http://www.ucei.it/giornodellamemoria/index2.htm
E qui un’ottima sitografia: http://www.landis-online.it/Materiali/SitografiaGiornataMemoria.htm
anche dopo l'ora di religione
Ho scoperto oggi pomeriggio la canzone “Il pane, il vino e la visione” e me ne sono innamorato, anzi direi proprio di aver scoperto Sergio Cammariere di cui conoscevo molto poco… Qui sotto vi posto il link al video e il testo con alcune riflessioni mie e appena riesco provvederò a commentare anche un altro capolavoro (“Padre della notte”).
IL PANE, IL VINO E LA VISIONE
Nel novembre 2006 Sergio Cammariere pubblica l’album “Il pane, il vino e la visione” di cui fa parte l’omonimo brano (testo di Roberto Kunstler) che potete trovare qui:
http://www.youtube.com/watch?v=_R-rYP8UEZA
Là dove l’uomo è libero e non c’è più differenza
tra razza fede e sesso esiste solo fratellanza
Ma forse l’utopia non è una scienza
o forse sono io che ne ho abbastanza
di questo avanti e indietro di scemenza
e di ogni assurda intolleranza
verso chi come me chiede soltanto rispetto per il mondo
Due tematiche importanti: la libertà e il rispetto. Là dove c’è libertà c’è anche fratellanza e uguaglianza che vengono poi riprese nella condizione dell’uomo davanti a Dio, dove non c’è secondo, non c’è classifica né graduatoria. Il rispetto serve ad andare oltre ogni intolleranza: è bello che all’intolleranza non venga contrapposto il tollerare, simile al sopportare, ma il rispettare.
Perché davanti a Dio non c’è secondo
e ognuno è solo ed unico di fondo
Per quanto la memoria a volte dice
che questa vita é solo un appendice
E siamo noi gli stessi di quel giorno
in cui vivevano gli eroi
quando un re poteva battersi al tuo fianco
e morire per noi
Ma non pensare che poi sia così lontano
C’è un tempo nel tempo in cui noi ancora non siamo
ma fatti non fummo così per essere coinvolti
da metafisiche e illogiche infinità
Viene introdotto il tema della trascendenza caratterizzata però da una forte immanenza di rispetto e correttezza di rapporti
Ma nessuno ti dice che poi
nel deserto non conta chi sei
conta solo se sai
riconoscere il vero dal sogno
Ma soli nel buio risplende una chiara coscienza
ed ogni dubbio poi dal cuore scomparirà
Attenti quindi all’abito che fa la differenza
per voi che dispensate conoscenza
Il caso è matematica e la fede
è geometria celeste per chi crede
che questa vita sia un passaggio
verso un altro tipo di esistenza
come un ponte che unisce cielo e terra
inferno e paradiso
Ma se potrai dividere davvero
il pane il vino e la visione
e affrontare ogni giorno col sorriso
la nostra missione
un sorriso, sarà la comunione
un sorriso, l’amore che verrà
Al di là di quello che le teologie possono elaborare fino a rischiare di diventare geometrie celesti, la reale comunione è fatta d’amore e sorriso, senza così scappare nel sogno e restare legati al reale, quel reale ricordato fin dall’inizio della canzone e caratterizzato dal rispetto.
Ma nessuno ti dice che poi
nel deserto non conta chi sei
conta solo se sai
riconoscere il vero dal sogno
In V stiamo affrontando la questione del problema del male. Vi posto un articolo di Lorenzo Albacete
DIO C’E’ AD HAITI?
Oggi il presidente Obama terrà il suo discorso sullo Stato dell’Unione davanti alle due Camere del Congresso. Spero, nel mio prossimo editoriale, di poter commentare il discorso e le reazioni che susciterà, soprattutto vista la sorprendente sconfitta nel Massachusetts, dove un Repubblicano conservatore è stato eletto al seggio che fu di Edward Kennedy.
L’altro argomento attualmente dominante è la devastazione di Haiti dopo il terremoto che pare abbia ucciso centinaia di migliaia di persone. Cristiani evangelici negli Stati Uniti e ad Haiti hanno detto che il terremoto è una punizione divina perché molti haitiani seguono il voodoo e altre pratiche “sataniche”. Molti cristiani si sono mostrati confusi circa la risposta da dare alla spiegazione della morte di cosi tante persone nel terremoto.
