“Due ragazzi hanno messo in piedi questo progetto in cui chiedevano agli utenti di internet di mandare messaggi su skype parlando degli argomenti che di volta in volta loro sceglievano. In questo video si parla della paure, dalle più semplici e banali a quelle più grandi e importanti”. Questa la gemma di E. (classe quarta).
Mi è tornata in mente una frase di Paolo Borsellino: “E’ normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti”.
Gemme n° 141
https://www.youtube.com/watch?v=fXz3vhbrbj4
La gemma di J. (classe terza): “Grazie all’ultima edizione di «Ballando con le stelle» ho avuto la fortuna di conoscere il mio idolo, una delle persone più coraggiose, dinamiche, forti e da un carisma e un’energia innati: lei è Giusy Versace, atleta paralimpica italiana, nonché vincitrice di «Ballando». Ciò che la rende così straordinariamente unica e speciale è sicuramente il grande messaggio di vita e felicità che vuole lanciare, nonostante le sue condizioni fisiche di disabile, poiché nel 2005 ha perso entrambe le gambe in seguito ad un grave incidente in macchina. Lei è la mia gemma, perché mi fa riflettere e sentire in colpa ogni volta che il mio turbinio di pensieri contorti si dirama verso una prospettiva di vita negativa caratterizzata dagli esiti scolastici deludenti, dalla solitudine e dai dolori muscolari e talvolta un po’ dall’ipocondria, paura di cui soffro da quando ho scoperto che mia mamma era ammalata di cancro. Giusy Versace è la mia eroina, e ogni volta che la penso mi viene da associarle una particolare frase della canzone «Gioia» dei Modà, ossia «pensare di star male è non avere rispetto per chi sta peggio»: proposizione vera e realistica, poiché ogni volta che penso di star male, mi sento in colpa e mi vergogno pensando a Giusy Versace che nonostante la tragedia successa, ha sempre quella luce negli occhi che mette allegria e quell’amore per la vita che tutti dovrebbero avere.
Infine, il fatto che Giusy abbia vinto «Ballando con le stelle» contro concorrenti in condizioni fisiche migliori, se non veri e propri sportivi come Andrew Howe, sta a dimostrare che la disabilità è negli occhi di chi guarda e che con la buona volontà e la determinazione si può raggiungere qualsiasi cosa!”.
Non nascondo che mi piaccia ascoltare storie come quella di Giusy o di Alex Zanardi o di Stephen Hawking e sicuramente fungono da stimolo e da sprone ad affrontare la vita con coraggio, energia ed entusiasmo. Eppure il mio pensiero va sempre contemporaneamente a tutte quelle persone che stanno vivendo un disagio fisico o psichico o entrambi e che non hanno all’interno della loro cartucciera un colpo speciale da sparare. Quantomeno lo “speciale” che risponde al pensiero della maggior parte delle persone e che significa “straordinario, fuori dall’ordinario, incredibile, utile, di successo”. Penso a chi fa fatica a percepirsi come essere speciale, unico, irripetibile, che sia diversamente abile o meno, ed è nella sofferenza. Ha scritto Diego Cugia: “La vita e la morte fanno di noi quello che vogliono. L’unica carta che possiamo giocare è stabilire che cosa noi vogliamo dalla vita e dalla morte e questo io l’ho già scelto da bambino: tutta la luce e tutto il buio che io potessi sopportare, e allora devi accogliere e devi reggere, accogliere e reggere, solo questo puoi fare. E la felicità e il dolore ti porteranno su e giù come gli oceani le navi. E il dolore ti insegnerà ogni volta a contenere ancora più oceano e il tuo pianto non lo tratterrà, lo restituirà fino a che sarai parte di un unico respiro e imparerai a raccordarti col fiato lungo delle maree. E’ qui che credi di morire, mentre è qui, se sei riuscito a reggere tutte le bordate senza colare a picco, che comincia la vera vita. Perché resistere alla morte non serve a nulla, a niente servono i lifting, le bugie, i colpi di testa, i viaggi del miracolo, a niente serve resistere se non impari anche ad assecondare. E come si impara questo? non lo so, accogliendo il dolore degli altri, per me è così. La mia bussola siete solo voi. Chi soffre più di me, e c’è sempre purtroppo, lui è il mio medico, gli altri. Tutto quello che ho, e non è poco, l’ho sempre ricavato per sottrazione, guardando chi aveva molto di meno. Solo questo è l’amore che torna, l’amore che dai”.
