La fede di Mika


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Dal mese di settembre Mika tiene una rubrica su XL. Nel numero di ottobre è comparso un articolo dal titolo “Ho fede, ma il mio dio è tollerante. E accoglie”. Nel pezzo scrive di un rituale che compie prima di ogni concerto e all’interno del quale è compresa anche la recitazione di quattro Padre Nostro, scrive delle proprie origini melchite, dell’attrazione che prova per le chiese e del suo essere a favore della fede ma contro la religione. Posto qui sotto l’articolo originale in inglese (a chi me lo chiede lo mando pure in italiano, ma insegnando in un linguistico…)

Before going on stage I have a ritual. Its normal – most singers do. I put on my show trousers and shoes, take off my T-shirt, brush my teeth, chew on a piece of fresh ginger dipped in honey and say a prayer. Every part of my pre-show ritual is as important as the other. The prayer, however, consists of four ‘Our Father’s and a couple lines on each element of my show.
After a year and a half of touring around the world, I asked myself at my final show in Warsaw, why I could not do a performance without this routine and in particular, without the prayer – especially as I am not normally religious. Perhaps the ceremony focuses me and also gives me confidence. But more than anything, this is just a habit which has its roots in childhood.
I was born a Melkite. It is a version of Christianity from Lebanon that has traces of Greek Orthodoxy but follows the Pope and the Vatican. From the age of eight I was educated in Catholic schools. This was not a conscious decision by my parents but a happy accident. I was expelled from the French state school I went to, and ended up at a small private school for boys, which we lived next door to. Religious history and ethics were drummed into us every day and religious music was the first serious singing I did.
Today I find myself with a contradictory opinion on the Roman Catholic Church and religion. I hate so much about it yet cannot get away from it. Religion has given me a code of ethics and an ability to embrace spirituality. Whenever I see a church I am attracted to it. I step inside and love the escape and detachment I feel within those walls. As an institution, it has never felt more detached from the world we live in. I seek refuge in their buildings, I say prayers, I believe in God, but my God is tolerant and inclusive.
At my school we had a close association with the Roman Catholic Brompton Oratory. We knew many of the priests, had confession and lessons with them. It was a general assumption among the boys that quite a few of our priests were probably gay. We had no issues with this. But for me, as an eight year old boy, I started to feel like the Church was used as a hiding place, that homosexuality was wrong, and that repression was encouraged.
I quickly realised this was rubbish. I had the luck to have life and family teach me so. All organized religions need infrastructure, money and have political influence. But in the world we live in today, when power and influence can be found at the click of a computer keyboard, the religious organizations feel more out of touch than ever. Gold crosses and wealth do not impress and are irrelevant when compared to the most important things that faith can offer. Bin the gold cross and get a wooden one. Let the Church impress with an open heart and not a heavy wallet.
It is an organization, it has good and bad and we must be brave enough to take what we like and not have them impose what we do not believe in. The Church is in crisis. Its scandals are being made public and its faults are more evident than ever. In order to survive it must welcome back with open arms the people that it has driven away. I am 27, I am pro choice, pro contraception, pro gay union, pro tolerance, and most of all pro faith if not religion.

One Reply to “La fede di Mika”

  1. Ecco la traduzione:
    Prima di salire sul palco seguo un rituale. È una cosa normale, lo fa la maggior parte dei cantanti. Indosso i pantaloni di scena, mi levo la maglietta, mi lavo i denti, mastico un pezzetto di zenzero fresco intinto nel miele e dico una preghiera. Ogni tappa del mio rituale è importante quanto le altre. La preghiera consiste in quattro Padre Nostro e un paio di frasi su ciascun elemento del concerto. Dopo un anno e mezzo di tournée in tutto il mondo al concerto finale, a Varsavia, mi sono chiesto come mai non riesco ad esibirmi se non seguo questa routine e in particolare se non dico la preghiera — dato poi che non sono particolarmente religioso. Forse il rituale mi aiuta a concentrarmi e mi dà sicurezza. Ma più che altro è semplicemente un’abitudine che risale all’infanzia.
    Sono nato di religione melchita. È una versione libanese del cristianesimo che risale alla chiesa greca ortodossa ma segue il Papa e il Vaticano. Dall’età di otto anni sono stato educato in scuole cattoliche. Non si è trattato di una decisione consapevole dei miei genitori ma di una fortunata circostanza. Espulso dalla scuola pubblica francese finii in una piccola scuola privata maschile vicina a casa mia. Ci martellavano ogni giorno con la storia e la morale religiose e le mie prime esperienze di canto vere e proprie sono stati gli inni religiosi.
    Oggi nei confronti della chiesa cattolica romana e della religione ho un atteggiamento incoerente. Le odio sotto molti aspetti ma non riesco a sganciarmene. La religione mi ha dato un codice morale e la capacità di accostarmi alla spiritualità. Le chiese mi attraggono, tutte. Entro dentro e adoro la sensazione di evasione, di distacco dal mondo che provo tra quelle mura. Come istituzione la chiesa appare oggi più che mai avulsa dal mondo in cui viviamo. Cerco rifugio nelle chiese, recito preghiere, credo in Dio, ma il mio è un dio tollerante, che accoglie.
    La mia scuola era in stretto contatto con l’oratorio cattolico di Brompton. Conoscevamo molti dei sacerdoti, ci confessavamo e facevamo lezione con loro. Noi ragazzi avevamo idea che parecchi preti fossero probabilmente omosessuali. Non avemmo problemi a riguardo. Ma a me, bimbo di otto anni, sembrava quasi che la Chiesa fosse usata come nascondiglio, che l’omosessualità fosse qualcosa di sbagliato, e che in alternativa la repressione fosse incoraggiata. Mi sono reso conto subito però che erano stupidaggini. Fortunatamente me lo hanno insegnato la mia famiglia e la vita.
    Tutte le religioni organizzate hanno bisogno di infrastnitture, di denaro, e esercitano un influsso politico. Ma oggi che il potere e l’influenza si trovano con un click sulla tastiera del computer
    le organizzazioni religiose danno l’idea di essere più che mai distanti dalla realtà. Le croci d’oro e la ricchezza non fanno più effetto, non contano nulla a paragone delle cose più importanti che la fede può offrire.
    Gettate la croce d’oro nella spazzatura e prendetene una di legno.
    La chiesa deve colpire per l’atteggiamento di apertura, non per il portafoglio gonfio. È un’organizzazione, ha lati positivi e negativi e dobbiamo avere il coraggio di prendere ciò che ci piace e non lasciare che ci imponga cose in cui non crediamo.
    La Chiesa è in crisi. I suoi scandali sono stati resi pubblici e i suoi torti sono più evidenti che mai. Per sopravvivere deve accogliere nuovamente a braccia aperte le persone che ha allontanato da sé.
    Ho ventisette anni, sono favorevole alla libera scelta, alla contraccezione, ai matrimoni Omosessuali, alla tolleranza e sono per la fede anche se non per la religione.

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