che fare contro le 529 condanne a morte di Fratelli Musulmani in Egitto?- 365.

Pubblico dal blog di un amico questa notizia. Avevo intenzione di riportarla da tempo, ma poi è sempre fuggita l’occasione…

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529 condanne a morte in Egitto contro membri dei Fratelli Musulmani che hanno partecipato a tumulti e scontri di piazza contro la destituzione del Presidente della Repubblica eletto Morsi da parte dei militari.

una enormità, qualunque sia il giudizio politico su Morsi e sulla sua caduta.

su cui è calato un silenzio complice. 

lo spezza almeno per me e con una mail, Ricken Patel di Avaaz.org che presenta questa associazione a cui ho aderito anche io, così:

Con 35 milioni di membri, siamo diventati un movimento civico mondiale unico nel suo genere, il più grande di sempre, e le nostre campagne sono una seria minaccia per regimi dittatoriali e multinazionali corrotte.

* * *

Avaaz in questo momento sta concentrandosi per impedire che l’esito mostruoso del processo egiziano venga portato a compimento con 529 esecuzioni capitali.

MAGGIORI INFORMAZIONI

Egitto: fermate questa esecuzione di massa (Avaaz)
http://www.avaaz.org/it/stop_mass_execution_loc/?fr

Esecuzione di massa, Egitto…

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Tra estremismi e fondamentalismi

Il giornalista Mostafa El Ayoubi su Nigrizia di maggio scrive della situazione degli estremismi religiosi in Egitto.

egitto, morsi, fondamentalismi, estremismi, islam, copti, fratelli musulmani“L’ascesa al potere degli islamisti in Egitto, dopo la rivoluzione del 25 gennaio 2011, preoccupa molto la comunità cristiana in questo paese, la cui scena politica è dominata dal movimento islamista dei Fratelli musulmani (Fm). Di fatto tutti i poteri (giudiziario, legislativo ed esecutivo) sono concentrati nelle mani di Mohammed Morsi, il primo presidente eletto democraticamente dopo decenni di dittatura militare. Morsi è membro del movimento dei Fm, il quale ambisce a “reislamizzare” le istituzioni e la società civile. Le frange estremiste della confraternita dei Fm e quelle del movimento salafita, suo alleato, sono molto ostili ai copti: li considerano dei miscredenti ai quali lo stato deve impedire di costruire chiese e deve reintrodurre per loro lo statuto di dhimmi (cittadini non musulmani sottomessi con l’obbligo di pagare la jizya, una tassa prescritta dalla legge islamica).

In passato, anche sotto i regimi militari, cosiddetti laici, la vita dei copti non è sempre stata facile. Spesso sono stati strumentalizzati, specie nel trentennio Mubarak, per canalizzare la rabbia popolare verso lo scontro interconfessionale tra cristiani e musulmani, con lo scopo di sviare l’attenzione degli egiziani dai problemi della giustizia sociale, della libertà e della corruzione da un lato, e giustificare lo stato di polizia e la repressione dall’altro. Oggi, sotto il regime islamista, la questione copta continua a essere strumentalizzata. A quasi un anno dall’elezione di Morsi e a sei mesi da quella del nuovo patriarca copto ortodosso Tawadros II, nulla è stato fatto riguardo al processo di riconciliazione tra musulmani e copti. Gli episodi di violenza che all’inizio di aprile scorso hanno coinvolto cristiani, musulmani e forze dell’ordine, ripropongono le stesse dinamiche dei tempi passati in maniera ancora più drammatica; ne sono la dimostrazione gli scontri sanguinosi nel recinto della cattedrale di San Marco al Cairo, avvenuti il 7 aprile durante la celebrazione dei funerali di quattro copti rimasti uccisi due giorni prima in uno scontro con i musulmani. L’attacco alla cattedrale, luogo simbolo dei copti ortodossi, è stato considerato un atto gravissimo «senza precedenti» nella storia dell’Egitto dal patriarca Tawadros II, che ha esplicitamente chiamato in causa Morsi: «Ha promesso di fare di tutto per proteggere la cattedrale ma non è quello che noi vediamo». Un lancio della France Presse del 9 aprile ha parlato di «immagini diffuse da varie tivù che mostravano la polizia sparare lacrimogeni in direzione della cattedrale». Accuse gravi che denotano una tensione tra i vertici della Chiesa copta e lo stato. L’elezione di un islamista come raïs della repubblica post rivoluzionaria ha accentuato il sentimento di insicurezza e di marginalizzazione degli 8 milioni di copti.

La Chiesa copta imputa a Morsi di aver imposto agli egiziani una costituzione che favorisce gli islamisti nel loro intento di istituire l’islam come unica fonte della legislazione. Per questo, i copti si sono ritirati dalla commissione incaricata di redigere la nuova costituzione. È utile ricordare che questa è stata approvata nel dicembre 2012 con il sì del 63,8% della popolazione, ma con un tasso di partecipazione inferiore al 33%. Nonostante abbia dichiarato di voler essere il «presidente di tutti» e abbia condannato la violazione della sacralità della cattedrale di San Marco, Morsi (e i Fm) nutre risentimenti nei riguardi della comunità copta. Alle presidenziali i copti hanno votato in maggioranza per Ahmed Shafik, ex ministro di Mubarak, e al referendum sulla costituzione hanno votato “no”. Occorre inoltre rammentare che il precedente patriarca, Shenuda III, era a favore del passaggio del potere al figlio di Mubarak.

