Gemma n° 2570

“Ho deciso di portare queste due foto. La prima foto è lo spogliatoio con la mia divisa prima della prima partita di questa stagione che ho fatto nelle vesti da arbitro. Quando arbitro mi sento sereno e felice, ho intrapreso la carriera a gennaio 2024 e ho intenzione di continuare ancora per molto. E’ un’esperienza da provare: mi ha migliorato molto e mi ha aiutato a maturare ed a combattere la mia timidezza.

La seconda è la foto con la mia fidanzata A. al mio diciottesimo compleanno e mi sentivo di portarla perché con lei sto bene” (M. classe quinta).

Gemma n° 2371

“Quest’anno come gemma ho deciso di portare questo album di fotografie che è stato realizzato dalla mia sorella ospitante in America e che mi è stato regalato in occasione del giorno della mia partenza per tornare in Italia.
Questo racchiude moltissime prime esperienze che ho vissuto mentre ero in Colorado, dal primo all’ultimo giorno. Come ad esempio il giorno del mio arrivo, i viaggi fatti con la famiglia, l’homecoming e il prom, il giorno del ringraziamento e via dicendo…
Dunque, possiamo dire che la mia gemma è proprio il mio anno all’estero.
Questo è stato un anno per me bellissimo che mi ha aiutato tanto a crescere e mi ha cambiato completamente, in positivo, mi ha reso molto più indipendente e specialmente mia ha aiutato a sconfiggere la mia timidezza.
Sfogliare questo album mi fa venire in mente tantissimi bei ricordi e mi fa sempre commuovere”.
(S. classe quinta).

Gemma n° 2103

“La mia gemma è un video che ho realizzato a fine estate e che riprende i migliori momenti trascorsi con i miei amici.
L’estate passata è stata un periodo piuttosto forte e significativo, perché ho avuto l’occasione di conoscere una nuova versione di me stessa. Ho trascorso un’estate intensa, la prima da maggiorenne, mi sono avvicinata al mondo del lavoro e ho imparato a convivere con situazioni complesse. È stata un’estate di miglioramenti personali, perché ho trascorso momenti in cui mi sono sentita finalmente me stessa e mi sono svincolata dal mondo circostante. È stata un’estate in cui, per la prima volta, ho capito cosa significa vivere e percepire la libertà. Nel video c’è infatti un piccolo filmato di me e i miei amici che saltiamo e balliamo in mezzo al mare di notte durante le prove di Jovanotti. Quella sera mi sono sentita per la prima volta viva. Mi sono sentita viva perché mi sono sconnessa dal mondo circostante e mi sono goduta l’attimo, senza pensare ai giudizi altrui e alla paura di apparire diversamente da come voglio. Mi sono sentita viva perché ho urlato fuori tutto il peso che mi grava dentro, che non riesco ad esternare e che non ho coraggio di mostrare. Mi sono sentita viva perché non mi sono sforzata di nascondere i miei punti deboli e i miei difetti.
Sono questi i momenti che hanno reso la mia estate speciale. Ciò che mi auguro è quindi di continuare a sentirmi così viva, così libera, così me stessa. Mi auguro di imparare ad accettare ciò che, fino ad ora, non ho avuto il coraggio di accettare. Mi auguro di essere più estroversa, meno paurosa. Mi auguro di smetterla di chiedermi se sono abbastanza intelligente, abbastanza bella o abbastanza magra. Mi auguro di capire che la perfezione non può essere raggiunta e che va bene così. Mi auguro di trovare la mia chiave per la felicità” (L. classe quinta).

Gemma n° 2010

“Io ho portato Lilly, il mio peluche. Ce l’ho da quando avevo pochi mesi e per me è molto importante perché, essendo timida, non parlavo tanto con gli altri e parlavo con lei. La portavo ovunque: se si vedono le foto della mia infanzia si nota che la portavo al mare, alle giostre, dappertutto. La tengo ancora proprio per la sua importanza: era sempre con me e quando ero triste lei mi faceva stare meglio”.

