Gemma n° 2793

“Come gemma di quest’anno ho deciso di portare la mia esperienza da animatrice. Sono già 2 estati che faccio l’animatrice nell’oratorio del mio paesino. Sono molto grata a questa esperienza perché mi ha fatto conoscere tante nuove persone, ma soprattutto mi ha fatto crescere molto come persona. I bambini, anche se non sembra, hanno molto da dare anche ai più grandi. I bambini mi hanno insegnato ad apprezzare le cose più semplici come un abbraccio la mattina o anche, banalmente un buongiorno” (A. classe terza).

Gemma n° 2681

“Quest’anno la scelta della gemma è stata molto semplice; ho deciso infatti di parlare del mio migliore amico M.
Lui è il mio tutto, la ragione per cui credo fermamente che l’amicizia tra maschio e femmina sia una delle migliori che possa mai nascere.
Ci siamo conosciuti al centro estivo del mio paese, aveva aperto da due anni dopo la fine del covid ed ero molto emozionata perché era il mio ultimo anno da “animata” prima di diventare animatrice. La mia migliore amica era animatrice e molti degli animatori con cui ero cresciuta avevano deciso di abbandonare il centro estivo. Ricordo ancora quella mattinata, qualcuno giocava a calcio e io e le mie amiche avevamo deciso di sederci per raccontarci i gossip. Non so con quale coraggio ma quel giorno gli chiesi di unirsi a noi per scherzare insieme e conoscerci. Io ero ancora abbastanza timida (non come adesso) quindi per me era difficile essermi esposta così con un animatore che non conoscevo minimamente. Adesso, dopo 3 anni, ringrazio la me del passato per aver avuto quel coraggio. Da quel giorno infatti abbiamo iniziato a uscire le sere nel mio paesino creando un bellissimo gruppo.
Ho caricato questa foto perché è il regalo di compleanno che mi ha fatto. I girasoli infatti sono i miei fiori preferiti e da quando ci siamo conosciuti glielo ripeto sempre. Quando ho aperto il suo regalo sono rimasta a bocca aperta perché avevo capito che al mio fianco avevo il ragazzo migliore al mondo. Lui c’è sempre per me, sopporta tutte le mie crisi isteriche ed è sempre pronto a farmi sentire bene anche quando vorrei stare da sola. I suoi genitori devono essere più che orgogliosi perché sono veramente rari i ragazzi come lui. Con lui posso essere me stessa al 100% facendo anche la scema, non vergognandomi affatto. È il primo ragazzo a cui basta uno sguardo per capire come sto veramente ed è il primo con cui non ho problemi ad aprirmi e raccontare tutto di me.
Ormai per me è diventato essenziale, l’estensione della mia anima. È l’unico che mi ha promesso di rimanere e dopo tutto è rimasto. Il bene che gli voglio è indescrivibile, sono disposta a perdere la mia stessa vita per lui.
Molto probabilmente entrerà in accademia militare dovendo andare in Veneto, ciò significa che il prossimo anno passerò dal vederlo ogni giorno al vederci poche volte l’anno ma io gli auguro il meglio sperando con tutto il mio cuore che riesca a realizzare i suoi sogni.
Per me è come un fratello perché è sempre pronto a proteggermi, perfino i miei genitori lo vedono come un figlio. Insomma è la mia ragione di vita e sarò per sempre grata al destino per avermi permesso di incontrarlo e di creare questa amicizia”.
(A. classe seconda).

