In IV abbiamo affrontato induismo e buddhismo. A proposito di quest’ultimo abbiamo fatto un cenno allo zen e ai koan. I koan sono dei “problemi” che il maestro pone ai discepoli e che essi devono risolvere per via intuitiva e non intellettuale: alla fine di un koan non devo dire “ah! Ho capito”, ma “ah!”. Il koan deve spezzare il pensiero logico e per noi, figli di Socrate, Platone e Aristotele, la cosa non è immediata. Siamo all’interno dello Zen Soto. Qui sotto vi posto alcuni koan.
Un monaco domandò al maestro Nan-ch’uan: “Che cos’è lo Zen?” “È la vita di tutti i giorni.” “E come ci si avvicina ad esso?” “Più cerchi di avvicinarti, più te ne allontani.”
“Che cos’è lo Zen?” fu chiesto a un maestro. E lui rispose: “Si mangia quando si ha fame, si beve quando si ha sete, ci si copre quando fa freddo e ci si sventola quando fa caldo”.
Un novizio, appena entrato nel monastero, domandò al maestro Chao-chou: “Ti prego, spiegami che cosa devo fare per raggiungere l’illuminazione”. “Hai mangiato la tua zuppa?” “Sì.” “Allora, lava la ciotola.”
Un giorno Chao-chou trovò un discepolo inchinato davanti ad una statua del Buddha e lo colpì con un bastone. Il monaco protestò: “Non è un atto meritorio adorare il Buddha?” “Sì,” rispose il maestro “ma è ancora più meritorio lasciar perdere gli atti meritori.”
Un filosofo si recò un giorno da un maestro zen e gli disse: “Sono venuto a informarmi sullo Zen, su quali siano i suoi principi ed i suoi scopi”. “Posso offrirti una tazza di tè?” gli domandò il maestro. E incominciò a versare il tè da una teiera. Quando la tazza fu colma, il maestro continuò a versare il liquido, che traboccò. “Ma cosa fai?” sbottò il filosofo. “Non vedi che la tazza è piena?” “Come questa tazza” disse il maestro “anche la tua mente è troppo piena di opinioni e di congetture perché le si possa versare dentro qualcos’altro. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?”.


quanto mi piace questo tipo di cultura.
questi quesiti, i koan, li avevo già conosciuti in passato; ero incappata in uno famosissimo, quello dell’oca. L’oca, ancora uovo, viene sistemata in una bottiglia; quindi l’uovo si rompe e l’oca cresce. Nel koan si vuole rispondere ad una domanda: “Come si può far uscire l’oca dalla bottiglia senza rompere la bottiglia e senza uccidere l’oca?”
ciò che li rende così interessanti, a parer mio, è proprio il fatto che per noi, abituati a vivere in base alla logica, ai ragionamenti, risultino apparentemente incomprensibili ed insensati, dei nonsense. e invece sono capaci di nascondere una grande e profonda verità. il bello è che non hanno una soluzione logica, precisa, ma vanno intuiti, afferrati al di là della concretezza dei fatti. stare a pensare a questo tipo di quesiti seguendo un filo logico è inutile. essi vanno percepiti, ascoltati, assorbiti a fondo ignorando i concetti logici ai quali siamo abituati e ormai soggetti.
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