“Come gemma ho deciso di portare un gruppo di rapper romani che ho scoperto questa estate grazie a mia cugina. Fanno canzoni satiriche e ironiche, utilizzando un linguaggio volgare con riferimenti a meme. Non ascolto praticamente mai il “LOL rap”, non è il mio genere, ma loro mi piacciono un sacco. Questa estate io e mia cugina abbiamo ascoltato le poche canzoni che hanno fatto uscire in loop ogni volta che ne avevamo l’occasione. Tuttora quando le ascolto mi fanno sorridere e ripensare alle vacanze” (L. classe terza).
Considero Marracash un punto di riferimento per la generazione z (nonostante non faccia parte di tale generazione) e penso che con l’album pubblicato nel 2021 (Noi, loro, gli altri), si sia di gran lunga superato. Come spiegato dallo stesso Marracash, il titolo del disco «racconta il momento: siamo una società frammentata, divisa in squadre e fazioni, ognuna con la sua verità». Tra le canzoni di questo album c’è una piccola perla: Dubbi. È stata la canzone che sin dal primo ascolto mi ha colpita di più. Nel brano, il rapper realizza un’attenta analisi della propria vita a ridosso dei 40 anni, tra successi musicali e soddisfazioni personali, focalizzando la propria attenzione anche su alcune mancanze dal punto di vista affettivo. Il motivo principale per cui mi ha colpita così tanto, da diventare fondamentalmente la colonna sonora delle mie giornate estive, è quell’indescrivibile capacità di Marracash di raccontare una storia, una storia che emoziona e allo stesso tempo fa pensare” (G. classe terza).
“Ascoltavo questo rapper prima che andasse a xfactor, poi è stato bello vederlo mettersi in gioco con quel genere di talent. Questa canzone è stata pubblicata una settimana fa sul prima e dopo la sua esperienza in tv. Lo ammiro.” Questa è stata la gemma di A. (classe terza). Un grido di ribellione, di voglia di non mollare, di desiderio di volare nonostante il petrolio che appesantisce le ali. Magari anche di essere riconosciuti per quello che si è: “Non giudicare gli uomini dalla loro pura apparenza; perché la risata leggera che spumeggia sulle labbra spesso ammanta le profondità della tristezza, e lo sguardo serio può essere il sobrio velo che copre una pace divina e la gioia.” Harry Forster Chapin
“Di questa canzone amo sia il genere rap e il cantante Clementino, sia il messaggio: non tutti i ragazzi di strada sono delinquenti per loro natura. La camorra ha inciso sulla loro esistenza distruggendo la loro famiglia. Questo è anche un aspetto che sento mio e mi ricorda le mie origini: sarebbe potuto capitare anche a me e invece ho una vita normale con amici fantastici.” Così L. (classe seconda) ha presentato la propria gemma. Verso la fine del brano si ascoltano queste parole: “Non è la fine del mondo ma quella del rispetto, la fine dei ragazzi, la fine della vita per chi rimane in strada ancora carenza d’affetto”. Penso sia stata questa la preoccupazione maggiore di L.: la vita in generale continua sopra la vita in particolare di chi vive quella realtà e che sembra essere abbandonato a se stesso e al proprio destino. E’ lecita la domanda del ritornello: “Dimmi adesso dove andrai, dimmi che succederà quando le vele saranno ormai tutte spiegate. Dimmi poi cosa sarà di chi profuma di strada quando le vele saranno ormai tutte spiegate”.
Nessuno ha riso. Forse tutti avevano anche fatto proprio il ritornello di LowLow e Mostro: “Finché mi batte il cuore, finché reggono le gambe, scrivo la mia storia col sudore e con il sangue e non puoi più fermarmi ora il mio nome è troppo grande; è il mio stupido sogno, l’unica cosa importante finché avrò questa voce, finché avrò la mia arte sarà sempre MS, voi scusate per il sangue”. Sulla mia stufa c’è questo sassolino, te lo dedico A.:
Leggo su UdineToday questo articolo di una collaborazione tra Dj Tubet e Mikeylous. Il pezzo è di Giancarlo Virgilio. A presto ci sarà il videoclip ufficiale.