Gemme n° 137
“Mi piace il messaggio che emerge da questo spezzone di film: nonostante ostacoli e difficoltà non si deve mollare e cercare scuse, ma trovare la forza per andare avanti e sopravvivere”.
Le parole di P. (classe terza) fanno riferimento a un video che è già stato presentato come gemma. Questa volta mi soffermo sulla genitorialità, riportando un passo che amo molto de “Il profeta” di Kahlil Gibran, in cui il poeta si rivolge proprio ai genitori:
“Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L’Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tiene tesi con tutto il suoi vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell’Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l’arco che rimane saldo.”
Gemme n° 134
Ecco la gemma di B. (classe terza): “Ho portato questo porta chiavi che ha regalato l’allenatore a me e alla mia squadra di pallavolo. Ce l’ha regalato nel giorno dell’allenamento precedente alla partita contro le prime in classifica, che purtroppo, comunque, non ha avuto il risultato sperato.
Il portachiavi mi ricorda la regola di non mollare mai: un principio che non vale solo nello sport, ma anche nella scuola e con il gruppo di amici, o più in generale nella vita di ogni giorno.
Questo è un insegnamento che ci riporta sempre il nostro allenatore: egli è molto coinvolgente, ogni partita riesce a motivarci e caricarci nel modo giusto; durante la settimana ci invia messaggi di incoraggiamento e ci aiuta a trovare la grinta per affrontare la sfida che ci attende. Più volte inizia scrivendo :”Buon giorno guerriere!” e questo ci fa capire che conta molto su di noi e che siamo il suo “esercito”.
Riassumendo il suo insegnamento è che non bisogna mai arrendersi. Mai mollare. Mai lasciare che gli avvenimenti passino senza intervenire. Mai deprimersi.
Se la palla cade in campo, si penserà alla ricezione successiva. Se si prende un brutto voto, si studierà di più per il prossimo compito. Se ti molla il ragazzo, una nuova amicizia nascerà. Bisogna reagire e partecipare, non lasciare che le cose accadano senza averne fatto parte. Dare una svolta all’azione. Modellare il momento con le proprie mani.
Usando una metafora: Buttarsi e cercare di toccare la palla. Dimostrare di sapere. Accettare. Si può continuare solo esprimendo se stessi, il proprio pensiero, la propria opinione. Interporsi nelle decisioni. Non lasciarsi abbattere, affliggere, demoralizzare. La vita va avanti, si deve affrontare il gradino seguente per non restare indietro.
NON MOLLARE MAI”
Mentre leggevo le parole di B. (non ha voluto farlo in prima persona) mi sono venute in mente le parole di Al Pacino in “Ogni maledetta domenica” che proprio due settimane fa ho dedicato alla mia squadra visto che non potevo scendere in campo:
“In questa squadra si combatte per un centimetro. In questa squadra massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi, per un centimetro. Ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro. Perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri, il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta, la differenza tra vivere e morire. E voglio dirvi una cosa: in ogni scontro è colui il quale è disposto a morire che guadagnerà un centimetro. E io so che se potrò avere un’esistenza appagante sarà perché sono disposto ancora a battermi e a morire per quel centimetro. La nostra vita è tutta lì. In questo consiste, e in quei 10 centimetri davanti alla faccia.
