Queste parole, scritte da Nietzsche nell’aforisma 124 de La gaia scienza, le lascio qui perché possano leggerle quelli che sono partiti e hanno desiderio di una spinta, quelli che hanno mollato gli ormeggi e magari si sentono persi davanti alle infinite possibilità, gli amici che avvertono la vertigine del volo che stanno compiendo, gli studenti ed ex-studenti che tremano davanti al futuro ma hanno scintille negli occhi; le lascio qui per me, per ricordarmi un infinito da abitare giorno dopo giorno.
«Abbiamo lasciato la terra e ci siamo imbarcati sulla nave! Abbiamo tagliato i ponti alle nostre spalle – e non è tutto: abbiamo tagliato la terra dietro di noi. Ebbene, navicella! Guardati innanzi! Ai tuoi fianchi c’è l’oceano: è vero, non sempre muggisce, talvolta la sua distesa è come seta e oro e trasognamento della bontà. Ma verranno momenti in cui saprai che è infinito e che non c’è niente di più spaventevole dell’infinito. Oh, quel misero uccello che si è sentito libero e urta ora nella pareti di questa gabbia! Guai se ti coglie la nostalgia della terra, come se là ci fosse stata più libertà – e non esiste più “terra” alcuna!»