“Per questa gemma ho deciso di portare una persona che rappresenta per me un esempio costante di forza, dedizione e amore autentico: mia madre. Ho deciso di portare questo tema perché credo che ciò che è “buono” nella vita non sia solo ciò che fa stare bene nell’immediato, ma ciò che costruisce, sostiene e ispira. E lei è tutto questo. Mia madre è una presenza stabile, una di quelle persone che non hanno bisogno di grandi parole per trasmettere ciò che provano. Lo fa attraverso i gesti: la cura quotidiana, l’ascolto, i sacrifici silenziosi, la capacità di esserci anche quando nessuno glielo chiede. È una persona pratica, ma allo stesso tempo capace di un’affettuosità discreta che fa sentire compresi e accolti. Quello che ammiro di più in lei è la determinazione. Nonostante le difficoltà che può incontrare, mantiene sempre un equilibrio che mi colpisce. Mi ha insegnato ad avere pazienza, rispettare gli altri, riconoscere i propri errori e rialzarsi con dignità. Sono lezioni che non si trovano sui libri, ma che valgono molto di più. La sua presenza ha modellato il mio modo di vedere il mondo: il rispetto per le persone, il valore dell’impegno, la capacità di dare senza aspettarsi nulla in cambio. E quando penso a ciò che nella mia vita rappresenta davvero un bene, qualcosa che mi aiuta a crescere e a migliorare, penso al suo esempio. Parlare di lei oggi è il mio modo per riconoscere tutto ciò che, spesso in silenzio, ha costruito intorno a me: una base solida, un senso di sicurezza e un affetto che non è fatto solo di emozioni, ma anche di responsabilità e di presenza quotidiana”. (M. classe prima).
Immagine realizzata con l’intelligenza artificiale della piattaforma POE
La notte scorsa Francesco si è svegliato poco prima di mezzanotte, è stato a lungo inconsolabile fino a quando è riuscito a farci capire che aveva mal di orecchie. L’ho prelevato io dal lettino: talvolta mi accetta, ma ci sono volte in cui solo l’abbraccio consolatorio della mamma lo calma, altrimenti serve molto più tempo. Il papà ci mette dieci volte a fare quello che la mamma compie in poco tempo. Mi è venuto in mente durante la lettura di un pezzo del poliedrico Marco Campedelli dedicato alla madre da poco scomparsa, un brano che mi ha toccato il cuore e mi ha commosso, soprattutto ripensando alle volte, purtroppo non poche, in cui in questi anni ho cercato le parole per rincuorare qualche allieva o allievo per la perdita della mamma. Il brano è stato pubblicato su Rocca a settembre.
“«È difficile dire con parole di figlio ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio».
Inizia così Supplica a mia madre di Pier Paolo Pasolini. Un testo vertiginoso con accenti estremi del rapporto figlio-madre. Eppure nel finale c’è un verso, una supplica alla madre che sembra una freccia conficcata nel cuore di questa archetipica relazione: «Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire». Si direbbe una preghiera alla madre. In questo credo ci sia la scintilla divina della madre. Pregare la madre come una divinità. Sappiamo, e la religione ne è in gran parte responsabile, di quanto il rapporto madre-figlio sia stato oggetto di proiezioni, simbiosi, sensi di colpa, sublimazioni. Mi ha sempre turbato quel “Totus tuus” sotto una gigantesca lettera M di papa Wojtyla, segno della sua ossessiva devozione mariana. Forse nulla come questo rapporto ha dato tanto lavoro alla psicanalisi. Eppure in quella supplica del poeta c’è qualcosa di autentico: il riconoscimento della fonte divina della vita. Ti prego madre “di non voler morire”. Perché se la fonte muore la terra si secca e appassisce. Ricordo bambino quando mia madre si ammalava, scendevo come in una botola segreta, come immerso in un liquido amniotico, finché non stesse meglio e così poter riemergere e tornare finalmente di nuovo nel meraviglioso caos della vita. Pasolini in realtà non vivrà la morte della madre. Sarà la madre a dover subire il tragico lutto del figlio massacrato il 2 novembre del 1975. Questo lutto è prefigurato nel film del regista friulano Il vangelo secondo Matteo, in cui ad interpretare la madre dolorosa sotto la croce sarà proprio Susanna Colussi-Pasolini, la madre del poeta. Ribaltata come un birillo dal dolore, sembra avere nelle pupille la morte del suo Pier Paolo più che del divino Nazareno. E i suoi occhi poi, riempiti di luce, brillano, mentre porta dei fiori di campo al sepolcro e si imbatte nell’angelo della risurrezione. Suo figlio, il poeta, è risorto!
