
“Quest’anno come Gemma ho deciso di portare G., o come la conoscono tutti i miei amici e la mia famiglia, Nonna G. La nonna è sempre stata nel cuore di tutte le persone che l’hanno conosciuta. Da quando sono nata, dati i turni più vari e improbabili dei miei genitori, lei mi ha fatto da seconda mamma: dormivo da lei nel suo letto perché il nonno se n’è andato poco dopo la mia nascita , mangiavo da lei, andavo lì dopo scuola… Di solito durante il periodo dell’asilo mi svegliavo alle 7 e il papà mi portava a casa sua per fare colazione mentre mi faceva le trecce ogni mattina. A 12 anni ho litigato con i miei genitori perché, nonostante casa sua non fosse così moderna, volevo a tutti i costi comprarla una volta cresciuta e abitarci.
Con lei ho passato anni a colorare rigorosamente dentro ai bordi, a guardare la tv, a cercare di fare esercizi di matematica che lei purtroppo con la quinta elementare sapeva risolvere ancora meno di me che già non ci capivo niente. E nonostante questo mi è stata sempre vicino. Ho avuto la fortuna di aver avuto una nonna che abitava vicino a tutte le scuole che ho frequentato prima di scoprire Udine. Infatti, al contrario dei ragazzi del mio paese chiusi nella stessa dimensione, io mi sentivo speciale, anche se un po’ esclusa da loro, ad avere una doppia vita perché il pomeriggio ero fuori con i miei amici a P. e infatti le persone importanti sono diventati loro.
Ho avuto la fortuna di aver avuto una nonna che dentro è sempre stata una bambina, che faceva il contrario di quello che le dicevano i miei per vedermi felice, come comprarmi gli ovetti kinder: è stata la persona con cui bisognava mantenere i primi segreti infatti, con cui si mangiava di tutto, ci si riempiva di gelato senza che la mamma lo venisse a sapere.
E se lo veniva a sapere si sghignazzava comunque sotto i baffi. Lei mi ha insegnato non tutto, ma buona parte, come ci si arrangia, come vedo la nonna ideale, come si raccontano battute in friulano che non sono divertenti ma che fanno ridere per la loro banalità, come reagire ai primi atti di bullismo nei miei confronti. A 5 anni mi aveva già reso una discreta giocatrice di scala quaranta.
Ora la vedo quasi ogni giorno ma sono cambiate delle cose: io non ho la scusa per andare da lei, anzi spesso mi è logicamente scomodo, lei in 17 anni è invecchiata e ci sente la metà, il che diminuisce la comunicazione e certe volte la pazienza. Cerco di andare a pranzo una volta a settimana ma è complicato. Eppure la nonna è sempre lì che mi aspetta con un sorrisone, a braccia sempre aperte con il gelato, gli ovetti e le carte in mano, mentre io maledico il tempo che è passato troppo in fretta e vorrei starle vicino più che mai”.
(E. classe quarta)
