“Alice nel paese delle meraviglie – Al di là dello specchio è il libro che costituisce la mia gemma ed è per me molto importante perché mentre ero in ospedale me l’ha portato una delle mie migliori amiche. Il fatto mi ha colpito molto perché si è ricordata di una cosa che io le avevo detto molto tempo fa, addirittura quando eravamo in seconda elementare: che il mio libro preferito da piccola era Alice nel paese delle meraviglie, il primo, mentre il secondo non ero ancora riuscito a leggerlo perché non lo trovavo. Il libro mi ricorda lei e il nostro legame”.
Ecco la gemma di S. (classe seconda). Mi piace ricevere regali, ma mi piace molto anche farne. A volte capita di sapere benissimo cosa regalare, altre mi diverto a fermarmi e pensare quali regali fare: i più belli sono sempre quelli così, come il libro portato da S., quelli in cui il senso del regalo va oltre l’oggetto in sé, quelli in cui il vero regalo è quello che c’è dietro: l’amica che mi ha ascoltato quando eravamo piccole, si è portata dentro questa cosa e in un momento importante della vita l’ha tirata fuori. A giugno una classe quinta mi ha regalato un quadernetto (sapevano che mi piace appuntarmi molte cose) con tutte le firme. Ma ha fatto una cosa in più: nel risvolto di copertina ha nascosto una foto di Sheldon Cooper, il protagonista di Big Bang Theory, la serie che adoro. Eccoli i regali che non si scorderanno mai.
“Ho deciso di portare due canzoni che ricordano un periodo felice che vivo con nostalgia: in quel periodo le ascoltavo molto. Si tratta di Lay all your love on me degli Abba e Dandelions di Ruth B”.
Scelta musicale anche per P. (classe seconda), qui tutta centrata sull’amore: il tema della gelosia nel primo caso, quello di uno stato di beatitudine amorosa nel secondo. Sulla gelosia la penso un po’ come Havelock Ellis: “Gelosia, quel drago che uccide l’amore con il pretesto di mantenerlo in vita”.
“Questa canzone è Fix you dei Coldplay, qui cantata da Shawn Mendes in un concerto a Toronto. Cantata da lui mi piace molto”.
La gemma è stata presentata da C. (classe seconda). Poco tempo fa mi è capitato di commentare una gemma con un verso di questa canzone. E’ un brano che parla di presenza, dell’importanza di esserci quando le cose non girano, non funzionano, non vanno nel verso giusto. Quello è il momento in cui è possibile sperimentare quanto possa essere d’aiuto la presenza di qualcuno che sappia starci accanto, che sappia farci sentire a casa (anche se a casa non siamo).
E’ una gemma senza testo quella di G. (classe seconda), o meglio, il testo è “solo” quello della canzone Solamente unico che ha voluto proporre in classe come gemma, non ha voluto né commentarlo né dire il motivo della scelta. Ho messo le virgolette a “solo” perché basta ascoltare il pezzo per capire quanto racconti. Però mi voglio attenere al dato di fatto, non voglio immaginare o ipotizzare cosa ci sia dietro alla scelta di G. E per farlo cambio destinatario: il mio commento alle gemme è praticamente fatto tenendo in mente ragazze e ragazzi che incontro ogni giorno. Ora invece penso al mondo degli adulti e il perché è presto detto. Prima di entrare nella classe di G. stavo leggendo delle pagine del libro L’età tradita. Oltre i luoghi comuni sugli adolescenti di Matteo Lancini (2021, Raffaello Cortina Editore).
In famiglia è necessaria “una nuova propensione affettiva e relazionale, che consenta sin da bambini di esprimere fatiche e sofferenze, non chiedendo loro di farsi carico di sguardi troppo angoscianti provenienti da mamma e papà. L’inciampo e il fallimento sono parte costituente della vita, della crescita, dello sviluppo in direzione della costruzione del vero sé e di una propria identità autentica. Non si tratta certo di ricercare dolori e sofferenze nella vita, ma di evitare grandiosità e decessi che illudono sulla possibilità di essere felici senza accettazione ed elaborazione dei fallimenti e della morte come elementi fondanti della nostra esistenza”. In adolescenza “la qualità di un ascolto identificato e la capacità di interessarsi al figlio reale, ormai divenuto altro da sé e delle proprie aspettative, rappresentano l’unica via d’accesso per lo svolgimento di un ruolo materno e di un ruolo paterno davvero autorevoli e di sostegno alla crescita. Laddove prevalgano discorsi infantilizzanti, alimentati dal rimpianto per la straordinarietà dei tratti affettivi e relazionali dell’ex bambino, e contenuti ciclici standardizzati sulla necessità di un maggiore impegno scolastico, comportamentale, etico, sacrificale, non solo il ruolo affettivo adulto non riesce a incidere, ma rischia di innalzare il livello del conflitto in atto, se non di accrescere i sentimenti di tristezza e di vergogna, già sperimentati dal figlio o dalla figlia, negli stati depressivi legati al fallimento narcisistico. Gli adolescenti odierni hanno sensibilità non comuni, sviluppate proprio grazie alla mamma e al papà e alla trama affettiva che ha dominato la loro crescita. Solo se percepiscono una capacità di ascolto e rispecchiamento realmente identificata con le loro esigenze e difficoltà evolutive possono rivolgersi al proprio adulto di riferimento, condividere i propri stati affettivi, chiedere aiuto e conforto. Oggi i ragazzi e le ragazze non parlano con i propri genitori perché hanno paura di deluderli o di incontrare reazioni emotive materne e paterne spropositate. E i genitori temono a loro volta le paure e le sofferenze dei figli, cosa che gli adolescenti avvertono sin da quando sono nati. Madri e padri di ragazzi tristi, mutacici non dovrebbero mai temere di introdurre il tema della morte volontaria a tavola, la sera o in qualunque altra occasione di incontro possibile. Chiedere se ci si pensa e se ci si è mai pensato, nominare il suicidio senza alcun timore. Un altro luogo comune da sfatare è quello che sostiene che parlare di suicidio possa istigare, promuovere l’idea del nostro giovane interlocutore di mettere in atto il gesto insensato. E’ vero esattamente l’opposto. Parlarne consente di abbassare il rischio, di dare senso al pensiero sviluppato sulla morte volontaria, di rendere meno attrattiva l’eventuale ipotesi e intenzione suicidaria. Ovviamente, ciò che vale per l’espressione più terribile del disagio di un figlio, vale per tutti i sentimenti, le sofferenze e i dolori sperimentati. Conviene sforzarsi in questa direzione, allenarsi per essere in grado di percepire, ascoltare e sostenere l’elaborazione delle emozioni negative. Continuare ad allontanarle e rimuoverle è oggi davvero molto pericoloso”. (estratti dalle pagg. 147-150).