Le frange estremiste degli islamisti, non nutrono solo risentimento nei confronti della comunità copta e di altri cristiani. La massiccia diffusione dei canali tivù via satellite ha favorito il proliferare di telepredicatori jihadisti che seminano odio nei confronti dei copti, che considerano «infedeli», e di tutti coloro che non condividono la loro dottrina. E un estremismo tira l’altro. Anche dalla parte cristiana, vi sono frange intransigenti che attraverso le tivù diffondono all’interno della loro comunità impulsi islamofobi e fomentano lo scontro interconfessionale. Due giorni prima della violenza alla cattedrale, ragazzi copti hanno disegnato una croce sulla facciata di un istituto islamico nella città Al-khoussous: un pretesto servito su un piatto d’argento ai fanatici dell’altra sponda per replicare. Di fronte a questa nuova escalation di scontri tra musulmani e cristiani, il nuovo regime accusa fouloul a-nidam (i resti del vecchio regime) di strumentalizzare il discorso interconfessionale per mettere in difficoltà gli islamisti al potere e provocare il caos.”

In attesa…

Pubblico un articolo molto bello di Fulvio Scaglione preso da Avvenire.

“Su quanto avviene in queste ore in Egitto si appuntano, e con giusta causa, gli occhi del mondo. Occorre che questo avvenga, però, per le ragioni che davvero contano, e non per quanto conviene alla retorica del momento. È inutile, per esempio, cercare nella deriva autoritaria del presidente egiziano Morsi, espressione politica dei Fratelli Musulmani, la conferma di un fallimento della Primavera araba. Al contrario: la protesta contro le decisioni di Morsi dimostra che la Primavera ha aperto un vaso di Pandora di coscienza civica, prima assente, che sarà impossibile richiudere. Quello che invece deve inquietare è la bozza di Costituzione (da approvare con referendum) che il Presidente ha fatto licenziare in fretta e furia da un’Assemblea costituente popolata solo da Fratelli musulmani e salafiti dopo l’abbandono dei cristiani e dei laici per l’evidente impossibilità di svolgere un lavoro decente. La bozza, all’articolo 2, detta: «I principi della sharia sono la principale fonte della legislazione».morsi.jpg

È un dramma perché lo fa Morsi in Egitto? No, al contrario: è un dramma perché lo fanno tutti. Intanto, l’articolo in questione è tal quale a quello presente nel testo dei tempi di Mubarak. La Costituzione adottata dall’Iraq ha un articolo 2 identico quasi alla lettera. Quella dell’Arabia Saudita, all’articolo 1, dice: «Il Regno dell’Arabia Saudita è uno Stato sovrano arabo islamico con l’islam come religione; il Corano e la Sunnah del suo Profeta… sono la sua Costituzione ». Abbiamo citato per primi due Paesi molto “amici” dell’Occidente, ma se passiamo all’Iran troviamo all’articolo 4: «Tutte le leggi e i regolamenti civili, penali, finanziari, economici, amministrativi, culturali, militari e politici… devono essere fondati su criteri islamici ». E in Tunisia, dove elezioni democratiche hanno dato la maggioranza al partito islamista Ennadha come in Egitto ai Fratelli Musulmani, il tentativo di sottoporre le leggi dello Stato alla legge islamica è stato finora contenuto solo dalla forte mobilitazione dell’opinione pubblica. Questo è uno dei crinali più critici nei rapporti con il mondo islamico. È chiaro infatti che il monopolio della legge affidato a una sola fede, anche se maggioritaria, mina alle radici quel principio della libertà di religione che, al contrario, è uno dei capisaldi della nostra civiltà e della nostra cultura. Con quel che poi ne deriva in termini di reciprocità, sia nei rapporti tra cittadini sia nelle relazioni tra Stati. Ma non basta.

Restando alla bozza egiziana, troviamo che l’articolo 2 è pericolosamente integrato dall’articolo 4, quello in cui si ribadisce che, in materia di legge islamica, può essere sollecitato il parere del grande imam di Al Azhar, la moschea del Cairo che è anche il più prestigioso centro teologico del mondo sunnita. Questo configura non solo la sottomissione della legge dello Stato alla legge islamica, ma anche la subordinazione del potere giudiziario all’autorità religiosa. Mentre noi ben sappiamo che l’indipendenza della magistratura è una delle architravi del nostro Stato democratico. Questo va sottolineato. Perché la violazione del principio della libertà di religione, pur gravissima per ciò che sottintende, potrebbe in teoria scaricarsi solo sui non musulmani, che peraltro in Egitto sono almeno il 10% della popolazione, quindi non pochi. Mentre l’asservimento del potere giudiziario si scaricherebbe su tutti, musulmani e non musulmani, senza distinzioni, aprendo senza scampo la strada a un regime autoritario. In questa battaglia coloro che protestano in tante città dell’Egitto non vanno lasciati soli. Perché è una battaglia che in qualche modo combattono anche per noi.”