«“Praise the Almighty”, l’ultima produzione di Dj Tubet è una canzone nata in rete. Su internet, attraverso Facebook, Soundcloud, Myspace e altri portali musicali, il rapper di Nimis ha conosciuto il giamaicano Mikeylous e da là è iniziata una forte amicizia rafforzata anche da alcune analogie.
“Lui è un campagnolo del nord della Giamaica, luogo dove è nato inoltre Bob Marley e che presenta forti affinità con il Friuli, essendo anche la terra che ospita il festival reggae Sunsplah, come un tempo noi ospitavamo il nostro Rototom Sunsplash. Il pezzo – ci spiega dj Tubet – è andato avanti e indietro tramite internet fra la Giamaica e Nimis. Volevamo dare un’idea generale di umiltà attraverso le nostre culture . La mia parte è in italiano e friulano, la sua in patois giamaicano”.
La canzone, il cui titolo è ‘Prega l’Altissimo’, rappresenta un punto di incontro tra la visione della preghiera di Mauro Tubetti e la religiosità giamaicana. Il pezzo ha un ritmo registrato a Ocho Rios – Saint Ann in Giamaica e contiene delle liriche che mettono in luce l’importanza di percorrere la strada affidandosi al volere del Padre. Questo il senso che l’artista vuole trasmettere.
“La mia idea del Divino e l’importanza delle sacre scritture come ispirazione. La preghiera come fondamento della nostra esperienza religiosa. Tutto questo va poi a mescolarsi con la visione religiosa nera. Una sorta di Europa che incontra l’Africa e le isole caraibiche. Mikeylous in una sua strofa afferma che hanno venduto e ucciso tutti i profeti, da Cristo ai profeti neri (Malcom X, Martin Luter, Marcus Garvey e lo stesso Bob Marley), perciò non resta altro che porre la sorte nelle mani di Dio.”
La canzone, contenete anche delle parti in lingua friulana, è stata trasmessa da Irie fm, la radio numero 1 per il reggae in Giamaica, e da alcune radio inglesi come City Lock Radio e Stingdemradio, oltre che da alcune radio regionali, fra cui Radio Onde Furlane.
“Penso che questa collaborazione sia un passo molto importante anche per la nostra lingua. Varca i confini e viene trasmessa su stazioni radiofoniche dove, molto probabilmente, è la prima volta che la sentono parlare. Fra poco dovrei andare a Londra per girare il video. Incrociamo le dita”.»
Intanto questo è il video con il testo (Dj Tubet canta prima in italiano e poi in friulano).
Era il 7 settembre 1996; aveva appena assistito all’incontro di boxe tra Mike Tyson e Bruce Seldon. Si stava recando in un club, quando la sua auto venne avvicinata da una Cadillac bianca: dagli occupanti di quell’auto si prese 4 proiettili che lo portarono, sei giorni dopo, alla morte. Il protagonista di queste righe è Tupac Shakur, della cui morte oggi è, appunto, l’anniversario. Pubblico il video di Unconditional Love, un brano che parla di droga, povertà, famiglia, voglia di riscatto, bisogni amore senza condizioni, Dio, amicizia, fama, amore… La traduzione l’ho presa qui.
(cosa volete tutti?)
Amore incondizionato (senza dubbio)
parlando delle cose che non vengono via quello non scompare
durerà per tutti questi pazzi giorni queste pazze notti
sia che tu abbia torto o ragione
ti amerò ancora proverò ancora qualcosa per te
sarò ancora lì per te non importa cosa,
tu sarai sempre nel mio cuore con amore incondizionato
Vieni a sentire i miei pensieri più veri, i miei sentimenti più veri
tutti i miei soci scontano anni di pena per spaccio di droga
di quante bare possiamo essere testimoni prima di vedere
che è difficile vivere questa vita senza Dio,
quindi dobbiamo chiedere perdono
ho chiesto a mia madre perché Dio meritò di morire
sono stato testimone delle lacrime che scendevano libere dai miei occhi
prima che lei potesse rispondere
anche se non eravamo nati con i cucchiai d’argento
la mia TV scassata faceva vedere i cartoni nel mio salotto (ehi!)
un giorno ho sperato di farcela un giocatore in questo gioco
mamma non piangere, finché proviamo può darsi che le cose cambino
forse è solo una fantasia una vita dove non abbiamo bisogno
di quella merda di stato sociale con tutta la nostra famiglia
forse sono io che l’ho causato
il picchiare e il farmi male nella mia camera piangendo
perché non volevo essere un fardello
ho visto mamma aprire le braccia per abbracciarmi
e non sono più preoccupato di nessuna dannata cosa, con l’amore incondizionato
[Rit.]