È capitato anche a me di salutare mia mamma in questi giorni. Di sentire quanto fosse vera quella supplica del poeta, “ti supplico madre di non voler morire”. In quella preghiera c’è il bambino che scende nella botola segreta. Ma questa volta la notte non passa. Si riemerge con l’ultima, estrema spinta dal grembo originario. Davanti alla morte della madre c’è sempre il bambino. Non l’uomo adulto con le sue rassicuranti riflessioni. C’è il liquido amniotico irrazionale che prima di abbandonarti sembra darti l’ultima possibilità di andare verso la morte o verso la vita. Lasciando a te la libertà di appassire o di germogliare. Nella Bibbia sono scritte le parole del profeta Isaia (al capitolo 43): «Se dovessi attraversare le acque sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno, se dovrai attraversare il fuoco non ti scotterai»; sembrano quelle di una madre, o di chi si prende cura di qualcuno che ama. E chissà se noi abbiamo imparato questo da Dio, o se Dio abbia appreso questo guardando le madri, guardando le donne. Valda, mia madre, ci ha detto queste parole tutta la vita: non come una lezione di catechismo, ma come un modo di stare, di crescerci, di educarci insieme a nostro papà. «Sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo», continua ancora Isaia. Sei degno di stima anche quando fai scelte che non capisco, sei prezioso ai miei occhi, anche quando non lo sei più per molti. E poi io ti amo, non perché sei importante, non perché sei invincibile, ma perché sei Tu. E più diventi te stesso e più ti amo. Perché solo allora potrò specchiarmi nei tuoi occhi senza confondermi. Sarò me stessa perché tu sarai te stesso. Il salmo più corto della Bibbia, il 131, recita: «Io resto sereno e tranquillo come un bambino in braccio a sua madre». Li vediamo, i bambini e le bambine in braccio alle loro madri, anche quelli devastati dalla guerra in questi tempi. I bambini e le bambine di Gaza. Lì, in braccio alla madre, è il loro rifugio. Tutta la vita cerchiamo di stare in piedi da soli, di diventare adulti, di rielaborare quell’abbraccio non come un confine ma come una possibilità di inventarne di nuovi. Di diventare noi rifugio per altri. Succede poi che, quando nostra madre invecchia, siamo noi a tenerla dentro le nostre braccia, a dirle fino alla fine “stai tranquilla mamma, stai tranquilla e serena, la notte non dura, la luce presto viene”. Il Vangelo ci ha raccontato di una donna. Ecco come viene definita la Siro-fenicia (Mc 7,24-30): una donna, prima di ogni ruolo, prima che madre, donna. È una donna coraggiosa perché davanti a Gesù, che dentro la sua cultura, la sua educazione traccia un confine (“sono venuto solo per i figli, non per gli stranieri”, che in modo dispregiativo si chiamavano “cani”), questa donna gli insegna a sconfinare. Questa volta, sì, è proprio Gesù che accetta la lezione della donna. Anche mia figlia straniera, che sta morendo, ha diritto al pane, alla vita, alla dignità. Non ci sono figli di serie A e figli di serie B, figli perfetti e figli imperfetti. «I figli sono figli, e basta…», come ha detto bene Eduardo De Filippo in Filumena Marturano. La storia non si fa sui mausolei dei faraoni, sulle tombe dei generali, ma sulle ossa dei piccoli, degli ultimi, delle donne e degli uomini liberi e coraggiosi. Anche la Valda è stata una donna coraggiosa. Nel senso che aveva molto cuore (cor-cordis, come significa la parola). Ricordava quando i fascisti buttavano giù la porta di casa ai Molini di San Michele Extra (Verona) dove era nata, per catturare suo zio Nello, partigiano. Aveva imparato che si può resistere al male. Che anche in guerra si può scegliere