“Ecco la mia gemma, G.. G. è mio fratello ed è una delle persone che amo di più. Io e lui siamo cresciuti insieme come se fossimo gemelli, infatti abbiamo solamente due anni di differenza. Molti della classe conoscono G. in quanto è una persona eccentrica, energica ed estremamente espansiva. Oggi però vorrei farvi conoscere il lato più sensibile e dolce di mio fratello e lo farò raccontandovi quanto amore c’è tra di noi. Ultimamente ho compreso l’importanza di avere accanto un fratello, G. infatti mi capisce al volo, gli basta uno sguardo o un “toc toc” sul muro che divide le nostre stanze. A settembre ho messo fine ad una lunga relazione. G. ha subito capito che per me questa cosa non era stata facile e da quel momento, per un mese ha passato molte notti insieme a me raccontandomi cose divertenti o dicendomi “ma cosa ti frega, è scemo e ti trattava male”. Anche ultimamente passiamo le serate insieme, io devo studiare molto e a lui dispiace lasciarmi sola, quindi resta in camera mia ad ascoltarmi ripetere storia, scienze, francese…
Ho deciso di parlare di lui perché nonostante gli infiniti litigi a causa del caricatore o per chi abbia il diritto alla doccia per primo G. è la mia persona preferita e per lui darei qualsiasi cosa” (C. classe quinta).
“La mia ultima gemma ho deciso di dedicarla alle mie tre sorelle. Si chiamano E., G. e A.. E. è la più grande ed è quella che diciamo ha “aperto la strada”. Mentre G. e A. sono le più piccole. Ogni volta che le persone ci vedono insieme ci dicono sempre che siamo uguali, ma noi dopo tutti gli anni che sono passati non abbiamo ancora capito come fanno le persone a vederci uguali o per lo meno simili. Se siamo “simili” di aspetto, di carattere siamo totalmente diverse. E. è la più riservata e timida. Lei è quella che cerca sempre di non litigare o dopo un litigio è la prima che viene a chiedere scusa perché non le piace bisticciare. G. è la terza ed è quella che prende la vita con calma. Per lei la vita va presa con leggerezza e per lei i problemi si trovano in fondo alla lista delle cose da fare. La prima cosa invece è dormire e mangiare (me l’ha detto lei di dirlo. Per lei sono cose essenziali). A. invece è l’ultima ed è l’artista della famiglia. Ha un’immaginazione fuori dal comune. A. però è anche “l’animalista”. Adora gli animali e per il compleanno ha convinto i miei genitori a farsi comprare una papera. Come tutte le sorelle e i fratelli non andiamo sempre d’amore e d’accordo. Io direi che andiamo a periodi. Ci sono periodi in cui facciamo ogni cosa insieme; mentre ci sono periodi in cui non siamo capaci di stare insieme per più di 5 minuti. Nonostante ciò ci vogliamo un sacco di bene, anche se non ce lo diciamo così spesso. Per noi non è importante dirsi “ti voglio bene”, perché è come se fosse una cosa “scontata”. È un po’ come una regola non scritta ma tu sai che c’è ed esiste e che niente e nessuno potrà mai cambiarla. Loro sono le mie rocce. Sono quelle persone che in mezzo alla tempesta mi terrebbero la mano. Sono le mie complici perché ogni cosa stupida da fare si fa insieme. Ma sono anche “maestre di vita” perché da ognuna di loro imparo qualcosa. Loro hanno un pezzo del mio cuore che nessuno potrà mai avere” (M. classe quinta).
“Io volevo parlare di mia sorella, la ‘cosa più importante che possiedo’. Lei ha tre anni e mezzo meno di me e condividiamo qualsiasi cosa facciamo, anche se sono cose brutte ce le diciamo anche senza dirle ai nostri genitori. Sappiamo tutto l’una dell’altra, abbiamo un rapporto di fiducia oltre ogni limite e non ho paura di dirle nulla. Sono molto felice ad avere una sorella così, significa che mi vuole tanto bene e quando reputa sbagliata una cosa che ho fatto, mi aiuta a correggerla e io faccio lo stesso con lei”.
Il vocabolario Treccani definisce complicità la partecipazione a un’azione criminosa o colpevole, considerata, in diritto penale, una forma di concorso nel reato. Non mi azzarderei ad accostare questa descrizione al rapporto tra M. (classe seconda) e la sorella. Poi, più avanti, si legge Con senso attenuato, connivenza, aiuto diretto o indiretto in macchinazioni anche scherzose, e sim.: se n’è andata a ballare all’insaputa del fidanzato e con la c. della sorella; anche, perfetta intesa. Ecco, ci siamo. Allora sì, direi che è un buon modo di definire quello speciale legame che lega due sorelle.
“Ho scelto questa canzone perché io e la mia amica la cantiamo sempre. Poi l’ho fatta ascoltare anche a mio fratello e ora, quando i nostri genitori vanno a dormire, la sera, siamo io e lui in salotto a sentire questa canzone”.