In questo gioco la lezione è da vedere nei tuoi occhi
anche se le cose cambiano, il futuro è ancora dentro di me
dobbiamo ricordare che dopo l’oscurità viene il domani
quindi sarai sempre nel mio cuore, con amore incondizionato
Ho appena ricevuto il messaggio che hai chiamato tutta settimana
sono stato fuori a sbattermi su queste strade e non ho avuto occasione di parlarti
ma sai, tra me e te è sempre viva, fratello
non potremmo mai essere nemici, perché sei sempre stato un così buon amico per me
dove sarei senza i miei soci
non chiedermi perché, quando i tempi diventano difficili
perché non è facile essere quelli che siamo
guidati dalle mie ambizioni, desiderando posizioni più alte
quindi procedo a fare milioni, eternamente in missione
è essere più che un musicista rap
l’elevazione della generazione di oggi
se potessi farli ascoltare!
la prigione non è ciò che ci serve, non più bloccati nella miseria
è ora di giocare e programmare, la mia famiglia deve mangiare
quando tiriamo fuori qualcosa dal nulla
non c’è piacere nella sofferenza, il vicinato sarebbe buono
se si potessero tagliar via tutti gli spari
i liquori, il fumo e le volgarità
mando amore per il mio quartiere
la lotta non finisce mai – amore incondizionato
Probabilmente non capirò mai i tuoi modi
ed ogni giorno giuro che ti sento
che cerchi di cambiare i tuoi modi mentre vieni ripagata allo stesso tempo
appena avuto un bambino con gli stessi occhi
qualcosa dentro, per favore lasciatemi morire sono tempi strani
com’è possibile che non ce l’ho mai fatta
forse è il modo in cui ho agito nel mio cuore
sapevo che un giorno sarei dovuto essere una star
le mie speranze e i miei desideri così tante immagini vivide,
e tutto il contante che non riuscirò mai a vedere
questa vita veloce ci schiaccia presto
perché dopo tutte le luci e le urla
nient’altro che i miei sogni importano
sperando in giorni migliori
magari una notte pacifica, baby non piangere
perché tutto andrà bene
semplicemente appoggia la tua testa sulla mia spalla
non preoccuparti di niente bimba io sono un soldato (uh)
non mi hai mai trattato male, non importa chi fossi
sei comunque venuta a me con quell’amore incondizionato
Ho appena finito il quarto anno di liceo. E’ il 1992, è estate e in radio c’è una canzone che domina le hit: Hanno ucciso l’uomo ragno degli 883. Dopo 20 anni Max Pezzali rifà l’album in collaborazione con alcuni rapper italiani. Lo sto ascoltando su grooveshark e, sinceramente, non sono molto convinto dell’operazione. In ogni caso, su Dimensioni Nuove ho trovato questo articolo di Claudio Facchetti.
