“Ho portato il libretto del Live, ovvero un percorso annuale, durante il quale ci si ritrova tra animatori una volta al mese a Santa Maria la Longa per stare una giornata insieme, per ballare, giocare, cantare, pregare eccetera. Ci sono anche altri incontri come un sabato sera al mese, oppure 3 incontri durante l’anno che si tengono a Mestre o a Mogliano Veneto. Ho deciso di portare questo libretto perché simboleggia uno dei posti a cui tengo di più, soprattutto per le persone che vi sono dentro, sincere, buone e con le quali posso essere me stessa. È dall’anno scorso che partecipo a questi incontri ma solo quest’anno ho capito che è qualcosa senza il quale mi sento persa, per cui spero di continuare ancora per molto. Questo percorso termina in estate con i campi estivi” (S. classe seconda).
“Ho pensato molto a che oggetto o fotografia portare quest’anno, ma nessuno mi convinceva completamente, nessuno mi faceva dire “questa è proprio la mia gemma!” Allora come mia ultima gemma del liceo ho deciso di portare la mia classe. Mi sento enormemente grata di essermi trovata in una classe dove posso essere me stessa senza vergogna e senza sentirmi giudicata, accerchiata da amore e sostegno reciproco. L’anno scorso è stato uno dei più duri della mia vita e grazie ai miei compagni di classe e alcuni professori sono riuscita a venirne fuori, trovando nella scuola e tra le mura della mia aula un angolo sicuro dove rifugiarmi quando soffrivo. Mi ritengo fortunata, perché so che non tutti si sentono bene nella classe in cui si trovano e la scuola a quel punto diventa un incubo. Io nel mio cuore porto tutti i miei compagni, dal primo all’ultimo, e mi auguro di avere per sempre questo bel ricordo di loro e degli anni che abbiamo passato insieme. Quando da grande parlerò del liceo, sicuramente la prima cosa che mi verrà in mente sarà il tempo prezioso passato con loro e, da brava sensibilona quale sono, sicuramente mi scenderà una lacrima” (G. classe quinta).
“In questi ultimi anni ho veramente capito che la cosa che voglio portare avanti e continuare nella vita è decisamente la danza. Penso che negli ultimi tempi, e soprattutto durante la pandemia sia stata la cosa che, nonostante tutto, è riuscita a farmi andare avanti. Quando ballo non mi sento giudicata anche se magari lo sono. Riesco a sfogarmi e a buttare fuori tutte le energie negative che dominano quel giorno. Per fortuna ho questo tipo di sfogo ogni giorno. A danza c’è un bel clima, non di competizione ma di divertimento. Facciamo danza perché ci piace e non perché vogliamo essere migliori uno dell’altro. Poi magari prenderemo strade diverse perché siamo persone diverse ma ora come ora è la danza che ci lega. Spero di poter intraprendere questo percorso perché è veramente l’unica cosa che mi ha SEMPRE fatto stare bene. Grazie danza!” (M. classe terza).
“Ho deciso di portare “Someone to Stay” come gemma perché è una canzone molto importante per me, che mi ha accompagnato sia in momenti felici sia in quelli tristi. È la canzone che mi lega al mio gruppo di danza, soprattutto per la frase ripetuta varie volte nel testo “We all need someone to say” (Abbiamo tutti bisogno di qualcuno che rimanga). Io e il mio gruppo ci consideriamo come una seconda famiglia, ci siamo sempre l’uno per l’altro, un luogo dove ti puoi aprire a 360 gradi, senza avere paura di essere giudicato, dove puoi piangere, sfogarti, ma anche condividere la tua felicità e le tue “vittorie”. Venerdì scorso io e il mio gruppo abbiamo dovuto salutare T. (un mio compagno di danza) perché si è trasferito a Roma per frequentare il “Balletto di Roma” e il suo percorso durerà 4 anni. Venerdì è stato un giorno molto difficile per me perché T. è una delle poche persone vere che ho incontrato e che posso ritenere un AMICO. T., nel mio gruppo era il punto di riferimento, che ti dava la carica per affrontare al meglio la lezione, e c’era sempre per te quando avevi un problema o semplicemente per parlare e sfogarti. Venerdì per salutarlo abbiamo ballato questa canzone, un momento bellissimo che porterò sempre nel mio cuore. Ho voluto raccontare questo “episodio” perché raccoglie, come ho detto all’inizio, tristezza e felicità: tristezza per averlo salutato e felicità per lui che sta realizzando il suo sogno” (A. classe terza).