Gemma n° 2653

“Ogni anno, durante le settimane del centro estivo, viene scelto un tema su cui riflettere insieme ai bambini, e quest’anno il tema è stato quello della “Gioia piena”. A prima vista, potrebbe sembrare complicato spiegare questa parola a dei bambini, ma in realtà la gioia si manifesta in modi diversi nella vita di ognuno. Durante quest’estate, ho avuto l’opportunità di riflettere sul significato di questa parola e, alla fine, ho capito cosa rappresenta veramente per me la gioia piena.
In particolare, sono convinta di averla sperimentata veramente durante la settimana di luglio trascorsa in montagna, a Rigolato. È stata una settimana ricca di impegni per noi animatori, una settimana che ci ha visto dedicare interi pomeriggi alla preparazione delle attività, dei giochi, delle squadre e di tutto il resto. Nonostante la stanchezza di quei giorni, i ricordi più belli che conservo di quella settimana sono quelli legati ai momenti passati insieme ai miei amici, le lunghe camminate in montagna animate dalle risate dei bambini e dalle canzoni che cantavamo lungo i sentieri, i pasti condivisi in una piccola sala da pranzo, dove ci trovavamo stretti ma felici, le sere trascorse a chiacchierare, tutti chiusi in una sola stanza, con la paura di essere scoperti e mandati nelle nostre camere, la fretta delle pulizie e, soprattutto, le risate dei bambini che mi seguivano ovunque, facendomi mille domande a cui, nonostante tutto, cercavo sempre una risposta.
A rendere questi momenti indimenticabili sono state le persone con cui li ho vissuti: il gruppo di animatori, che è stato semplicemente il più bello che potessi desiderare, ma anche i bambini, che sono il vero collante di tutte le situazioni.
Ricordo un momento preciso in cui ho capito davvero quanto tutto questo fosse importante per me. Era la mattina dell’ultimo giorno del camposcuola. Ci trovammo tutti insieme fuori dalla casa, pronti per entrare nella sala da pranzo per fare colazione. Quando entrai, vidi che sui tavoli c’erano i libretti che noi animatori avevamo preparato la sera prima, riempiendoli di dediche fino alle due di notte, uno per ogni bambino presente. E ricordo anche di aver trovato al mio posto un foglio, riempito delle firme dei bambini che mi avevano accompagnato durante questa esperienza. È stata una sorpresa inaspettata vedere che ogni animatore aveva ricevuto qualcosa di simile, e non riuscivo a trattenere l’emozione. Quel momento, circondata dalle espressioni gioiose dei bambini che si leggevano le dediche a vicenda, mi ha riempito il cuore.
Quella giornata, passata a ricordare i momenti più belli della settimana con gli altri animatori, abbracciandoci, consolandoci a vicenda e cantando le nostre canzoni dell’estate, mi ha fatto comprendere quanto questo lavoro mi faccia bene al cuore.
Le persone con cui condivido queste esperienze non sono soltanto dei “colleghi”, ma sono degli amici con cui ho una complicità che va oltre il ruolo dell’animatore. Per me, loro sono la luce e il sale della mia vita!”
(C. classe quinta)

Gemma n° 2489

“Come gemma ho deciso di portare questa maglietta. Rappresenta molto per me perché mi ricorda un percorso della mia vita ormai concluso a cui sarò sempre molto affezionata. È la maglia del mio gruppo parrocchiale con cui sono praticamente cresciuta e ora inizierò lo stesso percorso con dei bambini, spero di riuscire a trasmettere loro quello che hanno trasmesso a me i miei animatori” (G. classe terza).

Gemma n° 2413

“Quest’anno come gemma ho deciso di portare una parte molto importante della mia vita, ovvero il gruppo animatori. Sono ormai 3 anni che ne faccio parte e a novembre, con l’entrata dei 2010, siamo arrivati a essere in 60. Ogni anno facciamo molte attività tra cui animazioni alle sagre di paese, il carnevale comunale, e tante altre. Tutte queste attività sono solo delle piccole prove per riuscire ad affrontare la prova finale, il centro estivo. Oltre a tutto questo riusciamo ad organizzare anche delle giornate da passare insieme e fare gruppo. I momenti che preferisco sono sicuramente i pomeriggi d’estate passati a dipingere le scenografie per la festa finale, pomeriggi in cui ci ritroviamo a ridere, scherzare e raccontare storie e momenti divertenti degli anni passati. Come dico spesso, per me questo gruppo è una seconda grande famiglia, con loro mi sento bene e posso sentirmi me stessa” (G. classe seconda).

Gemma n° 2381

“Ho scelto di portare questa foto perché rappresenta la mia esperienza da animatrice al centro estivo. Fare l’animatrice mi ha insegnato a prendermi delle responsabilità e inoltre mi ha dato l’opportunità di conoscere persone tuttora molto importanti. Anche se spesso mi dovevo svegliare presto e tornavo a casa tardi, specialmente i bambini mi hanno dato e insegnato molto. Sono grata di aver avuto questa opportunità e di averla condivisa con un gruppo di amici con i quali sto bene” (A. classe terza).

Gemma n° 2339

“Come gemma ho deciso di portare un luogo: l’oratorio di C., che più che un luogo è un gruppo di persone, del quale sono entrato a far parte, come animatore, l’anno scorso e grazie al quale non solo ho rivisto vecchi amici, sono anche riuscito a conoscere meglio altre persone con cui non ho mai avuto rapporti amichevoli prima. Oltre ai miei amici ho conosciuto anche molti bambini con cui ho giocato e con cui mi sono divertito molto; grazie a loro e ai miei “colleghi” ho creato molti ricordi nonostante sia passato solo poco più di un’anno. Per me l’oratorio rappresenta una seconda famiglia, un posto dove rilassarmi, un posto dove andare e divertirmi. Sono veramente contento di aver avuto l’opportunità di entrare in questo gruppo e sono veramente contento di aver trovato delle persone con cui il divertimento è assicurato. Spero veramente che questo gruppo resterà intatto il più possibile, non solo per quanto riguarda l’animazione ma anche per la vita giornaliera” (A. classe seconda).

