Gemma n° 2018

“Ho portato un libro, Il piccolo principe, il primo libro che ho letto. Non ricordo se mi sia stato regalato dai miei genitori o da loro amici; ero in II elementare. All’inizio non volevo leggerlo, lo trovavo complicato, però mia mamma me l’ha fatto leggere anche per abituarmi alla lettura ad alta voce. Lo leggevo quando eravamo insieme e mi faceva leggere talvolta 10 pagine, talvolta 5. Quando l’ho finito ho iniziato a leggere anche altri libri e questo mi ha aperto al mondo della lettura e della scrittura: ora sono le cose che mi piace di più fare. Da quel momento in poi ho sempre amato leggere e scrivere, sono piena di libri e mi trovo bene a scrivere. Per questo devo ringraziare i miei genitori che mi hanno trasmesso questa passione: oggi troppi giovani guardano solo serie tv o giocano sullo smartphone senza mai toccare un libro e ciò non è positivo, si perde tanto e la mente non si apre”.

Commento la gemma di K. (classe seconda) con una frase di Marcel Proust: “Quando la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare”.

Il postino di Natale

Sempre per creare un po’ di spirito natalizio posto il piccolo racconto pubblicato sul suo blog da Alessandro D’Avenia.

“Stefano Occhipinti è un postino che fa le sue consegne in bicicletta, anche quando nevica. E in questo Natale di crisi la neve si è accanita contro le strade della città, quasi potesse lavarle definitivamente. Ma si sa che la città degli uomini è troppo polverosa per essere lavata dalla neve. Il 24 dicembre è l’ultima giornata di lavoro dell’anno. Stefano solca la neve lentamente e sul suo volto c’è la stanchezza buona di un lavoro compiuto. Stefano ha imparato da suo padre che nella vita non è importante la parte, ma la recitazione. Che tu sia Re, Buffone o Postino, quel che conta è che tu sia un bravo Re, Buffone o Postino. Per lui essere un buon postino è portare le lettere al destinatario, anche quando ne è rimasta solo una e si è fatto tardi e si potrebbe rimandare al giorno dopo.

E in fondo al sacco ne è rimasta una.

Stefano è rimasto solo con la neve. La gente ha già acceso le luci colorate della vigilia e le facciate dei palazzi sembrano aver perso la loro ordinaria e ripetitiva tristezza.

Legge sulla busta: non c’è l’indirizzo. C’è il francobollo e c’è una lettera da un foglio a giudicare dal peso della busta, conosce bene il suo mestiere, le sue dita sanno determinare il contenuto di ogni busta dal solo peso. Ma purtroppo la busta è bianca come la neve che, nuova, si poggia sulla vecchia.

Stefano è un postino a fine giornata, il 24 dicembre. La neve continua a cadere e lo trasforma in un fantasma nel buio. Ha una busta senza destinatario. Il suo turno è finito. Si avvicina ad un cestino per buttare la lettera. E se fosse una lettera importante? Se ne dipende qualcosa di vitale, in quel Natale?

La apre. Spiega il foglio e legge:

…ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo,

ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo,

ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo,

ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo,

ti amo,

ti amo, ti amo, ti amo, ti amo,

ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo,

ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo…

Si ferma perché quella parola è scritta sul fronte e sul retro di quel foglio centinaia di volte e assomiglia ad una poesia, dal momento che gli a capo non sono regolari. Guarda i fiocchi di neve, che – si sa – sembrano tutti uguali, ma a guardare bene si scopre che non uno è uguale all’altro, perché ciascuno dispone i suoi cristalli in modo perfettamente geometrico, ma sempre nuovo e diverso. Un caos ordinato, o un ordine caotico?

Stefano riprende a leggere. Anche se c’è scritta una sola cosa, ogni «ti amo» ha una nevicata.jpggrafia leggermente diversa, ora una «t» è più lunga, ora una «o» più arrotondata, ora una «a» più schiacciata, ora una «i» più slanciata. Come se ogni «ti amo», apparentemente uguale all’altro, fosse unico e nuovo a saperlo scrivere e a saperlo leggere come si deve. Ma per vedere certe cose bisogna averci gli occhi aperti. Spalancati. E questo Stefano lo sa, perché se c’è una cosa che il suo mestiere gli ha insegnato è che l’essenziale è leggere bene nome e cognome e indirizzo su una busta.

Dopo l’ultimo «ti amo», non c’è scritto più nulla. Follie da innamorati. Neanche una firma. Anzi al posto della firma, in basso a destra galleggiava un altro «ti amo». Quasi fosse quella la firma, il nome e il cognome del mittente.

Stefano alza gli occhi dal foglio e li costringe a ripercorrere al contrario la caduta dei fiocchi come chi cerca la sorgente di un fiume. Si perdono, fiocchi e occhi, nel cielo buio e compatto della vigilia, come se si potesse spaccare da un momento all’altro. Tutto sembra così simile a quella lettera in quella notte. Tutto è così calmo in quella notte. Tutto è così consueto e nuovo in quella notte. Come un «ti amo» pronunciato all’infinito, ma sempre diverso. Basta guardare la neve cadere dal cielo nelle proprie mani.

L’essenziale è visibile agli occhi.”

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