Ma io non posso obbligarvi a lottare! Dovrete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi. Io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi. Che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che quando sarà il momento voi farete lo stesso per lui. Questo è essere una squadra, signori miei! Perciò… o noi risorgiamo adesso, come collettivo, o saremo annientati individualmente. È il football ragazzi! È tutto qui. Allora, che cosa volete fare?”
Gemme n° 132
“Come gemma ho portato il libro «Il blu è un colore caldo». Mi ha colpito molto perché leggendolo si impara a fregarsene di quel che dice la gente, senza cercare di compiacere la società perché la società siamo noi. Tuttavia la frase che ho deciso di leggere ai miei compagni non riguarda questo ma l’amore: «Emma una volta mi ha chiesti se credevo esistesse l’amore eterno. L’amore è qualcosa di astratto e indefinibile. Dipenda da noi, siamo noi a percepirlo e viverlo. Se non esistessimo, non esisterebbe. E noi siamo così mutevoli. Quindi non può che esserlo anche l’amore. L’amore si accende, muore, si spezza, ci spezza, si ravviva, ci ravviva. Forse l’amore non è eterno ma ci rende eterni».”
Eccola qui la gemma di L. (classe seconda). A commento una frase di E.M. Forster: “Non è possibile amarsi e separarsi. Si vorrebbe che fosse possibile. Si può trasformare l’amore, ignorarlo, sprecarlo, ma non si può estirparlo dall’anima. Lo so per esperienza che i poeti hanno ragione: l’amore è eterno.”
Gemme n° 98
“Ho voluto mostrare questo video perché questo è il mio sport anche se io riesco fare una piccola parte di quello che qui si vede. Si vedono pochi filmati in cui sono le ragazze ad essere protagoniste e ciò mi sprona a continuare e a portare a compimento quello che ho iniziato. Sento di non dovermi arrendere davanti agli ostacoli, non devo aggirarli: essi vanno affrontati insieme alle mie paure. Penso sia una disciplina che aiuti anche nel resto della vita: non si può far finta che gli ostacoli non ci siano. E uno degli aspetti che mi piacciono maggiormente è quello di far sembrare facili le cose difficili.” Così oggi A. (classe seconda) ci ha spiegato cosa significhi per lei il parkour.
Non ho potuto fare a meno di pensare ai tanti film che ho visto con Bruce Lee e Jackie Chan e credo che proprio una frase del primo renda bene la sensazione che provo guardando queste sequenze: “Siate come l’acqua che trova la propria via attraverso fessure. Non essere assertivo, ma regolati sull’oggetto, devi trovare un modo per circolare o attraversarlo. Se non si rimane con una forma rigida, le cose si riveleranno per come sono. Svuota la tua mente, sii informe, senza forma, come l’acqua. Se si mette l’acqua in una tazza, essa diventa la tazza. Metti l’acqua in una bottiglia e diventa la bottiglia. Mettila in una teiera e diventa la teiera. Ora, l’acqua può fluire o può bloccarsi. Sii acqua amico mio”.
Gemme n° 92
“La mia gemma è mia madre” ha detto C. (classe quinta). “E’ la persona per me più importante, è il mio
esempio. Da piccola ho avuto la leucemia e i ricordi di quel periodo sono legati a lei. Ho il registratore della bambola che usavo quella volta: l’ho trovato qualche mese fa e mia madre si è commossa a sentirne la voce. Ne è anche nato un gioco, il bacio nell’orecchia per far ridere una persona”.
Nicolás Gómez Dávila afferma: “L’uomo primitivo trasforma gli oggetti in soggetti, quello moderno i soggetti in oggetti. Possiamo supporre che il primo si illuda, ma sappiamo con certezza che il secondo si sbaglia”. Penso che sia bello che a volte ci leghiamo a piccoli oggetti insignificanti agli occhi dei più, ma profondamente significativi per pochi: sottendono relazioni, emozioni, pensieri, immagini che bazzicano i luoghi della memoria e gli angoli del cuore.