“Il 2012 è l’anno dell’Uomo Ragno. Al cinema, dove è ritornato con il film The Amazing Spider-Man, ma anche nella musica, grazie a Max Pezzali che, in occasione del ventennale dalla sua pubblicazione, ha rispolverato Hanno ucciso l’Uomo Ragno, l’album con cui aveva esordito, siglato allora 883, ottenendo un clamoroso successo. All’epoca, era il 1992, gli 883, alias Max Pezzali e Mauro Repetto, si affacciavano sulla scena italiana portando grande scompiglio con le loro micidiali canzoni pop. Erano melodie che entravano subito in testa e fotografavano meglio di un reportage la vita della provincia di tanti ragazzi, tra discussioni al bar, ragazze da rimorchiare, giri su improbabili auto, tasche sempre vuote, amicizie, amori e delusioni. Il ritratto veritiero di un mondo che, trasformato in musica, vendette oltre 600 mila copie, aprendo la strada della grande popolarità agli 883. Il seguito è noto. Mauro Repetto lascerà presto il solo Max come titolare del “marchio”, che porterà avanti fino al 2000 senza perdere mai colpi. Dal nuovo millennio, Pezzali decide di mettere in soffitta la celebre “griffe” e firmare i cd con il suo nome e cognome. Un cambiamento che coincide anche con la crescita musicale dell’artista che prosegue mantenendosi sempre al top delle classifiche. Adesso è spuntato questo progetto, la riedizione di Hanno ucciso l’Uomo Ragno 2012, che segue il filo della nostalgia, ma solo per un po’. Pezzali, difatti, ha avuto l’idea di incidere nuovamente tutti i brani e riarrangiarli con i maggiori esponenti della scena rap nostrana. È scesa così in campo una squadra di rapper da Champions League formata da Entics, Ensi, Club Dogo, Two Fingerz, Emis Killa, Dargen D’Amico, Fedez, Baby K e J-Ax che ha dato vitalità e attualità ai brani. Un restyling che ha contagiato ovviamente anche il suono dei pezzi, che l’artista pavese ha colorato in buona parte con maggiore energia rock, pur rispettandone la contagiosa cantabilità. Prova ne sia l’unico brano inedito inciso per l’occasione insieme a J-Ax, Sempre noi, il singolo di lancio che ben rispecchia il mood del cd. Ed è interessante notare come da questo “viaggio nel passato”, dice Max, «sia emerso che i sogni, le paure, i bisogni e le emozioni dei ragazzi non sono poi così cambiati negli ultimi vent’anni». Non si sa se prenderla come una bella o cattiva notizia.
Quando è maturato questo progetto? È stato pianificato per i 20 anni o è scaturito per caso?
È nato in maniera estemporanea l’anno scorso a Torino, in occasione degli “MTV Days”. Nel giorno in cui era prevista la mia esibizione, partecipavano anche i Club Dogo e altri rapper della scena piemontese che, alla fine del mio concerto, mentre facevo un medley di vecchi brani, sono saliti sul palco. Ho visto, con sorpresa, che sapevano a menadito i miei pezzi e mi sono chiesto come mai artisti che provenivano da una realtà musicale così diversa dalla mia, conoscessero a memoria quei brani.
Cosa hai scoperto?
Che tutti erano cresciuti ascoltando i primi cd degli 883. Così, parlando con il produttore dei Club Dogo, ha preso corpo l’idea di rifare Hanno ucciso l’Uomo Ragno in occasione del ventennale dalla sua uscita coinvolgendo altri rapper. Lui ha contatto gli artisti della scena hip hop, nessuno si è tirato indietro e con mia soddisfazione ho iniziato a lavorare al progetto.
Ti sei sentito a tuo agio nel confrontarti con un mondo così lontano dal tuo?
Sì, senza dubbio. Ho trovato negli artisti grande professionalità, cosa che forse per qualcuno potrebbe sembrare sorprendente. L’ambiente dell’hip hop è spesso visto con dei pregiudizi, si pensa ci sia molta improvvisazione in ciò che fanno i rapper, invece producono brani di alto livello e lavorano con serietà, non a caso oggi dominano le classifiche e “parlano” ai giovani come pochi altri sanno fare.
Perché ci riescono così bene?
Sono persone dalla grande cultura, che sanno un sacco di cose e con le quali è divertente parlare. D’altra parte, se tu costruisci la tua professione sull’uso intelligente e sul gioco delle parole, devi avere per forza dei “contenuti” dentro di te, perché altrimenti rischi di dire delle banalità, se non addirittura nulla. Il rapper, dunque, è spesso più profondo e capace di leggere la realtà di un cantautore.
Nel “ridipingere” le canzoni ti sei sbilanciato verso sonorità rock abbastanza inconsuete per te. Come mai?