da che parte stare (I bambini ci guardano, un film di Vittorio de Sica, ce lo ricorda). La mamma vedendo i bambini di Gaza diceva “avranno un rifugio dove ripararsi?”, come capitava a lei e ai suoi fratelli durante la Seconda guerra mondiale. Il Vangelo è una pagina aperta, da riscrivere ogni volta. Era capitato anche alla mamma di vivere l’abbandono del padre. Poi lui era tornato invecchiato, malato e chiedeva di esaudire un ultimo desiderio: essere accolto in casa. Morire a casa… E lei disse “vieni”. Tutti ricordiamo la parabola di quel padre che accoglie un figlio andato lontano. Ma non ce n’è una che racconta di un figlio, di una figlia, che ri-accoglie il padre. Forse intendeva questo Gesù, quando dice: “Non vi meravigliate, vedrete cose più grandi di queste”? Il Vangelo cioè può continuare a farci immaginare storie inedite, che sconfinano, che inventano cose che ora ancora non vediamo. Questo può capitare a tutti, a chi pensa di credere e a chi pensa di non credere. Perché il Vangelo, come diceva ancora Pasolini, è pienezza di umanità. La mamma ci ha insegnato queste cose, ai suoi figli, ai suoi nipoti, ai suoi pronipoti. Ci ha insegnato la dolcezza della resistenza. Malata, era stata per tre anni (dai 17 ai 19) prima a Padova e poi a Malcesine per curarsi di Tbc. Il professore aveva chiamato lei e nostro papà, allora giovani “morosi”. “Vedo che vi volete bene so che volete sposarvi”, aveva detto serio, “ma come ho già detto a te, Valda, lo devo dire anche a Raffaele, non potrete avere bambini”. Loro si sposarono invece, e ogni figlio lo portarono puntualmente alla clinica, davanti agli occhi allibiti del professore: uno, due e tre, fino a che questi aveva detto: “Ho capito, Valda, hai fatto bene, ci siamo sbagliati noi”. Ecco, questo è un frammento della piccola, immensa resistenza delle donne… Ora che il viaggio è compiuto rimane questa supplica al divino della madre, ora che la morte è arrivata, questa arcaica e rivoluzionaria preghiera si accende perché la madre, la vita, non voglia morire nei nostri occhi, nel tremore delle mani, nella corteccia dell’olmo e nelle primavere che verranno quando sarà di nuovo sciolta la neve: «Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire. Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…».
“Non so davvero da dove iniziare, perché descrivere la propria mamma a parole è difficile, e fare questa gemma è stato difficile anche per me. Sei una donna incredibile, forte, bella dentro e fuori.Sei amore, quello che non chiede nulla in cambio. Lavori sempre, ti dai da fare ogni giorno senza mai lamentarti, anche quando sei stanca, anche quando vorresti solo un attimo per te. E oltre a essere una mamma fantastica, sei anche un po’ papà. Hai fatto il doppio, senza mai farmi sentire la mancanza di niente. Hai riempito ogni vuoto con il tuo amore, con la tua presenza, con il tuo modo speciale di esserci sempre. Sei il mio esempio, il mio rifugio, la mia casa. Ti voglio bene più di quanto io riesca a dirti a voce. E sono fiera, ogni giorno, di essere tua figlia. Hai sempre messo me al primo posto, anche nei momenti più difficili. Mi ricordo quando stavi male… e forse anche peggio di me. Ma nonostante tutto, invece di pensare a te, pensavi a me. Hai fatto di tutto per farmi stare bene, per distrarmi, per regalarmi bei momenti insieme a casa, fuori, ovunque come se il tuo dolore non esistesse” (I. classe prima).
“Ho deciso di portare questi orecchini che mi ha regalato mia mamma a Natale del 2022. Ogni volta che li indosso mi ricordano il bellissimo rapporto che ho con lei e per questo li collego a dei ricordi positivi” (S. classe prima).
