Un anno col Mec

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Se sei tra i 18 e i 28 anni e vuoi dedicare un anno ad un’attività solidale e formativa, che ti farà conoscere nuove realtà insieme a persone che si danno da fare per costruire un mondo migliore, potresti essere il candidato ideale per svolgere il Servizio Civile con l’Associazione Mec. Stanno cercando quattro volontari da impiegare nel progetto “Cambia il vento”. Il progetto si pone l’obiettivo di supportare e sviluppare le attività dell’Associazione nell’ambito dell’educazione all’utilizzo corretto, efficace e positivo di Internet e dei dispositivi digitali, all’informazione e alla comunicazione, promuove l’educazione dei giovani alla cittadinanza democratica, alla pace, ai diritti umani, alla legalità e alla giustizia attraverso l’educazione all’uso critico e consapevole dei media e delle nuove tecnologie.
I volontari potranno sviluppare e migliorare le proprie competenze multimediali, educative, e anche acquisire competenze nell’ambito organizzativo e di supporto al lavoro d’ufficio, inerente i progetti e le attività dell’Associazione.
Le attività si rivolgono alle scuole, alle associazioni del territorio e alla cittadinanza in genere.
Ho partecipato a numerosi incontri condotti dai formatori del Mec e sono sempre rimasto molto contento: per questo caldeggio l’iniziativa!
I volontari saranno impegnati per 12 mesi, da Novembre 2018 a Ottobre 2019, presso le sedi di Udine, Pordenone e Cordenons. Ai volontari in Servizio Civile nazionale spetta un assegno mensile di 433,80 euro netti.

Però attenzione!!! Le domande vanno presentate entro venerdì 28 settembre. Qui tutte le info.

Gemma di speranza

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Da due anni non pubblico più le gemme che studentesse e studenti portano in classe. Purtroppo non ho il tempo materiale per poterlo fare. Stamattina c’è stata la prima gemma di quest’anno, in una classe terza. Si è trattato di un testo che era stato portato anche tre anni fa da una ragazza di quinta. Erano le parole di Antoine Leiris, l’uomo che perse la moglie nell’attentato parigino del Bataclan e che si ritrovò da solo a crescere un bimbo di 17 mesi. Le riporto:

«Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa.
L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio».

Mi ha profondamente colpito che in un periodo storico in cui mondo reale e virtuale fanno fatica a contenere toni sopra le righe, a limitare linguaggi di odio, a controllare reazioni provocatorie che arrivano soprattutto dal mondo adulto, una sedicenne abbia voluto regalare ai compagni una gemma che parlasse di rifiuto dell’odio. Sono risuonate in me le parole di Etty Hillesum: “A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un frammento di amore e di bontà che bisognerà conquistare in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere”.

Grazie B.

2019, un’estate sociale

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Due giorni fa sul sito della Pastorale giovanile della Diocesi di Udine è stato pubblicato l’annuncio dell’iniziativa per la prossima estate. Eccone un estratto:

Nell’anno del Sinodo sui giovani e della Giornata Mondiale della Gioventù di Panama, l’esperienza estiva proposta dalla Pastorale Giovanile diocesana non poteva non volgersi a una figura che ha messo i giovani al centro di tutta la sua vita: parliamo di San Giovanni Bosco, il sacerdote piemontese che nella seconda metà del XIX secolo ha dato vita a una vera e propria rivoluzione educativa e sociale nella Chiesa e nella comunità civile dell’epoca.

Da lunedì 29 luglio fino a domenica 4 agosto 2019, tutti i gruppi di adolescenti e giovani della nostra Arcidiocesi sono invitati a vivere questa forte esperienza di fede sui luoghi di don Bosco e di tante altre figure di santità di cui pullulava la Torino di fine ottocento: Madre Mazzarello, don Cafasso, don Murialdo, San Cottolengo, Beato Frassati, ecc. Sono i cosiddetti “Santi sociali”, ossia coloro che – dalla Chiesa – si sono volti a vari ambiti del mondo con spirito di missione e di promozione della persona. La città di Torino, inoltre, propone ancora oggi realtà dalla forte valenza educativa, una su tutte è il Sermig.

Il comunicato sottolinea alcuni aspetti:

  • la preziosità di una esperienza che raramente si ha l’occasione di vivere. Camminare sui luoghi di don Bosco e dei santi sociali, respirare il loro pensiero e calarlo nell’epoca odierna è un passo che non tutti hanno la possibilità di compiere;
  • l’esperienza estiva diocesana dà la possibilità di vivere una “settimana di Chiesa locale”: giovani di diverse Parrocchie, con cammini diversi ma con molti punti d’incontro, hanno la possibilità di conoscersi, confrontarsi, condividere i propri percorsi. La vera “collaborazione pastorale” avviene nell’ottica della condivisione fraterna e reciproca. La proposta estiva è una opportunità che viaggia anche in questa direzione;
  • questa opportunità offre specialmente ai gruppi più piccoli, dalle Parrocchie apparentemente più povere, la possibilità di conoscere un lato di Chiesa giovane spesso relegato nella sfera dei sogni o del “sarebbe bello”;
  • si tratta di esperienze forti, impegnative, profonde, che interrogano ciascun giovane nelle sue corde di sensibilità spirituale. Il giusto mix tra divertimento e catechesi, tra svago e preghiera, tra lavori di gruppo e momenti personali, aiuta a coltivare una profondità spirituale con metodi educativi adatti all’età dei partecipanti.