Gemma n° 2202

“Ho portato la maglia Collina 2022, dove si svolge il campeggio della parrocchia del mio paese. Ci vado da quando ero in seconda elementare e quest’anno è stato il mio ultimo anno. Mi ha permesso di conoscere nuovi amici, mi ha aiutato a diventare più espansiva e a non chiudermi in me stessa” (V. classe prima).

Gemma n° 1863

“Come gemma ho portato questo libretto, “Guida del campo estivo”, fatto con la Parrocchia; è stato quello che mi è piaciuto di più, quello in cui mi sono trovata meglio e ho socializzato un po’ di più”.

Ne ho fatti di campi estivi, quanti ricordi, quante emozioni. La costruzione di un libretto partiva poi da molto lontano, soprattutto quando non si usavano i pc e si assemblavano con ritagli di fotocopie, colla e forbici e macchina da scrivere. Ad aprile si iniziava per i campi che si tenevano a luglio e agosto e i cui effetti duravano almeno fino a ottobre-novembre, quando si entrava nel vivo dell’attività invernale. Grazie a M. (classe seconda) per questo tuffo nel passato e per la condivisione dell’esperienza positiva.

Gemme n° 322

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Ho portato come gemma il video fatto con alcuni amici della parrocchia che per me sono ragazzi speciali. Con loro non c’è niente che causi tristezza o problemi; ogni volta siamo sulla stessa lunghezza d’onda trovando modo di divertirci grazie alla passione per la musica o per intrattenere i bambini attraverso le attività che facciamo, come questo centro estivo che è occasione per divertirsi e per conoscere se stessi e le proprie potenzialità. Nessuno viene lasciato da parte creando qualcosa per i bimbi ma anche per noi; penso che seguire questa strada sia una delle cose più belle che mi siano capitate.” Questa è stata la gemma di M. (classe quarta) e visto che il video non è ancora on-line pubblico solo tre foto estratte da esso.
Il video è pieno di sorrisi, di divertimento, di gioia. Mi ha riportato indietro con la memoria, alla mia adolescenza e mi ha fatto venire alla mente una frase di George Bernanos: “È la febbre della gioventù che mantiene il resto del mondo alla temperatura normale. Quando la gioventù si raffredda, il resto del mondo batte i denti”.

