (M. classe seconda)

Gemma n° 2039

“Come gemma ho scelto la mia divisa. Più precisamente, la mia prima divisa.
L’ho portata perché rappresenta una grande parte di me, rappresenta chi sono e cosa faccio. Risale a 6 anni fa, quando ho iniziato il mio primo vero e proprio campionato. Da lì, era iniziata la mia carriera.
Con questa divisa ho vissuto molti momenti importanti, dal finire primi in classifica nel minibasket 5 anni fa, a perdere di un solo punto le finali regionali l’anno scorso. Solo guardandola, penso a quanto siano fantastici i miei compagni di squadra e il mio coach. Con loro ho imparato molto, veramente molto, e abbiamo un legame di squadra unico. Non ringrazierò mai abbastanza il me stesso del passato per aver scelto la mia squadra e non un’altra, per aver scelto la squadra che quest’anno ci porta al livello di competitività più alto che ci sia.
Conserverò per sempre questa divisa perché conserva dei ricordi indimenticabili” (F. classe prima)

Gemma n° 1959

“Questa è una foto di circa 10 anni fa scattata in Croazia, l’ultima vacanza fatta insieme ai miei perché poi o per lavoro o per qualche problema di salute non ce ne sono più state. Ancora adesso ricordo di quella vacanza tutti i giorni, tutti i posti visitati e le persone incontrate. Ora vado in vacanza o da solo o con gli amici e sto male per i miei genitori che lavorano tutto l’anno e quelle poche volte che sono a casa non ci vanno. Quest’anno è il loro trentesimo anniversario di matrimonio e mi piacerebbe regalare loro un viaggio.”

Nel film La sedicesima luna il protagonista Ethan Wate afferma: “Sacrificio per molti vuol dire perdita, in un mondo che dice che possiamo avere tutto… ma io credo che il vero sacrificio sia una vittoria, perché richiede una nostra libera scelta per rinunciare a qualcosa o a qualcuno che si ama, per qualcosa o qualcuno che si ama più di se stessi. Non voglio mentirvi, è un rischio. Il sacrificio non allevierà il dolore della perdita ma vincerà la battaglia contro il rancore, il rancore che oscura la luce su tutto ciò che ha davvero valore nella nostra vita.” Sono parole che dedico ai genitori di G. (classe quarta) e anche a G. per il desiderio che ha espresso alla fine.

Gemma n° 1842

“Questi sono i miei gattini. Io sono allergica ai gatti, anche mio padre e mia sorella, mia madre ne è terrorizzata. La quarantena per me personalmente e per la mia famiglia è stato un periodo difficile e ci ha segnati moltissimo tutti. Anche ciò che l’ha seguita, il mio rapporto con la scuola… insomma, un anno disastroso. Un giorno sono tornata a casa e ho trovato un bel gattino che mia mamma mi aveva preso perché mi vedeva sempre più in difficoltà. Ogni volta che torno a casa sono sempre da sola perché i miei lavorano fino a tardi e mia sorella finisce scuola tardi; ora invece non essere da sola e trovarli entrambi mi rende un sacco felice perché mia mamma li ha presi nonostante la sua paura e penso sia una delle cose più belle che abbia fatto per me”.

Questa la gemma di C. (classe quarta). Essere attesi, essere aspettati, essere pensati, essere amati, essere presenti nella mente di qualcuno, sapere che qualcuno è preoccupato o è felice per noi, sapere che qualcuno ha detto una preghiera per noi, essere portati nel cuore da qualcuno. E’ sapere di non essere mai soli.

Gemma n° 1772

“Oggi ho deciso di parlarvi di questa cuffia che ho comprato ai campionati italiani estivi di nuoto pchi mesi fa. Quest’anno purtroppo, a causa del Covid e le numerose restrizioni, è stato abbastanza difficile allenarmi costantemente nella mia disciplina. Ho cominciato a nuotare quando avevo 4 anni e da lì è nata la mia grande passione. Sono già 4 anni che partecipo ai campionati italiani di categoria ma il 2021 è stato un anno particolarmente difficile. Le piscine, per esempio, hanno chiuso per un periodo di tempo e quando hanno riaperto c’era un numero limitato di persone che poteva stare in piscina per questione di spazi e le palestre sono sempre rimaste chiuse, impedendo così il nostro potenziamento fuori dall’acqua. Nonostante tutta la fatica fatta, sono comunque riuscita ad ottenere qualche risultato soddisfacente riuscendo a qualificarmi per Roma 2021. Purtroppo il campionato non è andato come speravo, ma questa cuffia mi fa ricordare la bellissima esperienza che ho vissuto con i miei compagni, il fatto che non ho mollato fino all’ultimo e tutto il duro lavoro che ho svolto durante l’anno per raggiungere il mio obiettivo”. 