Per tutti questi motivi, l’Ufficio di Pastorale Giovanile offre la possibilità di accompagnare anche i micro-gruppi di adolescenti e giovani che – per ragioni varie – non avessero la disponibilità del loro catechista o animatore di riferimento.

Il presente contro l’illusione di essere eterni

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Spagna, guerra civile. Pablo è stato imprigionato e sa di essere condannato a morte; sa che anche lui verrà portato al muro davanti al plotone d’esecuzione; sa che è inevitabile. Si rende conto che la morte è inevitabile per qualsiasi uomo, che essa è l’approdo comune a tutti. La vicinanza di questa inesorabilità lo mette a confronto con l’esperienza che ha fatto fino quel momento: vivere come se fosse eterno, come se non ci fosse una fine. Ciò lo getta nella disperazione: “Nello stato in cui mi trovavo, se fossero venuti ad annunciarmi che potevo tornarmene tranquillamente a casa mia, che mi avevano graziato, la cosa mi avrebbe lasciato indifferente: qualche ora o qualche anno d’attesa è assolutamente la stessa cosa, una volta che si è perduta l’illusione di essere eterni”. È il protagonista del racconto Il muro di Jean-Paul Sartre.
Differente è l’esperienza di chi vive la gratuità della vita e la percepisce come un dono. Sentirmi fragile e vulnerabile mi porta ad apprezzare i giorni, le settimane, gli anni, ma anche le ore, i minuti e i secondi. Un po’ come questa storiellina di origini orientali:
“C’era una volta un viandante che stava camminando su un prato quando improvvisamente si imbatté in una tigre. L’uomo si mise a correre e la tigre lo inseguì.
Giunto nei pressi di un burrone, il malcapitato afferrò con le mani un arbusto di vite selvatica che era cresciuta proprio sul ciglio del precipizio e vi rimase appeso, sospeso nel vuoto, mentre la tigre continuava a fiutarlo dall’alto.
Tremante di paura, l’uomo guardò in basso e vide che c’era un’altra tigre che lo aspettava di sotto, anch’essa per divorarlo. Tra i due predatori c’era solo quella vite che lo sosteneva. D’un tratto apparvero due topi, uno bianco e uno nero che a poco a poco iniziarono a rosicchiare la vite.
L’uomo notò accanto a sé una succulenta fragola. Mentre con una mano si reggeva alla vite, con l’altra mano colse la fragola: Com’era dolce!”
Collocati tra i fantasmi del passato (la prima tigre) e i timori sul futuro (la tigre in fondo al burrone), talvolta corriamo il rischio di farci paralizzare dallo scorrere del tempo (i due topi, il giorno e la notte) e restiamo aggrappati alle nostre esistenze (la vite) senza cogliere l’importanza del tempo presente (la fragola).

Cercare, trovare, non trovare

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Mesi fa mi ero appuntato questa frase di Miguel de Unamuno: “Che m’importa che tu non legga, lettore, quel che ho voluto metterci, se vi leggi quel che ti accende di vita?”. Proprio ieri scrivevo dell’inatteso e del sorprendente che incrocio ogni nuovo anno scolastico e credo che la citazione che ho riportato calzi a pennello.
Ma… c’è un ma… ed è il rovescio della medaglia: cosa succede quando io non riesco a comunicare quello che vorrei e il lettore non vi legge quel che lo accende di vita? Trovo pace e serenità in una delle pagine più belle di Matteo: “Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?”.
Mi metto il cuore in pace e interpreto le parole di de Unamuno in questo modo, dicendo a me stesso: fa’ il meglio che puoi, anche se il lettore potrebbe non trovare quel che cerca… Confida che lo trovi, magari altrove, ma che lo trovi.

Nuovo anno, nuovi sentieri, nuovi orizzonti

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Stanno per riaprire le porte delle aule della scuola. Al lavoro siamo già da un po’, ma si sa che il clou sarà al suono della prima campanella, quando entrerete alla ricerca della dislocazione dell’aula per correre ad accaparrarvi il banco giusto. Le prime ore sono sempre un misto di nostalgia per i giorni di libertà totale dell’estate e di angoscia perché Natale è veramente molto lontano. Avrete nel cuore i ricordi di quello che avete vissuto, sulla pelle il colore bruno lasciato dal sole, negli occhi la sorpresa di qualche nuovo arrivato, nella bocca parole di gioia del ritrovarsi, nelle orecchie vociare di racconti, nella mente pensieri di prossimi impegni, nelle gambe chilometri di strade percorse. E non sarà che l’inizio. Ogni nuovo anno porta con sé il sorprendente e l’inatteso, non vi è mai nulla di scontato per quanto la routine tenda a fagocitarci tutti. Percorreremo dei sentieri nuovi anche in questi mesi, vedremo dove ci porteranno… sapendo anche che a contare non sarà per forza solo la meta ma anche il viaggio, i paesaggi attraversati, le valli solcate. Ogni giorno avrà il suo orizzonte davanti al quale ci metteremo a sera nella speranza che sia un panorama da ammirare. Male che andasse, ci risveglieremo l’indomani mattina con una nuova tela e una nuova tavolozza per provare a ridipingere le nostre vite.
Un caloroso benvenuto ai primini, un caloroso bentornato a secondini, terzini e quartini, un incoraggiamento particolare ai quintini e un nostalgico arrivederci ai maturi 2017-18!

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