“Ho scelto di portare come gemma la scena finale di un film che guardavo sempre da piccola e che era il mio film preferito: è stato anche il primo a farmi piangere. E’ la storia di una coppia che adotta un cucciolo di labrador. Appena visto mi sono subito immedesimata nella storia perché mia nonna, lo stesso anno in cui sono nata io, ha comprato un cane identico a questo: ho passato tutta la mia infanzia fino ai quindici anni, quando poi è morto, insieme a questo cane. Abbiamo instaurato un rapporto bellissimo, probabilmente migliore di quello che avevo con chiunque altro perché, essendo io una persona molto riservata, faccio fatica a parlare delle mie cose e con lui giocavo e parlavo, parlavo e parlavo. Ovviamente non avevo un riscontro ma era esattamente quelli di cui avevo bisogno: dire le cose senza avere un’opinione, un consiglio. La scena finale sintetizza questi concetti”.
La riporto quella frase finale di Io e Marley proposto da E. (classe quinta): “Un cane non se ne fa niente di macchine costose, case grandi o vestiti firmati. Un bastone marcio per lui è sufficiente. A un cane non importa se sei ricco o povero, brillante o imbranato, intelligente o stupido: se gli dai il tuo cuore lui ti darà il suo. Di quante persone si può dire lo stesso? Quante persone ti fanno sentire unico, puro, speciale? Quante persone possono farti sentire straordinario?”. Si tratta di un film che ho visto due volte ma che non ho più guardato dopo l’arrivo di Mou, non ce la faccio. Mi soffermo allora sul rapporto nato tra E. ed il labrador di sua nonna, perché mi ha fatto venire alla mente l’importanza dell’ascolto. Soprattutto quando ho il cuore gonfio di emozioni sento la necessità di qualcuno che ascolti, che ascolti anche senza dire niente, senza cercare di darmi la soluzione, senza cercare di dirmi che ci è passato anche lui, senza cercare di tirarmi su a tutti i costi. Sono persone rare…