Obama ha definito il terremoto di Haiti una “tragedia incomprensibile”. Ha ragione, ma c’è qualche tragedia comprensibile? In che misura possiamo comprendere qualcosa di simile a quanto accaduto? Cosa potrebbe rendere un simile evento così comprensibile da eliminare dai nostri cuori e dalle nostre menti il grido che continua a riaffacciarsi ancora e ancora, il grido: perché?
Io sono un prete cattolico. Nel giorno del terremoto stavo cercando di rispondere alla mail di una giovane che, dopo il suicidio di un amico a lei molto vicino, aveva cominciato a chiedersi in che modo il Dio che la amava era compatibile con la dottrina della Chiesa sull’inferno. Avevo anche ricevuto un messaggio da un altro amico che si interrogava sulla compatibilità tra il Dio cristiano e la sofferenza di un innocente. E mi citava anche qualcosa che avevo scritto io stesso: “Non posso adorare un Dio che mi chiede di strappare dal mio cuore e dalla mia mente la domanda perché accada il dolore degli innocenti”.
Mi ricordo un dibattito con l’ateo Christopher Hitchens e la sua frustrazione quando dichiarai che ero d’accordo con lui che avvengono cose che rendono ragionevole disprezzare un Dio che esige un’accettazione cieca della bontà della Sua volontà. Poi ecco l’orrore di Haiti… Cosa possiamo dire sulla domanda sempre presente, la domanda del perché queste cose accadono?
Non cancellerò la domanda, voglio affrontare l’orrore così come è, senza consolazioni tranquillizzanti. Si continua ad assicurare le vittime che “cuori e preghiere” sono con loro. Preghiere? A Chi? A un Dio che semplicemente avrebbe potuto impedire che tutto questo accadesse? Alla Chiesa non è stato risparmiato niente. La cattedrale è crollata uccidendo l’arcivescovo, seminari e conventi distrutti, uccidendo futuri preti e suore. Il rappresentante del Papa si è salvato perché si trovava fuori della sua residenza, che è crollata, e ha passato le notti in giardino con i sopravissuti del suo ufficio. Quale Dio si può pregare in queste situazioni?
Solo quel Dio che, come scrive San Paolo,”non ha risparmiato il proprio Figlio”, solo a questo Dio può andare il dolore del grido “perché?”. Se ha dato suo Figlio perché morisse per noi, dice Paolo, è impossibile che ci rifiuti quanto ci aiuta e ci benedice, dato che non vi è nulla che Egli valuti più del Figlio (Romani 8, 32). Non voglio una spiegazione del perché questo Dio permetta che accadano tragedie simili. Una spiegazione ridurrebbe il dolore e la sofferenza a una incapacità di comprendere, a un fallimento dell’intelligenza, per così dire. Io posso solo accettare un Dio che “con-soffre” con me. Così è il Dio della fede cristiana.
Fede o no, cristiani o no, la nostra umanità chiede che la domanda del perché non sia eliminata, ma che le sia permesso di guidare la nostra risposta a tutto ciò che accade. È la sola strada per una possibile redenzione della nostra umanità.
Ciao ragazzi. Ho un po’ riorganizzato il blog: ho inserito le categorie Bibbia e Spiritualità, Religioni e Storia. Buone letture
Un adulterio, un tradimento, un tentativo di inganno, un omicidio. Sono gli ingredienti di un famoso episodio biblico che viene toccato dalla canzone “Mad about you” di Sting, cantata anche in versione italiana col titolo “Io muoio per te”. Davide è il II re di Israele. Mentre i suoi soldati sono a combattere contro gli Ammoniti e ad assediare la città di Rabbà, il re decide di restare a Gerusalemme. In un caldo tardo pomeriggio, dalla sua terrazza, vede una bellissima donna fare il bagno; si informa su chi sia e scopre essere la moglie di Uria, l’Hittita. Nonostante questo, Davide la convoca a palazzo e i due hanno un rapporto sessuale dopo il quale Betsabea rimane incinta. Questo comporterebbe per la donna la pena di morte, essendo in stato di flagrante adulterio. Il re convoca in licenza Uria e lo manda a casa, nella speranza che egli possa avere dei rapporti sessuali con la moglie e così giustificare lo stato di gravidanza. Ma Uria rifiuta e Davide, al termine della licenza, gli consegna l’ordine da recapitare al generale Ioab: in esso si raccomanda di esporre Uria in prima fila così da farlo morire in guerra. Uria muore e,passati i giorni del lutto, Davide sposa Betsabea. Poi la storia va avanti, e chi è interessato la trova in 2Sam 12…
Cliccando su CONTINUA trovate la canzone col testo nella versione italiana con Zucchero e questa è la strofa della canzone che più mi piace
“C’è una città nel deserto e riposa la vanità di un antico re
ma la città riposa in pezzi,
dove il vento urla all’avvoltoio quello che ha fatto l’uomo con l’ambizione,
è tutto questo, farò prigione la mia vita,
se sei la sposa per un altro, che i miei nemici siano liberi,
io cado e sono qui, che muoio per te, muoio per te!”