“Quest’anno come gemma ho deciso di portare un anello che mi ha regalato mia mamma al mio 18º compleanno. Per me ha un significato molto importante e profondo perché me l’ha regalato una persona molto speciale e importante a cui voglio molto bene. Questo anello è diventato ormai un mio portafortuna, lo tengo tutti i giorni ma allo stesso tempo ho la paura di perderlo quindi sto molto attenta ad indossarlo… Non è solo un accessorio, ma è molto di più perché è come se rappresentasse un po’ mia mamma ed è come se l’avessi sempre vicino a me: la presenza di mia mamma che mi aiuta sempre e mi è sempre vicina è fondamentale. Inoltre, anche mia sorella ha un anello simile e quindi simboleggia anche il nostro legame”. (G. classe quinta).
“La mia gemma è questo tatuaggio che ho fatto circa una settimana fa con mia mamma. Ho scelto di tatuarmi due farfalle perché, per me, le farfalle sono creature stupende: libere, leggere e piene di vita, anche se breve ma intensa. Per me queste due farfalle rappresentano me e mia mamma. Lei è la persona più importante della mia vita, quella che mi è sempre stata accanto e mi sostiene in tutto. Facciamo molte cose insieme, come andare in palestra o a yoga, e ci raccontiamo sempre tutto. Ci sosteniamo e ci consoliamo a vicenda, e proprio per questo ho scelto due farfalle: perché so che mia mamma ci sarà sempre per me, così come io ci sarò sempre per lei. Ovviamente, non ho obbligato mia mamma a fare lo stesso tatuaggio, soprattutto perché era anche per lei la prima volta. Lei ha scelto invece un altro tatuaggio con lo stesso significato: due fiori che si intrecciano, simbolo del nostro legame” (M. classe quarta).
“Come gemma quest’anno ho deciso di portare una foto di New York durante il periodo di viaggio studio che ho fatto l’anno scorso in occasione del progetto studente-ambasciatore presso le Nazioni Unite. Nel preciso momento in cui ho scattato la foto, mi trovavo sull’Empire State Building, uno dei grattacieli più alti della Metropoli: l’atmosfera era indescrivibile, mi sembrava di vivere un sogno, e per la prima volta ho percepito realmente la sensazione che tutti chiamano “sonder” (peraltro nome di uno dei miei gruppi preferiti) ovvero quel momento in cui si prende consapevolezza del fatto che ognuno ha la propria vita che procede indipendentemente dal fatto che qualcun altro ne sia consapevole. Essendo il mio primo viaggio da sola ero molto tesa, soprattutto per i vari imprevisti che mi sono capitati, ma mi è bastato poco alla fine per rendermi conto dell’impatto profondo che questa esperienza avrebbe avuto: ho imparato infatti ad essere indipendente, a cavarmela da sola e, nonostante non mi sia trovata granché bene con la compagnia se non gli ultimi giorni, ho imparato che non devo per forza piacere e stare simpatica a tutti. Inoltre quest’esperienza mi è stata resa possibile soprattutto dai numerosissimi sacrifici che ha fatto mia mamma: sin da quand’ero piccola, lei ha fatto un sacco di sacrifici per me in modo tale da farmi fare più esperienze possibili e garantirmi una buona istruzione e per questo le sono immensamente grata”. (R. classe quarta).
“Questa è la mia mamma. Per me lei rappresenta un punto fermo nella mia vita, è la mia spalla destra ed è colei che ci sarà sempre per me in ogni attimo della mia vita. Sono davvero grata di avere una mamma come lei, sempre pronta ad aiutarmi e sostenermi in ogni cosa e in ogni sfida che mi viene posta davanti. Anche se litighiamo, ogni tanto ci urliamo, resterà sempre la persona più importante della mia vita e non avrei mai potuto chiedere mamma migliore” (A. classe quarta).