Mariasole non ha un peluche preferito come A. (classe prima) e come aveva mio nipote (suo papà è tornato a recuperarlo in un rifugio di montagna, pena il mancato addormentamento serale) o come avevo io (lo conservo ancora il mio orsacchiotto di improbabile colore rosso vivo). Però ci parla spesso con Teddy, Luna, Carlotta, Camilla ecc ecc. Prepara loro la pappa, li porta in giro in carrozzina, canta loro la ninna nanna. Un mondo tutto suo in cui è lei a decidere i vari ruoli che ciascuno deve ricoprire e dove è lei a decidere le regole. Chissà che non possa essere, quello dell’infanzia, un mondo che funziona meglio? O forse no? Un giorno proverò a sottopormi a questo esperimento…

Gemma n° 1869

“Ho deciso di portare come gemma una cosa a me molto cara, ovvero il mio primo copione; infatti ricordo che quando il mio insegnante di teatro me l’ha consegnato ho sentito una forte emozione che è aumentata quando sono salita per la prima volta sul palco ed ho iniziato a recitare davanti al pubblico.
Da quel momento il teatro è diventato un elemento per me molto importante al quale non voglio rinunciare perché attraverso la recitazione riesco (come se indossassi una maschera) a esprimere molte emozioni che nella quotidianità faccio fatica ad esprimere.
Attraverso il teatro sono riuscita a migliorare un aspetto del mio carattere che non mi piaceva e che alle volte mi metteva in difficoltà, ossia la timidezza che in alcune situazioni rischia di precludere alcune opportunità e non mi permetteva di mettermi in gioco.
Infatti, grazie al teatro si impara ad acquisire gli strumenti per gestire i propri momenti di imbarazzo e a non lasciarsi sopraffare dalle emozioni.
Grazie anche al mio insegnante ho imparato a superare la paura di parlare in pubblico e ho imparato a mettermi in gioco in diverse situazioni.
Il gruppo di teatro è simile ad una squadra, infatti si sta insieme per raggiungere un grande obiettivo comune che è lo spettacolo ed è molto importante conoscere ogni compagno proprio perché  bisogna avere fiducia l’uno nell’altro e rispetto reciproco.
Il teatro mi ha aiutato anche ad avere maggiore autostima ed a superare il giudizio altrui che mi ha sempre creato personalmente un po’ di difficoltà.
Infatti, ricevere dal pubblico gli applausi e la forza che mi trasmette il mio gruppo sono elementi che hanno rafforzato il mio senso di autostima e mi hanno gratificato molto aiutandomi anche a capire meglio me stessa.”

Dopo che L. (classe terza) ha presentato la sua gemma avevo in testa una frase di Victor Hugo che sapevo starci bene, ma non la ricordavo nei dettagli. Eccola: “Il teatro non è il paese della realtà: ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo di cartapesta, diamanti di vetro, oro di carta stagnola, il rosso sulla guancia, un sole che esce da sotto terra. Ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco”. E’ il teatro che ha anche permesso a L. una gemma così: due anni fa sarebbe stato impensabile. Quanta bellezza!

Gemma n° 1795

“La mia gemma è un po’ un concetto astratto e quindi utilizzo due foto per spiegarmi concretamente. La prima è dell’estate del 2020, quando sono stata a fare uno stage di una settimana fuori Roma, la seconda è di questa estate, del viaggio fatto a Napoli. Per me queste foto rappresentano un processo avvenuto in questi ultimi anni tramite alcuni viaggi che ho fatto. Lo stage è stato importante perché era la prima volta, dopo tanto tempo, che ero da sola lontana da casa; il viaggio a Napoli è stato una sfida per me e per le mie due sorelle perché ci siamo andate da sole nonostante un po’ di paura. Ho imparato così ad essere più indipendente e a non avere pregiudizi. Soprattutto sono riuscita a risolvere uno dei miei più grandi difetti: la timidezza. E questa è una cosa che non sento solo io da dentro ma che mi hanno riferito anche le persone che mi hanno conosciuto negli ultimi anni e che mi hanno detto di vedermi come una persona tanto aperta e sempre positiva”.

Così si è conclusa la gemma di M. (classe quinta). Io un breve testo sulla timidezza mi sento di metterlo, è di Ernest Hemingway: “Sorrise come soltanto i veri timidi sanno sorridere. Non era la risata facile dell’ottimista né il rapido sorriso tagliente dei testardi ostinati e dei malvagi. Non aveva niente a che fare col sorriso equilibrato, usato di proposito, del cortigiano o del politicante. Era il sorriso strano, inconsueto, che sorge dall’abisso profondo, buio, più profondo di un pozzo, profondo come una miniera profonda, che è dentro di loro.”

Persone silenziose

In questi giorni vedo passare molto spesso il video della canzone “Persone silenziose” sui canali che si occupano di musica. Lo trovo un ottimo testo, una poesia in musica scritta da quello che ritengo uno degli autori più sensibili del panorama italiano, Luca Carboni (che qui canta con la partecipazione di Tiziano Ferro). Mi vengono in mente molti studenti, quelli più taciturni, che abbassano lo sguardo se il mio si posa su di loro, che non alzano mai la mano, che preferiscono essere impallati da qualche compagno mentre i prof scannerizzano la classe… e che custodiscono dentro di loro un mondo prezioso fatto di perle di incredibile valore. Questo pezzo è per loro.