A un passo da Gerusalemme
e a un solo miglio dalla luna
sotto un cielo di milioni di stelle
ho il cuore perso in un pianeta lontano
che gira intorno e cade giù
con archi di tristezza,
io muoio per te, muoio per te!
E se il mio regno diventa sabbia
e cade infondo al mare:
io muoio per te, (io)muoio per te!
E dalle fonde oscure valli
canzoni antiche di tristezza
ma ogni passo io pensavo a te
ogni passo solo te
per ogni stella un granello di sabbia
gli avanzi di un asciutto mare
dimmi, quanto tempo, quanto ancora!
C’è una città nel deserto e riposa
la vanità di un antico re
ma la città riposa in pezzi,
dove il vento urla all’avvoltoio
quello che ha fatto l’uomo
con l’ambizione, è tutto questo
farò prigione la mia vita
se sei la sposa per un altro
che i miei nemici siano liberi,
io cado e sono qui,
che muoio per te, muoio per te!
E solo come mai,
così solo come ora mai!
Con tutti i miei domini
cosa sono qui
sono niente così
non ci sono vittorie
nelle nostre storie, senza amor!
A un passo da Gerusalemme
e a un solo miglio dalla luna
sotto un cielo di milioni di stelle
ho il cuore perso in un pianeta lontano
che gira intorno e cade giù
con archi di tristezza,
io muoio per te, muoio per te!
E anche se hai le chiavi
e distruggi quel che ho
ogni prigione in polvere
nemici più non ho
(e) i regni miei di sabbia che
che vanno in fondo al mare,
io muoio per te, muoio per te!
In prima stiamo parlando di relazioni, amicizia e amore in particolare. Mi piacerebbe coinvolgervi in una caccia: cercare canzoni italiane e straniere che trattino di quest’argomento. Ovviamente la caccia non riguarda solo chi è in prima e può essere estesa anche a tutti gli altri e pure ad altri temi: libertà, morte, vita, felicità, fede, dolore… Basta mettere titolo, autore, argomento nel commento a questo post. Intanto qui sotto inizio io.
Sapete che non amo particolarmente Eros, eppure questa è una sua canzone: “Affetti personali”. E’ tratta dall’album ALI E RADICI e parla di amicizia. La frase che mi ha colpito di più? “Sei l’altra ala che a volte mi manca”
Il mondo è meglio,
con un amico come te.
Quando ti cerco,
ti fai trovare sempre senza domandarmi perché..
Tu mi conosci,
lo sai già,
quando ho bisogno di complicità,
di evadere dalla solita realtà.
Sei l’altra ala che a volte mi manca..
Con un amico come te sono sicuro che,
il mondo è meglio di com’è..
Soli mai,
veramente non si è soli mai,
quando ci uniscono affetti personali,
si può scoprire che..
un’amicizia è bella anche perché..
ci lega si ma senza usare catene,
ci tiene insieme semmai, di più.
Anima dolce,
questa sei tu mia cara amica,
anche se a volte sai essere davvero pungente proprio come un’ortica,
però mi piaci- sai perché- posso parlare apertamente con te,
scambiare i pensieri più sinceri, fra noi,
per non ritrovarci ad esplorare la vita..
