Gemme n° 0

Apro una nuova sezione nel blog: GEMME. Ho chiesto ai miei studenti di pensare a qualcosa (una canzone, una scena di un film, una pagina di un libro, un quadro, una foto, un oggetto…) per loro significativo e che desiderano far conoscere ai compagni come fosse una gemma preziosa. Il pomeriggio, poi, metterò qui sul blog i loro spunti. Intanto metto una mia gemma, quella che presenterò loro questa settimana.

In sottofondo “I giorni migliori”, Tiromancino.
Ci sono nell’aria delle cose che dentro di noi conosciamo a memoria perché sono quelle che sentiamo più nostre, più personali, che sentiamo veramente come parte di noi e che non possiamo condividere magari per paura o solo proprio perché desideriamo che continuino a restare nostre. Mi viene da pensare ai sogni, alle speranze, ma anche al senso che possono avere per noi una determinata foto, una certa canzone, una stella alpina chiusa tra le pagine di un libro…
Queste cose, che poi formano la nostra identità, non vanno mai rinnegate, soprattutto nei momenti difficili, in quei momenti in cui niente va per il verso giusto, in cui resta ben poco a cui aggrapparsi, in cui sembra proprio di essere tagliati fuori, di essere rimasti fermi mentre tutti continuano a correre felici verso la loro meta “in continuo movimento”. E’ proprio questo il momento in cui difendere le fragili cose che sentiamo nel cuore. Come? Facendo volare “in alto i nostri pensieri più limpidi”.
In questa canzone Federico Zampaglione parla di speranza, di ideali, di valori ma anche e soprattutto delle piccole cose che poi rendono concreti la speranza, gli ideali, i valori. Per una persona che è finita a terra, che si è ritrovata precipitata in una situazione difficile, è forse più facile pensare al futuro, cercare di rimettersi in piedi, riscoprendo l’interesse per le piccole cose. Non penso che sia parlando dell’amore o della fiducia che mi torno ad innamorare, ma ricevendo o dando una carezza, uno sguardo, un bacio, un abbraccio… “perché sono le sfumature a dare vita ai colori e a farci tornare in mente le cose più pure dei giorni migliori”. Si potrebbe allora pensare che si tratti di una canzone che parla di nostalgia, di un passato comunque migliore del presente che stiamo vivendo o del futuro che potrebbe arrivare. Ma c’è l’ultimo verso a venirci in soccorso, che ci invita a non cercare facili scorciatoie, ma a basarci sulla strada in cui crediamo e sul coraggio di percorrerla: “Non ci sono percorsi più brevi da cercare, c’è la strada in cui credi e il coraggio di andare”. E la forza di mettersi in cammino sulla strada è quella che emerge in tutti i brani di chiamata che troviamo nella Bibbia, da quelli dei profeti a quelli dei discepoli, e tutti richiedono un movimento, di piedi e di cuore. Cito solo l’inizio del Vangelo di Marco: “Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”. E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui”.
E il discorso si può estendere a tutti i viaggiatori, da Siddharta a Ulisse, da Frodo a Marco Polo, da Gilgamesh a Terzani.

Il posto della meraviglia

E’ difficile trovare un oggetto particolare in una strada centrale, lungo un corso, in bella vista in vetrina: “Per ogni cosa c’è un posto ma quello della meraviglia è solo un po’ più nascosto”. L’uomo contemporaneo è abituato al prodotto pronto e servito sul piatto: ciò che costa fatica spesso spaventa e non ci si rende conto che invece la cosa desiderata e bramata, per cui magari si è sofferto e lottato porta la bellezza proprio in quella attesa e in quelle battaglie (“Il tesoro è alla fine dell’arcobaleno che trovarlo vicino nel proprio letto piace molto di meno”). Le imprese, anche quelle che paiono impossibili, non sono precluse, ma è bene sapere quello di cui si va alla ricerca: “Come cercare l’ombra in un deserto o stupirsi che è difficile incontrarsi in mare aperto. Prima di partire si dovrebbe essere sicuri di che cosa si vorrà cercare dei bisogni veri”. La meta deve essere valutata con calma, non è detto che la corsa e la premura siano ideali per questo tipo di viaggio, corriamo il rischio di trascurare l’essenziale: “Ma le più lunghe passeggiate, le più bianche nevicate e le parole che ti scrivo non so dove l’ho comprate. Di sicuro le ho cercate senza nessuna fretta perché l’argento, sai, si beve, ma l’oro si aspetta”. Buon inizio di anno scolastico e… buona meraviglia, sperando non sia troppo nascosta, con “Il negozio di antiquariato” di Niccolò Fabi (La cura del tempo, 2003).

