LA FIGLIA DEL MARESCIALLO UCCISO
UNA RAGAZZA CI INSEGNA COS’È L’IDEALE
di DAVIDE RONDONI
Poi arriva Giusy, che ha solo diciott’anni e un dolore che non si può capire. Perché le hanno ammazzato il padre mentre faceva il soldato. Arriva lei e con addosso un dolore che non si può capire dice una cosa che invece si capisce benissimo. Arriva con addosso un amore che non si può capire e dice una cosa che si capisce benissimo. Dice cos’è un ideale. Dice ‘non ti voglio ricordare in una bara’. Dice ‘continuerò il tuo lavoro’. Dice cose così umane da mettere quasi paura. Perché ormai siamo così rattrappiti nel cuore e nella mente da pensare che cose così esistano solo nei film o nei momenti speciali. E invece questa è l’Italia, questa è Giusy.
In piedi signori presidenti, signori professori, signori dei signori di questo Paese che troppo spesso avete ridotto nei vostri pensieri prima ancora che nelle vostre azioni a selva di retorica e di giochi di potere, a noia, a banalità. Deve arrivare ancora una ragazza a dirci cosa è l’ideale. Che è cosa diversa dall’emozione. Diversa dal sogno. E diversa dall’ideologia. L’emozione non basta a far parlare così. I sogni passano col tempo, l’ideale invece in lei è cresciuto nel tempo, anche grazie a quel padre vicino e lontano. L’ideologia vuole capire e possedere il mondo, l’ideale invece vuole servire. Per ideologia si diventa potenti o intellettuali. Per ideale si diventa soldati, servitori con la maiuscola.
Non prendete in giro Giusy, non trattatela come se fosse un ‘bel momento di retorica’. I suoi diciotto anni non sono per nulla retorici. Il taglio doloroso di essere rubata in tal modo del padre non è retorica, è vita durissima. E l’ideale è fatto della stessa pasta della vita. Ma non si conosce cosa è l’ideale se non si conoscono uomini che ne vivono davvero.
Giusy conosceva suo padre. Come lo conosceva sua madre, che ha chiesto venisse avvolta nel tricolore la bara. E non per consuetudine retorica o militaresca, ma ‘perché lui lo amava’. Fermiamoci un attimo, un attimo prima della campagna elettorale, prima di guardare fuori dalla finestra, un attimo prima di dire il nome delle persone che ci sono care, dei luoghi che ci sono cari. Per guardare cosa c’è dentro queste frasi di figlia e di madre. Cosa c’è dentro questo ritratto di padre e marito. E di donna e di ragazza. Se non si considera quanto pesa, e quanto s’innalza la natura dell’ideale, se non si considera quanto bene e quanta giustizia e quanta verità il cuore di queste persone ha visto e vede in un ideale, non si capisce più niente dell’Italia. Se non si onora questo ideale, si finisce per disprezzare tutto.
Giusy ha capito di più l’Italia di tanti politici, di tanti presidenti, di tanti analisti economici o sociali. Ha capito che la vita di un uomo è innanzitutto il suo ideale. Cioè l’obbedienza a quel che il cuore desidera veramente. Non il suo conto in banca, non quante tasse paga, non che tipo di contratto ha. Ha capito che la vita di suo padre ha un anticipo di infinito già ora perché ha vissuto un ideale. E che se non si nutre, se non lo si continua, se non lo si assume come responsabilità la vita sa già di morte, come l’Italia di tanti tromboni della politica o della cultura o della tv sa già di mummia. Giusy è arrivata senza orgoglio a dire queste cose. Ha chiesto aiuto, perché l’ideale non lo si sostiene da soli. Ha chiesto a suo padre di starle vicino. Anche ora che non è in un lontano Afghanistan, ma così vicino come quando abbracci una persona e non la vedi più.