Soli mai, soli mai,
veramente non si è soli mai,
quando ci uniscono,
affetti personali,
si può scoprire che un’amicizia è bella,
anche perché ci lega si ma senza usare catene,
ci tiene insieme di più.
Cosa sarebbe mai la vita senza amici…
e lo sai un’amicizia è bella anche perché ci lega si ma senza usare catene e lo sa fare bene,
ci tiene insieme semmai.. anche di più.
Cosa sarebbe mai la vita senza amici… cosa sarebbe mai?
Ci stiamo avvicinando al 27 gennaio, giorno della memoria. Vi posto il materiale utile agli studenti di V e a tutti gli interessati: sono alcune riflessioni sul concetto di Dio dopo Auschwitz. Per non dimenticare e soprattutto per continuare a riflettere…
Sul numero del 4-5 gennaio 2010 de L’Osservatore Romano c’è questo articolo di Gaetano Vallini
“A dodici anni adoravo Davide: per me era come una pop star, le parole dei salmi erano poesia e lui era un divo. C’è da dire che, prima di diventare profeta e re di Israele, Davide aveva dovuto subirne parecchie: era andato in esilio e poi finì in una caverna dove fece i conti con se stesso e con Dio. Ed è proprio lì che la soap opera si fa interessante: Davide compone il suo primo blues”. Detta così, ha tutta l’aria di un’affermazione irriverente. E invece questa dichiarazione fatta da Bono, il leader degli U2, una delle rock band più importanti degli ultimi trent’anni, può essere letta come una originalissima dichiarazione di fede.
Una fede che peraltro emerge, a volte più marcatamente altre in modo più sfumato, in buona parte della produzione musicale del gruppo di Dublino. “Nella musica degli U2 – ha spiegato una volta Bono, al secolo Paul Hewson – ci sono cattedrali e strade. Le strade conducono alle cattedrali e mentre ci cammini ti senti nervoso, come se qualcuno ti seguisse. Se ti volti non c’è nessuno. Poi finalmente entri nelle cattedrali e solo allora capisci che c’era davvero qualcuno che ti seguiva: Dio”. Da autentico irlandese, Bono non ha mai nascosto il suo essere cattolico, ma forse non tutti, se non i fan più incalliti, sono riusciti a scovare nelle sue canzoni molti richiami alla Bibbia, dalle semplici allusioni a vere e proprie citazioni.
A guidarci in questa singolare ricerca filologica è il critico musicale Andrea Morandi in U2. The Name Of Love (Roma, Arcana, 2009, pagine 664, euro 22), un libro in cui vengono analizzati tutti i testi di Bono, dal primo album, Boy del 1980, all’ultimo, No Line On The Horizon dello scorso anno. Un lavoro interessante e sorprendente, visti i risultati: “La presenza della Bibbia nei primi dischi – afferma, infatti, Morandi – era una cosa nota. Ma che continuasse in modo persistente fino all’ultimo cd è stata una vera scoperta”.
Certo, a molti giovani farà un certo effetto scoprire una così forte religiosità in una rock star del calibro di Bono e in un gruppo tanto noto e impegnato, eppure le canzoni sono lì a dimostrarlo. A cominciare dal brano “40“, contenuto nel disco War, il cui testo si richiama al Salmo 40, del quale riporta alcuni versetti, con l’aggiunta della frase – How long to sing this song? “Per quanto a lungo dovremo cantare questo canto?” – ancora oggi ripetuto dalle migliaia di persone, giovani e non, che affollano i concerti della band in tutto il mondo.
Ma se “40“ è un caso particolare con le sue citazioni, le tracce del sacro nei versi degli U2 sono molteplici e a vari livelli. Un disco in particolare, October, il secondo della loro carriera, è significativo in questo percorso: “Una serie di riflessioni religiose elaborate da un ragazzo di vent’anni educato da un padre cattolico e da una madre protestante”, annota Morandi. Tutte le canzoni dell’album sono, infatti, impregnate di richiami biblici. Soprattutto “Gloria”, il cui testo si rifà al Salmo 30, ma riprende anche l’attacco del Salmo 51, con Bono che prima grida “Miserere” e poi canta “Oh, Signore, se avessi qualcosa / Qualsiasi cosa / Io la darei a Te”. E poi Rejoice titolo di una canzone ma anche parola chiave (gioia) dell’intero disco, in cui Bono si identifica con Abacuc fino a “stendere il suo personale salmo”, azzarda l’autore, in cui si passa dallo scoramento dei riferimenti biografici – la prematura morte della madre in particolare, un lutto a lungo non elaborato – all’improvvisa comparsa di qualcosa a illuminare la strada che sembrava smarrita.