Friends dei Chase Atlantic è la gemma di J. (classe prima). Che tuffo nel passato il racconto della sua condivisione col fratello: c’è stata una fase della mia vita in cui tornavo a casa piuttosto tardi, i miei già a letto da un pezzo e mia sorella addormentata sul divano. La svegliavo e ci mettevamo a parlare e a condividere tante cose, anche per una o due ore prima di andare a dormire a nostra volta. Una delle cose che più mi mancano di quel periodo.
“Lei è A. Questa foto fu scattata più o meno a giugno dell’anno scorso, avevamo appena finito il nostro doppio e nonostante non avessimo più fiato eravamo felici, davvero felici. Io e A. ci siamo appunto conosciute circa 5 anni fa ad allenamento, inizialmente pensavo fosse come le altre ragazze più grandi, che non considerano le nuove arrivate poiché lei aveva iniziato nuoto qualche anno prima di me. Con il passare del tempo abbiamo iniziato ad instaurare un legame fortissimo. Inizialmente eravamo un gruppo di 5 ragazze, ci volevamo molto bene ed eravamo sempre pronte ad ascoltarci a vicenda, poi invece, col passare del tempo abbiamo capito che ci serviva dello spazio. Ma io e A. non ci siamo separate. Ne abbiamo passate tante assieme. Lei riesce a convincermi a fare tutto, anche le cose più stupide, che magari, per come sono fatta, non farei mai e viceversa. Tornando alla foto di prima voglio raccontarvi il retroscena. Sfortunatamente A. era da anni che non riusciva più a esibirsi durante le gare perché soffriva molto di attacchi di ansia, si fermava durante la coreografia e non riusciva a completare un esercizio. Lei, la persona più disponibile e generosa di tutte, non era in grado però di gestire le sue paure. Poi, arrivò il giorno in cui facemmo il nostro doppio per la prima volta assieme. Inutile dire che riuscì a finirlo tutto e per questo, subito dopo l’esibizione ci abbracciamo fortissimo. Io perché ero orgogliosa di lei e di come era riuscita ad affrontare questo suo grande ostacolo, lei aveva capito che la nostra amicizia era talmente forte che grazie ad essa era riuscita a trovare quel conforto che le serviva da tempo. Non so spiegarvi quanto sono grata di avere una persona del genere al mio fianco, ci capiamo solo con uno sguardo e capita spesso che diciamo le stesse cose nello stesso momento. Forse siamo un po’ strane sì, ma vi assicuro che nella nostra stranezza riusciremmo a perderci per giorni interi, a ridere, cantare a squarciagola e ballare. Con lei provo quel senso di libertà che nessun’altra persona mi ha dato prima. Non ho paura di essere giudicata e posso sempre dirle tutto e lei è sempre pronta ad ascoltarmi. Auguro anche a voi di trovare una A.” E’ stata forte l’emozione destata dalla gemma di A. (classe terza), un elogio dell’amicizia in tutte le sue dimensioni. Jorge Luis Borges è autore di questi versi: Non posso darti soluzioni per tutti i problema della vita Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori, però posso ascoltarli e dividerli con te Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro Però quando serve starò vicino a te Non posso evitarti di precipitare, solamente posso offrirti la mia mano perché ti sostenga e non cadi La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei Però gioisco sinceramente quando ti vedo felice Non giudico le decisioni che prendi nella vita Mi limito ad appoggiarti a stimolarti e aiutarti se me lo chiedi Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti, Però posso offrirti lo spazio necessario per crescere Non posso evitare la tua sofferenza, quando qualche pena ti tocca il cuore Però posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo. Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere Solamente posso volerti come sei ed essere tua amica.
L. (classe quinta) ha acceso il suo iPad e ha proiettato due foto: “Sono due foto con mia mamma perché la mia gemma è il nostro rapporto. Fino a poco tempo fa spesso facevo le cose senza dirle niente e quando veniva fuori che magari ero uscita litigavamo sempre; non capivo di sbagliare, me la prendevo sempre con lei e pensavo fosse cattiva. Col tempo sono cambiata e ora ho un bellissimo rapporto con lei, parliamo di tutto e non mi sento imbarazzata su niente perché mi sento a mio agio. Usciamo spesso anche da sole senza il resto della famiglia e talvolta ci scambiano per sorelle e per me lei non è solo una mamma ma anche un’amica; anche in casa, quando combiniamo qualcosa, siamo complici”.
Devo dire che in questi anni sono più frequenti le gemme d’amore nei confronti dei nonni rispetto a quelle nei confronti dei genitori, anche se comunque più frequenti rispetto al passato. Il poeta bengalese Rabindranath Tagore scriveva: “Il bambino chiama la mamma e domanda: “Da dove sono venuto? Dove mi hai raccolto?”. La mamma ascolta, piange e sorride mentre stringe al petto il suo bambino: “Eri un desiderio dentro al cuore”.” Ecco, quel de-siderio, quella mancanza di una stella (de-, distanza e – sidera, stelle) che dia senso al tuo cielo, è ciò che fa sì che quella relazione sia così forte, quell’amore così totale.