“Come gemma ho scelto la mia divisa. Più precisamente, la mia prima divisa. L’ho portata perché rappresenta una grande parte di me, rappresenta chi sono e cosa faccio. Risale a 6 anni fa, quando ho iniziato il mio primo vero e proprio campionato. Da lì, era iniziata la mia carriera. Con questa divisa ho vissuto molti momenti importanti, dal finire primi in classifica nel minibasket 5 anni fa, a perdere di un solo punto le finali regionali l’anno scorso. Solo guardandola, penso a quanto siano fantastici i miei compagni di squadra e il mio coach. Con loro ho imparato molto, veramente molto, e abbiamo un legame di squadra unico. Non ringrazierò mai abbastanza il me stesso del passato per aver scelto la mia squadra e non un’altra, per aver scelto la squadra che quest’anno ci porta al livello di competitività più alto che ci sia. Conserverò per sempre questa divisa perché conserva dei ricordi indimenticabili” (F. classe prima)
“La gemma che ho deciso di condividere non è la maglia che si vede in foto, bensì le persone che ne indossano una: il mio gruppo di danza. Questo era un capo del nostro outfit il giorno in cui abbiamo partecipato allo spettacolo di fine anno della nostra scuola di danza e ho deciso di portarlo perché mi fa riaffiorare alla mente molti ricordi condivisi con persone a dir poco stupende, da cui ho e sto tuttora imparando molto. La mia gemma consiste nel ricordo indelebile dei miei amici che ormai considero come una seconda famiglia e dell’insegnante che avevamo in quel periodo, alla quale sono riconoscente per avermi insegnato parte delle cose che mi rendono la ballerina che sono. Concludo dicendo che sono grata ad ognuno di loro per le risate condivise, le esperienze affrontate durante gli anni e per il tempo che passeremo ancora insieme” (M. classe terza).
“Quest’anno ho trovato la mia Gemma con largo anticipo, precisamente, il primo dicembre 2021. Era una giornata normalissima, ero appena tornata da scuola e stavo pranzando da sola quando ho deciso di aprire Netflix e guardare un episodio di una delle mie serie tv preferite mentre mangiavo. Ho guardato l’Episodio 14 della terza stagione di Chicago Fire, in cui viene organizzata una festa “luau” di tradizione Hawaiana per uno dei personaggi. Questo decide di dedicare un discorso a tutti i presenti. Questo discorso viene fatto per un motivo che non vi svelerò in caso vogliate guardare la serie, ed ha un impatto fortissimo sui presenti per ragioni che non vi svelerò sempre per lo stesso motivo. Ho deciso di portarlo come gemma perché in quel momento avevo veramente bisogno di sentirmi dire qualcosa del genere, e spero possa servire anche a voi.”
