L’eredità

Stasera all’Eredità una domanda biblica su Giacobbe. E penso “I miei studenti di II la saprebbero, gliel’ho appena raccontato”.

Poco prima una domanda sul modo di salutarsi in Tibet. E penso “I miei ragazzi di IV la saprebbero”.

Ho concluso: “Il voto di religione non conterà nulla, ma ti fa vincere l’eredità!”

😉

Ci sarà qualcosa

Amare oltre ogni evidenza. Questo mi sembra uno dei significati di “Sogno” di Gianna Nannini. La notte è il luogo del rifugio, il posto in cui vivere il sogno di ciò che non si ha e non si può avere (inconsistente come la neve a ciuffi del primo verso). La canzone parla di un amore che non può essere vissuto (“A te che te ne vai”) e infatti è descritto con immagini lontane dalla serenità: baci allontanati, urlo di bambino intrappolato, gioco cominciato e già finito, bosco di frattaglie, fondi. Resta la possibilità di coltivare il rapporto solo in sogno, un sogno che illuda, stordisca e comunque faccia cogliere qualcosa per cui valga la pena vivere. Viene accettata l’idea che l’amore non ci sia, che se ne sia andato, ma non si rinuncia alla possibilità, magari autolesionistica, di viverlo nel sogno di una notte che a quel punto è illusione e ossessione.

Niente da cui scappare

Piove, l’acqua scende dal cielo, finisce sulla terra, scorre verso il mare, evapora, torna in cielo, piove… C’è un disegnino su tutti i libri delle elementari (io le continuo a chiamare così, sorry). Dentro una casetta ci sono quattro ragazzi in cucina: uno affetta, uno stira, due cucinano. Dal soffitto escono dei tubi con dell’acqua. L’immagine si allarga e si scopre che la cucina è l’unica stanza della casa ancora non allagata. Dura poco, presto l’acqua irrompe. Tutta la terra è invasa dall’acqua e i nostri quattro ci galleggiano dentro insieme agli oggetti della casa.

Uno stacco di scena ci porta a un paesaggio strano fatto di colline sormontantesi le une sulle altre, ciminiere, fabbriche e auto: il tutto si muove in modo simile a una catena di montaggio. Ma tutto è destinato a crollare: i camion finiscono in un dirupo, le fabbriche cadono in rovina, ci sono esplosioni e corto circuiti, l’acqua sale…

I nostri quattro ricompaiono: sono su una barchetta, uno suona una chitarra e canta, uno pesca, uno cucina e uno rema. Sembrano gli unici sopravvissuti a un moderno diluvio che ha coperto di acqua la terra. In cielo brillano le stelle.

Questo è il video piacevole di Don’t panic una veloce e leggera canzone pop dei Coldplay. Il testo? Beh, essenzialmente è questo: “Siamo ossa che stanno affondando come pietre, tutto ciò per il quale abbiamo lottato, tutti i posti in cui siamo cresciuti, tutto di noi è stato rovinato. Viviamo in un mondo magnifico… Tutto quello che so, è che non c’è niente qui da cui scappare, perché, sì, tutti hanno qualcuno su cui possono contare”. Dai, una spintina di ottimismo