Lontano?

desertoUn racconto sull’amicizia preso dalla tradizione islamica e contenuto nel libro “La saggezza del mistico cammello” di Franco Ometto.
«Un dervisc racconta che camminando nel deserto, vide un uomo con una veste rappezzata, un bastone in mano e una ciotola.
Gli chiese. “Da dove vieni?”.
Quello rispose: “Dall’Andalusia”.
“Dove vai?”.
“In Cina”.
“A quale scopo?”.
“A visitare un amico”.
“Ma è lontano!”.
“Sì, è lontano per un debole, sfinito, ma per un amante è molto vicino!”.»

A casa

casa_cuore«Dove andiamo poi?»
La risposta è: «Sempre a casa».
Sempre a casa? Dov’è, ci si chiede, la casa dell’uomo? E qual è la strada che lo conduce fin là, il suo percorso di vita? Questa però e un’altra questione.
(Novalis)

Dissipando la nebbia

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Sono state settimane di pensieri e riflessioni “professionali”. Ci sono delle volte che, senza che ce ne accorgiamo, si fa largo nella nostra mente un pensiero; all’inizio è fumoso, come avvolto nella nebbia e siamo costretti a percorrere la strada che ci porta ad esso per cercare di sollevare un po’ quella coltre. Altre volte, anche se vicini, dobbiamo aspettare le ore calde del sole per cogliere la portate di quel pensiero. Una volta messo a fuoco, non è finita la strada… Quel pensiero ci piace o no? Fa per noi o no? Ci coinvolge? Ci chiede un’adesione? Solo teorica o anche pratica? Cosa comporta? Quali conseguenze? Questo è stato nelle ultime settimane. Ora la decisione è presa. Non si torna. Fatto bene? Non lo posso dire ora. Francesco Bacone, citato da Ravasi in “Breviario laico”, sosteneva che “chi scava in profondità nella realtà attraverso il pensiero scopre orizzonti sempre nuovi che lo conducono ad essere molto più esitante nell’attribuire alla ragione risposte definitive”. Di certo questo è il momento delle risposte parziali. Il futuro dirà. Forse…

La vecchia strada

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La strada è bellissima – disse il ragazzo

La strada è assai faticosa – disse il giovane

La strada è molto lunga – disse l’uomo

Il vecchio si adagiò sul ciglio della strada.

Un tramonto d’oro e di rubino gli colora la canizie

L’erba brilla ai suoi piedi, rugiada della sera

L’ultimo uccello del giorno canticchia sopra la sua testa:

ti ricordi ancora quanto era bella, faticosa e lunga, la strada?

(Leah Goldberg, Strofe in fonda alla via, 1)

Un passo indietro

8277542263_730ed0eba2_b.jpgNon sempre ci è facile afferrare il senso delle esperienze che viviamo, almeno nel momento in cui ci passiamo attraverso. A volte abbiamo la necessità di allontanarci da esse, come se dovessimo comprendere da più lontano un disegno complessivo che ci sfugge; un po’ come quando ci troviamo alla base di un palazzo e diventa necessario fare dei passi indietro per cogliere il complesso della facciata. “Forse per questo io affido a frammenti dispersi, intuizioni, piccoli mutamenti della luce, all’evidenza di un colore, al particolare di una facciata, ad un odore raccolto, il compito di trasformarsi in piccola certezza, in insieme di punti da unire per tracciare un itinerario possibile, come fossero i sassi di Pollicino, per ritrovare una strada” (Luigi Ghirri)