Dio dopo Auschwitz e… dopo Haiti


In V stiamo affrontando la questione del problema del male. Vi posto un articolo di Lorenzo Albacete

DIO C’E’ AD HAITI?

Oggi il presidente Obama terrà il suo discorso sullo Stato dell’Unione davanti alle due Camere del Congresso. Spero, nel mio prossimo editoriale, di poter commentare il discorso e le reazioni che susciterà, soprattutto vista la sorprendente sconfitta nel Massachusetts, dove un Repubblicano conservatore è stato eletto al seggio che fu di Edward Kennedy.

L’altro argomento attualmente dominante è la devastazione di Haiti dopo il terremoto che pare abbia ucciso centinaia di migliaia di persone. Cristiani evangelici negli Stati Uniti e ad Haiti hanno detto che il terremoto è una punizione divina perché molti haitiani seguono il voodoo e altre pratiche “sataniche”. Molti cristiani si sono mostrati confusi circa la risposta da dare alla spiegazione della morte di cosi tante persone nel terremoto.

Obama ha definito il terremoto di Haiti una “tragedia incomprensibile”. Ha ragione, ma c’è qualche tragedia comprensibile? In che misura possiamo comprendere qualcosa di simile a quanto accaduto? Cosa potrebbe rendere un simile evento così comprensibile da eliminare dai nostri cuori e dalle nostre menti il grido che continua a riaffacciarsi ancora e ancora, il grido: perché?

Io sono un prete cattolico. Nel giorno del terremoto stavo cercando di rispondere alla mail di una giovane che, dopo il suicidio di un amico a lei molto vicino, aveva cominciato a chiedersi in che modo il Dio che la amava era compatibile con la dottrina della Chiesa sull’inferno. Avevo anche ricevuto un messaggio da un altro amico che si interrogava sulla compatibilità tra il Dio cristiano e la sofferenza di un innocente. E mi citava anche qualcosa che avevo scritto io stesso: “Non posso adorare un Dio che mi chiede di strappare dal mio cuore e dalla mia mente la domanda perché accada il dolore degli innocenti”.

Mi ricordo un dibattito con l’ateo Christopher Hitchens e la sua frustrazione quando dichiarai che ero d’accordo con lui che avvengono cose che rendono ragionevole disprezzare un Dio che esige un’accettazione cieca della bontà della Sua volontà. Poi ecco l’orrore di Haiti… Cosa possiamo dire sulla domanda sempre presente, la domanda del perché queste cose accadono?

Non cancellerò la domanda, voglio affrontare l’orrore così come è, senza consolazioni tranquillizzanti. Si continua ad assicurare le vittime che “cuori e preghiere” sono con loro. Preghiere? A Chi? A un Dio che semplicemente avrebbe potuto impedire che tutto questo accadesse? Alla Chiesa non è stato risparmiato niente. La cattedrale è crollata uccidendo l’arcivescovo, seminari e conventi distrutti, uccidendo futuri preti e suore. Il rappresentante del Papa si è salvato perché si trovava fuori della sua residenza, che è crollata, e ha passato le notti in giardino con i sopravissuti del suo ufficio. Quale Dio si può pregare in queste situazioni?

Solo quel Dio che, come scrive San Paolo,”non ha risparmiato il proprio Figlio”, solo a questo Dio può andare il dolore del grido “perché?”. Se ha dato suo Figlio perché morisse per noi, dice Paolo, è impossibile che ci rifiuti quanto ci aiuta e ci benedice, dato che non vi è nulla che Egli valuti più del Figlio (Romani 8, 32). Non voglio una spiegazione del perché questo Dio permetta che accadano tragedie simili. Una spiegazione ridurrebbe il dolore e la sofferenza a una incapacità di comprendere, a un fallimento dell’intelligenza, per così dire. Io posso solo accettare un Dio che “con-soffre” con me. Così è il Dio della fede cristiana.