Gemme n° 74
https://www.youtube.com/watch?v=jsGMHgddwPw
“«Change» di Taylor Swift è una canzone che vuole incoraggiare coloro che stanno subendo una determinata situazione, come degli atti di bullismo. Arriverà giorno in cui si vincerà: e bisogna resistere”. Il testo proposto da T. (classe quarta) fa riferimento a momenti e sensazioni non facili da sopportare: “Così, siamo stati superati di numero, abbiamo subito un’incursione e siamo stati messi all’angolo. E’ dura combattere quando la lotta non è alla pari”. Sembra che il momento di soccombere, perdere e cedere sia molto vicino; e proprio quello in cui si deve cercare di resistere è il momento più difficile, quando servono maggiori forze e risorse. “Stanotte noi restiamo, non rimaniamo in ginocchio, combattiamo per quello per cui abbiamo lavorato in tutti questi anni. E la battaglia sarà lunga, è la lotta delle nostre vite, ma noi ci alzeremo da campioni stanotte”.
Riporto ora alcuni versi de “La notte dei desideri” di Jovanotti, perché vi trovo delle affinità con quanto proposto da T.: “È una notte come tutte le altre notti, è una notte che profuma di avventura. Ho due chiavi per la stessa porta per aprire il coraggio e la paura; vedo un turbinio di gente colorata che si affolla dietro a un ritmo elementare. Attraverserò la terra desolata per raggiungere qualcosa di migliore… Vedo Cristoforo Colombo il marinaio: è arrivato il mio momento per partire. Cosa pensa il trapezista mentre vola? Non ci pensa mica a come va a finire!”.
Gemme n° 69
“La prima volta che ho sentito questa canzone è stato tre giorni fa. Mi ha trasmesso subito qualcosa; dopo di che l’ho ascoltata altre volte e ogni volta mi ha dato i brividi. E’ una canzone significativa che vuole aiutare gli stati colpiti dall’ebola; inoltre, mi piace che abbia a che fare col tema del Natale, con la speranza. Non è che una canzone risolva tutti i problemi, però può far nascere la speranza o la forza di superare gli ostacoli in chi è colpito direttamente o nei famigliari.” Queste sono le parole con cui M. (classe quinta) ha presentato la sua gemma.
La prima versione di questa canzone, sempre per merito di Bob Geldof, è del 1984 e qui sotto pubblico il video. In entrambe c’è Bono Vox degli U2 che ha detto una frase che mi piace riprendere a commento delle parole di M.: “In una canzone i sentimenti sono più forti delle idee o delle parole. Si possono avere mille idee, ma finché non catturano l’emozione, rimangono una sterile dissertazione.”
Gemme n° 67
“Ho portato come gemma una cosa che porto sempre con me. E’ un anello particolare: è la fede di mio papà, che mi ha dato poco prima di andarsene. Sono fiero di portarla e la sento molto mia anche perché l’ho scelta io insieme alla mamma e l’ho portata io al loro matrimonio. Quando sono giù, mi dà la forza, mi aiuta a pensare al passato, a come lui abbia combattuto fino all’ultimo e ne sia uscito comunque vincitore, nonostante tutto.” Forte è stata la commozione di A. (classe terza) e di tutti mentre presentava la sua gemma. Penso che ricordare nell’amore chi non c’è più sia una delle maniere per mantenere viva quella persona; mi piace immaginare che chi se ne va lasci un testamento d’amore aperto che spetta a chi rimane portare a termine, col ricordo ma anche col proprio essere e il proprio fare. Quello di A. è stato un modo di dare ancora vita a suo padre.
Le montagne di K
Se una persona ama la montagna e la natura, le rispetta, e cerca e trova in esse tracce di trascendenza, e se ama anche il fumetto, allora il volume “K”, scritto da Shiro Tosaki e disegnato da Jiro Taniguchi, è molto interessante, soprattutto se ha affinità con la spiritualità orientale. “K dice di riuscire a comprendere il cuore delle persone dalla montagna… da come la parte più intima dell’animo recepisce il rispetto e il timore per la natura! K agisce in armonia con i grandi cicli divini… non ha mai fretta! Aspetta di diventare una cosa sola con la volontà divina… Nell’immensità del cielo echeggia una voce diversa da quella che gli esseri umani conoscono!”