Questa è la gemma di S. (classe terza): “Ho scelto questa canzone non per un suo significato particolare (parla del fatto di lasciar andare il passato perché inevitabile), ma perché le sono da poco legata. Qualche tempo fa ero in cantina, dove io e mio papà facciamo un po’ di ginnastica. Di solito ascoltiamo Ligabue, il preferito di mio padre, ma alla fine del cd abbiamo messo su le canzoni che ho sul pc. Mio padre ha detto che questa gli piaceva un sacco e mi ha proposto di fare una gara di addominali sulle sue note. Era tanto che non “giocavamo” insieme come quando ero piccola: ecco perché questa canzone significa tanto”. Neruda scrive che “Il bambino che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che ha dentro di sé”. Auguro a S. e al suo papà tante gare di addominali 😀
“I Foo Fighters sono un gruppo che conosco da una vita, il loro è stato il mio primo concerto, nel 2006. Nonostante nel testo si dica “He’s ordinary”, dedico questa canzone a mia madre; con lei ho molto legato ultimamente anche se attraverso un brutto periodo, anche con la scuola. Lei è la mia eroina che mi salva dalle brutte situazioni della vita.” Ecco come K. (classe terza) ha presentato la propria gemma. C’è una canzone in cui Alex Britti (“Mamma e papà”) canta così: “Hey, mamma, guardami adesso, sempre lo stesso figlio anche se non parliamo spesso, come quando da bambino che sembravi mia sorella ti vedevo in mezzo agli altri ed eri sempre la più bella. Mi ricordo che stavamo praticamente sempre insieme, tua unica missione era farmi stare bene anche quando invece non era tutto a posto, mi guardavi sorridendo e soffrivi di nascosto. E quando arrivava l’estate andavamo sempre al mare con la macchina senza radio pensavamo noi a cantare le canzoni di Bennato, Battisti e De Gregori. Eravamo sull’asfalto ma sembrava in mezzo ai fiori. E poi la sera non volevo mai dormire e tu anche se eri stanca mi venivi a coccolare e ancora adesso che non stiamo tanto insieme, penso a quei momenti d’oro se ho bisogno di star bene. Passa il tempo, siamo grandi in un istante e sei ancora la mia voce più importante. Quante volte vi ho pensato nei momenti più importanti quando solo sopra un palco affrontavo i miei giganti, quando in macchina di notte con l’Europa da scoprire, fare finta di star bene per non farvi preoccupare. Quante volte ho detto “basta, ma chi me lo fa fare?”, però poi pensando a voi non riuscivo mai a mollare. Questa vita di speranze ma piena di emozioni, questa vita che racconto spesso nelle mie canzoni, qualcosa che va oltre la realtà e che non finirà mai”.
“Ho portato tre foto dei nonni paterni, le due persone che mi hanno cresciuta da quando avevo due anni. Sono stati sia nonni che genitori, ma anche amici e, soprattutto mio nonno, complici. Lui per me è sempre stato un punto di riferimento; ho passato molto tempo con lui visto che mia nonna lavorava; con lui scherzavo ed era il più permissivo (quando non mi piaceva una cosa gliela buttavo nel piatto senza che la nonna vedesse e lui la mangiava per me). In V elementare è venuto a mancare e questo mi ha segnato profondamente. Mia nonna è una figura più severa ma è grazie a lei se ora vivo una vita normale. Questo è un tentativo per ringraziarli visto che in famiglia non siamo capaci di esprimere i sentimenti: poi io e la nonna abbiamo caratteri contrastanti e non le ho mai detto un tvb o un grazie che si merita. Loro per me sono anche un esempio di coppia; non erano affettuosi in pubblico ma dai gesti e dagli sguardi si poteva capire molto”. Così D. (classe quarta) ha presentato la sua gemma. Non so perché ma mi è venuto spontaneo pensare a questa:
Si è avvicinato alla cattedra con una insolita insicurezza, quasi fosse il corpo a borbottare, con un foglio in mano. “Ho portato come gemma una specie di lettera, trovata su tavolo della cucina la mattina del mio 18° compleanno. Di solito sono io quello che si sveglia per primo e che “apre” la casa, ma quella mattina qualcuno mi ha anticipato scrivendomi questo. Prof, le chiedo di leggere perché non penso di riuscire ad arrivare in fondo.” Ho proceduto con la lettura. “La lettera è di mia sorella. E’ una prima lezione di vita, datami da chi ha più esperienza e penso sia preziosissima. Per certi aspetti è il regalo più importante che abbia ricevuto”. Questa la gemma di F. (classe quinta). Anche io, come F., ho una sorella più grande. Penso che, se ben costruito, sia uno dei rapporti più inossidabili, sinceri, tenaci, complici che ci possano essere, vuoi per la consuetudine, per la convivenza, vuoi per l’essere carne della stessa carne. Una grande, enorme fortuna.