La sequenza proposta da M. (classe quinta) non si trova su Youtube e quindi non posso pubblicarla sul blog. Riporto però le parole del discorso: “C’è un motto hawaiano per gli uomini che pagaiavano in canoa. È passato molto tempo, potrei pronunciarlo male, ma dice così: `Olelo No`eau Uniti andiamo avanti È un augurio che facevo ai miei colleghi poliziotti ogni anno al luau e ora lo faccio anche a voi. Per tutto quello che affrontate, che dovete gestire e le persone che avete perso. Non si può agire da soli. Uniti, andiamo avanti”. Harry Parker era un famoso allenatore di canottaggio di Harvard e disse “Ciò che rende unico il canottaggio è questa totale dipendenza l’uno dall’altro: nessuno può far andare più veloce la barca da solo; d’altra parte, un componente può rallentare di molto. Quindi i vogatori imparano davvero a fidarsi l’un l’altro, dipendono l’uno dall’altro in un modo piuttosto unico”. Trovo molta affinità tra le due frasi, utili per riflettere sul senso di gruppo, sullo spirito di squadra.
“La mia gemma è il campetto, il luogo di ritrovo per le partite di calcetto e di basket e per parlare o ascoltare musica con gli amici. In estate è appuntamento quotidiano e importante soprattutto perché il campetto porta il nome di mio zio che è morto da giovanissimo a causa di una malattia e che il paese ha voluto ricordare in questo modo”.
Non ho potuto fare a meno di pensare alla mia adolescenza mentre ascoltavo le parole di E. (classe seconda), a quegli interi pomeriggi passati a correre dietro ad un pallone su un campetto di cemento (quello nella foto): a inizio giugno avevamo già un’abbronzatura da agosto inoltrato e la parola stanchezza non era parte del nostro vocabolario. Ora sono qui seduto al pc e sorrido ripensando a quegli anni: che fortunato che sono stato!
“Questa borsa ce la siamo scambiata all’interno della classe delle medie, alla fine di un percorso importante. Anche se a causa del Covid tante cose non le abbiamo potute fare, eravamo una classe unita, non solo come compagni di classe ma anche come amici; abbiamo fatto diverse uscite e ancora ci scriviamo e ci troviamo. Questa borsa è un ricordo di quei tre anni e abbiamo scritto “Dalle capre della 3^A” perché la nostra professoressa di lettere ci chiamava sempre capre: questo è un ricordo anche di lei, una prof amata da tutti”.
Ho giocato a calcio, a basket e a pallavolo, tutti sport di squadra. Un ex allenatore di basket NBA, molto vincente tra Chicago e Los Angeles, Phil Jackson, ha detto delle parole che commentano bene la gemma di E. (classe prima): “La forza della squadra è ogni singolo membro. La forza di ogni membro è la squadra.”
“Ho portato Amici di Massimo Pericolo: me l’ha fatta scoprire un mio amico quest’estate e quindi mi ricorda quello che abbiamo fatto io e lui”.
Così ha motivato la sua scelta T. (classe prima). Prendo da Wegather un interessante commento al pezzo: “Amici” è l’ultima traccia dell’album “Scialla Semper” di Massimo Pericolo, pubblicato nel 2019. Racconta di una festa e, da come si può intuire dal titolo, dei suoi più cari amici. All’inizio della canzone lo vediamo un po’ riluttante ad andare a questa festa. Capiamo quanto ne sia interessato: “anche se insistono non ci vengo alla festa di questo neanche fosse la festa di Cristo e poi no”. Però alla fine cede alle insistenze degli amici, che lo accompagnano in macchina. Qui cambia lo scenario. Infatti ci troviamo in viaggio per le strade di provincia. Tra un bicchiere e l’altro, Massimo Pericolo inizia a pensare alle cose che gli erano mancate quando era dentro e soprattutto alle cose che gli erano mancate quand’era bambino: “e ‘sto borghese ha una villa solo per vacanza, io che sognavo soltanto una stanza”. Ritorna continuamente il tema degli amici, com’è ovvio. Però qui son considerati