Questa è stata la gemma di E. (classe terza). Mi ci è voluto un po’, ma poi sono riuscito a recuperare una frase che attribuivo ad un nuotatore ma non riuscivo a ricordare quale. Si tratta di una frase di Massimiliano Rosolino: “Il nuotatore ha come punto di riferimento i tempi. Il nuoto è uno sport completo che può dare un patrimonio eccezionale ma deve sempre essere vissuto in maniera serena. Il tempo da battere per migliorarsi non deve creare nel bambino ansia da prestazione ma deve essere uno stimolo per impegnarsi ad esprimere il meglio.”

Dare un nome e un cognome

“Che emozione! Che emozione, la mia Trieste… vedervi qui riuniti, è veramente un’emozione grandissima… parlare di mafie in maniera obiettiva, consapevole, e di essere anche io qui, personalmente. Il dolore c’è, ci accompagna quotidianamente, un dolore che non sparisce… impari solamente a conviverci, un dolore che non svanirà finché non ci verrà restituita la verità.” Così ha esordito Silvia Stener, nipote di Eddie Cosina, vittima della strage di via d’Amelio in quanto membro della scorta di Paolo Borsellino. Era presente insieme alle due sorelle di Eddie, Oriana ed Edna, alla plenaria di apertura di Contromafie.

“Io devo dire grazie in particolare al mio papà spirituale, don Luigi (Ciotti, ndr). L’ho incontrato la prima volta nel 2005 o 2006 alla Giornata della Memoria delle vittime di mafia, la prima a cui ho partecipato con la mamma e la zia, e devo dire che è stato veramente liberatorio. Per la prima volta ho pianto, ho pianto davanti a tutti senza vergognarmi e devo dire che mi sono sentita a casa, anche se a chilometri e chilometri dalla vera casa… tutti gli abbracci e l’affetto che ho ricevuti. Soprattutto sono entrata a far parte della famiglia di Libera che accoglie tutti noi, famigliari delle vittime innocenti delle mafie e del dovere; in questi anni ci hanno accompagnati con umiltà, discrezione e tanto affetto, nonché con tantissima pazienza. Ringrazio tutti i ragazzi di Libera, in particolare quelli del Presidio Eddie Cosina di Trieste.

Manca un ragazzo qui, tra noi. Manca Eddie. Aveva trent’anni, ha fatto semplicemente il suo dovere. Ha detto di no due volte alla vita, prendendo il posto del suo collega, sia partendo da Trieste, sia quel giorno del 19 luglio a Palermo, quando era arrivato il suo sostituto e gli disse che avrebbe fatto lui il suo turno così che potesse riposarsi. Io vi voglio lasciare con il messaggio di portare avanti quei valori per cui i nostri ragazzi hanno perso la vita per noi, quei valori che molto spesso la società di oggi ci porta a mettere in secondo piano e a sottovalutare, ma devono essere la base del vivere civile. Quindi, innanzitutto, il senso del dovere, avere il coraggio di fare il proprio dovere e mettere al primo posto il prossimo, piuttosto che noi stessi.

Sono felice anche di essere in un luogo speciale come questo, l’Università: ho detto in più occasioni che quello che desidero, che auspico per la nostra Italia e non solo, visto che il fenomeno mafioso non è una questione meramente italiana, è una sana e buona rivoluzione culturale, che parta dal basso, dai nostri ragazzi, quindi avendo anche il coraggio di parlare nelle scuole di mafie, di legalità. Si parla certe volte anche a sproposito di questi argomenti, bisogna trovare il senso giusto delle parole. E bisogna avere anche il coraggio di dare un nome e un cognome a persone che ci fanno evocare pezzi di storia che invece noi tendiamo a dimenticare.
Quindi, con orgoglio, sono Silvia Stener, nipote di Eddie Walter Max Cosina, agente di scorta del giudice Paolo Borsellino”.