“Dopo l’anno scorso, non ho avuto dubbi su chi portare come gemma quest’anno, se non la persona che mi é stata più accanto di tutte in un periodo in cui credevo non valesse la pena vivere. Questa persona è mia madre. So che posso sembrare infantile, però dopo aver attraversato un periodo così buio lei é stata la mia luce che mi ha portata all’uscita di un tunnel e mi ha permesso di sorridere quando io da sola non riuscivo. lo le devo tutto. Tutti i miei traguardi sono grazie a lei, e purtroppo non riuscirò mai a ripagarla abbastanza per tutto quello che mi ha dato. Ha fatto di tutto per rendermi felice, io ho sempre saputo che ci sarebbe sempre stata per me, ma dopo il 2024 ne ho avuto la prova. Non ho mai sperimentato, prima dello scorso anno, tante persone che provano un grande odio nei miei confronti, forse ingiustificato, o forse era una prova della vita, una di quelle prove che fanno male ma che ti rendono più forte, e se mia madre oggi è così forte, vuol dire che ne ha passate tante. Nonostante io la ami tantissimo, continuerò a romperle le scatole raccontandole i miei aneddoti che non le interessano minimamente e a tartassarla con le mie paranoie sui ragazzi, sul mio valore e sulla scuola”. (S. classe seconda).
“Ho deciso di portare questa gemma per ringraziare la persona più importante della mia vita: mia madre. Lei è stata la luce che ha illuminato i miei momenti più bui, mi ha aiutato a superare le mie paure e ad affrontare ogni mio problema, dal più piccolo al più grande. Mi ha insegnato ad essere umile, grata e resiliente. Mia madre è stata la mia salvezza, non mi ha mai abbandonata, neanche quando ero io a voltarle le spalle. È stata l’unica a credere in me quando nemmeno io riuscivo a vedere in me stessa qualcosa di buono. Sono profondamente grata di avere accanto una donna così forte e intelligente. Il mio desiderio più grande è renderla orgogliosa di me e farla felice, proprio come lei ha fatto con me” (C. classe quinta).
“Mia madre è la persona più importante della mia vita, anche se a volte il suo modo di essere può risultare severo. So che il suo rigore nasce dal desiderio di vedermi crescere come una persona migliore, capace di affrontare le difficoltà della vita. Ogni volta che mi corregge o mi spinge a fare di più, lo fa perché vuole il meglio per me, anche se in quei momenti può essere difficile da accettare. È una donna forte e determinata, e ammiro il modo in cui affronta le situazioni difficili senza mai perdere di vista ciò che conta davvero. Da lei ho imparato tanto, non solo dalle sue parole, ma anche dai suoi gesti. Ci sono momenti in cui non sono d’accordo con lei e ci scontriamo, ma alla fine so che tutto ciò che fa è per il mio bene. Se penso alla mia vita senza di lei, mi rendo conto che sarebbe vuota” (M. classe seconda).
“Questo è il mio ultimo anno alle superiori, ma è anche la prima volta che porto una gemma. Ho deciso di non buttare via questa mia ultima occasione e ho scelto una foto di me e mia madre quando ero piccola. Io e lei siamo sempre state vicine, abbiamo sempre avuto un rapporto meraviglioso e siamo l’una la forza dell’altra. Quando mia mamma è arrivata in Italia non aveva letteralmente nessuno, mio padre lavorava tutto il giorno e l’unica a farle compagnia ero io, anche se ero appena nata e non sapevo far altro che piangere e dormire. Qualunque cosa succedesse siamo sempre state insieme, noi due, solo noi due. So che è l’unica persona che farebbe qualunque cosa per me e che nonostante tutto rimarrà sempre al mio fianco. Lei è l’esempio di madre perfetta ed è colei che vorrei essere quando avrò un bimbo o una bimba: mia madre si toglierebbe qualunque cosa per poterla dare a me, anche la vita, e questo penso che possa riassumere il tipo di persona che è. Le sarò eternamente grata per quello che ha fatto per me e non vedo l’ora di potermi “sdebitare”. Ho scelto questa foto perché ritengo che sia l’emblema del nostro rapporto, che non si è mai sgretolato, ma che col passare degli anni, nonostante i momenti bui, si è sempre fortificato”. (S. classe quinta).
“Ho scelto questa collana perchè mi ricorda molto il rapporto che ho con mia mamma. Un giorno, mentre stavamo uscendo, volevo a tutti i costi mettermi una collana ma non ne avevo una che mi piacesse particolarmente, quindi sono andata fra le sue cose e ho preso questa. L’ho tenuta anche i giorni seguenti e mia mamma mi ha detto di tenerla perché mi stava molto bene. Dopo che mamma si era fidanzata con papà, sua nonna le aveva regalato questa collana. Io amo il rapporto che ho con mamma perché è una delle persone più genuine e vere che ho. Con lei posso parlare di tutto, anche di cose negative senza essere giudicata e ho sempre la certezza che lei ci sarà sempre per me e non mi lascerà mai” (A. classe quinta).