Gemme n° 63
E’ un video quello proposto da M. (classe quarta): “Penso siano parole e immagini importanti per chi attraversa l’adolescenza e si trova ad affrontare problemi di scuola, amore e amicizia”.
Le parole che mi vengono in mente alla fine di questo filmato sono esattamente quelle di Sergio Barbarén della gemma 61 🙂
Gemme n° 61
“Lettera a mio figlio sulla felicità” di Sergio Bambarén (2010) è il libro che C. (classe quinta) ha portato in classe. “E’ un regalo di mia mamma di 2 anni fa. L’ho riletto; è un padre che scrive una lettera sulla felicità, sul modo di vivere, al figlio Daniel intervallandola con racconti della sua vita personale. Leggo alcune frasi importanti anche per la mia vita: sono le cose che ci aiutano a vivere meglio. Le ho prese dalla lettera e non dalle esperienze del padre.” Ed ecco le pagine del libro:
“Sono persuaso, come lo ero da bambino, che il segreto di un’esistenza felice e realizzata dipenda dalla direzione che si sceglie. E la chiave, figlio mio, è imboccare la tua strada, nessun’altra, solo quella che ti detta direttamente il cuore.
Infatti, soltanto chi osa spingersi un po’ più in là scopre quanto può andare lontano, soltanto chi segue il proprio cammino ha la possibilità di vivere una vita basata sull’autenticità, l’amore, l’armonia. Soltanto chi cammina al cammino della propria musica è davvero libero.
Perciò non seguire il sentiero tracciato da qualcun altro; piuttosto va’ dove una strada ancora non c’è e lascia la tua scia: se cadi, rialzati, affronta le avversità e trova sempre il coraggio di proseguire. Fai della tua esistenza qualcosa di spettacolare!
Si vive una volta sola, ma se percorrerai la strada che appartiene a te e a te soltanto, una volta giunto al termine del viaggio avrai la sensazione di aver vissuto mille vite.
La vita è meravigliosa, non importa che cosa ti diranno gli altri. Non dimenticare che la bellezza è negli occhi di chi guarda, sempre.” (pagg. 51-52)
“Poi passiamo a credere che la felicità arriverà quando noi o il nostro partner guadagneremo di più. Quando avremo i soldi per comperare una macchina più grande, quando potremo andare in vacanza, quando otterremo una posizione migliore in azienda, quando finalmente butteremo giù quei chili di troppo attorno al giro vita, quando andremo in pensione… E potrei andare avanti a oltranza.
La verità, Daniel, a mio modesto parere, è che non c’è momento migliore per essere felici di adesso, qui e ora.
Quando altrimenti? La vita sarà sempre piena di nuove sfide, di infinite posticipazioni. Tanto vale ammetterlo e convincersi che – lo ripeto – il momento per essere felici è semplicemente quello presente. Non illudiamoci che ci siano un domani o una strada da percorrere fino in fondo per raggiungere la felicità! La felicità e la strada per conquistarla iniziamo a costruirle a partire da questo istante, attimo dopo attimo. Perciò dai sempre valore al presente, mio piccolo Daniel, e non dimenticare mai che il tempo non aspetta nessuno.
Negli anni a venire, non rimandare in attesa di finire la scuola, di innamorarti, di trovare un buon lavoro, di sposarti, se è ciò che vuoi, o di avere dei bambini… Perché un giorno i figli lasceranno il nido ed il tuo matrimonio potrebbe finire. Non abituarti ad aspettare un venerdì sera, un sabato mattina, la primavera, l’estate, l’autunno o l’inverno … Ma soprattutto non aspettare di avere esaurito il tuo tempo per capire che non c’è momento migliore per essere felice di questo! Non mi stancherò mai di ribadirlo: la felicità non si trova una volta tagliato il traguardo, ma proprio sulla strada che stai percorrendo, lungo il sentiero per raggiungere i sogni che hai deciso di inseguire.