come un’ancora di salvezza e, cosa ancor più importante, solo con loro lui riesce a svuotare la mente dai pensieri opprimenti. Si sente tanto felice che sarebbe disposto a morire anche in quel momento, perché non ha mai provato con nessun altro la spensieratezza che, invece, è sempre presente quand’è con i suoi amici. Questo sentirsi parte considerata e apprezzata di un gruppo e il gridarlo a squarciagola nella sua canzone fa saltare ancor di più all’occhio la differenza che c’è tra i suoi due mondi: gli amici e la società. Sarebbe interessante soffermarsi su alcune frasi della canzone che, a mio parere, sono molto efficaci e dirette, da cui possiamo capire qualcosa della sua vita. La prima frase che mi ha fatto riflettere è “Con la sensazione di essere un peso”, a inizio canzone. Da queste semplici, comuni, strautilizzate parole capiamo già a primo impatto che Massimo Pericolo non è così contento all’inizio di farsi venire a prendere in macchina dai suoi amici. Pensa che in qualche modo per loro possa essere un fastidio passare a prenderlo. Però questo momento un po’ malinconico va via subito e ce ne accorgiamo quando dice “Ma dai, siamo amici da un secolo”. Considerando questo si rasserena, perché gli amici di una vita mai potrebbero ritenerti un peso. Un’altra frase è “Io che sognavo soltanto una stanza”. La comprendiamo maggiormente se accostiamo a questa altre frasi come “Noi uniti da sempre dai sogni, senza soldi né grandi bisogni” e “Chi senza la tipa chi senza il papà”. Ecco, qui sta racchiudendo in due parole tutto il suo trascorso: vedendo una villa durante il viaggio per andare alla festa, gli viene in mente che, a differenza del proprietario di quella bella casa, lui non poteva permettersi di avere una camera tutta per sé, ma doveva condividerla con sua madre. Poi, ripensando ai momenti, anni addietro, passati con gli amici, fa riferimento ai soldi che mancavano e allude, infine, all’assenza del padre e/o di un modello maschile da seguire. Inoltre quando dice “E non mi ero mai sentito così, come se nessuno c’ha tutto e io sì”, afferma nel presente, con ancora più decisione, la contentezza che prova con gli amici rispetto ai momenti in cui la tristezza era solita a impadronirsi di lui. Il divario che c’è tra il mondo degli amici e quello della società è talmente ampio che l’uno si contrappone all’altro, “Che questo vedere più chiare le cose andrà via con la notte, accecato dal sole”. Dove la società in generale è abituata a considerare e valutare le cose alla luce del sole, lui e i suoi amici riescono a farlo solamente sotto la luce della luna, cioè in una maniera completamente opposta e assolutamente inconciliabile alla prima. Questa avversione e ostilità nei confronti della società si può molto probabilmente ricondurre alla difficile adolescenza e al ruolo quasi totalmente assente di figure familiari, eccetto i nonni, come lui stesso ammette in quasi tutti i suoi brani. In 7 Miliardi lo vediamo mentre sfoga tutta la sua rabbia, esprimendo tutti i suoi pensieri e le sue critiche verso la società, portandole all’eccesso. Invece in Amici si concentra sull’altro mondo, quello che preferisce, quello che lo aiuta e accoglie, lasciando da parte quello che lo ha respinto e da cui non può trarre alcuna utilità. In questa canzone, che racconta un pezzo felice di vita, avviene la completa sostituzione degli amici alla famiglia. Infatti gli amici per Massimo Pericolo non sono solo come una seconda famiglia ma diventano la vera e propria famiglia che non ha mai avuto. Amici è un monito a non abbattersi mai di fronte alle sconfitte della vita, ma a trovare sempre il modo di superare le difficoltà e soprattutto “Noi non faremo l’errore come fanno le altre persone di far sempre la scelta più giusta invece di quella migliore”.