Non ho trattenuto le lacrime.

Gemme n° 489

https://www.youtube.com/watch?v=sixYgtffW1U

Ho scelto di portare questo video perché illustra al meglio la mia passione per il motocross. I miei genitori non condividono molto questa mio amore e allora vado a vedere i miei amici. Nel filmato ci sono immagini molto motivanti che fanno anche capire tutto los forzo e la fatica; mi piacciono molto anche la canzone e le parole. E’ uno sport a tutti gli effetti e chi lo pratica prova libertà e felicità.” Così M. (classe quinta) ha presentato la sua gemma.
Il dottor Costa è un medico molto noto agli amanti del motociclismo. Sua è questa frase che bene si addice alla passione trasmessa da M. durante la sua presentazione: “L’amore per la moto riesce, quasi per magia, a liberare l’energia imprigionata nel cuore degli uomini, e a illuminare i sotterranei dell’anima”.

Gemme n° 475

https://www.youtube.com/watch?v=51VxDyhm0zw

In questo video compaiono dei ballerini che descrivono cosa sia la danza per loro; sono cose che penso anche io, come il fatto che ci siano sacrifici da fare se si vuol diventare bravi. Inoltre, un paio di loro dicono che la danza li ha salvati: lo stesso è stato per me nell’ultimo periodo in cui la danza mi ha aiutato ad essere più serena”. Questa è stata la gemma di G. (classe quinta).
Sono molte le gemme legate alla danza e alla musica. Penso sia dovuto a molteplici motivi e uno di essi a mio avviso è il legame che essi anno con qualcosa di ancestrale nell’uomo. Claude Debussy diceva: “Sono esistiti, ed esistono tuttora, malgrado i disordini che la civiltà reca, piccoli deliziosi popoli che appresero la musica con la semplicità con cui si apprende a respirare. Il loro conservatorio è: il ritmo eterno del mare, il vento tra le foglie, e mille piccoli rumori percepiti con attenzione, senza mai ricorrere a trattati arbitrari. Le loro tradizioni vivono negli antichissimi canti associati alla danza, in cui ciascuno, durante i secoli, ha rievocato il suo rispettoso contributo.”

Gemme n° 461

https://www.youtube.com/watch?v=jkyE120o1sQ

Ho deciso di portare il mio pattinatore preferito. Il pattinaggio è parte importante della mia vita, è uno sport al quale sono molto affezionata e che seguo molto (sia quello a rotelle che quello sul ghiaccio). Questo è il primo programma di Yuzuru Hanyu dopo un mese difficile dal punto di vista del fisico e della salute e per lui rappresenta un grande riscatto. Mi piace perché è un perfezionista, cerca di essere sempre al meglio e rendere al 100%. Penso che questo dovrebbe essere il pattinaggio: non solo tecnica ma anche eleganza e interpretazione.” Questa è stata la gemma di E. (classe quinta).
Riporto una dichiarazione di Carolina Kostner, che fa eco alla passione trasmessa da E.: “Mi piace l’allenamento, in realtà le gare non mi piacciono tanto… in allenamento mi vesto, mi pettino come voglio, mentre in gara e anche durante gli allenamenti ci sono tutte le persone che ti guardano… però è così, fa parte del gioco… e alla fine è per la gara che si lavora, quindi…”

