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Giorno: 20 aprile 2017

Pubblicato in: Filosofia e teologia, Religioni, Storia

Una nuova Umma per al-Azhar?

Pubblicato il 20 aprile 201720 aprile 2017 da Simone Del Mondo

Hanging_Church,_Old_Cairo,_Egypt9.jpg

Un articolo breve che tocca diversi temi, da quello della prossima visita del papa in Egitto a quello dei recenti attentati contro la chiesa copta, dal radicalismo islamico all’islam del grande imam di al-Azhar. E’ il frutto dell’intervista di Riccardo Cristiano al professor Antoine Courban, pubblicata su Vatican Insider.
Nel suo appartamento al primo piano di una palazzina moderna nel cuore di Ashrafyyeh, il “quartiere cristiano per eccellenza” di Beirut, il professor Antoine Courban, docente all’Università Saint Joseph, storica istituzione dei gesuiti in Libano, tra icone bizantine e commentari coranici attende con ansia che Papa Francesco giunga al Cairo.
«Per capire la portata di un evento occorre collocarlo nel suo contesto. E il contesto nel quale avverrà questo viaggio è certamente segnato dal duplice attentato contro le Chiese e i fedeli copti d’Egitto. Un attentato? No, piuttosto direi un atto di guerra. Ma quale guerra? La guerra dichiarata dai radicali ai “moderati”, tutti i moderati. Ci si può chiedere come possa una guerra essere dichiarata anche all’islam moderato e avvenire con lo spargimento di sangue cristiano. La mia risposta è semplice: perché aprendo il recente convegno del Cairo sulla cittadinanza il grande imam di al-Azhar ha detto che è giunto il momento di sfidare il fanatismo e l’estremismo che usa la religione come una maschera con un vero scontro culturale, ed ha indicato come farlo. I terroristi hanno capito e trasferito il combattimento sul loro terreno, colpendo il fianco debole, la carne tenera del nemico, le chiese e i fedeli copti».
Ci può spiegare? Se è chiaro l’atto di guerra, sembra proprio un atto di guerra contro i cristiani, definiti “infedeli”… 
«Per rispondere devo tornare al convegno promosso da al-Azhar poco prima della strage. E per capire bene dobbiamo partire da una parola. Questa parola è “umma”. La conoscono tutti. Nella storia questa parola è stata usata per indicare la comunità dei fedeli musulmani, quindi in senso religioso. Indica una “ecclesia”, o una comunità universale religiosa. Poi è stata usata in senso etnico, l’umma araba, cioè la comunità di tutti i popoli arabi. Queste due concezioni di umma, religiosa o etnica, hanno dato forma alle due prevalenti correnti politiche: il panislamismo e il panarabismo. Nel documento conclusivo del recente convegno di al-Azhar, al quale ho partecipato come inviato come altri 200 ospiti stranieri, 60 dei quali libanesi come me, si parla però di un’altra umma, alla cui base non c’è la religione né l’etnicità, ma la geografia: l’umma della patria, cioè la comunità di chi vive un territorio. È fondamentale leggere il primo articolo della dichiarazione di al-Azhar, dove si parla di “eguali diritti di musulmani e cristiani nei loro paesi, considerandoli una umma/nazione”. Ma non è tutto. L’articolo 6 dice che l’ambizione è quella di promuovere un nuovo partenariato, “un nuovo contratto tra i cittadini di paesi arabi, musulmani, cristiani o di altra fedeltà”. Tale contratto è basato sul “reciproco riconoscimento, sulla cittadinanza e sulla libertà”. La dichiarazione sottolinea che tutto questo è “una necessità vitale” e specifica che tutti nella patria comune si è sottoposti a un dettato costituzionale. E le costituzioni, si sa, non le scrivono i teologi. È un passaggio importantissimo. Nel paragrafo finale poi si afferma che in questa Patria fondata su una Costituzione “il nostro obiettivo, vivendo sulla stessa barca e facendo parte della stessa società, [….] è garantire un migliore futuro ai nostri figli e alle nostre figlie”».
Si indica qui la parità uomo-donna?
«Come vede parliamo di novità storiche, epocali: è da secoli che si cerca di plasmare il concetto di cittadinanza nelle nostre società, la comune cittadinanza senza distinzioni di sesso, di etnia, di fede. Il concetto di nazione, vocabolo che in arabo non esisteva fino all’Ottocento, è stato interpretato in termini etnici o religiosi. Ora la più importante istituzione sunnita, al-Azhar, lo plasma in termini geografici, nella patria comune, dove vivere insieme, da uguali, senza subordinazioni o primati, etnici o religiosi. E, par di capire, di sesso. Ecco perché l’imam di al-Azhar ha voluto parlare di sfida culturale e si capisce perché gli odiosi attentati contro le Chiese copte siano un atto di guerra dei fanatici contro tutti i moderati. Mi preme sottolineare un ultimo aspetto, molto importante per me. Questo testo redatto alla fine della conferenza di marzo e che pone la base per la conferenza sulla pace alla quale parteciperà Papa Francesco è stato letto, in aula, davanti a tutti i delegati e gli ospiti, dal grande imam in persona. Alcuni ulema conservatori di al-Azhar, parte cioè di quella che potremmo definire per capirci “la Curia” di al-Azhar, preferivano che fosse letto da uno speaker. L’intento poteva essere quello di depotenziare il testo, il suo valore vincolante. Lui però ha insistito, ha voluto leggerlo personalmente, e credo che questo abbia un enorme significato. Dunque il viaggio del Papa al Cairo arriva sulla scia di questo, in un contesto nel quale l’islam moderato dice che non ci sono più minoranze etniche o religiose, ma cittadini. E il cardinale Rahi rientrando qui dal Cairo lo ha detto benissimo: non siamo più minoranze».
Lei crede che il Libano abbia svolto un ruolo in questo?
«Osservo la platea degli invitati al convegno di marzo: 200 ospiti stranieri, 60 dei quali libanesi. Credo che il Libano del vivere insieme, non del convivere tra comunità, ma del vivere insieme, del legame, della cittadinanza, abbia costituito il nucleo concettuale, il messaggio di partenza di questo incontro che proseguirà a fine mese, alla presenza di Papa Francesco».

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