Citykirche e parrocchie liquide

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Pubblico un interessante articolo (i link li ho inseriti io) di Giacomo Gambassi pubblicato su Avvenire. Argomento? Un nuovo modo di declinare le parrocchie in Germani e in nord Europa.
In Germania la parrocchia ha già cambiato volto. Conserva, sì, il nome del santo o del beato che da sempre la identifica. Ma non è più «per tutti» indistintamente. Chi ha interessi artistici può rivolgersi alla Kulturkirche, la “chiesa della cultura” di Amburgo. L’adolescente ha una bussola nella Jugendkirche di Berlino, la “chiesa dei giovani”. Il migrante in difficoltà o il disoccupato entra nella Diakoniekirche, la “chiesa del servizio” alle porte di Francoforte che offre consulenze e itinerari di sostegno. Si tratta di esperienze parrocchiali, o meglio de-parrocchiali, che sono espressione sia del mondo cattolico, sia di quello evangelico e che nascono nei quartieri delle grandi città dove dominano gli uffici oppure i condomini in cui chi li abita arriva a sera e riparte al mattino.
Le chiamano Citykirche e sono chiese che hanno come riferimento una zona dinamica (la City, appunto) in cui si mescolano impiegati, passanti o residenti dormi-e-fuggi. E vogliono essere la risposta nordeuropea alla crisi della parrocchia concepita secondo il modello tridentino (almeno guardando alla Chiesa cattolica).
Parrocchie «liquide», le definisce Arnaud Join-Lambert, docente francese di teologia pastorale e liturgia all’Università Cattolica di Lovanio in Belgio, che le indica come nuove forme di comunità capaci di adattarsi alla “liquidità” della società europea, ricorrendo alla celebre categoria del sociologo Zygmunt Bauman. Se i rapporti sociali sono liquidi, anche le parrocchie possono diventare liquide, prospetta il teologo in un saggio pubblicato dalla Rivista del clero italiano, il mensile di aggiornamento pastorale dell’Università Cattolica. «La loro caratteristica – spiega il docente – è di andare verso le periferie esistenziali». Perché le attuali parrocchie cominciano a «somigliare a club» che soddisfano «i bisogni spirituali di alcuni» ma «ignorano o trascurano la sete spirituale della maggioranza». Il campanile resta, ma si trasforma. Come mostrano i prototipi parrocchiali tedeschi che propongono una «specializzazione dell’offerta spirituale». «Non sono luoghi in cui una comunità di fedeli più o meno stabile vive il “tutto per tutti”, né luoghi per il raduno domenicale – nota il teologo –. Tuttavia sono contrassegnati dal bello (esposizioni, concerti, creazioni artistiche e culturali), dal bene (aiuto ai migranti, alle persone precarizzate) e dal vero (formazioni, conferenze, scambi)».
Una rivoluzione che, aggiunge lo studioso, richiede mezzi: aperture non stop, persone esperte nell’accompagnamento, volontari. Per «inventare le parrocchie di domani» Join-Lambert si affida anche a due vocaboli economici: incubatori e start-up. Se gli incubatori sono «concentrazioni di persone qualificate impegnate in progetti innovativi», la loro declinazione ecclesiale dà vita a percorsi che «favoriscono il dialogo churchintorno a tematiche comuni». È il caso in Francia di Saint Joseph a Grenoble che ha scommesso sulla pastorale dei giovani o di Marthe-et-Marie nel nuovo quartiere Humanicité a Lomme (Lille) che si dedica all’accoglienza. Le start-up, aziende con scarsi mezzi ma sorrette da organici motivati, si traducono in spazi cristiani che hanno al centro l’ospitalità presentata secondo l’icona del Vangelo della Visitazione. Ecco allora la Church on the corner, riallestimento “sacro” di un antico bistrot nel sobborgo londinese di Islington. L’intento di questi esperimenti è di «provocare e curare l’incontro» soprattutto di coloro «che sono lontani» dalla Chiesa, sottolinea il teologo.
Il docente prende a prestito le parole di papa Francesco che nell’Evangelii gaudium ricorda come «il rinnovamento delle parrocchie non abbia ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente». E sentenzia: «È l’ora della polivalenza». Ma tiene precisare: «La parrocchia non può sparire». Oggi, chiarisce Join-Lambert, la vita cristiana è «basata sull’attività spirituale e non su strutture, su un decentramento dell’ufficio domenicale, su una parte crescente composta da quanti iniziano o ricominciano in rapporto ai fedeli di sempre, e sul passaggio limitato nel tempo in seno a una chiesa precisa». Allora la parrocchia è chiamata a una conversione pastorale, magari ispirandosi all’immagine della «barca che preserva una parte di solidità in un mondo fluido ma non ha più punti di ancoraggio sociale o culturale».
Essenziali diventano il concetto di «rete fra parrocchie » che il teologo richiama più volte quando ipotizza chiese ad hoc e quello della «comunione tra le comunità nelle sue diverse dimensioni». Princìpi che fanno venire in mente le unità pastorali care ai vescovi italiani (mai citate nell’articolo). Per il docente, la parrocchia informale ha bisogno di «figure familiari di autorità»: il parroco, sì, ma affiancato dai religiosi che possono dedicarsi alla direzione spirituale o addirittura da un teologo. E soprattutto va «incoraggiato» il laicato. Serve «elasticità» – conclude Join-Lambert – per «poter continuare ad annunciare il Vangelo con modalità di socializzazione ed espressioni culturali del nostro tempo». Ma davvero la parrocchia liquida è la soluzione? E poi può essere esportata in Italia?”

Gemme n° 26

https://www.youtube.com/watch?v=k7kJVYwZyKo

Ho portato un cd. In realtà la gemma non è una canzone specifica, ma tutto quello che c’è dietro il cd. Ogni anno con la parrocchia facciamo un’attività teatrale e quest’anno abbiamo allestito “Forza venite gente”. Mi sono ritrovato a cantare e recitare nel ruolo di Francesco ed è stato bellissimo coinvolgere e animare i ragazzi delle medie in un bel lavoro d’insieme del gruppo di animatori. Speriamo di poter continuare anche ora che il nostro parroco è stato trasferito”. Sono tutte parole di V. (classe quarta).
Caro V. ti lascio le parole di un grande: “Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere così come sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un’opera di teatro, ma non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l’opera finisca priva di applausi.” (Charlie Chaplin)