Fede o no, cristiani o no, la nostra umanità chiede che la domanda del perché non sia eliminata, ma che le sia permesso di guidare la nostra risposta a tutto ciò che accade. È la sola strada per una possibile redenzione della nostra umanità.

http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=63697

2 Replies to “Dio dopo Auschwitz e… dopo Haiti”

  1. Buongiorno Prof. ,
    il suo compito sul male mi sta facendo pensare molto…in questo testo trovo che ci siano molte domande ma poche risposte. Il sacerdote dice che il Dio della fede cristiana è un Dio che com-patisce, che ha condiviso la soffarenza dell’uomo attraverso Gesù, mandando Gesù, suo figlio a morire x noi. Ma non spiega xke Dio permette che l’uomo soffra…non riesco veramente ad accettare la tesi secondo cui la sofferenza degli innocenti concorre alla salvezza del mondo, come è avvenuto con la morte di Cristo. Certo che Dio è onniscente e quindi questo male può essere spiegato della visione atemporale di Dio, ma allora non può essere buono. Nn vorrei dilungarmi troppo xke quando inizio a parlare non fiisco più!:)

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  2. Tu non ti dilunghi e allora lo faccio io ma non con parole mie, bensì con quelle di Giorgio Faletti (!!!), che, come sai, non è un teologo o un cardinale. Per quello che penso io ti rimando alla lezione di sabato prossimo… Ahahahahah
    Il testo è pronunciato da un prete durante una predica: in città è appena successo un attentato in cui sono morte molte persone.
    «Tutti voi sapete quello che è successo nella nostra città ieri sera. Le immagini terribili che ognuno di noi ha negli occhi non sono nuove, come non sono nuovi lo sgomento, il dolore, la pietà quando ci si trova di fronte a prove come quella che siamo stati chiamati a superare.»
    Lasciò ai presenti un istante per capire, per ricordare.
    «Che tutti siamo stati chiamati a superare, fino all’ultimo uomo, perché il dolore che colpisce uno solo di noi colpisce tutto il genere umano. Essendo fatti di carne, con le nostre debolezze e le nostre fragilità, quando arriva un fatto luttuoso e inatteso, un fatto incomprensibile che coinvolge la nostra esistenza e supera la nostra tolleranza, il primo istinto è quello di chiedersi perché Dio ci ha abbandonato. Di chiedersi perché, se siamo suoi figli, permette che accadano queste cose. Lo fece anche Gesù, quando sulla croce aveva sentito la sua parte umana esigere il tributo di dolore che la volontà del Padre gli aveva richiesto. E badate bene che in quel momento Gesù non aveva Fede…»
    Fece una pausa. C’era in chiesa un silenzio nuovo, quella domenica.
    «In quel momento Gesù era la Fede.»
    Il sacerdote aveva sottolineato in modo particolare quella frase, prima di proseguire.
    «Se è successo all’uomo che è venuto al mondo con la volontà di portarci la redenzione, è comprensibile che possa accadere anche a noi, che di quella volontà e di quel sacrificio siamo i beneficiari e della quale rendiamo grazie ogni volta che ci accostiamo a un altare.»
    Una nuova pausa e la sua voce ritornò per tutti quella di un confidente e non di un predicatore.
    «Vedete, un amico si accetta per quello che è. A volte dobbiamo farlo anche quando non capiamo, perché la fiducia in certi casi deve andare oltre la comprensione. Se agiamo in questo modo per un amico, che è e resta un essere umano, a maggior ragione lo dovremo fare per Dio, che è nostro padre e che è nello stesso tempo il nostro migliore amico. Quando non capiamo, dobbiamo offrire in cambio quella Fede, che ci viene chiesta anche se siamo poveri, afflitti, se abbiamo fame e sete, se siamo perseguitati, insultati, accusati ingiustamente. Perché Gesù ci ha insegnato che viene dalla nostra bontà, dalla purezza del nostro cuore, dalla nostra misericordia, dal nostro desiderio di pace. E noi, ricordando le parole di Gesù sulla montagna, avremo quella Fede. Perché ci ha promesso che se quello che viviamo è un mondo imperfetto, se quello in cui invecchiamo è un tempo imperfetto, quello che un giorno avremo in cambio sarà un posto meraviglioso, tutto nostro. E non ci sarà tempo, perché sarà per sempre.»

    Giorgio Faletti, Io sono Dio, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2009, 168-171

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