Tanto tempo fa ho letto da qualche parte queste parole. Mi auguro che siano per te un promemoria prezioso:
Lavora come se non ti servisse denaro,
ama come se non avessi mai dovuto soffrire,
e balla come se nessuno ti stesse guardando.
Questa è la vita!” (pagg. 56-58)
Le parole di Bambarén sono talmente pregne e cariche di significato che riesco solo a trovare una canzone che canti l’incredibilità della vita:
Gemme n° 41
“Qualche anno fa mi aveva colpito il cortometraggio «Il circo della farfalla». E’ lungo per proporlo interamente e allora mostro questo video che riguarda sempre la testimonianza di Nick Vujicic. Mi hanno stupito la sua forza di volontà, il suo voler continuare a lottare, la fiducia.” Queste sono state le parole di M. (classe quarta) e questo il video che ha fatto conoscere ai compagni di classe:
https://www.youtube.com/watch?v=Mm2q35T73qU&list=UUqXE8nrMzel9U7pn7_I4Rrg
Aggiungo una citazione dello stesso Vujicic e il video del cortometraggio di cui è stato protagonista: “Non dovete mai pensare che basti semplicemente credere in qualcosa. Va bene credere nei propri sogni, ma bisogna agire affinché si realizzino. Si può avere fiducia nei propri talenti e fede nelle proprie capacità, ma se non si fa nulla per svilupparli e sfruttarli, quale utilità avranno? Forse vi ritenete persone buone e gentili, ma se non trattate gli altri con bontà e gentilezza, dov’è la prova di ciò che asserite? Ognuno di noi può scegliere di credere o di non credere. Ma se avete scelto di credere (non importa in cosa), dovete assolutamente agire. In caso contrario, perché credere?”
Gemme n° 37
Una gemma letteraria quella presentata da V. (classe quarta). Ha proposto il libro “Se ti abbraccio non aver paura”. “Il libro racconta la storia del viaggio intrapreso da un ragazzo autistico insieme al padre. Leggendolo sono tornata ai tempi dell’asilo, quando nella mia sezione c’era un bimbo autistico, che spesso veniva lasciato solo perché aveva uno strano comportamento. Col libro ho chiarito dei dubbi che erano rimasti e soprattutto ho acquisito una visione diversa delle cose”.
Ne avevo già scritto sul blog qui
Ora pubblico questo video come ulteriore contributo alla riflessione:
Gemme n° 16
“Ho portato questa canzone perché è uno dei miei gruppi preferiti. La musica italiana spesso è sottovalutata e denigrata, e devo ammettere che non è poi tanto sbagliato… Ma ci sono anche cose interessanti, come questa.”
E’ stata questa la gemma di A. (classe quarta). “Il testo è molto ricco, mi aiuta a guardare a domani, oltre le cose negative, a vedere le cose in modo diverso.”
Mi soffermo su un piccolo verso della canzone: “E c’è gente che ha un ascensore nella testa e una scala a pioli nel cuore.” Mentre la ascoltavo in classe, questa frase mi ha fatto pensare al fatto che la ragione, la testa, spesso obbedisce alla legge della logica, e quindi cerca la via più breve e magari comoda per arrivare a destinazione; mentre il cuore preferisce la lentezza e il rischio di una scala a pioli, in cui deve essere sicuro di aver poggiato bene il piede prima di avanzare. Tuttavia, in caso di mancanza di corrente, l’ascensore della mente si blocca, la scala del cuore resta in servizio…
Per chi volesse il testo di “Salva gente”: Salva gente
Gemme n° 2
La gemma di oggi l’ha regalata B. (classe quarta). Per la verità ne ha regalate due, entrambe facenti riferimento a vecchi film. La prima, tuttavia, ha come punto di interesse una canzone: siamo nel film “Colazione da Tiffany” e Audrey Hepburn canta con in braccio la chitarra “Moon River”. “E’ una canzone che riesce a mettermi calma e serenità ogni volta che la ascolto”.