“In questa foto (anche se non si vede) ci siamo io e mia mamma. L’occasione era una cena tra noi due la sera in cui ho preso la patente, e questo non è un dettaglio rilevante. In classe, ho dato un significato al perché ho scelto come ultima gemma proprio lei, ma questo rimarrà nel luogo dove è stato pronunciato, tuttavia qualcosa si può dire. Io e la mia mamma stiamo attraversando un periodo un po’ complicato e per questo ultimamente ci stiamo legando molto più di quanto non lo siamo mai stati. Io e mamma non abbiamo mai condiviso tantissimo (sono sempre stato abbastanza indipendente e per alcuni problemi familiari non passavo tanto tempo a casa), ma ora più che mai, che sto crescendo e sto intraprendendo la mia strada, sento che forse non le ho dato ciò che meritava e per questo voglio rimediare adesso al mio “errore”. Perché lei è la mia mamma e le voglio tutto il bene del mondo” (R. classe quinta).
“Comincio dicendo che sono una persona molto sensibile a livello olfattivo, e mi viene sempre istintivo associare determinati odori e profumi a determinate persone o momenti. Questo ovviamente si riflette inevitabilmente sul loro aspetto emozionale, infatti mi é capitato un sacco di volte di ritrovarmi sorpresa in modo completamente inaspettato nel riconoscere, per esempio, il profumo di una persona che in quel determinato contesto non c’entrava niente. Da piccola i profumi fungevano da rifugio, mi davano sicurezza ovunque andassi. In modo specifico, mia mamma possedeva un profumo che metteva ogni giorno. Era un profumo molto semplice, ma io non l’ho mai sentito addosso a nessun altro se non lei. Per tutto il periodo della scuola materna e i primi anni di elementari ho provato ogni giorno una malinconia fortissima di casa, e anche se era una cosa assolutamente banale, mi capitava spesso di entrare in crisi, e ricordo che la mia mamma per donarmi la sensazione di casa ovunque andassi mi metteva ogni mattina uno spruzzo del suo profumo. Ricordo anche che quando doveva uscire la sera a cena si metteva sempre quello stesso profumo prima di darmi la buonanotte. Era una sicurezza e un punto fermo riconoscibile. La mamma mi ha regalato l’ultima boccetta di quel profumo due anni fa e adesso non lo riesco più a trovare in commercio, il che è abbastanza triste, però è un pilastro che mi rimarrà sempre nell’anima richiamando quella sensazione che mi faceva sentire come se tutto andasse bene e io fossi al sicuro”. (E. classe quinta).
“Ho scelto di portare questo libro perché da piccola avevo paura della morte di mia madre, e allora mia mamma me l’ha comprato per tranquillizzarmi” (V. classe prima).
“Mia madre è la persona più importante della mia vita; quando ho bisogno la trovo sempre vicino a me e non mi ha mai lasciato da solo e senza risposta. Ha fatto tutto, ha speso tanto per me e io devo restituirle tutto quello che ha fatto per me e i suoi sacrifici” (A. classe prima).