Dalla Genesi ai Salmi, da Abacuc all’Apocalisse – come nel brano Fire, dove le suggestioni del sesto capitolo del testo giovanneo si ritrovano nella descrizione del sole nero, delle stelle cadenti – e arrivando ai Vangeli e scoprendo che in When Love Comes to Town si narra della tunica di Gesù giocata ai dadi, o che in Until the End of the World si parla di Giuda e del suo tradimento. In Tomorrow, dopo citazioni varie si giungerebbe addirittura all’annuncio del ritorno di Gesù: “Apriti, apriti / all’Agnello di Dio / all’amore di Colui / che ridonò la vista ai ciechi / Egli sta tornando”.
Per Morandi, l’opera degli U2 si propone come un percorso circolare: dall’intimismo e dalla religiosità dei primi dischi, si passa attraverso lo smarrimento di Zooropa in cui Bono “si arrende e confessa di aver perso bussola e mappe, ragioni e religione, limiti e confini” e che contiene The First Time, brano in cui, partendo dalla parabola del figliol prodigo, riflette sulla perdita della fede. E si passa anche per Pop, un disco “pieno di discussioni con Dio”, alla ricerca della strada perduta, difficile da ritrovare se, come recita If God Will Send His Angels, “Dio ha staccato la cornetta” e non resta che chiedersi cosa accadrebbe se “mandasse i suoi angeli, mandasse un segno: sarebbe tutto a posto?”. Fino ad arrivare a No Line On The Horizon, dodicesimo e ultimo album del gruppo, dove si ritrovano la luce e la speranza degli inizi, in particolare in Magnificent – che già dal titolo richiama il Magnificat – una lode a Dio, un “inno definitivo all’amore”, come lo definisce il critico – e in Unknown Caller, dove lo sconosciuto che chiama è il Dio che salva.
“Quella di Bono è una scrittura molto sofisticata e spesso misconosciuta”, secondo Morandi, per il quale l’artista “arriva a lavorare sulla singola parola come Bob Dylan e Leonard Cohen. Ma il personaggio è tanto strabordante da aver schiacciato la dimensione autoriale. Eppure solo lui e Dylan riescono a condensare la Bibbia nei tre minuti di una canzone”. I temi – supportati da una musica di notevole livello – sono impegnativi, le riflessioni profonde, parlano di attualità, di problemi quotidiani, di responsabilità di fronte agli uomini e al mondo.
Non mancano richiami a scrittori cristiani celebri come Clive Staples Lewis, autore protestante molto amato da Bono, al pari della cattolica Flannery O’Connor, della quale apprezza il suo “modo di rappresentare il rapporto tra le persone comuni e Dio”. Ma – aggiunge Morandi – “la cosa che rende convincente la scrittura di Bono è la sincerità con cui mette in campo una fede fatta di domande rivolte a un Dio vicino, un amico con cui si può anche litigare”.
Insomma, spogliato dell’alone del successo, degli abiti di profeta del rock e di paladino di quel terzo mondo afflitto da povertà e fame, del personaggio influente e autorevole chiamato a parlare anche a consessi internazionali – si ricorda l’impegno in occasione dei concerti Live Aid in favore dell’Africa e della campagna che li accompagnò, che lo portò anche in Vaticano il 5 settembre 1999 quando ebbe un’udienza con Giovanni Paolo II – Bono resta un uomo in continua ricerca.
Una ricerca partita da Dublino nel 1980 che si conclude, per ora, e non per caso forse, nel Vicino Oriente, a Beirut, teatro dell’ultima canzone: Cedars of Lebanon. Un brano che parla di guerra, l’ennesima di quella martoriata terra. Il protagonista, un reporter, che lontano da casa, tra le miserie del conflitto, finisce per parlare con Dio: “Tu sei così alto su di me, più alto di chiunque altro/ Dove sei tra i cedri del Libano?”.