Gemma n° 2238

“Quest’anno come gemma ho deciso di portare la gratitudine verso il mio cambiamento positivo.
L’anno scorso stavo passando un brutto periodo della mia vita: mi sentivo sola, senza nessun obiettivo e senza quella motivazione che ero solita avere, ma cercavo di nasconderlo. Facendo un giro in libreria, trovai questa raccolta di poesie di Franco Arminio, Studi sull’amore. Lessi tutte le poesie in un giorno ed evidenziai quelle che in quel periodo mi sembravano stupende.
Una di queste si chiama “Sono due giorni che soffro”:

Sono due giorni che soffro
per paura. E ho sofferto
per tutto il tempo che ho vissuto,
e qui nel petto un vago allarme,
un cuore che mi punta
e io scappo dal mio sangue,
mi faccio aria, mi nascondo
in tutte le parole che dico,
non c’è più nessun me
a cui posso appigliarmi,
c’è solo un cenno antico,
un cenno d’infanzia
fatto di neve e del petto di mia madre.
Ti prego, tienimi in vita,
stendimi al sole,
prestami un respiro.

Recentemente ho riletto il libro, per curiosità, e mi sono accorta di come tutto sia cambiato nel giro di pochi mesi. Ora sono grata per come la mia vita sia e per i miei obiettivi che sono riuscita a portare a termine anche se con molta difficoltà. Ma soprattutto sono grata per chi ho vicino: ho amici che mi supportano sempre, una famiglia che mi accetta per come sono e una persona che mi ama nonostante i miei difetti.
Come poesia di questo periodo ho scelto “Contro la morte esiste solo l’amore”:

Contro la morte esiste solo l’amore.
Le donne lo sanno meglio degli uomini,
meglio delle donne lo sa la luna,
meglio della luna lo sa il vento.
Lascia correre il tuo amore,
dentro di te e dentro gli altri.
Chi ama non esce mai di scena,
siamo tutti qui,
sangue della stessa vena.

(B. classe quarta).

Natale 2022

Chi è nel triennio ormai lo sa: tra gli stoppini prima (durante la DAD) e gli auguri poi, a Natale e a Pasqua ho preso l’abitudine di rivolgervi un pensiero scritto…
Non so che periodo vi aspetti, non so quali feste vi attendano. So che c’è chi aspetta con trepidazione le vacanze natalizie perché è un momento di gioia e condivisione e chi le attende con paura perché legate a momenti dolorosi, c’è chi le attende con indifferenza perché è tutto come gli altri giorni e chi le passerà da una festa all’altra. C’è in particolare chi le vivrà con il vuoto di chi non può più avere accanto fisicamente, e costoro le e li abbraccio con forza.
In mezzo a tutto questo, desidero farvi un augurio per il pranzo di Natale o di Capodanno o di un qualsiasi giorno delle vostre vite. Prendo spunto da una poesia di Franco Arminio:

Alzatevi durante la cena,
ditelo che avete un dolore
che non passa. Guardate negli occhi
i parenti, provate a fondare
davvero una famiglia
una federazione di ferite.
Ora che siete in compagnia
ditela la vostra solitudine,
sicuramente è la stessa degli altri.
E dite la noia, l’insofferenza
per il freddo, per il cappotto,
per la digestione.
Se scoppiate a piangere
è ancora meglio,
scandalizzateli i vostri parenti,
piantate la bandiera dell’inquietudine
in mezzo al salotto.
Fatevi coraggio, prendete un libro di poesia
leggete qualche verso,
loro per domani hanno programmato
il cinema.
Parlate dei morti,
parlate di voi e poi ascoltate,
sparecchiate, togliete di mezzo il cibo,
mettete a tavola la vostra vita.

Mi viene da aggiungere un piatto a questa tavola imbandita: quello della gioia, delle cose belle perché anche loro hanno bisogno di essere condivise, di essere portate alla luce, di essere consumate e digerite per diventare sostanza dei nostri giorni. Si tratta di mettere in tavola quello che conta, di mettere a fuoco l’essenziale. In una classe prima, quest’anno, è stato messo sulla cattedra il presepe della foto. Come nella foto, accade spesso anche nella vita che ci voglia un po’ per mettere a fuoco l’essenziale, la condivisione, l’io e il tu, il noi, l’amore…
A tutte voi, a tutti voi, alle persone che amate e che sono una benedizione nelle vostre vite, auguro buon Natale e, viste le parole che ho scritto… buon appetito!

Gemma n° 1859

“Io avrei voluto portare una storia che mi raccontava mia nonna da piccola, soprattutto perché in quest’ultimo periodo è stata ricoverata in ospedale e temevo che la sua memoria la abbandonasse ancora di più, ma in realtà ieri ho ripensato a un mio zio che ho perso qualche anno fa. Per i primi anni di vita lui è stato importante per me, mi faceva divertire e riusciva a strapparmi sempre un sorriso: ero molto legata a lui. Poi, a causa di alcune vicende familiari, ci siamo persi di vista e quando è deceduto per una malattia, io ho vissuto il rimorso di non essere andata in ospedale a salutarlo. Stamattina stavo cercando una figura di compensato che mi aveva fatto quando ero piccola e che custodisco gelosamente (e che simboleggia anche il forte legame con mia cugina), ma ho trovato un’altra cosa regalatami da mio zio quand’ero piccola: uno Zippo di quando era stato in Vietnam con una scritta un po’ dark, una delle poche cose portate a casa da quel viaggio. Lo tengo sul comodino e anche solo a guardarlo i pensieri riaffiorano e sono pensieri che a volte fanno male, altre volte danno sollievo”.

Stamattina, mentre attendevo di entrare a scuola e pensavo a come commentare la gemma di T. (classe terza), mi sono imbattuto in queste parole tratte da Cedi la strada agli alberi, libro di poesie di Franco Arminio:

Non solo dobbiamo morire,
ma prima di noi 
assistiamo alla morte degli altri,
lenta o improvvisa, sempre ingiusta,
infame, orrenda.
Chiarito che contro la morte
nulla possiamo,
non abbiamo altro da fare
che stare attenti
e donarci
un attimo di bene, uno alla volta,
uno per noi e uno per gli altri.
Possono essere persone care
o persone sconosciute, poco importa,
quello che conta è rubare il seme del bene
e piantarlo sulle facce della gente.

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