“Ho scelto i miei guanti da portiere perché sono il materiale più importante per un portiere, appunto. Per il centrocampista il materiale più importante sono gli scarpini; per un portiere avere un buon paio di guanti è d’oro. Quei guanti ce li ho dall’anno scorso e ho parato tanto. Inoltre li ho anche prestati un paio di volte ad un amico che aveva solo quelli da allenamento e che non erano neppure ben messi. Tra portieri ci si aiuta sempre. Pertanto per me sono molto importanti perché simboleggiano un’amicizia e perché sono un materiale fondamentale per un portiere” Io lo ricordo come attaccante del Real Madrid di quando ero ragazzino, a metà anni ‘80, e dell’Argentina campione del mondo in Messico: Jorge Valdano. Poi è diventato un dirigente sportivo e un allenatore e ha scritto anche dei libri. M. (classe prima). Lascio a lui il ruolo di commentare la gemma di M. (classe prima): “Il portiere dei campioni è l’uomo solo che aspetta. Ha lunghi minuti di contemplazione, ma non può concedersi il lusso della distrazione. E’ spettatore, ma con occhi da protagonista, felino che ha bisogno di pazienza. Compare così poco sulla scena che si notano molto di più le sue incertezze. Decine di minuti a ruminare l’ultimo errore senza potersi vendicare fino a quando, in un istante non scelto, gli si presenta il nuovo, impegnativo compito”.
“Questa è una foto con parte del mio gruppo animatori dell’anno scorso: siamo più di 40, e loro sono come una seconda famiglia. Sono entrata l’anno scorso anche se li conoscevo già da tempo come “animata”. Ci vediamo circa 4 volte alla settimana e sono nate amicizie importanti per me”. Questa la gemma di V. (classe seconda). La formazione con un gruppo affiatato è stata una delle cose positive che hanno segnato la mia giovinezza, una di quelle che mi porto ancora nel cuore.
“Ho portato come gemma la foto della squadra: beh, forse è un po’ scontato, ma per me rappresenta un tesoro perché lì siamo tutti fratelli, condividiamo vittorie e sconfitte. Viviamo insieme le fatiche e superiamo tutto anche se a volte è difficile, soprattutto quando giochiamo contro squadre più forti: sono le volte in cui si tratta di mandare in campo il cuore. E’ bello il legame che si forma anche con l’allenatore e le altre persone che aiutano: è come una grande famiglia. I fratelli che mi sono mancati li ho trovati in questo gruppo.” Questa è stata la gemma di R. (classe seconda). Gioco a pallavolo e ho sempre ammirato l’allenatore che ha portato in alto la nazionale italiana maschile, Julio Velasco. Ecco, in questo video spiega la differenza tra gruppo e squadra…
“Ho portato come gemma due foto che sono molto importanti perché segnano l’inizio e l’attuale punto d’arrivo del mio percorso scout. Nella prima sono nelle coccinelle al primo volo estivo (3-4 giorni in montagna). La ragazza in alto era la capo che ci ha regalato la foto perché lei sarebbe andata via. La seconda foto è con la squadriglia la scorsa estate durante il campo. La squadriglia è per me fondamentale perché siamo come delle vere sorelle: non ci sono segreti, ci raccontiamo tutto, si passa tutto il tempo insieme, si cresce molto (ci sono molti litigi durante questi giorni; nei primi 4 anni, ad esempio ho litigato molto con la caposquadriglia, ma mi ricordo anche i momenti indimenticabili soprattutto nell’ultimo anno in cui invece abbiamo legato tanto). Le amicizie che si sono formate sono tra le più profonde e importanti che ho; abbiamo affrontato insieme i problemi aiutandoci nelle difficoltà, anche nel semplice fatto di rispettare gli impegni del sabato e della domenica. Quest’anno l’ho iniziato con tanta gioia ed entusiasmo e un po’ mi dispiace passare nel gruppo più grande il prossimo anno. Ho anche portato una canzone dei The Sun. Sabato sera ero alla loro testimonianza-concerto. Sono in 4 e 2 di loro hanno fatto un percorso difficoltoso senza vedere il senso del limite. Il leader