Questo leggevo ieri in aula insegnanti, mi sono alzato, ho messo via il libro, ho salito le scale, sono entrato in aula e la prima cosa successa è stata ascoltare la canzone proposta da G. Di quali ulteriori segni avrei bisogno per non toccare questi temi? Cosa mi serve ancora per far sì che emergano quelle prove “del sole intorno a te”, per far sperimentare che “la luce non muore”?
“Come gemma ho portato questa foto, scattata a inizio ‘900: ci sono alcuni miei parenti, compresa una quadrisavola che ovviamente non ho conosciuto. Lo scatto è importante per me per due motivi: il primo è che mi appassiona quest’epoca e qui se ne vedono molti aspetti, come il modo di vestire o di acconciarsi i capelli e che la tecnologia sta avendo i suoi primi sviluppi per cui la foto è in bianco e nero. Il secondo motivo è che mi affascina molto conoscere chi erano i miei antenati e scoprire le mie origini”.
Questa è la gemma proposta da V. (classe prima), che mi scuserà per aver travolto la sua foto con tanta luce, ma dovevo rendere i volti poco conoscibili. Uno dei temi da lei toccati è quello delle origini, delle radici, argomento al quale sono molto legato. Desidero commentare questa gemma con due brani musicali molto differenti tra loro. Il primo è del 2003: è un brano dei Sud Sound System, uno di quelli per i quali mi piacerebbe avere un’aula in cui poter mettere la musica a palla, eliminare la pandemia, accostare i banchi e metterci tutti a ballare e saltare (a quest’ora mi limito a infilarmi gli auricolari, mettere il volume al massimo e dimenarmi sulla sedia). E’ un pezzo che parla di radici culturali: se veramente ami le tue non puoi che apprezzare quelle degli altri. Si intitola Le radici ca tieni, si può trovare la traduzione in rete se non si è avvezzi al dialetto salentino.
Il secondo brano compirà 50 anni a luglio e ha tutta un’altra sonorità. E’ di un cantautore italiano che ho ascoltato tanto, Francesco Guccini; tuttavia questa non è una delle canzoni che musicalmente amo, ma il testo fa pensare molto. Qui non è una foto a innescare la riflessione ma una casa. Si intitola Radici. “La casa sul confine della sera Oscura e silenziosa se ne sta Respiri un’aria limpida e leggera E senti voci forse di altra età E senti voci forse di altra età La casa sul confine dei ricordi La stessa sempre, come tu la sai E tu ricerchi là le tue radici Se vuoi capire l’anima che hai Se vuoi capire l’anima che hai Quanti tempi e quante vite sono scivolate via da te Come il fiume che ti passa attorno Tu che hai visto nascere e morire gli antenati miei Lentamente, giorno dopo giorno Ed io, l’ultimo, ti chiedo se conosci in me Qualche segno, qualche traccia di ogni vita O se solamente io ricerco in te Risposta ad ogni cosa non capita Risposta ad ogni cosa non capita Ma è inutile cercare le parole La pietra antica non emette suono O parla come il mondo e come il sole Parole troppo grandi per un uomo Parole troppo grandi per un uomo E te li senti dentro quei legami I riti antichi e i miti del passato E te li senti dentro come mani Ma non comprendi più il significato Ma non comprendi più il significato Ma che senso esiste in ciò che è nato dentro ai muri tuoi Tutto è morto e nessuno ha mai saputo O solamente non ha senso chiedersi Io più mi chiedo e meno ho conosciuto Ed io, l’ultimo, ti chiedo se così sarà Per un altro dopo che vorrà capire E se l’altro dopo qui troverà Il solito silenzio senza fine Il solito silenzio senza fine La casa è come un punto di memoria Le tue radici danno la saggezza E proprio questa è forse la risposta E provi un grande senso di dolcezza E provi un grande senso di dolcezza”.