È un momento piuttosto strano per la musica italiana e tutto sembra assomigliarsi un po’. C’è un diffuso appiattimento, provocato anche dai talent. Intendiamoci, da questi programmi escono interpreti spesso di valore dal punto di vista tecnico, cresciuti nel giro dei tre mesi di durata dello show, capaci di fare un buon compitino, ma non può essere il tutto. Purtroppo, visto la crisi del mercato, per le case discografiche è una scorciatoia comoda che taglia tante spese, ma dispiace perché così si penalizza l’altra anima della musica, quella che ha sempre avuto un ruolo di rottura, di libertà, di slancio nell’uscire dagli schemi. Ecco perché ho sentito la necessità di avvicinarmi a un suono più grezzo e immediato nel cd, e di riappropriarmi dell’aspetto ludico della musica, di giocare con le note favorito dall’approccio con i miei ospiti.
Non hai avuto timore di cadere nell’effetto nostalgia?
Il pericolo c’era e per questo ho cercato di dare altra linfa al progetto. Il valore aggiunto doveva essere l’unione delle nuove realtà, senza scivolare da una parte nella retrospettiva e dall’altra nel tentativo sterile di riattualizzare le canzoni. Credo di essere riuscito a integrare bene le due anime, rendendo il lavoro moderno e contemporaneo.
Si è instaurato una sorta di confronto tra te e i tuoi ospiti?
È stato uno scambio quasi intergenerazionale. Mi spiego. La figlia di mia moglie, che ha 16 anni, è una fan dell’hip hop e quando ha ascoltato il cd ha visto in me qualcosa che si collegava al mondo dei rapper, quasi una specie di corto circuito. Questo mi ha fatto capire che sbagliavo nel criticare alcuni pensieri e atteggiamenti dei giovani di oggi. Non sono degli smidollati o dei viziati, come vogliono dipingerli certi sondaggi, ma vivono una crisi, come è accaduto a qualsiasi altra generazione. Ecco che allora torna utile osservarsi in uno specchio diverso dal solito per scoprire che, accanto alle istanze odierne, certe problematiche non tramontano mai. È stato quindi molto costruttivo per me lavorare con questi artisti.
Alcuni problemi, dunque, sono uguali a quelli di vent’anni fa, forse solo riverniciati.
Le grandi preoccupazioni di quando sei giovane sono sempre quelle: sentirsi incompresi dal mondo, soffrire la solitudine, la difficoltà nel confrontarsi con l’altro sesso e così via, tutta una serie di dinamiche che non sono poi tanto cambiate rispetto al passato. Piuttosto, registro una sorta di rassegnazione che un tempo non c’era nonostante le difficoltà.
In che senso?
Nel periodo in cui uscì l’album ricordo che la società non era messa bene: c’erano tangentopoli e le stragi di mafia, un’Europa in forte cambiamento dopo la caduta del muro di Berlino, oltre ad altri seri problemi. Eppure, si reagì con forza, scendendo per esempio in piazza in massa dopo l’uccisione di Falcone e Borsellino, e trovando gli stimoli per guardare al domani con positività. Oggi la differenza con ieri è palpabile: per tanti giovani il clima è cupo, sembrano attendere una catastrofe imminente, il futuro non può cambiare… Questo atteggiamento mi spaventa, consapevole che non è semplice dare risposte al “momento” che si sta vivendo, ma rassegnarsi non è la soluzione.
Si è spenta forse la fiamma della passione, che citi nel ritornello del singolo Sempre noi,che alimenta tanti sogni?
Quando ero giovane, sono cresciuto con alcuni “dogmi” trasmessi dai genitori: la laurea, il posto fisso, un tetto sulla testa, ecc., argomenti importanti dettati dal comprensibile filo delle ragione. Ma tutte le cose, belle e brutte, che ho fatto nella vita mi sono arrivate dalla passione, dal seguire irrazionalmente un obiettivo, che era di comunicare e divertirmi con la musica. Oggi, che quel percorso a tappe obbligate del passato non esiste più, l’unica possibilità per salvarsi è la passione, dire a se stessi: “Mi butto in un mestiere che mi piacerebbe fare”, qualsiasi esso sia. Insomma, vivere di passione può portarti lontano o perlomeno renderti felice.”