ha avuto grande cambiamento frequentando la chiesa e ha testimoniato la sua esperienza; gli altri hanno deciso di aiutarlo. La canzone è “Strada in salita”, e soprattutto il ritornello mi ha colpito: “Voglio un sogno e voglio un senso, voglio una partita che mi faccia dare il meglio, che questa vita sia la mia strada in salita, che mi possa guidare in ciò che amo e così sia”. Uno che dice così è molto forte e va contro corrente rispetto ad un mondo che propone un modello di strada semplice e comoda.” Questa è stata la gemma di E. (classe seconda). Stamattina stavo prendendo il caffè nel bar della scuola e stavo parlando con Valentina, che ci lavora. Ci siamo messi a parlare di una nostra passione condivisa, la pallavolo e di quanto siano in crisi, rispetto al passato, gli sport… “E’ che” abbiamo concordato ad un certo punto, “lo sport è sacrificio”. La dimensione del sacrificio mi fa assaporare in maniera diversa il risultato finale, sconfitta o vittoria che sia. Ne ho vinte e ne ho perse di partite, ma ci sono sconfitte che hanno più sapore di alcune vittorie perché la lotta è stata dura e ho lottato dando il meglio di me. “Ogni giorno della vita è unico, ma abbiamo bisogno che accada qualcosa che ci tocchi per ricordarcelo. Non importa se otteniamo dei risultati o meno, se facciamo bella figura o no, in fin dei conti l’essenziale, per la maggior parte di noi, è qualcosa che non si vede, ma si percepisce nel cuore.” (Aruki Murakami)
“Ho portato come gemma il video fatto con alcuni amici della parrocchia che per me sono ragazzi speciali. Con loro non c’è niente che causi tristezza o problemi; ogni volta siamo sulla stessa lunghezza d’onda trovando modo di divertirci grazie alla passione per la musica o per intrattenere i bambini attraverso le attività che facciamo, come questo centro estivo che è occasione per divertirsi e per conoscere se stessi e le proprie potenzialità. Nessuno viene lasciato da parte creando qualcosa per i bimbi ma anche per noi; penso che seguire questa strada sia una delle cose più belle che mi siano capitate.” Questa è stata la gemma di M. (classe quarta) e visto che il video non è ancora on-line pubblico solo tre foto estratte da esso. Il video è pieno di sorrisi, di divertimento, di gioia. Mi ha riportato indietro con la memoria, alla mia adolescenza e mi ha fatto venire alla mente una frase di George Bernanos: “È la febbre della gioventù che mantiene il resto del mondo alla temperatura normale. Quando la gioventù si raffredda, il resto del mondo batte i denti”.
“Ho portato la foto del gruppo animatori del centro estivo. I primi due anni di superiori ero una persona molto chiusa e avevo paura di qualsiasi cosa. Mi escludevo dagli altri, solo in classe avevo qualche relazione. Mi isolavo per paura degli altri. Poi un’amica mi ha portata in questo centro aggregazione con ragazzi più grandi e più piccoli, ma nessuno della mia età. Conoscendomi avevo timore, però ho continuato a frequentare il gruppo. Ho fatto molte attività e grazie a loro sono quella che sono ora: siamo un gruppo d 45 ragazzi. Se potessi cancellerei quei due anni della vita, ma ormai sono parte del passato…”. Questa la gemma di A. (classe quinta). Pam Brown scrive “Tutti abbiamo incontrato lo sguardo di qualcuno e sentito una specie di “riconoscimento” che avrebbe potuto essere l’inizio di un’amicizia. Ma poi le luci cambiano, il treno parte, la folla fa ressa tutto intorno… e non sapremo mai”. Volgendola al positivo penso sia bello invece sapere, sapere e riconoscere il momento in cui siamo stati riconosciuti o abbiamo riconosciuto l’altro come presenza amica.
“Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che suona la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all’insieme. Siccome il piacere dell’armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica”. (D. Pennac, Diario di scuola, 2007) Far conoscere la stessa musica, questa è la sfida.