La seconda gemma è un’istantanea: le parole conclusive di Rossella O’Hara in “Via col vento”, il film preferito di B. La motivazione della scelta? “Ammiro la forza di questa donna, disposta a fare mille sacrifici, e che non perde mai la speranza come confermano le sue parole finali «Dopotutto, domani è un altro giorno»”.
Accompagno questa gemma con una canzone di Roberto Vecchioni, un suo inno alle donne: “Le mie donne”. Fa parte dell’album “Io non appartengo più”, uscito un anno fa e ha delle cadenze folk irlandesi. Consiglio di ascoltare bene tutto il testo, ma segnalo alcune delle parole che più mi piacciono: “La mia donna ha combattuto con le nuvole dietro l’orizzonte della verità, senza un tonfo di speranza e con i brividi di portare in seno quello che sarà; dalle donne stanche di arare in una terra fradicia di sole, dalle donne in un ospedale con le mani piene di dolore, dalle ragazze dentro un urlo lungo le strade a pugni chiusi, da una storia senza fine da un universo di soprusi. Dove lanciano aquiloni dietro i fulmini, per vedere quanti sogni vengon giù, e ci insegnano il mestiere d’esser uomini, cosa che non ricordiamo quasi più”.
Nella pienezza della presenza
Questa mattina in una classe siamo finiti a parlare di droga e del convincimento da parte di qualcuno che la vita sia destinata alla morte e veda in essa il suo unico scopo e fine. Allora mi sono tornate alla mente le parole di un’intervista di Luciano Ligabue che, presentando il brano “Nati per vivere (adesso e qui)”, afferma:
“Questa canzone è nata da un moto di fastidio per tutte le canzoni, e sono tante, che in maniera esplicita o indiretta dicono, in fondo, che «siamo nati per morire». L’ho sempre vista come una posa assunta da chi, grazie a quelle canzoni, vive poi da rockstar. Non so quanto alla fine quell’atteggiamento combini dei guasti – perché dipende in quanti ci si riconoscono –, ma in ogni caso mi son detto: adesso ne faccio una che dica proprio l’opposto.”
E ancora: “La canzone è nata da quel pretesto e musicalmente è viva, allegra. Volevo proprio che ci fosse questa leggerezza: se parliamo sempre di sinonimi larghi (non di sinonimi perfetti e precisi), per me leggerezza a sua volta è un sinonimo di vitalità. Questa canzone doveva avere – da un punto di vista musicale – esattamente queste caratteristiche, pur raccontando anche la fatica del vivere, le garanzie che non ti vengono date, le promesse non mantenute. Nonostante tutto, siamo «nati per vivere, adesso e qui». Questa canzone è una delle poche – in tutta la mia storia – che oltre al titolo principale ha un altro titolo fra parentesi, perché il concetto è completo solo con quella frase: «adesso e qui». Io lo ripeto più che posso, soprattutto per ricordarlo a me stesso. È una cosa che ha una funzione non lontanissima da Leggero: una cosa che ho bisogno di ricordarmi, perché è molto difficile metterla in pratica. Pochi di noi riescono a raggiungere uno zen tale per cui davvero riescono a vivere la vita nella pienezza della presenza, nel momento.”