Gemme n° 447

IMG-20160414-WA0000Mentre mia moglie mi serviva la cena le presi la mano e le dissi: “Devo parlarti”. Lei annuì e mangiò con calma. La osservai e vidi il dolore nei suoi occhi, quel dolore che all’improvviso mi bloccava la bocca. Mi feci coraggio e le dissi: “Voglio il divorzio”.
Lei non sembrò disgustata dalla mia domanda e mi chiese piano: “Perché?”
Quella sera non parlammo più e lei pianse tutta la notte. Io sapevo che lei voleva capire cosa stesse accadendo al nostro matrimonio, ma io non potevo risponderle, aveva perso il mio cuore a causa di un’altra donna: Valentina.
Io ormai non amavo più mia moglie, mi faceva solo tanta pena, mi sentivo in colpa, e per questa ragione sottoscrissi nell’atto di separazione che a lei restasse la casa, l’auto e il 30% del nostro negozio. Lei quando vide l’atto lo strappò in mille pezzi.
Avevamo passato dieci anni della nostra vita insieme e ora eravamo due perfetti estranei.
A me dispiaceva tanto per tutto questo tempo che aveva sprecato insieme a me, per tutte le sue energie, però non potevo farci nulla: io amavo Valentina.
All’improvviso mia moglie cominciò a urlare e a piangere ininterrottamente per sfogare la sua rabbia e la sua delusione, l’idea del divorzio cominciava ad essere realtà.
Il giorno dopo tornai a casa e la incontrai seduta alla scrivania in camera da letto che scriveva, non cenai e mi misi a letto, ero molto stanco dopo una giornata passata con Valentina. Durante la notte mi svegliai e vidi mia moglie sempre lì seduta a scrivere, mi girai e continuai a dormire.
La mattina dopo mia moglie mi presentò le condizioni affinché accettasse la separazione: non voleva la casa, non voleva l’auto tanto meno il negozio, soltanto un mese di preavviso, quel mese che stava per cominciare l’indomani. Inoltre voleva che in quel mese vivessimo come se nulla di tutto questo fosse accaduto.
Il suo ragionamento era semplice : “Nostro figlio in questo mese ha gli esami a scuola e non è giusto distrarlo con i nostri problemi”.
Io fui d’accordo però lei mi fece un’ulteriore richiesta. “Devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi accompagnasti nella nostra camera da letto per la prima volta: in questo mese ogni mattina dovrai prendermi in braccio e portarmi in braccio fino a lasciarmi fuori dalla porta di casa”.
Pensai che avesse perso il cervello, ma acconsentii per non rovinare le vacanze estive a mio figlio e per superare quel momento di tensione in pace.
Raccontai la cosa a Valentina che scoppiò in una fragorosa risata dicendo: “Non importa che trucchi si sta inventando tua moglie: dille che oramai tu sei mio! Se ne faccia una ragione!”.
Era tanto tempo che io e mia moglie non avevamo più intimità, così quando la presi in braccio il primo giorno, eravamo ambedue imbarazzati. Nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo: “Grande papà! Papà ha preso la mamma in braccio!”.
Le sue parole furono come un coltello nel mio cuore. Camminai una decina di metri con mia moglie in braccio. Lei chiuse gli occhi e mi disse a bassa voce: “Non dirgli nulla del divorzio e del nostro accordo, per favore”.
Acconsentii con un cenno, sempre imbarazzato e anche un po’ irritato, e la lasciai sull’uscio. Come ogni mattina lei uscì e andò a prendere l’autobus per recarsi al lavoro.
Il secondo giorno eravamo tutti e due più rilassati, lei si appoggiò al mio petto e potetti sentire il suo profumo sul mio maglione. Mi resi conto che era da tanto tempo che non la guardavo. Mi resi conto che non era più così giovane: qualche ruga, qualche capello bianco. Si notava che portava i segni di un dolore interno. Mi chiesi cosa avessi fatto, come si fosse ridotta così.
Il quarto giorno, prendendola in braccio come ogni mattina, avvertii che l’intimità stava ritornando tra noi: questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio. Nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre più. Non dissi nulla a Valentina.
Ogni giorno che passava era più facile prendere mia moglie in braccio, e il mese passava velocemente. Ogni giorno che passava la sentivo più leggera.
Una mattina lei stava scegliendo dall’armadio i vestiti: si era provata di tutto, ma nessun indumento le andava bene e lamentandosi disse: “I miei vestiti mi vanno grandi”. In quell’occasione mi resi conto quanto fosse dimagrita in quei giorni. Di colpo realizzai che era entrata in depressione: a causarla erano stati il troppo dolore e la troppa sofferenza, pensai.
