Sei anni fa ho fatto una piccola trasmissione per Radio Spazio 103: cinque minuti sul tema del viaggio e della musica. Ripropongo qui quelle puntate: è un’occasione per me di riprenderle in mano e approfondire alcuni aspetti. Alla fine ci sono anche dei “compagni di viaggio”, cioè delle canzoni legate allo stesso argomento.
Oggi, dopo la puntata sul mare, andiamo alla scoperta di un luogo particolare come meta del viaggio, un luogo che più che fine di un viaggio è spesso tappa se non addirittura solo punto di passaggio: il fiume. E visto che è appunto considerato meta minore, lo facciamo attraverso una canzone “minore” di Fiorella Mannoia, un pezzo molto bello e poetico che tuttavia non ha raggiunto la fama di “Il cielo d’Irlanda”, “Quello che le donne non dicono”, “I treni a vapore” o “Sally”.
Il brano ci porta un po’ lontani dall’estate, anche se è possibile trovare delle giornate di luglio brumose, e ci ambienta nella nebbia che si deposita attorno e sopra il fiume italiano per eccellenza, il Po. Fiorella Mannoia ci conduce all’interno di un bel paragone tra il fiume e il mare: “Perché, in fondo, il mare ha un lato, un solo lungo lato blu e anche lo sguardo più allenato non può vederne mai di più, mentre chi vive accanto a un fiume, anche se è grande come qui, vede benissimo il confine e non può credere ai miracoli”. Il corso d’acqua viene visto in questa canzone in negativo, come impossibilità di spiccare il volo, come limite a unire due lembi di terra che vorrebbero stare uniti: “E’ per colpa di quel fiume se io sono ancora qui perché un giorno c’era un ponte che univa gli argini mentre adesso questo fiume in fondo è tutto ciò che ho e tra diecimila anni è sempre qui che aspetterò” e ancora “E’ per colpa di quel fiume se io sono ancora qua perché un giorno su quel ponte mi fermai a metà e quest’aria che mi opprime in fondo è tutto ciò che ho fino a quando l’altro lato dei miei sogni perderò”. C’è del rammarico, del rimpianto per occasioni passate e ormai andate che non sembrano più potersi ripresentare. E’ vero: tutto cambia, tutto scorre, come l’acqua del fiume. L’acqua che ci scorre davanti non si ferma e il fiume non è mai lo stesso, perché non è un circuito chiuso; e non lo scopriamo di certo noi. Ci avevano già pensato i greci: “Non è possibile bagnarsi due volte nello stesso fiume” diceva Eraclito, perché la seconda volta l’acqua del fiume non è la stessa della prima. Eppure all’interno di questo mutamento, Fiorella Mannoia trova una strada per l’immutabilità e l’inevitabilità degli eventi: il fiume non cambia mai il verso della propria corrente: “Qui non è successo niente e non credo cambierà, come quest’acqua tra le sponde non si ferma, ma in realtà non ha mai cambiato il senso e del resto come può”. Per quanto possa rallentare o ristagnare in pozze fino alla prossima piena, il fiume non ci porta indietro: non c’è spazio per il ritorno, non c’è possibilità di andare a ritroso nel tempo.
Ma il fiume, andando al di là della canzone, può anche essere segno di speranza, segno di qualcosa che passa e si porta dietro ciò che pesa, qualcosa che può lenire i dolori, qualcosa che porta a valle gli ostacoli che impediscono il regolare e tranquillo scorrere del fiume stesso. Il fiume quindi come portatore dei sentimenti umani, delle emozioni positive o negative. E’ stata usata in poesia anche un’immagine: dentro il cuore di ogni uomo c’è un fiume che scorre e che raccoglie tutti i pensieri e gli stati d’animo, le delusioni e le gioie, i fallimenti e i successi. Di tanto in tanto, a forza di raccogliere questo fiume va in piena e ha bisogno di rompere gli argini: le lacrime sono semplicemente il segno di tale tracimazione. E’ bello mostrare che siamo vivi dentro, soprattutto se ciò poi non diventa esibizione.
Concludo con Baricco, che ci ha fatto compagnia anche una settimana fa nella puntata sul mare e che con questo brano traccia un legame profondo proprio fra fiume e mare:
“Perché nessuno possa dimenticare di quanto sarebbe bello se, per ogni mare che ci aspetta, ci fosse un fiume, per noi. E qualcuno – un padre, un amore, qualcuno – capace di prenderci per mano e di trovare quel fiume – immaginarlo, inventarlo – e sulla sua corrente posarci, con la leggerezza di una sola parola, addio. Questo, davvero, sarebbe meraviglioso. Sarebbe dolce, la vita, qualunque vita. E le cose non farebbero male, ma si avvicinerebbero portate dalla corrente, si potrebbe prima sfiorarle e poi toccarle e solo alla fine farsi toccare. Farsi ferire, anche. Morirne. Non importa. Ma tutto sarebbe, finalmente umano. Basterebbe la fantasia di qualcuno – un padre, un amore, qualcuno. Lui saprebbe inventarla una strada, qui, in mezzo a questo silenzio, in questa terra che non vuole parlare. Strada clemente, e bella. Una strada da qui al mare.”
Compagni di viaggio:
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Mina, Cry me a river
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Nomadi, Come un fiume
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Cisco e La casa del vento, Il fiume
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Angelo Branduardi, Rifluisce il fiume
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Fabrizio De André, Fiume Sand Creek
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Francesco Guccini, La ballata degli annegati
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Alice, Anìn a grîs
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Marco Masini, Gli occhi dell’Arno
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Bruce Springsteen, The river
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Dire Straits, Ride across the river
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Pink Floyd, The Nile song
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Sinead O’ Connor, Jumpin the river
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Duncan James, Can’t stop a river
