Turchia


Turchia – Istanbul – 23.7.2007
Erdogan, e chi altri
Economia, politica, religione, riforme: perché metà della Turchia ha votato Akp0e1d88942eabdbb5dacfd325fce60f59.jpg

Se dovevano essere le elezioni per l’anima della Turchia, come erano state presentate dai partiti laici, metà del Paese dovrebbe essere sul chi va là per la deriva verso una repubblica islamica, un ritorno al Medioevo, con le libertà sociali in pericolo. Il giorno dopo il trionfo elettorale dell’Akp, invece, Istanbul si è svegliata con la tranquillità di chi sa che in fondo non poteva non andare così, e che in fondo c’è poco di cui preoccuparsi.
Solitamente restie a parlare della questione prima delle elezioni, le tante giovani di Istanbul che portano il velo non hanno problemi ad ammettere, con un sorriso, il loro inevitabile voto per l’Akp. Ma non necessariamente per motivi religiosi. Come Arzu, fazzoletto azzurro attorno ai capelli e borsetta alla moda. “Porto il velo e per me la religione è importante. Ma credimi, ho votato Akp per motivi politici: gli altri partiti non hanno un programma alternativo, si posizionano semplicemente contro Erdogan e seminano paure sui veri motivi di chi vuole vivere rispettando la sua religione. Ti pare che io voglia una Turchia come l’Iran, una repubblica islamica? Il laicismo per me è importante, ma per come funziona ora non è una vera libertà. Se io chiedo il diritto di poter portare il velo all’università non significa che voglio che lo portino tutte. Ognuno dovrebbe essere libero di fare come vuole”.
Anche Ozlem, velo bianco e un filo di trucco sugli occhi, dice che il suo voto per l’Akp non è stato determinato solo dalla religione. “L’economia sta andando bene, negli ultimi cinque anni il governo ha introdotto riforme importanti, la strada mi sembra tracciata. E ci sono tanti altri cambiamenti da fare”. Non in senso più religioso, come potrebbe venir naturale pensare. Ozlem parla di cose pratiche: “Il sistema dell’istruzione si basa su concetti antiquati. Io mi sono appena laureata per diventare insegnante di inglese. Ma all’esame finale mi hanno fatto domande di matematica, storia, lingua turca. Non una domanda per testare la mia conoscenza dell’inglese”.
L’Akp ha conquistato anche molti volti di chi non è necessariamente religioso. Uno di questi è Necip, un giovane commerciante con ragazza a capo scoperto. “Non mi sorprende il trionfo dell’Akp: in campagna elettorale il Chp ha cercato di mettere paura alla gente, ha provato a sollevare scandali come quello sul costoso orologio di Erdogan o sulla barca del figlio, ma è chiaro che la gente non gli ha dato ascolto. Non c’era alternativa al votare Akp: dovrebbero essere loro i conservatori, ma vogliono più loro le riforme rispetto a quelli che in teoria sarebbero progressisti. Vanno verso la modernità e pensano anche ai più poveri, mentre il partito che dovrebbe essere di sinistra è solo dei ricchi. E io non sono islamico, eh. Molti miei amici, anche loro non religiosi, la pensano come me”.
E allora avanti così, per altri cinque anni, come non poteva essere altrimenti. Contenti i turchi, contenta l’Unione europea, contenti i mercati: lunedì la borsa di Istanbul è schizzata in alto del cinque per cento, a conferma di come, anche all’estero, l’Akp era visto come l’unica via possibile per la Turchia. “In fondo, rispetto a due giorni fa non è cambiato niente. Governa Erdogan, e finora a me non dispiace”, sorride Murat, che gestisce un ristorante nel cuore commerciale di Istanbul. Nel suo locale si serve anche birra e raki. “Se ho paura che in futuro non potrò più vendere alcolici? Ma non scherziamo…”. 

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