https://www.youtube.com/watch?v=cRe68Dq0BRg
Ogni giorno è un altro giorno altro che domani
sveglia, paglia, mal di testa, prime imprecazioni
fra gli annunci non c’è niente il futuro è cominciato già
Ogni giorno è un altro giorno non lo puoi saltare
qualcheduno canta che sei nato per morire
fuori si alza ancora il vento chi lo sa se il tempo cambierà
Nati per vivere adesso e qui
sotto le costole un ritmo irregolare che non si fa dimenticare
Ogni giorno è un altro giorno altro che domani
le promesse che ti han fatto sono andate a male
la tua miccia è corta non sai quando la tua rabbia esploderà
Ogni giorno è un altro giorno non si può sapere
ciò che è andato storto adesso non lo puoi cambiare
ma respiri a fondo e senti che ora il tempo non ti scapperà
Nati per vivere adesso e qui
sotto le costole un ritmo irregolare che non si fa dimenticare
Nati per vivere è tutto qui
devo segnarmelo prima di morire un altro testo da imparare
Guarda come resti nell’inferno che perlomeno lì fa caldo
guarda come guardi in alto e chiedi come la mettiamo
guarda come è facile scordare la tua porca verità
Nati per vivere adesso e qui
sotto le costole un ritmo irregolare che non si fa dimenticare
Nati per vivere è tutto qui
devo segnarmelo prima di morire un altro testo da imparare
Voglio essere corsara
Una canzone di qualche anno fa, ma che si è diffusa in Italia su canali radio e tv solo recentemente, è “1977” di Anita Tijoux.
Ho cercato in rete una traduzione “seria”, nel senso di qualcosa migliore di un traduttore automatico e mi sono imbattuto in una traduzione letteraria che mi è molto piaciuta ed è tratta da Radio Deejay da Asganaway. Emerge la storia di una ragazza che, in mezzo a tante difficoltà, può dire di avercela fatta o, quantomeno di “starcela facendo”, dopo ferite che bruciano ma che spingono ad andare avanti. Il male, il dolore ci sono, è inevitabile, ma bisogna cercare di lasciarseli alle spalle, compresa una delle sensazioni più brutte che si possano provare: sentire di non essere voluti. Si palesa una vita monotona e incolore, contornata da gente immobile. Si arriva però a un punto di rottura e comincia ad uscire un fiume di parole in rima e in musica, una necessità prima di tutto personale per non essere spettatrice del mondo ma corsara.
La ricerca di un bandolo
E’ la notte tra il 24 e il 25 dicembre 1978. C’è un uomo, un giornalista, che non dorme. Non lo sa che quello sarà il suo penultimo Natale perché il 28 maggio 1980 sarà ucciso dal gruppo terroristico XVIII marzo. Si chiama Walter Tobagi, ha 31 anni e due figli (i “michelangiolini” del testo sotto). Nell’ultimo periodo ha dedicato molto tempo alla sua professione sacrificando la famiglia. Quella notte scrive, pertanto, una lettera alla moglie. Ne riporto una piccola parte da cui emerge l’attaccamento degli affetti, la passione per il lavoro e per la vita, il senso etico, la responsabilità in uno dei periodi più tribolati della storia italiana.
“… al lavoro affannoso di questi mesi va data una ragione, che io sento molto forte: la ragione di una persona che si sente intellettualmente onesta, libera ed indipendente, e cerca di capire perché si è arrivati a questo punto di lacerazione sociale, di disprezzo dei valori umani.
Mi sento molto eclettico ideologicamente; ma sento anche che questo eclettismo non è un male, è una ricerca: è la ricerca di un bandolo fra tanti verità parziali che esistono, e non si possono né accettare né respingere in blocco…
Penso all’attaccamento di Luca, alle tenerezze della Babi. E mi sembra di non fare tutto quello che dovrei (e forse potrei) per loro: se un giorno non dovessi più esserci, ti prego di spiegargli, di ricordargli il motivo di tante assenze che oggi li fanno soffrire. Mi sentirei ancora più in colpa se non spendessi quei talenti che, bene o male, mi sono stati affidati… con la speranza che possa essere meno assurda la società in cui, fra un decennio, i nostri michelangiolini si trovassero a vivere la loro adolescenza…
In questa alba del Natale 1978, voglio ripetertelo con le parole più semplici: ti voglio bene, tanto bene.
E non riuscirei a fare nulla di quello che faccio se non ti sapessi così vicina a me in ogni momento.”