Lo spartito di “Happy” è stata la gemma presentata da M. (classe seconda). “L’ho portato per due motivi. Il primo è perché la musica è la mia passione: suono il clarinetto da quando avevo 4 anni. Il secondo è perché attraverso la musica ho fatto l’esperienza della banda giovanile regionale, che ha significato crescita musicale e umana. Vi ho conosciuto una delle mie più grandi amiche”. Riprendo e sottolineo una delle frasi che appaiono nel video proposto da M. e che unisce i suoi due motivi: “L’amicizia è come la musica: due corde parimenti intonate vibreranno insieme anche se ne toccate una sola” (Francis Quarles).
“Questa canzone è la mia gemma: non è la mia preferita e non la ascolto spesso, ma è importante perché mi rimanda a momento preciso, quando ho vinto il campionato con la mia squadra, dove gioco fin dall’inizio. Non è una squadra grande, però ci sono molto legato perché è la squadra del mio paese; avrei potuto andare via, ma non ho voluto. Considero i miei compagni come dei fratelli. In questi anni sono anche stato preso in giro perché ho scelto di restare a giocare in una “squadretta”, ma mi sono sempre trovato bene. Mi ero ripromesso di mettere a tacere tutti, soprattutto gli ex compagni che avevano sputato nel piatto in cui avevano mangiato. Dopo tre anni siamo riusciti a vincere. In questa canzone, nel ritornello c’è qualcosa di importante: il lavoro duro, vedere negli altri lo stesso tuo obiettivo. «E ci hanno detto che non saremo mai stati in grado di farcela.Ma ci siamo messi in cammino».” Così M. (classe terza) ha voluto presentare la propria gemma.
Nella seconda strofa della canzone i Linkin Park raccontano la difficoltà prima di prendere la decisione di darsi da fare e poi il momento risolutivo: “Quando tutto questo è cominciato eravamo costantemente rifiutati e sembrava che non avremmo potuto fare nulla per essere rispettati. Nel migliore dei casi, eravamo presi di mira. Al peggio si è detto probabilmente che siamo patetici. Avevo tutti i pezzi del puzzle e solo il modo di collegarli. Combattevo con ogni verso, rafforzando ogni rima senza mai smettere di chiedermi se fossi fuori di testa. E alla fine è arrivato il momento di farlo o lasciar perdere. Quindi abbiamo messo le carte in tavola e detto che era ora di prendere in mano la situazione”. Sembra di ascoltare la parte finale de “La linea d’ombra” di Jovanotti che abbiamo ascoltato in classe poco dopo: “domani andrò giù al porto e gli dirò che sono pronto a partire, getterò i bagagli in mare studierò le carte e aspetterò di sapere per dove si parte, quando si parte e quando passerà il monsone dirò “levate l’ancora, diritta, avanti tutta, questa è la rotta, questa è la direzione, questa è la decisione””.
“Ho portato la canzone che accompagna la mia storia d’amore; è anche il brano che ha ispirato quella che per me è la canzone migliore che io abbia scritto.” Così A. (classe quinta) ha introdotto la sua gemma. “Mi piacciono il testo e la melodia, e il pezzo esprime il rapporto all’interno degli Slipknot, che è quello che dovrebbe esserci all’interno di ogni gruppo: amore, amicizia, esserci per gli altri.”
Per restare su genere e tematica mi affido a “Alone in heaven” dei Sonata Arctica: il concetto è semplice. Che senso ha una gioia, una felicità se sono da solo a viverla, se non posso condividerla con nessuno? “Mi chiedo soltanto, tutto questo può essere il paradiso se i miei migliori amici bruciano all’inferno? Paradiso. Che diavolo farei in quel luogo senza te? In paradiso, solo in paradiso… Non ti lascerò mai indietro. È tutti per uno, e tutti per la vita.”