Senza accorgermene le toccai i capelli, nostro figlio entrò all’improvviso nella nostra stanza e disse: “Papà, è arrivato il momento di portare la mamma in braccio!”. Per lui quel rito era diventato un momento basilare della sua giornata e della sua vita. Mia moglie abbracciò forte mio figlio ed io girai la testa, ma dentro sentivo un brivido che cambiò il mio modo di vedere il divorzio.
Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo. La abbracciai senza muovermi e sentii quanto fosse leggera e delicata. Mi venne da piangere!
Arrivò l’ultimo giorno e aprendomi a lei le dissi: “Non mi ero reso conto di aver perduto l’intimità con te…”.
Mio figlio doveva andare a scuola e io lo accompagnai con la macchina. Mia moglie restò a casa.
Mi diressi verso il posto di lavoro, ma a un certo punto passando davanti alla casa di Valentina mi fermai, scesi e corsi sulle scale. Lei mi aprì la porta
e io le dissi: “Perdonami, ma non voglio più divorziare da mia moglie”.
Lei mi guardò e disse: “Ma sei impazzito?!”.
Io le risposi: “Amo mia moglie. Un periodo di stress, di noia e di routine ci aveva allontanato, ma ora ho capito i veri valori della vita! Dal giorno in cui l’ho portata in braccio mi sono reso conto, osservandola e guardandola, che voglio farlo per il resto della mia vita!”
Valentina pianse, mi tirò uno schiaffo ed entrò in casa sbattendomi la porta in faccia.
Io scesi le scale velocemente, tornai in macchina e mi fermai in un negozio di fiori. Comprai un mazzo di rose per mia moglie. La ragazza del negozio mi chiese: “Cosa scriviamo sul biglietto?”
Le dissi: “Ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finché morte non ci separi”.
Arrivai di corsa a casa, salii i gradini a due a due ed entrai di corsa, precipitandomi in camera felicissimo e col sorriso sulle labbra.
Trovai mia moglie a terra. Era morta.
Negli ultimi mesi stava lottando contro il cancro e io invece ero occupato a sciupare il mio tempo con Valentina, senza nemmeno accorgermene.
Lei non me lo aveva detto: sapeva che stava per morire e per questo motivo volle un mese di tempo. Sì, un mese… affinché a nostro figlio non rimanesse un cattivo ricordo del nostro matrimonio. Affinché nostro figlio non subisse traumi. Affinché a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.
Lei aveva chiaro quali fossero i dettagli, i semplici dettagli, che contano in una relazione. Non sono la casa, la macchina, i soldi… Queste sono cose effimere che sembrano saldare un’unione e invece possono dividerla. Cerchiamo sempre di mantenere accesa la fiamma, alimentare il matrimonio con giorni felici, ricordando sempre il primo giorno della nostra più bella storia d’amore.
A volte non diamo il giusto valore a ciò che abbiamo fino a quando non lo perdiamo. A volte capiamo il valore delle cose solo quando le abbiamo perdute.
Ho scelto questo brano per la storia, per il coraggio della donna e per la fermezza dell’ultimo mese di vita; penso sia un modello da imitare. Poi, riprende la storia di una mia familiare che fino in fondo ha vissuto col sorriso, nonostante avesse un grosso problema”. Così (qui la fonte) C. (classe terza) ha presentato la propria gemma.
Sono molti gli aspetti messi in luce da questo testo. Mi soffermo sull’importanza della quotidianità. Qui si parla di chi riscopre gesti, sensazioni ed emozioni che col tempo aveva dimenticato; porvi attenzione mentre li si sta vivendo non è facile ed è così che si inizia a darli per scontati. Esercitarsi alla lettura della bellezza nel quotidiano non è facile ma, penso, fortemente arricchente.

Gemme n° 434

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Ecco le mie prime punte di danza. Rappresentano una grande passione, iniziata quando avevo 6 anni: sono state un piccolo traguardo. Le ho potute mettere dopo anni di prove e fatica. Già da subito volevo dare il massimo per arrivare a indossarle: sono il frutto di fatica e determinazione. Ora cerco sempre di dare il massimo e di immedesimarmi nei vari ruoli che interpreto.” Queste le parole di N. (classe seconda).
Uno degli ultimi allenatori della nazionale di calcio non ha terminato bene la propria esperienza in azzurro, eppure era stato uno dei più apprezzati per la sua umanità. Mi sto riferendo Cesare Prandelli, che ha affermato: “La pratica sportiva è un microcosmo della vita fatto di sacrifici, applicazione nel lavoro, rispetto delle regole, successi e delusioni. Ma è soprattutto un modo sano di intendere la vita, a prescindere dai risultati che ciascuno può ottenere.”