Qualche settimana fa ho avuto la fortuna di ascoltare il vaticanista Aldo Maria Valli presentare un libro cul card. Martini. Ora sono appena tornato da scuola, ho acceso il pc e su Vino Nuovo ho letto un suo sogno che mi ha fatto sorridere.
Per prima cosa il nuovo papa decise di traslocare. Eletto dopo un conclave estenuante, in mezzo a mille polemiche e contrasti, e dopo che il regno del suo predecessore era finito tra lotte di potere tanto sotterranee quanto violente all’interno della curia, decise di dire addio al Vaticano. Basta, bisognava dare un segnale. Fosse stato per lui, si sarebbe trasferito ad Assisi, la città del poverello, ma Pietro, dopo tutto, ha conosciuto il martirio a Roma. Dunque il nuovo papa ordinò: “Roma deve restare la città del successore di Pietro, ma niente più Vaticano. Vado a vivere a San Giovanni in Laterano. Lì ho la mia cattedra in quanto vescovo di Roma, e siccome il papa è papa perché vescovo di Roma, e non viceversa, è giusto che abiti in Laterano”.
Seconda decisione: niente pomposità, niente guardie, niente gendarmi, niente maggiordomi di sua santità, niente corte pontificia. Via tutto. Abolito ogni residuo segno di potere, il nuovo papa scrisse una documento di una sola riga. Diceva così: “Il servo dei servi di Dio deve vivere con evangelica povertà. Ne va della sua credibilità”.
Terza decisione: revoca di tutti gli incarichi di curia e radicale riduzione degli uffici. Dato lo squallido spettacolo offerto all’opinione pubblica da monsignori carrieristi e cardinali maneggioni, il nuovo papa azzerò tutto. Via i presidenti dei dicasteri e dei pontifici consigli, via i segretari, via i consiglieri, via le accademie, abolizione delle congregazioni. Fu istituito un solo ufficio, con un solo compito: preghiera ininterrotta per la pace e contro tutte le ingiustizie. Fu azzerato anche l’intero collegio cardinalizio, e il compito di suoi principali consiglieri il papa lo affidò ad alcuni bravi preti di Roma (tra i quali parroci e missionari) ma anche ad alcune suore e a qualche laico. Con il che si ottenne, fra l’altro, un indubbio beneficio economico, perché la curia, con il suo apparato, costava moltissimo.
Quarta decisione: rinuncia al titolo di capo di Stato. “Che c’entra – disse il nuovo papa – un ruolo politico con il Vangelo di Gesù, quel Gesù che esortò a dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio?”. Il ruolo di capo dello Stato della Città del Vaticano fu affidato a un laico, un bravo e mite professore, e il papa si sentì molto più leggero, oltre che più libero.
Quinta decisione: convocazione di un grande concilio ecumenico Vaticano III, ma non a Roma, bensì in Terra Santa, per discutere a viso aperto di tutti i problemi della chiesa e della fede stando proprio lì, dove Gesù visse, predicò, pregò, fece i miracoli, scacciò i demoni e offrì la sua vita per la redenzione del mondo. Il nuovo papa invitò non solo i vescovi di ogni continente, ma anche preti, religiosi, religiose, laici, laiche, e diede diritto di parola a tutti, compresi i rappresentanti delle confessioni cristiane non cattoliche, senza porre limiti né di argomenti né di durata dei lavori conciliari.
Sesta decisione: il nuovo papa disse no al concordato. “Concordare” qualcosa con uno Stato, anche se lo si fa con le migliori intenzioni, vuol dire introdurre un principio di do ut des, ovvero vuol dire ragionare in termini politici. “Il regime pattizio – spiegò il nuovo papa – non fa per noi. La chiesa povera non ha bisogno di concordati. La chiesa povera vive grazie all’aiuto dei fedeli”. Fu così abolito anche l’otto per mille, e a chi si lamentava per il mancato introito il papa ripose con poche ma sentite parole: “Non potete servire Dio e mammona”.
Settima decisione: il nuovo papa stabilì che all’elezione del futuro pontefice non dovessero partecipare i cardinali, ma i preti della diocesi di Roma, ovvero i suoi preti. Avrebbe voluto coinvolgere molti altri rappresentanti del mondo cattolico, ma pensò che per il momento poteva andar bene così. Stabilì inoltre che non fosse necessario un conclave nella Cappella Sistina, con quel cerimoniale complicato. Appuntamento per tutti in piazza San Giovanni, all’aperto. In effetti, il nuovo papa soffriva un po’ di claustrofobia.
Ottava decisione: aprì il territorio vaticano alle visite di tutti coloro che desiderassero entrarvi. Niente più barriere, niente più cancelli. Palazzi, sale, chiese e giardini furono messi a disposizione della popolazione. Gestiti da una fondazione senza fini di lucro, questi luoghi diventarono pubblici. Non roba da museo, ma beni dell’intera umanità. Bambini e ragazzi erano particolarmente benvenuti, specie ai giardini vaticani, dove potevano correre e giocare, ed ebbero libero accesso anche in Laterano. E quando i collaboratori gli fecero notare i rischi di confusione, il nuovo papa rispose, anche questa volta, con poche ma sentite parole: “Lasciate che i bambini vengano a me”.
Nona decisione: il nuovo papa, per i suoi spostamenti a Roma e dintorni, decise di fare a meno di auto lussuose, “papamobili” ed elicotteri. Mise tutto in vendita e incominciò a prendere l’autobus, il tram e la metropolitana. Gli addetti alla sicurezza, prima di essere congedati per sempre, inorridirono, ma il nuovo papa li tranquillizzò: “Ma chi volete che se la prenda con un povero prete che usa i mezzi pubblici?”. In effetti il papa decise di non indossare più la veste bianca, ma una semplice talare nera. Così viaggiava indisturbato, e stando in mezzo alla gente poteva rendersi conto dei problemi quotidiani dei cittadini e del loro modo di pensare.
Decima decisione: il nuovo papa scrisse un’enciclica brevissima. Diceva così: «In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: “Sta scritto: ‘La mia casa sarà casa di preghiera’. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri” ». Erano parole del Vangelo, ma alcuni ex cardinali reagirono malissimo. Incominciarono a dire che il nuovo papa era chiaramente impazzito e doveva essere deposto. Mandarono alcune ex guardie svizzere e alcuni ex gendarmi vaticani per prelevarlo, ma il nuovo papa ebbe difensori efficaci: i bambini. Furono loro a reagire, impedendo il rapimento. E poi andarono tutti a mangiare pane e marmellata.
Al che mi sono svegliato.