“A inizio anno mi è stato dato il compito di presentare una gemma e da quel momento mi sono chiesta in continuazione cosa portare. Mi sono concentrata su tutti gli oggetti a cui sono affezionata, alle canzoni che non mi stanco mai di ascoltare, a tutti i momenti che sono rimasti indelebili nella mia mente e nel mio cuore e a tutte le persone che amo. Cercavo in continuazione un qualcosa di complicato, ma mi sono resa conto che “l’essenziale è veramente invisibile agli occhi”. Per questa gemma ho scelto di portare mia mamma. Inizialmente mi è apparso un pensiero banale, ma ripensandoci non lo è affatto. Forse l’età mi ha portato ad apprezzarla di più, o meglio, a comprenderla di più. Nonostante io sia la sorella maggiore, quindi ricopro quasi il ruolo di seconda mamma in casa, non riuscirò mai ad essere come lei. Mia madre è la donna più forte che io conosca, non lo dico solo perché ho un amore incondizionato nei suoi confronti, ma anche perché ha avuto modo di dimostrarmelo durante tutti questi anni. Nonostante le immense imprese e ostacoli che il destino ha voluto imporre nel suo cammino, lei ha sempre avuto il coraggio di trovare la forza per lottare per noi e con noi. È riuscita ad affrontare una delle malattie più temute dalle donne, ma nonostante ciò non ci ha mai private della sua presenza. Sì è vero, ha, a volte, un carattere abbastanza irruento, su molte cose siamo in disaccordo, ma non smetterò mai di cercare il suo sguardo per una rassicurazione, per sentire quell’amore che solo una madre può dare. Sono sempre stata una persona a cui non piacciono molto le smancerie, preferisco dimostrare ad azioni, a fatti i miei sentimenti, ma ho anche capito, in questi ultimi anni, che la vita è troppo breve per non pronunciare quel “ti voglio bene mamma”. Ho iniziato a piccoli passi a riaprirmi nel mondo dei sentimenti. Penso che a tutti sia capitato di trovarsi in una situazione in cui l’unico pensiero fosse quello di essere tra le braccia della propria madre per riuscire a dimenticare ciò che è successo e di sentirsi nuovamente al sicuro. Questa è l’importanza della mamma. Dico spesso che starei benissimo senza di lei, che sono abbastanza grande per affrontare la mia vita da sola, ma nel fondo della mia coscienza sono perfettamente consapevole che tutto questo non è vero. Non vorrei sembrare banale a questo punto, ma quando dico che mia madre è il mio punto di riferimento lo intendo davvero. Ho sempre sperato e sognato di essere come lei, di avere il suo carattere e di riuscire a farmi rispettare in ogni circostanza, di avere la sua tenacia e la sua testardaggine, anche se a volte è un po’ fastidiosa. Ho capito che tutte le litigate con lei non sono tempo perso, anzi, mi hanno aiutata a crescere. In questi anni io e lei siamo cresciute insieme e siamo diventate amiche, un tipo di amica che tutti dovrebbero avere nella loro vita. Lei non giudicherà mai, mi sosterrà sempre anche negli errori, ma spiegando gli sbagli e donandomi i consigli giusti per rialzarmi. È un’amica che non ha alcuna invidia nei miei confronti, spera solo che io non commetta i suoi stessi errori e che, anzi, abbia una vita migliore della sua. Le mie lacrime da lei sono sempre state asciugate e facendomi sentire avvolta dalle sue calde braccia sono riuscita a percepire quella rassicurazione che ormai non sento da tempo. La mamma rimarrà sempre la mamma ed è per questo che a lei dedico questa gemma, per ricordarmi quanto lei sia fantastica e anche per ricordarmi di quanto io sia fortunata ad averla al mio fianco. Ti amo mamma.” (J. classe quarta).
“Come gemma ho deciso di portare il rapporto che ho con mamma e anche se per molti è una cosa banale, per me non lo è. Starei ore e ore a parlare con lei che a volte mi fa da madre, altre da migliore amica. Con lei riesco ad essere me stessa al 100%. Spesso mi basta un suo sguardo e riesco a trovare la strada per uscire dal labirinto di paranoie e pensieri nel quale mi sono persa. Riusciamo a capirci e a volte fare interi discorsi solo attraverso gli sguardi. Lei la prendo come modello e quando non sono in me è l’unica che riesce a farmi ragionare, qualunque sia il problema. Le voglio un mondo di bene anche se non glielo dico quasi mai” (E. classe prima).
“Questa è la mia prima gemma e ho deciso di dedicarla a mia mamma. Questo oggetto può sembrare semplice ma per me ha un significato importante e ricordo ancora molto bene il giorno in cui me l’ha regalato: era la sera prima della mia Comunione e lei è arrivata in camera mia e mi ha dato questo braccialetto, io l’ho subito messo al polso e non l’ho più tolto. Questo braccialetto mi ricorda quel momento e soprattutto mia mamma, a cui devo veramente il mondo per quello che ha sempre fatto per me” (A. classe prima).