Gemma n° 1788

“Per la gemma mi sono ispirata ad un’altra gemma. Ho portato My blood dei Twenty One Pilots, non tanto per la canzone in sé, che comunque è molto bella, ma per il video che mi ha colpito nel profondo, non come tanti altri che sono belli e basta e magari restano in superficie. La prima volta che l’ho visto mi ha lasciato un po’ perplessa, anche perché è un video che si presta a molteplici letture. Uno dei significati importanti è che quando nelle nostre vicende succede qualcosa che ci segna nel profondo abbiamo bisogno di un aiuto e quando non lo troviamo ci proviamo da soli.”

Questa la gemma di A. (classe terza). Nel video ho colto la soluzione adottata dal protagonista che, di fronte ad un dolore molto forte, la perdita della madre, si crea un fratello immaginario; e ho pensato alle mille strategie che ciascuno di noi può o tenta di mettere in atto quando è in difficoltà. E mi è venuta in mente una cosa molto tenera successa venerdì mattina. E’ un giorno in cui siamo a casa sia io che Sara; ci stiamo preparando per uscire e Mariasole, che ha la passione per le scarpe, mi prende per mano per andare a prendere le scarpe per Sara. Nel frattempo Sara dice “Prendi quelle nere”. Mariasole non è convinta e quando io prendo le scarpe nere inizia a ripetere ossessivamente e con preoccupazione “nonononononononononono!”. Restiamo stupiti e ci guardiamo; dico a Mariasole “Tata, è un paio di scarpe, e la mamma vuole indossarle, non puoi decidere tu” e porto le scarpe a Sara. Mariasole inizia un pianto irrefrenabile e inconsolabile cercando di afferrare le scarpe bianche e non ci capacitiamo della cosa, anche perché è una bimba che sorride sempre e piange pochissimo. Ad un certo punto: un lampo! Sei giorni prima Sara era scivolata all’ingresso di un bar facendo un brutto ruzzolone e Mariasole si era spaventata: Sara indossava le scarpe nere. “Mariasole, hai paura che la mamma cada di nuovo?” le chiede Sara. “Sìììììììììì” le risponde piangendo cercando consolazione tra le braccia. Una tenerezza immensa ed un pensiero: Mariasole aveva trovato la sua strategia per risolvere la paura, le scarpe bianche.

Gemma n° 1787

“Ho scelto di portare questo dipinto che ho concluso pochi giorni fa. L’ho voluto portare sia perché sono abbastanza soddisfatta di com’è venuto, sia per l’interpretazione personale. Guardando il cielo mi viene in mente un posto sereno, senza regole, dove puoi essere chi vuoi, soprattutto te stesso; guardando invece la città, disegnata solo con il pennello rispetto al cielo, mi viene in mente un posto dove non puoi essere te stesso perché ci sono le persone che ti giudicano”.

E’ artistica la gemma presentata da F. (classe terza). Le parole che ha detto le accompagnerei con una canzone che ho fatto ascoltare il primo giorno di scuola in tutte le classi due anni fa, che altre volte ho ripreso, ma alla quale non ho mai dedicato un post qui sul blog. Si tratta di Io sono l’altro di Niccolò Fabi (dall’album Tradizione e tradimento). Lui stesso presenta la canzone così: “Esiste un’espressione ‘In Lak’ech’ che nella cultura Maya non è solo un saluto ma una visione della vita. Può essere tradotta come “io sono un altro te” o “tu sei un altro me”. Che si parta dalla mistica o dalla fisica quantistica si arriva sempre alla conclusione che l’altro è imprescindibile nella nostra vita e che siamo solo particelle di un tutto insondabile. Allora l’empatia diventa non solo un dovere etico, ma l’unica modalità per sopravvivere, l’unica materia che non dovremmo mai dimenticarci di insegnare nelle scuole. Conoscere e praticare i punti di vista degli altri è una grammatica esistenziale, come riuscire ad indossare i loro vestiti, perché sono stati o saranno i nostri in un altro tempo della vita.” Ed è la base per non giudicare. Qui sotto testo e video.

Io sono l’altro, sono quello che ti spaventa, sono quello che ti dorme nella stanza accanto
Io sono l’altro puoi trovarmi nello specchio, la tua immagine riflessa, il contrario di te stesso
Io sono l’altro, sono l’ombra del tuo corpo, sono l’ombra del tuo mondo, quello che fa il lavoro sporco al tuo posto
Sono quello che ti anticipa al parcheggio e ti ritarda la partenza, il marito della donna di cui ti sei innamorato, sono quello che hanno assunto quando ti hanno licenziato, quello che dorme sui cartoni alla stazione, sono il nero sul barcone, sono quello che ti sembra più sereno perché è nato fortunato o solo perché ha vent’anni di meno
Quelli che vedi sono solo i miei vestiti adesso facci un giro e poi mi dici e poi…
Io sono il velo che copre il viso delle donne, ogni scelta o posizione che non si comprende
Io sono l’altro quello che il tuo stesso mare lo vede dalla riva opposta
Io sono tuo fratello, quello bello
Sono il chirurgo che ti opera domani, quello che guida mentre dormi, quello che urla come un pazzo e ti sta seduto accanto, il donatore che aspettavi per il tuo trapianto, sono il padre del bambino handicappato che sta in classe con tuo figlio, il direttore della banca dove hai domandato un fido, quello che è stato condannato, il Presidente del consiglio
Quelli che vedi sono solo i miei vestiti adesso vacci a fare facci un giro e poi mi dici, e poi mi dici, mi dici…

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