Una canzone semplice semplice per un concetto semplice semplice. E’ il solito refrain del “ti rendi conto delle cose belle solo quando non le hai più”. In più ci aggiungerei la bellezza del quotidiano, del saper apprezzare quel che c’è, del riuscire a dire grazie ogni giorno, magari anche là dove è più difficile. Anche solo per il morso a una fragolina. Che poi il grazie sia rivolto a un dio, a un destino, o semplicemente ai propri genitori, ognuno lo sa. La canzone? Eccola, esce dal cassetto dei ricordi del 1999 e da un concerto, l’anno dopo, a cui sono stato “costretto” ad andare e in cui mi sono sentito un nonnetto di 25 anni…
“Quello che volevo, come sempre non c’è! Solo un po’ d’amore che diventa polvere che almeno fosse stata magica, la buttavo su di te… e invece in mano ho una lettera, due rose e una canzone ancora da scrivere… E non mi riesce facile parlare di questo soprattutto adesso, soprattutto adesso che non c’è… che non c’è… sarebbe molto più bello, per non dire stupendo tornare a dirti quanto ancora ce n’è di bene per te… di bene per te… ma in fondo fa lo stesso, in fondo quello che voglio è che tu sia contenta, vederti sorridere… e niente di più… E invece tu dici che non hai più voglia di me, e invece tu dici che non hai più tempo per me… più tempo per me…”
E rileggendola c’è anche un altro spunto: il senso di un TVB. “in fondo quello che voglio è che tu sia contenta, vederti sorridere”…