Di persone silenziose ce ne sono eccome
sono timide presenze nascoste tra la gente
Ma il silenzio fa rumore e gli occhi hanno un amplificatore
quegli occhi ormai da sempre abituati ad ascoltare
Persone che non san parlare che mettono in ordine i pensieri
persone piene di paura che qualcuno possa sapere
i loro piccoli e grandi contraddittori pensieri
E all’improvviso scappi via senza salutare
i tuoi occhi scendono le scale non so cosa vanno a fare
se a commuoversi o a sognare ad arrabbiarsi o a meditare
ma nell’anima si sa c’è sempre molto da fare
Persone che non san parlare che mettono in ordine i pensieri
persone piene di paura che qualcuno voglia giocare
coi loro piccoli e grandi contraddittori pensieri
All’improvviso scappi via senza salutare
… vorrei essere un angelo per poterti accompagnare

E se facessimo tutti come Lady Gaga?

timidezza, ricerca, introverso, audaceUn anno fa, giorno più giorno meno, scrivevo a proposito della timidezza. Ecco che, sull’ultimo numero di Internazionale, trovo un articolo piuttosto interessante. Partendo dall’osservazione del comportamento di salamandre e cinciallegre, trote arcobaleno e sialie, si cerca di dedurre qualcosa di utile per l’uomo. Il motivo del mio interesse per l’argomento è contenuto in una delle frasi dell’articolo: “Il problema è che nella società dove trionfa l’audacia le persone insicure hanno vita difficile, tanto da far considerare la loro timidezza un disturbo psichiatrico”.

Pubblico il pdf dell’articolo (l’originale è su “New Scientist”) che ho recuperato sulla rassegna stampa dell’università di Pisa (che consiglio).

Studenti di seconda classe

Un genitore viene a colloquio a scuola, si siede davanti a me e tra le prime cose emerge la timidezza della figlia. “E’ dalla prima elementare che tutti me lo dicono, ma che ci posso fare? Io le dico di buttarsi, di aprirsi, di provare, ma faccio solo peggio”. Così, da un po’ di anni non lo dico più e cerco di valorizzare in altro modo la partecipazione alla lezione di una persona introversa. Oggi ho letto questo interessante articolo di Alessandra Farkas.

bambino-timido.jpgNEW YORK — «Sono stata ispirata dalla stessa passione e dalla stessa indignazione che nel 1963 spinsero Betty Friedan a pubblicare The Feminine Mystique», spiega alla «Lettura» Susan Cain. «Un estroverso guarda all’introverso — continua — proprio come gli uomini hanno guardato alle donne fino agli anni Sessanta: cittadine di seconda classe. Una discriminazione che produce una colossale perdita di talento, energia e felicità». Una tesi forte, condivisa dai tanti critici che hanno acclamato il suo Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare, il libro già cult in America («una esplorazione affascinante della psiche umana — scrive “Kirkus” — capace di cambiare delle vite») che dopo essere stato un caso dell’editoria Usa, sta per essere tradotto in 17 Paesi (in Italia da Bompiani).

Il libro si scaglia contro un’America «terra degli urlatori e patria dei logorroici» dove tutto, dalla scuola al lavoro, dai media alle mega-chiese, dalla politica allo showbiz, privilegia chi strilla più forte. «Il problema non è certo solo americano», spiega Cain, che dopo le lauree a Princeton e all’Harvard Law School, ha lavorato come consulente per molte aziende e multinazionali, nonostante la timidezza cronica. In Quiet la 44enne autrice sostiene che agli introversi — almeno un terzo della popolazione — dobbiamo alcuni dei più grandi progressi dell’umanità: dalla teoria della relatività (Albert Einstein) all’invenzione del personal computer (Steve Wozniak), da Harry Potter (J. K. Rowling) a Google (Larry Page) e Microsoft (Bill Gates). «Picasso aveva ragione quando affermava che, senza totale isolamento, non è possibile realizzare grandi opere», teorizza Cain. «La solitudine è il catalizzatore dell’innovazione e ciò spiega il potere di Internet: un luogo dove si può essere da soli ma insieme. Proprio come la lettura, che Marcel Proust definì “quel fruttuoso miracolo di una comunicazione nel mezzo della solitudine” ». Eppure il mondo continua a credere che Apple sia stata creata da Steve Jobs invece che da Wozniak. «Jobs era un genio del marketing, che è per definizione un dominio pubblico. Wozniak ha inventato il primo pc, ma l’ha fatto in maniera riservata, senza cercare allori, perché i riflettori non gli interessavano».

Qual è il debito che arte e letteratura hanno nei confronti degli introversi? «Gli artisti possono anche essere estroversi, come lo sono stati Caravaggio, Raffaello, Norman Mailer. Eppure la maggior parte dei grandi maestri della storia — da Chopin a Van Gogh, da Orwell a Salinger, da Spielberg a Dr. Seuss — erano e sono introversi. Senza di loro, ci sarebbe una falla colossale nel tessuto della nostra storia culturale».

La politica è forse diversa? È possibile essere un leader efficace se non si possiede il magnetismo soprannaturale degli estroversi? «Hitler, Mussolini e gran parte dei dittatori della storia erano estroversi estremi. Eppure una delle rivelazioni più sorprendenti della mia ricerca è stata scoprire che molti grandi leader — Gandhi, Rosa Parks, Eleanor Roosevelt, Lincoln, Jfk — erano introversi. Adam Grant, docente alla Wharton School, di recente ha pubblicato uno studio pionieristico secondo cui, nel gestire i dipendenti di talento, i leader introversi danno risultati migliori perché più aperti al loro contributo creativo».

Il settimanale «Time» si è chiesto se il Sexgate, la guerra in Iraq e la crisi di Wall Street del 2008 siano state il risultato di leadership eccessivamente estroverse. «Il risvolto della medaglia nella vita degli estroversi è la loro propensione a correre rischi ingiustificati. Gli studi mostrano che essi hanno più incidenti d’auto e tendono a rischiare di più in Borsa».

Il prossimo presidente degli Stati Uniti sarà un estroverso o un introverso? «Stiamo assistendo alla prima campagna presidenziale della storia americana in cui entrambi i contendenti sono introversi. L’elettorato ammira lo stile cerebrale e riflessivo di Obama. Ma l’America è un Paese estroverso e la gente brama la cordialità e la socievolezza di Bill Clinton».

Nel libro lei cita due proverbi confuciani — «Il vento ulula, ma la montagna resta immobile» e «Colui che sa, non ne parla» — per dimostrare quanto in Oriente gli introversi siano rispettati e ammirati. «In Asia gli individui si considerano parte di un insieme più grande — la famiglia, l’azienda, la comunità — e danno grandissimo valore all’armonia del gruppo. Spesso subordinano i propri desideri agli interessi del gruppo, accettando di buon grado il posto che occupano nella scala gerarchica. La cultura occidentale, al contrario, è organizzata attorno all’individuo. Ci vediamo come singole entità e riteniamo che il nostro destino sia di esprimere noi stessi, perseguire la nostra felicità, esseri liberi da vincoli indebiti».

Dove nasce il diverso atteggiamento della cultura occidentale? «Ne La montagna incantata il grande Thomas Mann scrive che “La parola è civiltà. La parola, anche quella più contraddittoria, mantiene il contatto. È il silenzio che isola”. Un atteggiamento identico a quello contenuto nelle massime di Ptah-Hotep del 2400 a.C.: “Per poter essere forte, diventa un artista della parola; perché la forza dell’uomo è nella lingua e la parola è più potente di qualsiasi arma”».

Lei sostiene che le culture latine, come quella italiana, tendono a privilegiare l’estroversione. «L’ammirazione per gli estroversi si ritrova già fra gli antichi greci, per i quali l’oratoria era una virtù degna del massimo apprezzamento, e fra i romani, per i quali la peggiore punizione immaginabile era l’esilio dalla città e dalla sua vivace vita sociale. Il vero spartiacque in Usa è arrivato all’inizio del XX secolo, con l’ascesa del big business e della sua filosofia del “parlare è vendere e vendere comporta sempre parlare”. Non è un caso che negli anni Venti e Trenta gli americani perdano la testa per le stelle del cinema. Chi meglio di un idolo della celluloide poteva rappresentare un modello di carisma e magnetismo?».

Pensa che il suo libro possa contribuire a indebolire l’egemonia del fenomeno contemporaneo che lei chiama New Groupthink, «nuovo pensiero di gruppo»? «Credo che l’impatto del mio libro, almeno negli Stati Uniti, sia già enorme. So che diverse scuole, pubbliche e private, stanno rivedendo i loro curricula per meglio valorizzare il talento degli studenti più timidi. Lo stesso sta succedendo nelle università e in compagnie come Steel Case e Vanguard, dove si sta ripensando l’efficacia dell’open space, che secondo tutti gli studi è dannoso e controproducente».